Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna LA SOFFITTA - Centro di Promozione Teatrale

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
teatro

 

Il Novecento teatrale

conferenza introduttiva di Marco De Marinis

 

Il Novecento è iniziato con previsioni apocalittiche sul futuro del teatro, gravemente minacciato dalla nascita del cinema, e si sta concludendo con previsioni ugualmente pessimistiche sulla sua stessa sopravvivenza nel XXI secolo, questa volta a causa dello strapotere dei media elettronici, del video e del computer.

Per essere stato compreso tra così infauste profezie, e così perentorie certificazioni di morte presunta, bisogna riconoscere che il teatro nel Novecento non se l’è poi cavata troppo male, avendo dato anzi, e continuando a dare, segni di una vitalità per tanti insospettata e comunque per più versi inedita, e soprattutto avendo dimostrato e continuando a dimostrare una incredibile capacità di trasformarsi, di ridefinire la propria identità, il proprio valore, la propria funzione.

Naturalmente questi sono fenomeni e aspetti che si riesce a cogliere solo se si sceglie il punto d’osservazione adeguato, che – conviene chiarirlo subito – non è quello della quantità e della cronaca (con tutto il suo inevitabile squallore) ma piuttosto quello della qualità e della storia, ovvero dei teatri possibili più che del teatro realizzato.

Prima di vederne le caratteristiche, i contenuti e i risultati, conviene chiedersi subito di chi sia il merito principale della trasmutazione, della vera e propria palingenesi, che il teatro attua nel corso del secolo. Ora, senza nulla togliere agli scrittori, ai critici, agli attori e agli artisti della scena, non v’è dubbio – a mio parere – che esso vada attribuito soprattutto ai grandi registi, da Stanislavskij a Barba (per indicare gli estremi, non soltanto cronologici, di una tradizione), a quei maestri che Fabrizio Cruciani ebbe a chiamare (come aveva già fatto Mejerchol’d) "registi pedagoghi".

Dicendolo in maniera inevitabilmente scorciata, potremmo sostenere che uno degli strumenti e delle modalità fondamentali di questa trasmutazione contemporanea del teatro è stata la ricerca sulla efficacia. Proprio mentre si annunciava frettolosamente la crisi inevitabile della scena, stigmatizzandone l’impotenza nei confronti delle nuove e ben più incisive forme dello spettacolo tecnologico, i maestri della regia posero tutti, anche se in modi diversi, al centro del loro lavoro la questione dell’efficacia.

Si trattava di fare in maniera che il teatro tornasse ad essere (come in antico, come nelle mitiche età d’oro della scena) un mezzo e un luogo di azione reale dell’attore sullo spettatore, dell’uomo sull’uomo, a livello intellettuale, emotivo, comportamentale, ma soprattutto e prioritariamente a livello fisico-percettivo: individuando quindi nei sensi, nel sistema nervoso dello spettatore, il bersaglio primario e la principale pierre de touche dell’efficacia dello spettacolo (si pensi almeno ad Artaud e al suo itinerario dal 1° al 2° Teatro della Crudeltà).

Questo significava, per prima cosa, rinunciare a rincorrere vanamente il cinema, e più tardi gli altri nuovi media, sul loro terreno per attestarsi invece sempre di più sul proprio, riscoprendo e scavando il tesoro della inalienabile specificità del teatro in quanto relazione interumana primaria, rapporto psicofisico in presenza: insomma, come atto biologico e spirituale che avviene tra attore e spettatore, secondo la celebre definizione proposta da Grotowski.

Operando lungo questa linea di forza (che ha previsto e prevede, tuttavia, una quantità di diramazioni, nel suo snodarsi attraverso le due metà del secolo appena concluso), i registi-pedagoghi hanno ottenuto fra gli altri due grandi risultati, che simboleggiano emblematicamente la trasmutazione di cui sto parlando:

1) per la prima volta hanno fatto del teatro un campo di indagine conoscitiva e di ricerca spirituale;

2) hanno progressivamente spostato il fuoco dell’attenzione, quanto a bersaglio dell’efficacia, dallo spettatore verso l’attore stesso, fino a far coincidere – in buona sostanza – oggetto e soggetto dell’azione reale: esemplare è, anche in questo senso, il percorso di Grotowski dal teatro degli spettacoli all’Arte come veicolo.

[Dall’Introduzione al libro di Marco De Marinis, In cerca dell’attore. Un bilancio del Novecento teatrale, di prossima uscita presso l’Editore Bulzoni di Roma]


per informazioni:

soffitta@muspe.unibo.it

tel: 051/2092016 2092018 2092021
fax: 051/2092017

Università degli Studi di Bologna

Dipartimento di Musica e Spettacolo

home

Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna