Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna recitar

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
musica
mercoledì 16 febbraio, ore 21
 
Recitar suonando
 
Beatrice Santini: voce
Caterina Criscione: pianoforte
Claudio Zotti: violino

Il duo Èrato si distingue per la singolarità e la varietà delle proposte, che comprendono recitals pianistici a quattro mani o per voce recitante e pianoforte, conversazioni-concerto dedicate a singoli autori, con esecuzioni pianistiche unite a narrazioni storico-biografico e letture di scritti e lettere degli autori. In questi programmi, il duo Èrato fonde molteplici esperienze artistiche: l’attività pianistica, concertistica e didattica per entrambe le componenti, il teatro e la recitazione per Beatrice Santini, la ricerca storico-musicale per Caterina Criscione. Il duo Èrato s’è esibito con vivo apprezzamento di pubblico in diverse città italiane (Bologna, Milano, Roma, Messina, Perugia, Torino, Imola, Terni e altre) e ha effettuato registrazioni per la RAI, Radio Tre. Ha ottenuto primi e secondi premi in concorsi nazionali e internazionali ed il diploma d’onore al Torneo Internazionale di Musica nel 1997. Ha curato la trascrizione per pianoforte a quattro mani di Un Americano a Parigi di Gershwin, di prossima pubblicazione. Sulla formazione del duo Èrato hanno molto inciso il triennio di perfezionamento presso l’Accademia pianistica "Incontri col Maestro" di Imola e il rapporto con grandi musicisti come Pier Narciso Masi, Antonio Ballista e il direttore d’orchestra Carlo Felice Cillario.

PROGRAMMA
 
Richard Strauss (1864-1949)
Enoch Arden op. 38
per voce e pianoforte
(da un poemetto di Alfred Tennyson)
 
Franz Liszt (1811-1886)
Lenore
per voce e pianoforte
(da una ballata di Gottfried August Bürger)
 
* * *
 
Mario Totaro (1962)
Il corvo
per voce, violino e pianoforte
(da un poemetto di Edgard Allan Poe)
 
Francis Poulenc (1899-1963)
L’Histoire de Babar, le petit éléphant
per voce e pianoforte
(dalla favola di Jean de Brunhoff)

Il melologo è un genere frequentato piuttosto di rado in concerto, specie in Italia. Esso nasce nell’ultimo trentennio del ’700 e consiste nella recitazione d’un testo, in poesia o in prosa, accompagnato o alternato a musiche strumentali. Nell’800 e nel ’900 il melologo compare nel catalogo dei compositori più importanti, tra i quali Richard Strauss. Enoch Arden, composto nel 1897, pubblicato l’anno dopo, narra la storia di Enoch, Philip e Annie, e dell’amore che i primi due nutrono fin dall’infanzia per la terza. Tipica delle leggende sassoni e bretoni, la trama è tuttavia pervasa da un’eco orientaleggiante, e narra dell’odissea degli umili pescatori. Strauss – che in quegli anni dimostra la sua vocazione al descrittivismo anche nel genere che lo renderà celebre, il poema sinfonico – sfrutta a pieno la straordinaria musicalità della versificazione di Alfred Tennyson: riesce ad evocare un mondo magico, impregnato di mitologia classica e medievale.

L’anima nordica del romanticismo echeggia nella ballata tedesca di Gottfried August Bürger, Lenore, tra le più significative espressioni del gusto poetico Sturm und Drang. Con Lenore, scrive Francesco De Sanctis, "si ripete il dramma di Francesca da Rimini, trasportato dall’inferno sulla terra: è l’amore spinto all’infinito, fino a farsi un dio dell’innamorato e a negare Dio per lui". La musica di Liszt commenta con maestria i versi di Lenore: è il primo dei suoi melologhi, composto nel 1858 e pubblicato nel 1860. L’impronta del maestro ungherese è ben visibile in questo brano in virtù d’una scrittura – spesso a parti late, a mo’ di corale – che abbonda di accordi alterati, vigorosi passaggi pianistici in doppie ottave, bicordi singhiozzanti su un lamentoso pedale.

Tinte oscure, orridi incubi e ossessioni notturne caratterizzano il melologo Il corvo, tratto dal celebre poemetto di Edgar Allan Poe. Due sono gli elementi che hanno guidato Mario Totaro in questo lavoro, commissionato nel 1998 dal Rossini Opera Festival di Pesaro: l’atmosfera fosca, emblematica della poesia del grande scrittore statunitense, unita ad un progetto compositivo razionalissimo. Com’ebbe a dire lo stesso Poe, "l’opera procedette passo passo al suo compimento con la precisione e la rigida coerenza d’un problema di matematica". L’intento centrale del compositore è dunque di realizzare in musica l’instabile commistione d’un mondo poetico lugubre e tormentato e d’una forma geometricamente perfetta.

Chiude il concerto L’Histoire de Babar, le petit éléphant, composta da Francis Poulenc sulle parole della tenera favola di Jean de Brunhoff. Lo stimolo per la composizione di un’opera dedicata ai bambini risale al 1940, durante un soggiorno estivo in compagnia della sorella. Si racconta che, un pomeriggio, mentre Poulenc suonava al pianoforte (con tutta probabilità Mélancolie), gli s’avvicinò il nipotino di quattro anni, che esclamò: "Che orribile musica! Dài, zio, suona questo!" e con decisione gli pose sul leggio la favola di Babar. Poulenc non completò la composizione fino al 1945, come risulta da una lettera inviata al cantante francese Pierre Bernac, di cui fu il pianista accompagnatore privilegiato: "Ho completato l’abbozzo del mio Babar, che sto per cominciare a ricopiare: penso che sarà spassoso. La difficoltà è di non realizzare una serie di piccoli pezzi staccati ma una sorta di mosaico". Saranno proprio alcuni motivi ricorrenti a cementare questo mosaico, che accosta allo scherzo e allo svagato umorismo una vena di meditativa malinconia.

Mario Barbuti

studente DAMS


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