Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna 20000301

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
musica

 

mercoledì 29 marzo, ore 21

 

Un archetto lungo un secolo

Marco Serino - violino

Mirco Roverelli - pianoforte

Marco Serino si è diplomato in violino e in musica da camera nel Conservatorio di S. Cecilia di Roma, con il massimo dei voti e la lode. Si è perfezionato nel Conservatorio Superiore di Ginevra, alla Hochschule für Musik di Vienna e all’Accademia Chigiana di Siena sotto la guida, tra gli altri, di Salvatore Accardo, Riccardo Brengola, Piero Farulli. Primo violino nel Quartetto Bernini, direttore dell’ensemble Il Terzo Suono, ha suonato da solista con orchestre quali la Scarlatti di Napoli, I Solisti di Bologna, l’Orchestra del Conservatorio di Ginevra. Vincitore di concorsi internazionali, tra cui Trapani, Cremona, Caltanissetta, svolge attività concertistica per associazioni musicali italiane (Accademia Filarmonica Romana, Istituzione Universitaria dei Concerti, Amici della Musica di Firenze, Società del Quartetto di Vercelli, Scarlatti di Napoli, Teatro dell’Opera di Roma) e straniere (in Scozia Ungheria Germania Austria Svizzera Francia Inghilterra Spagna Turchia Stati Uniti), anche al fianco di solisti famosi come Salvatore Accardo, Rocco Filippini, Franco Petracchi, Paul Katz, Wolfgang Marschner. Dal 1998 insegna violino e musica da camera presso l’Accademia Filarmonica Romana. Ha effettuato registrazioni per la RAI e la Radio Vaticana ed ha inciso dischi per la Pentaphon e la Fonoteca. È di prossima uscita un CD Dynamic con musiche di Šnitke. Suona un violino Nicola Amati del 1661. È laureando in DAMS.

Mirco Roverelli si è diplomato in pianoforte col massimo dei voti sotto la guida di Stefano Cucci nel Conservatorio di S. Cecilia di Roma, dove ha studiato anche composizione. Si è perfezionato con Sergio Perticaroli presso l’Accademia Nazionale di S. Cecilia, sempre col massimo dei voti e la lode. A nove anni ha ottenuto il secondo premio alla "Coppa Pianisti d’Italia" di Osimo. Da allora ha collezionato numerosi premi in concorsi nazionali ed internazionali, tra i quali l’"Alfonso Rendano" di Roma (primo assoluto), l’"Arcangelo Speranza" di Taranto, Senigallia. Ha debuttato in un recital solistico a dodici anni, e da allora si è esibito a Roma Milano Napoli Bari Messina, nonché in Germania Spagna Scozia Argentina Ungheria Inghilterra Giappone. È pianista collaboratore all’Accademia Nazionale di S. Cecilia.

Serino e Roverelli sono stati premiati in diverse competizioni internazionali di musica da camera, finalisti al Viotti di Vercelli e terzo premio a Trapani.

Maurice Ravel (1875-1937)
Sonata
Allegretto
Blues. Moderato
Perpetuum mobile
 
Anton Webern (1883-1945)
Vier Stücke op. 7
Sehr langsam
Rasch
Sehr langsam
Bewegt
 
* * *
Alfred Šnitke (1934-1998)
Sonata n. 1
Andante
Allegretto
Largo
Allegretto scherzando
 
Igor’ Stravinskij (1882-1971)
Divertimento
Sinfonia
Danses suisses
Scherzo
Pas de deux
a) Adagio
b) Variation
c) Coda

Sul finire del 1927 Igor’ Stravinskij – dopo un ventennio di collaborazione con i Ballets Russes di Sergej Diaghilev – ricevette l’incarico di comporre un balletto "à la mémoire de Pierre Tchaikovsky" per la compagnia parigina della danzatrice e coreografa Ida Rubinstein. Il compositore, d'intesa con lo scenografo Alexandr Benua, prese a soggetto un racconto di Andersen, La vergine dei ghiacciai, e compose il brano rielaborando pezzi pianistici e romanze vocali di Cajkovskij, musicista per il quale nutriva una profonda venerazione. Nacque così Le baiser de la fée (Il bacio della fata), la cui rappresentazione suscitò le ire di Diaghilev: accusò Stravinskij di essersi "dato all’amore del denaro". Lo scoppio della guerra mondiale aveva lasciato il segno: l’intensa collaborazione artistica dei primi anni ed i rapporti personali si erano via via raffreddati. Al termine del conflitto, in difficoltà economiche, Stravinskij era stato costretto a riprogrammare le proprie attività, impegnandosi in veste di direttore d’orchestra, pianista solista e, dall’inizio degli anni ’30, in duo con il violinista virtuoso Samuel Dushkin. Da questo sodalizio nacquero, oltre ad alcuni brani singolari come il Duo concertante, varie trascrizioni da lavori precedenti, tra cui il Divertimento per violino e pianoforte (1932), suite dal Baiser de la fée redatta a quattro mani e pubblicata in seguito anche in versione orchestrale.

Anche Maurice Ravel trascrisse spesso musiche proprie per organici diversi dall’originale, in particolare i pezzi per pianoforte, rielaborati in un secondo tempo per orchestra. Le composizioni da camera sono prive dei riferimenti extramusicali che caratterizzano i brani orchestrali, e risentono piuttosto dell’eredità formale della tradizione cameristica classico-romantica. La Sonata per violino e pianoforte (1927) è articolata in tre movimenti: il primo tempo è caratterizzato da una distesa cantabilità; un nostalgico Blues funge da movimento lento; il conclusivo Perpetuum mobile è virtuosistico e travolgente.

La ricerca di un linguaggio musicale svincolato dal sistema tonale fu una delle esigenze più sentite dai compositori del primo Novecento. Arnold Schönberg, le cui prime composizioni si collocano in un ambito stilistico di stampo tardo-romantico, approdò in seguito, con la formulazione del metodo dodecafonico – "metodo di composizione con 12 note non imparentate fra loro" –, alla totale emancipazione dalle regole tonali. Questo percorso creativo fu condiviso anche dai due maggiori allievi di Schönberg, Alban Berg e Anton Webern. I Quattro pezzi op. 7 di Webern, eseguiti per la prima volta nel 1911, pubblicati nel 1922, appartengono alla fase che precede l’adozione del metodo dodecafonico. Essi costituiscono un esempio dello stile aforistico del compositore: capolavori di concisione, condensano in pochi gesti una miriade di significati. Sarà proprio la radicalità del linguaggio di Webern a farne un modello per l’avanguardia del secondo dopoguerra – la cosiddetta "Scuola di Darmstadt" –, che non a caso si autodefinirà "post-weberniana".

In un clima di eclettismo e insieme di recupero della tradizione musicale del passato si colloca l’attività di Alfred Šnitke. Nella Sonata n. 1 per violino e pianoforte (1963) il materiale tematico, ottenuto con la tecnica dodecafonica, subisce un trattamento formale affatto tradizionale: secondo l’autore, infatti, nella musica d’oggi "non è ciò che si fa che può essere nuovo, ma il modo di farlo".

Alessandro Pianu
studente DAMS


 

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