Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Quinto Incontro dei Dottorati di ricerca

Conferenze e convegni

 
Quinto Incontro dei Dottorati di ricerca in Discipline musicali
 
Università degli Studi di Bologna
Dottorato in Musicologia e Beni musicali
 
Università degli Studi di Pavia
Dottorato in Filologia musicale
 
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Dottorato in Storia e Analisi delle Culture musicali
 
Università degli Studi di Trento
Dottorato in Scienze della Musica
 
 
Claudio Bacciagaluppi
Sui "Messaggi della defunta R. V. Trusova" di György Kurtág
 
Carlo Benzi
Narratività e presenza gestuale nella musica strumentale italiana degli anni ’60 e ’70
 
Gianluca d’Agostino
Scrittura per i teorici vs scrittura per i cantori:
Tinctoris, Gaffurio e il repertorio del secondo Quattrocento
Raffaele Mellace
Lo specchio d’Achille: l’Italia del rinascimento e la classicità operistica
 
Benedetto Passannanti
L’edizione di "Improvvisazione n. 1" di Bruno Maderna
 
Marco Russo
Concezioni dello spazio musicale e compositivo nella nuova musica italiana:
i casi di Fedele, Guarnieri, Pasquotti e Perezzani
 
Cristiano Vavalà
Capre, cavoli e contrappunti:
strategie di ricerca computazionale applicate a problemi di sintassi musicale
 
Bologna
Scuola Superiore di Studi Umanistici
Palazzo Marchesini - via Marsala 26
sabato 9 giugno 2001
ore 11-13, 15-18

 
Claudio Bacciagaluppi (Cremona), Sui "Messaggi della defunta R. V. Trusova" di György Kurtág

I Messaggi della defunta R. V. Trousova op. 17 sono tra le opere meglio conosciute di György Kurtág. La relazione, che si concentrerà sulla loro genesi e su alcuni aspetti dell’intertestualità realizzata nella versione definitiva e negli schizzi, intende contribuire alla comprensione di alcuni procedimenti ricorrenti nell’opera di Kurtág in generale. La lunga gestazione dell’op. 17 (1976-1980) ha comportato varie tappe di revisione, con diverse nuove versioni dei singoli brani e ripetuti ritocchi alla pianificazione macrotestuale del ciclo. Il processo compositivo si attua in uno spazio di tensione tra la presenza, determinante, del testo poetico e un desiderio di rigore stilistico e tecnico. Fra i vari tipi di intertestualità vi è quello che la teoria letteraria denomina ‘arte allusiva’: decodificata localmente l’allusione, il testo di riferimento è attivato nella sua interezza rispetto al testo di partenza, e ne arricchisce il significato. Si possono distinguere i rimandi intertestuali che prevedono la partecipazione consapevole del lettore-ascoltatore da quelli rilevabili in un dato stadio della composizione, ma non però destinati a un’attualizzazione palese nel dettato definitivo.

 
Carlo Benzi (Trento), Narratività e presenza gestuale nella musica strumentale italiana degli anni '60 e '70
Si può assumere la retorica come strumento d’indagine e di comprensione della musica nella seconda metà del Novecento? L’esperienza teorico-compositiva dell’età barocca aveva formalizzato l’impiego di tecniche retorico-letterarie per formulare brani musicali ad un tempo ben organizzati ed affettivamente efficaci. Alla fine del secolo XX, in un contesto estetico-culturale completamente diverso, la riproposizione di tale paradigma sembrerebbe immotivata. Nonostante le difficoltà, non pare però ozioso il tentativo di estendere all’ambito sonoro la riflessione teorico-letteraria contemporanea, quale quella proposta dagli studiosi della Nouvelle rhétorique; questi ultimi dichiarano infatti apertamente di voler progettare una teoria generale applicabile ai diversi linguaggi artistici, e col termine ‘retorica’ designano l’insieme delle tecniche logiche che permettono di organizzare un’opera in modo chiaro ed efficace. Prendendo in considerazione brani del repertorio strumentale italiano degli anni ’60 e ’70, caratterizzati da un forte interesse per l’organizzazione diacronica degli eventi sonori, si può adottare la retorica come strumento di decodifica delle strategie messe in atto nella gestione della forma musicale e al tempo stesso del pensiero che l’ha generata. Se attraverso la forma l’ascoltatore riesce a comprendere la ricerca conoscitiva sottesa al brano, si rende possibile anche nella musica contemporanea quella comunicazione che vede compositore e fruitore condividere lo stesso orizzonte concettuale e culturale e che si pone, a livello simbolico-sociale, come espressione di un’azione comunicativa di più vasta portata.
 
Gianluca d’Agostino (Roma), Scrittura per i teorici vs scrittura per i cantori: Tinctoris, Gaffurio e il repertorio del secondo Quattrocento

La questione del confronto teorico tra Johannes Tinctoris (ca. 1435 - 1511) e Franchino Gaffurio (1451-1522) non è stata trascurata dagli studiosi; nondimeno, appare bisognosa di indagini supplementari. In particolare, la relazione intende riconsiderare sia il contesto del loro incontro diretto (la Napoli aragonese) sia l’entità dei contatti come emerge dai rispettivi scritti, nonché verificare le indicazioni dei due teorici sulla scorta del repertorio polifonico coevo. Del confronto beneficiò soprattutto il più giovane Gaffurio, recependo l’alto magistero di Tinctoris nel campo delle proporzioni e della notazione mensurale e sviluppandone i punti nodali in alcuni trattati che rappresentano versioni preliminari dei libri della Practica musicae (Milano, 1496). In tal modo Gaffurio, sul finire del Quattrocento, prese parte a una piccola querelle tra musicisti ‘teorici’ e ‘pratici’ ed alimentò un dibattito che nel nord d’Italia avrebbe avuto un’eco fino alla metà del secolo successivo (Spataro, ecc.). Anche a Napoli, d’altro canto, la permanenza di Tinctoris aveva nel frattempo generato una filiazione locale di teorici e musicisti ‘partigiani’: sulla sua vera natura ci sarebbe ancora da indagare.

 
Raffaele Mellace (Bologna), Lo specchio d'Achille: l'Italia del rinascimento e la classicità operistica

Nel Sei-Settecento le scene operistiche di tutt’Europa si popolarono di soggetti classici, attinti alla mitologia e alla storia greco-romana: drammaturghi di primo piano come il Metastasio vi ebbero ricorso per la quasi totalità della loro produzione. In realtà, l’intento non era certo di riesumare né la mentalità né i costumi delle antiche civiltà del Mediterraneo. Ciò che veniva rappresentato rispecchiava piuttosto la cultura italiana del tardo rinascimento, com’era stata interpretata dalla letteratura di quella stagione, dal Tasso alla pastorale: un’epoca che sotto molti punti di vista aveva precorso problemi e valori propri delle corti europee dei due secoli successivi, proponendo, in particolare, un’indagine non banale sulla prepotenza delle passioni e sul loro controllo virtuoso. I soggetti classici che calcarono le scene operistiche rispecchiano dunque, accuratamente celate dietro i personaggi di Roma o della Grecia antica, le angosce e le speranze di una diversa cultura, tesa tra l’edonismo rinascimentale e i valori della Controriforma: cultura che, a sua volta, aveva guardato alla classicità come al proprio modello.

 
Benedetto Passannanti (Roma), L’edizione di "Improvvisazione n. 1" di Bruno Maderna

Il lavoro d’edizione intorno alla partitura di Improvvisazione n. 1 per orchestra di Bruno Maderna (1952) configura sul piano critico-testuale un caso di autorità multipla o, meglio, di cooperazione autoriale. L’opera è trasmessa da un manoscritto autografo di Maderna, composto da fogli di diverso formato, conservato nella Fondazione Paul Sacher di Basilea. Dell’opera esistono anche le parti strumentali staccate (Archivio Maderna del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna), redatte da Luigi Nono ed utilizzate per la prima esecuzione avvenuta nel 1952 ad Amburgo sotto la direzione di Maderna, nel ciclo di concerti intitolato "Das Neue Werk". Di tale esecuzione esiste una registrazione su nastro, lasciata da Maderna al Musikinstitut di Darmstadt per documentazione. L’autografo maderniano riporta tracce evidenti del lavoro compositivo (cancellature, annotazioni); l’opera è però completa nello stadio d’elaborazione consegnato alla notazione musicale. Le parti strumentali redatte da Nono per la prima esecuzione risultano accurate nella stesura e nel segno grafico, ma il raffronto con la partitura di Maderna evidenzia non poche varianti di lettura degli accidentali (segni d’articolazione, interpunzione del testo musicale), soprattutto per quanto concerne le indicazioni dinamiche ed espressive. Se la lezione degli accidentali fissata da Nono nelle parti strumentali destinate agli esecutori sia da considerare spuria rispetto al testo consegnato alla partitura da Maderna, è questione aperta. Nel concertare e dirigere l’opera, Maderna dovette di fatto autorizzare la lettura che ne aveva dato Nono, trasmessa in forma notata ai singoli esecutori. Sotto tale profilo, la registrazione della prima esecuzione diretta da Maderna prospetta all’ascolto la possibilità che se ne tenga conto nel lavoro di collazione e d’edizione. Nel discutere le varie implicazioni, occorrerà operare le necessarie scelte sul piano dei criteri e della tecnica editoriali. Nondimeno, l’analisi dell’uso degli accidentali nelle opere di Maderna e Nono composte negli stessi anni evidenzia aspetti poco o nulla indagati nella storia della recezione e dell’ascolto della musica seriale in Italia negli anni ’50 e nei decenni successivi.

 
Marco Russo (Trento), Concezioni dello spazio musicale e compositivo nella nuova musica italiana: i casi di Fedele, Guarnieri, Pasquotti e Perezzani

L’avvento della tecnologia, la diffusione dell’informatica, e soprattutto le conseguenze derivanti dall’impiego dei mezzi di trasmissione del suono, e quindi dell’acusmatica, hanno avuto l’effetto di svelare un nuovo parametro sonoro: lo spazio. I caratteri spaziali della musica sono stati marginalmente sfruttati nel corso dell’intera storia della musica – basti ricordare la scuola polifonica veneziana, le tre orchestre del Don Giovanni, il Requiem di Berlioz –, eppure solo di recente, a partire dagli anni ’50, essi son venuti a svolgere un ruolo di rilievo nella prassi compositiva e, di conseguenza, nella riflessione estetica e nell’indagine musicologica. Questo intervento intende analizzare le differenti concezioni spaziali nella produzione di quattro compositori italiani contemporanei: si indagherà sia l’influenza ‘fisica’ dello spazio, adottato come parametro esecutivo compositivamente controllato, sia la funzione ch’esso assume in chiave espressiva e poetica nell’elaborazione linguistica specifica di ciascun autore.

 
Cristiano Vavalà (Bologna), Capre, cavoli e contrappunti: strategie di ricerca computazionale applicate a problemi di sintassi musicale

L’antico problema della capra e dei cavoli (Alcuino, Propositiones ad acuendos juvenes) viene spesso citato nella moderna letteratura sull’Intelligenza Artificiale come esempio tipico di una situazione che può essere affrontata e risolta in modo automatico sulla base di una precisa analisi formale e di un rigoroso processo di astrazione. Più che offrire soluzioni a un problema contingente, tali discussioni puntano proprio alla ricerca della soluzione in sé (il problema del risolvere i problemi), quindi all’elaborazione di criteri analitici e strategie euristiche valide per intere classi di problemi. Beninteso, non tutte le situazioni problematiche della vita reale si prestano a una classificazione senza sbavature e tantomeno a una lucida rappresentazione nei termini di un linguaggio formale come il Prolog o il Lisp. L’intervento verte appunto sulla possibilità di applicare queste riflessioni ad un nucleo storicamente circoscritto di problemi di composizione musicale.


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