Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna LA SOFFITTA - Centro di Promozione Teatrale

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2001 - le linee della scena
cinema

 

dal 16 al 19 maggio 2001

COGITO ERGO VIDEO
L'opera video di Jean-Luc Godard

a cura di Monica Dall'Asta

La rassegna intende offrire un percorso attraverso due momenti tra i più significativi della sperimentazione condotta da Jean-Luc Godard sull’immagine video: France/tour/détour/deux/enfants, serie televisiva in dodici parti realizzata nel 1978 in coppia con Anne-Marie Miéville, e Histoire(s) du cinéma, straordinario monumento alla memoria del cinema elaborato e composto nell’arco di un ventennio, presentato nella sua versione definitiva nel 1998.

A partire dal 1974 – anno di nascita della casa di produzione Sonimage, fondata con la sua compagna Anne-Marie Miéville – Jean-Luc Godard ha lavorato molto più spesso in video che non in pellicola, sviluppando con l’immagine elettronica un rapporto organico e profondamente originale. Benché possa apparire paradossale per un autore che si è sempre presentato come l’alfiere della centralità del cinema, lungo l’ultimo quarto di secolo il video ha costituito per Godard un "modo di essere generale, una forma del vedere e del pensare che funziona continuamente e come in presa diretta nei confronti della realtà circostante" (Philippe Dubois), un’occasione per analizzare e decostruire le forme convenzionali della comunicazione televisiva e proporre un uso alternativo dello strumento video.

Per descrivere il rapporto tra cinema e video, Godard ha spesso utilizzato la metafora di Caino e Abele, ovvero la lotta e l’inimicizia come corruzione di uno stato originario di fratellanza. Il video separato dal cinema "è come Caino e Abele: Che cosa hai fatto a tuo fratello? Non credo che sia la divisione del lavoro, ma la divisione dell’amore e del lavoro. L’amore è un lavoro e di una donna che sta per partorire si dice che è nella fase del travaglio.... C’è divisione tra amore e lavoro, ma sono due aspetti di un’unica cosa. Dicono che si tratta di due cose, ma è solo una cosa con due stati o momenti diversi. C’è divisione, ma non dovrebbe esserci, dovrebbero stare insieme. Se fossero insieme sarebbe una moltiplicazione, non una divisione".

Il lungo lavoro di Godard per sanare questa lacerazione del visibile è ben rappresentato dalle due opere video di cui si compone il programma. France/Tour/Détour/Deux/Enfants è un reportage sperimentale che ha per soggetto la vita quotidiana di due bambini, Camille e Arnaud, bambini assolutamente normali, ma che appunto, come tutti i bambini, sono per Godard dei perfetti sconosciuti di cui nessuno si occupa. Oscillando tra un fiabesco surrealista alla Lewis Carroll e un taglio pedagogico di inflessione brechtiana, questa serie in 6 x 2 puntate costituisce un momento cruciale nella sperimentazione di Godard sull’immagine video, collocandosi, con Six fois deux. Sous et sur la communication (1976, ancora con Anne-Marie Miéville) a metà strada tra i film politici realizzati per varie televisioni europee nei primi anni Settanta (in Francia, Italia, Gran Bretagna) e l’inizio della lunga ricerca intorno a quella che Godard definisce la "vera storia del cinema" e che costituisce senza alcun dubbio uno dei rari capolavori del cinema di fine secolo.

Sintesi vertiginosa delle immagini e dei suoni del ventesimo secolo, Histoire(s) du cinéma è anche la summa dell’intero percorso autoriale di Godard e in quanto tale segna un punto di non ritorno nel processo di dissolvimento del confine tra cinema e video da lui lungamente perseguito. Qui il video permette al cinema di conquistare una seconda potenza, di diventare un cinema al quadrato: la "vera storia del cinema" è quella che si fa con il cinema stesso: non con le parole, dunque, ma con le immagini e i suoni. Utilizzato come strumento di archiviazione e ricombinazione della memoria cinematografica, il video diventa così davvero semplicemente uno "stato diverso" del cinema, un nuovo "modo di essere" che consente di traghettare verso il futuro non solo la memoria, ma anche la prassi vivente del cinema.

Le proiezioni si terranno presso la Sala Mascarella (Via Mascarella 44) a partire dalle ore 21.00
L'ingresso è libero e gratuito
Per informazioni:
La Soffitta - Centro di Promozione Teatrale
tel.051.2092021 – 2092016 – 2092018
soffitta@muspe.unibo.it - ufficiostampa@muspe.unibo.it

 

Jean-Luc Godard
Due dichiarazioni

Cinema e televisione

Per la televisione facemmo [con il gruppo Dziga Vertov] diversi film come Lotte in Italia, British Sounds, Pravda, film fatti con materiale di repertorio, non tanto riusciti per la verità, ma appunto commissionati dalla televisione.... Poi invece abbiamo avuto modo di fare cose a puntate, delle serie. Ed è stata una cosa completamente diversa.... E se non altro potremo fare quello che la televisione non fa mai, esempio non tagliare un pezzo di neanche dieci minuti dopo quattro secondi. E queste cose che abbiamo fatto sono state date in televisione, tutto qui. Tutto qui, come dite voi. Ma tutto non è niente... Non è stato né meglio né peggio: è stato qualcosa di diverso. A un certo momento mi è piaciuta l’idea di parlare per sei ore almeno a duecentomila persone; perché quello era il numero, mica di più; la domenica sera, alle dieci d’estate, davanti al terzo canale tv ci sono al massimo duecento-duecentocinquantamila francesi, una cifra che era addirittura al di sotto degli indici di sondaggio, perché non si arrivava nemmeno all’1%, quindi negli indici d’ascolto non figuravamo nemmeno. Ma intanto c’era quei duecento-duecentocinquantamila spettatori e io tanti spettatori così non li ho mai avuti. E a quel punto dico: secondo me questi duecentocinquantamila spettatori devono essere delle persone che per qualche verso della loro vita quotidiana un po’ mi somigliano. E infatti non mi sono mica saltati addosso; hanno detto non c’è male, oppure hanno detto va bene; ma non c’era quell’odio che spesso io ho sentito nei miei confronti. Perché di odio veramente si tratta; un odio dei tecnici, altre volte dei distributori, oppure dei critici; dico proprio odio. Io sono uno che fa un cinema spiazzato; a me interessano infatti, più che altro, i marginali; mi sento più vicino alle persone spiazzate, siano arabi spiazzati dagli ebrei, o ebrei spiazzati dai tedeschi, o malati spiazzati dai medici, o matti spiazzati da... Insomma cose di questo genere, cioè un cinema spiazzato. E per questo il mio cinema si trova spesso fuori posto, là dove viene visto. La televisione mi ha ridato, per il fatto che è vista a livello mondiale, la sensazione di poter esistere normalmente; e a quel punto ho potuto ripensare al film in modo diverso.

France/Tour/Detour/Deux/Enfants

Recentemente, ho fatto un programma di sei ore per la televisione francese; sei ore in cui ho parlato con dei bambini, con la tecnica che normalmente uso nel cinema. Ho parlato con dei bambini perché erano gli unici che perlomeno accettavano di parlare quindici minuti; ho parlato con loro dei problemi che mi interessavano e loro mi rispondevano. Non l’avrebbero fatto a lungo, ma... Mica dicevo: "Cari piccini!", ma parlavo con loro come non farei nemmeno con te. Li vedevo come esseri di un altro mondo, ai quali non parla nessuno; perlomeno nei momenti in cui andavo io a parlargli, per esempio nei tragitti da una classe all’altra, o da casa a scuola, o proprio mentre sono a scuola, o mentre vanno a letto, i momenti in cui papà e mamma non vanno mai a vederli. E tutto quel che facevo, era fargli domande. Gli chiedevo anche dell’organizzazione del film, e loro mi rispondevano molto onestamente. Non mi preoccupavo troppo. Gli ponevo problemi reali e problemi metafisici. Quanti soldi hai? Pensi che la luce vada in linea retta o che curvi? Quanti metri devi fare per andare a scuola? Quattrocento metri. Bene! E tu quanto sei alto? Un metro e quaranta. Pensi che quattrocento metri siano un multiplo di un metro e quaranta? E se è così, può la lunghezza essere un multiplo dell’altezza?

Altri potrebbero fare altre domande. Ma non hanno voglia di andare a trovare i bambini in quei momenti. Io faccio quel che ho voglia di fare, e poi cerco di imprimerlo meglio che posso, in modo che qualcuno possa trovarci dentro qualcosa; ecco tutto.


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