Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
Attività 1998
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Conferenze e convegni
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ABSTRACTS
DELLE RELAZIONE TENUTE AL SECONDO COLLOQUIO DI MUSICOLOGIA.
- Paola Barzan - Marinella
Ramazzotti - Nicola Scaldaferri, "Folk
Songs" di Luciano Berio: testo, fonti, esecuzioni
- Lintervento
rende conto dello stato dei lavori del seminario di
etnomusicologia tenuto dal prof. Roberto Leydi per
lundicesimo ciclo del Dottorato di ricerca in
Musicologia. Oggetto della ricerca è lopera più
famosa e meno studiata del compositore ligure, per la
prima volta sottoposta ad un approfondito studio critico.
- Avvalendosi
delle fonti originali (documenti scritti e incisioni)
utilizzate da Berio e messe a disposizione dal Prof.
Leydi, la ricerca si sta muovendo su tre distinte
direzioni curate rispettivamente da Paola Barzan, Nicola
Scaldaferri e Marinella Ramazzotti: a) individuazione di
tutte le fonti utilizzate da Berio (materiale a stampa,
documenti sonori, interviste); b) studio comparato delle
fonti e della partitura definitiva, con particolare
attenzione al rapporto tra le caratteristiche strutturali
originali dei brani e la nuova veste acquisita nella
versione di Berio; c) studio delle varie esecuzioni
(soprattutto di quella, esemplare, di Cathy Berberian) in
relazione ai modelli stilistici originali. La relazione
ha sottolineato inoltre con lascolto di documenti
sonori particolarmente significativi, la padronanza di
aspetti stilistici della tradizione orale di cui
disponevano Luciano Berio e Cathy Berberian e come questo
abbia influito in modo determinante sui loro rispettivi
ruoli di compositore e di interprete ideale
dellopera.
- Claudio Toscani, Il sogno
romantico. Un percorso ermeneutico
- A quali
veicoli semantici si affida, in epoca romantica, la
restituzione musicale del sogno? Lanalisi
dellintroduzione al primo movimento della Symphonie
fantastique di Berlioz (miss. 1-63,
Rêveries) mette in luce la disarticolazione
sintattica del discorso, leterogeneità e
lincoerenza stilistica dei frammenti che lo
compongono, il pronunciato colorismo timbrico e armonico.
Ma per cogliere appieno il significato della pagina
orchestrale non è sufficiente rilevarne le
caratteristiche formali: occorre ricostruire
una rete più ampia di significati, rivelata
dallesercizio ermeneutico, e porli in relazione ai
tratti musicali osservati. Nel caso concreto preso in
esame, il percorso ermeneutico prende le mosse dal
programma premesso da Berlioz alla Sinfonia, e
passa per questioni filologiche (le successive redazioni
del programma stesso), per la ricostruzione della
dimensione storica dellascolto (leffetto di
distorsione onirica è prodotto dalle
infrazioni a un codice, avvertito sullo sfondo e in grado
di determinare precise aspettative: ne fanno fede, tra le
altre, le recensioni di Fétis e di Schumann), per la
metafisica del sogno sviluppata dalla filosofia romantica
(gli scritti di Novalis, i racconti di Hoffmann, la
teoria del sogno presentata da Schopenhauer in Parerga
e Paralipomena). Lesegesi del passo, in altri
termini, presuppone la corretta ricostruzione di un
senso storicamente concretato.
- Carlo Lo Presti, "Dopo
Babele": recezione delle culture musicali
extraeuropee nellOttocento francese
- La ricerca,
nata dalla mia tesi di dottorato su Ethnographie
musicale e orientalismo in Francia, intende mostrare
come i due fenomeni che documentano lapertura di un
dialogo con le culture musicali extraeuropee nella
Francia dellOttocento, lorientalismo musicale
di Félicien David (con lode symphonie Le
Désert del 1844) e lethnographie
musicale di Joseph dOrtigue, siano
strettamente intrecciati a particolari scelte ideologiche
e religiose. La fede sansimoniana spinge infatti nel 1833
Félicien David a partire per la Turchia, alla ricerca
della Mère. Convinti che la rigenerazione
delluomo sarebbe giunta dallOriente, i
sansimoniani consideravano la pratica della musica araba
uno strumento di propaganda delle loro idee presso i
popoli arabi. Ed è questa disponibilità a un dialogo
fra culture musicali differenti la premessa necessaria
alla traduzione di melodie arabe,
sperimentata da David. Lorientalismo musicale
francese si manterrà a lungo fedele a questa pratica
della traduzione in moduli tonali occidentali
di melodie o ritmi orientali, ascoltati dal vivo.
- La prima
definizione dellambito di ricerca
dellethnographie musicale, formulata da
Joseph dOrtigue nel suo Dictionnaire liturgique,
historique et théologique de plain-chant et de musique
religieuse au moyen âge et dans les temps modernes,
del 1853, si inserisce invece in una vera e propria
disputa, ingaggiata dallautore con François-Joseph
Fétis. I due musicografi appartenevano entrambi
allarea conservatrice, ma dOrtigue era un
cattolico seguace di Lammenais, mentre Fétis esibiva un
certo scetticismo in materia di religione. La chiave di
volta della visione di dOrtigue è la creazione
divina di una musica perfetta, donata da Dio agli uomini
insieme al linguaggio: dopo il peccato originale le
diverse tonalità si sarebbero diversificate,
conformandosi al temperamento dei vari popoli. Ortigue,
partito da una visione teologica dellorigine della
musica, elabora una visione egualitaria che contrasta
fortemente con quella messa a punto da Fétis, basata
sulla teoria delle razze di Arthur de Gobineau.
- Riccardo Martinelli, Musica e
teoria della Gestalt: una discussione storico-critica
- Maturata in
un contesto ricco di riferimenti musicali, la teoria
della Gestalt reca tracce palesi di questo
retroterra. Con E. M. Hornbostel essa fissa parametri
musicologici ed estetici che superano le alternative
ottocentesche soprattutto grazie al concetto di senso.
Oltre al senso percettivo elementare
(qualità, raggruppamenti in figure/sfondi), la musica
veicola un senso storico-culturale (stile di popoli,
epoche, artisti) dove la componente fisico-matematica è
complessivamente ininfluente. Laccento si sposta
qui sui molteplici rimandi del senso musicale, frutto di
una vasta compartecipazione antropologica. La prospettiva
kantiana sulla musica viene così finalmente capovolta, e
la musica appare "mehr Kultur als Genuß", più
cultura che godimento.
- Riccardo Pecci, "Lesplorazione
avida del campo armonico" secondo Alberto Gentili
- Il musicologo
Alberto Gentili (18731954) è generalmente noto in
quanto artefice, nei tardi anni venti, della romanzesca
scoperta e dellacquisizione da parte della
Biblioteca Nazionale di Torino di quella collezione di
manoscritti vivaldiani che tanto ha contribuito alla
conoscenza del compositore veneziano. Egli fu appunto tra
i militanti che, innalzata lambigua "bandiera
del nazionalismo musicale", si impegnarono in quegli
anni in una crociata volta al recupero della musica
italiana preottocentesca. Se questa professione di fede
fa già di Gentili un intellettuale riconducibile a
quella vasta "nebulosa" che è stata la
"generazione dell80" (Piero Santi), a
legare il suo nome alle vicende del rinnovamento della
cultura musicale italiana è anche il suo impegno sul
fronte dellarmonia: tra il 1916 e il 1924 egli
attese infatti alla stesura di una Nuova teorica
dellarmonia. Il linguaggio della Teorica è
di grande interesse proprio per le ripercussioni della
prassi sulla teoria dellarmonia: esso può essere
letto infatti come tentativo di "raccogliere sotto
le ali di un sistema possibilmente esauriente"
leclettismo armonico delle partiture di molti
compositori italiani di quegli anni, dalla
"lega" dei Cinque (Pizzetti, Malipiero,
Respighi, Bastianelli, Renzo Bossi) ad Alfano, senza
dimenticare le aperture moderniste di Puccini, Mascagni
ecc. Attraverso lanalisi di un breve esempio
musicale tratto da questo repertorio, la relazione prende
in esame uno dei concetti-cardine della Teorica:
la "polivocità armonica".
- Anna Rita Addessi, Psicologia
della percezione e analisi musicale
- La relazione
presenta risultati di una ricerca sperimentale condotta
nellambito del Gruppo di Analisi e Teoria Musicale,
relativa allanalisi percettiva di tre brani di
musica del Novecento e investe alcune domande
fondamentali sullargomento: la psicologia della
percezione ha principalmente la funzione di verificare le
ipotesi analitiche elaborate su basi teoriche o
percettive? Può formulare ipotesi autonome? Può
contribuire alla definizione di regole analitiche, in
particolare nellanalisi di musiche non tonali e
quindi non regolabili da grammatiche ampiamente
condivise?
- Lindagine
muove da alcune considerazione preliminari.
Nellambito delle cosiddette scienze cognitive già
da molti anni il rapporto tra. analisi percettiva e
analisi musicale è un argomento ampiamente discusso.
Benché appartenenti a due domini differenti (psicologia
della percezione e teoria musicale), le due forme di
analisi condividono un insieme di attività, visto che si
rapportano a uno stesso oggetto musicale (scritto o
uditivo): la segmentazione in parti piccole, medie o
grandi; il raggruppamento di sezioni simili;
lindividuazione di tensioni e distensioni, di
collegamenti micro e macrostrutturali;
lorganizzazione di gerarchie, e così via. Il
dibattito ha dato luogo da una parte alla elaborazione di
modelli analitici basati su ipotesi percettive (il
modello di L. B. Meyer e E. Narmour, il modello di F.
Lerdhal e R. Jackendoff ), dallaltra alla
formulazione di ipotesi psicologico-percettive relative
ai processi di memorizzazione messi in atto durante
lascolto di brani musicali (M. Imberty, I.
Deliège, C. Krumhansl). La fase sperimentale e di
verifica ha caratterizzato quasi sempre queste ipotesi,
in alcuni casi proponendosi come nucleo stesso della
ricerca.
- La maggior
parte di questi studi sono stati effettuati sulla musica
tonale, sembrerebbe non per vocazioni etnocentriche
quanto perché lascoltatore sul quale e con il
quale vengono elaborate ipotesi e teorie è di fatto un
ascoltatore culturalmente tonale. I problemi teorici e
percettivi posti dalle musiche non tonali, sono stati
affrontati da alcuni di questi autori, in particolare da
Imberty e Deliège, le cui teorie tentano di spiegare
anche la percezione di musiche con gerarchie interne
deboli, prive di simmetrie e di ripetizioni.
- In un recente
articolo, Ian Cross ha messo in evidenza un altro aspetto
del rapporto fra analisi percettiva e analisi musicale:
la differenza tra la psicologia della percezione, che
studia i fenomeni percettivi da un punto di vista delle
scienze cognitive, e lanalisi dove la
considerazione della percezione è orientata
fondamentalmente alla conferma di teorie musicali
(definita da Cross folk psychology). In
questultimo caso gli aspetti percettivi, oltre che
essere considerati giusti solo quando
coincidono con le teorie analitiche sottese
allanalisi, sono spesso presenti solo in forma
implicita: una funzione della psicologia della percezione
potrebbe essere quella di esplicitare i presupposti
percettivi presenti in una analisi musicale e renderli
quindi discutibili e verificabili.
- Luca Aversano, Per
unanalisi linguistica dellanalisi musicale in
Italia
- La relazione
incrocia due campi di ricerca di grande attualità: lo
studio delle parole della musica, scoperto di recente, ed
lanalisi, già da tempo al centro del dibattito
musicologico.
- Al vaglio
metodologico del primo viene sottoposta la produzione
scientifica dellaltro. Si applica cioè la critica
lessicologica, fin qui esercitata esclusivamente a
distanza (cfr. il progetto del Lesmu, che nel suo
assunto di partenza non contempla testi posteriori agli
anni 60 del nostro secolo), ad una lingua cui non
è possibile guardare con rilevante e cosciente distacco
storicistico, quale è quella dei contemporanei studiosi
di analisi musicale.
- Attraverso
brevi esemplificazioni, tratte da riviste e saggi
specialistici italiani dellultimo decennio, si
descrivono le caratteristiche principali della
lingua dellanalisi. Accanto agli
elementi tipici che connotano i linguaggi tecnici sono
evidenziate alcune peculiarità del lessico e delle
formule sintattiche in uso presso gli analisti, tra cui,
ad esempio: lintroduzione di neologismi diretti a
sostituire sintagmi o termini tecnici di stampo
tradizionale; la riconnotazione semantica di termini già
in uso nella lingua musicale, fenomeno che potrebbe
definirsi di riconvenzionalizzazione;
ladattamento, spesso in versioni discordanti, di un
gran numero di forestierismi; il riferimento alla
terminologia delle scienze fisiche e matematiche, spesso
sostitutiva di metafore più tradizionali desunte dalle
arti figurative.
- Più in
generale emerge una tendenza allesoterismo
lessicale, visto limpiego di significanti di ostica
comprensibilità per gli stessi musicisti - se non anche
per i musicologi -, quando non abbiano una certa
confidenza con la letteratura in oggetto. Ciò induce a
introdurre la nozione di lingua ipertecnica:
un codice speciale sviluppatosi nellambito di un
linguaggio, quello musicale-musicologico, di per sé già
molto tecnificato.
- Tale fenomeno
va messo in relazione con il clima ideologico in cui si
sono mossi gli analisti degli ultimi anni, contrassegnato
dalla forte volontà di prendere le distanze dal vecchio
modo di esercitare in Italia lanalisi musicale.
- Si pongono
infine questioni attinenti ad uno dei due temi del
colloquio (Lanalisi, tendenze e limiti), quali
le linee di tendenza e ladeguatezza, tanto dal
punto di vista scientifico che da quello didattico, del
modello linguistico seguito dai moderni analisti.
- Xoán M. Carreira, La
committenza nella ricerca della zarzuela
- En 1992 el
Instituto Complutense de Ciencias Musicales creó la
colección "Musica Hispana" dedicada a la
publicación de musica española. Según la declaración
de intenciones, "Musica Hispana surge con la
intención de recuperar el patrimonio musical español y
ponerlo al servicio de cuantos intérpretes, orquestas y
teatros públicos y privados estén interesados en
nuestra música. Su prioridad es por ello servir a los
intérpretes y recuperar un patrimonio musical hoy
injustamente desconocido y olvidado". "Musica
Lírica", la serie más ambiciosa de "Musica
Hispana", ha publicado hasta ahora las partituras de
24 zarzuelas en ediciones críticas de diversos
compositores, directores de orquesta y musicólogos y
este año iniciará las ediciones críticas de los
libretos a cargo de diversos compositores.
- Los
conflictos de intereses subyacentes al mecenazgo de la
Sociedad General de Autores, interesada en mantener vivos
los derechos del repertorio zarzuelístico son una de las
varias causas de las deficiencias de estas ediciones
críticas derivadas de los evidentes descuidos en la
discusión de fuentes, ausencia de criterios editoriales
comunes a la serie e incluso en la admisión de
reorquestaciones de obras completas y cambio de idioma de
los libretos.
- Marco Beghelli, Che
cosè la Gran Scena
- Nellanalisi
formale del melodramma italiano primo-ottocentesco, il
ricercatore simbatte di quando in quando in numeri
"a solo" dalla macrostruttura ben più ampia e
complessa di quella comunemente riconosciuta oggigiorno
come standard dellepoca, accomunati da una
medesima funzione drammatica e posizione musicale: quelle
tipiche del rondò del musico (più tardi della prima
donna). Il rondò propriamente detto non lascia invero il
posto alla nuova struttura, ma viene in essa inglobato,
come momento conclusivo cui tende lintero congegno
drammatio-musicale concepito come un numero operistico
unitario, tonalmente compatto, privo di recitativi secchi
al suo interno, e stereotipabile in quattro momenti: 1)
cambio di scena che segnala fàticamente lavvio di
una nuova pagina; 2) coro dambiente ; 3) recitativo
strumentale e cavatina del protagonista; 4) recitativo
strumentato e rondò dello stesso, con rilevanti apporti
corali.
- Per quante
varianti possa avere tale schema, specie riguardo al
cambio di scena ed al mutuo rapporto fra solista e coro,
caratteristica fondamentale rimangono un paio di
trasgressioni a quelli che riteniamo oggi essere i
connotati fondamentali di un numero operistico "a
solo": (1) la presenza di ben due Adagi cantabili
distinti, anziché uno soltanto (il primo bastevole a se
steso, come cavatina monopartita in cui il personaggio
viene sprofondato in un abisso di pene, laltro
quale parte integrante del rondò propriamente detto,
risolutore dellimpasse); 2) il recupero di
recitativo in versi sciolti dopo il primo Adagio, là
dove la consuetudine vorrebbe al contrario che, terminato
il recitativo davvio, il numero musicale si
snodasse su versi lirici fino alla conclusione del
numero.
- Il risultato
è una pagina di grande teatro, di lunghezza inusitata
(dai venti ai trenta minuti focalizzati su un solo
personaggio), che richiede allinterprete di mettere
a buon partito tutte le sue doti di cantante e di attore.
Modello preclaro per una intera generazione di
compositori potrebbe essere stata la grande pagine di
Curiazio nellultimo atto degli Orazi e Curiazi
cimarosiani; esempi successivi, sempre per musico, si
segnalano in Mayr (Ginevra di Scozia), Pavesi (Fingallo
e Comàla), Rossini (Tancredi, Ciro in
Babilionia, Aureliano in Palmira, Bianca e
Faliero), mentre Donizetti trasferirà il modello
alla primadonna, in posizione di finale dopera (Anna
Bolena, Sancia di Castiglia).
- Per Rossini -
per lui almeno - tutto ciò ha anche un nome, vergato con
bella evidenza su almeno un paio di autografi
operistici: è "Gran Scena", tecnificazione di
un lessico discorsivo, ove laggettivazione enfatica
rimanderebbe sia, in generale, alla particolare
estensione musicale e pregnanza drammatica del pezzo che
designa (una scena madre), sia, in senso più
tecnico, al particolare allargamento del tradizionale
recitativo strumentato (in gergo : Scena) che
precede il Rondò. Leventuale cavatina che
linterseca andrebbe dunque letta in chiave di
escrescenza lirica del recitativo stesso, non
come suo punto di arrivo (una cavatina in odore di
aria cavata); il ritorno momentaneo ai versi
sciolti; prima del rondò propriamente detto non parà
allora più uneccezione alla regola, ma il naturale
riposizionamento sul registro linguistico di base, dopo
il fugace oasi lirica.del protagonista.
- Giorgio Pagannone, Aspetti della
melodia verdiana: periodo e
barform a confronto
- In un saggio
apparso nel 1978 (Satz und Periode. Zur Theorie der
musíkalischen Syntax, "Zeitschrift für
Musiktheorie", IX/2, 1978, pp. 16-26; traduzione
francese: Phrase et période: contribution à une
théorie de la syntaxe musicale, "Analyse
musicale", n. 13, ottobre 1988, pp. 37-44) Carl
Dahlhaus ha proposto una definizione teorica convincente
dei due modelli fondamentali della sintassi musicale
classica: periodo (Periode) e barform
(Satz). Il periodo si articola di
norma in due frasi (antecedente e
conseguente') bilanciate ed omogenee (4+4 battute);
la barform invece presenta una struttura di tipo
anapestico: due semifrasi identiche o simili
seguite da una continuazione libera ovvero da uno
sviluppo (2+2+4). Si tratta di due modelli affatto
diversi: luno - il periodo - si fonda
sulla relazione tra presentazione (Aufstellung)
e risposta (Beantwortung);
laltro sulla relazione tra
presentazione e conseguenza (Konsequenz).
- Ho tentato di
applicare questa teoria dualistica della
sintassi musicale al melodramma italiano - negli studi
analitici quasi sempre trascurato - e dallindagine,
effettuata prevalentemente su Verdi, sono emersi alcuni
risultati interessanti. I due moduli sintattici sono
spesso convocati a svolgere funzioni antitetiche.
Allinterno della forma melodica standard (la lyric
form) il periodo serve soprattutto da sezione
dapertura, mentre la barform figura per lo
più come sezione cadenzale, in quanto la sua struttura
sviluppa un senso di conclusione più marcato. A seconda
delle esigenze i due moduli vengono o posti in immediata
successione, determinando un effetto di
"contrapposto", ovvero separati da una o più
frasi di "preparazione", le quali hanno per
scopo di far desiderare larrivo della barform
conclusiva (lantitesi tra
"contrapposto" e "preparazione" è
ben illustrata da Abramo Basevi, Studio sulle opere di
G. Verdi, Firenze, Tofani, 1859, p. 13.).
Questultimo procedimento è tipico delle melodie a
mo di romanza, dove spesso larrivo
della barform coincide con un cambio di modo - dal
minore allomologo, ovvero al relativo maggiore -
che ne magnifica leffetto.
- La barform,
per quella sua particolare capacità - arcimelodrammatica
- di fissare in poche battute unidea melodica
perfettamente compiuta, con tanto di acuto, si presta
bene ad essere usata nei contesti formalmente liberi
(scena, tempo dattacco, tempo di mezzo, ma anche
scene finali), nonché nei punti salienti del dramma,
dove lesigenza della "miniaturizzazione"
(cfr. G. de Van, Verdi. Un teatro in musica, Firenze,
La Nuova Italia, 1994, p. 327) di un canto breve ma
perspicuo, vibrante - non ammette lunghe soste cantabili:
Amami, Alfredo ne è lesempio più
fulgido.
- Emilio Sala, Leffetto-ghironda
nel melodramma italiano dellOttocento
- Lo studio
compendiato in queste righe riguarda lanalisi di un
particolare caso di scrittura musicale idiomatica: quello
dellimitazione orchestrale della ghironda. Si
tratta di un procedimento di "denotazione per
delega", per dirla con Marco Beghelli, attraverso il
quale uno strumento estraneo alluniverso sonoro
dellorchestra, e portatore di una forte
"ritualità timbrica", viene surrogato da uno o
più strumenti facenti parte dellorganico
orchestrale. Tali modalità di sostituzione-imitazione
appaiono oltremodo diversificate: si va da calchi
meramente idiomatici, realizzati su strumenti comunque in
grado di rinviare ad alcuni tratti distintivi della
ghironda (vedi per esempio la "phis-armonica"
ovvero, verosimilmente, larmonium della Linda
donizettiana e dei Due savoiardi di A. Cagnoni), a
riscritture di tipo anche onomatopeico ma più elaborate
come quella, speciosissima, della Cecchina di P.
Generali che prevede: 1) una sorta di
preparazione di alcuni archi (tra le cui
corde bisogna inserire "una carta da gioco di
Francia acciò possino fare il friggìo ad imitazione
della ghironda o lira"), 2) un utilizzo
"muto", senza fiato, di alcuni legni che devono
battere le note "colle sole chiavette", forse
per imitare il rumore prodotto dai tasti della ghironda.
Daltra parte, tutti questi procedimenti rinviano a
un codice assai rigido che rende leffetto-ghironda
immediatamente riconoscibile. Esso può ridursi a forme
di stilizzazione davvero minime come le quinte/ottave
vuote al basso per denotare le corde di bordone della
ghironda oppure lo slittamento di semitono allinsù
per rendere lattacco della ruota azionata dalla
manovella (una formula incipitaria, questultima,
presente tra laltro sia nella romanza di Pierotto,
Per sua madre andò una figlia, che nel Leiermann
schubertiano). Né vanno dimenticati gli spostamenti di
accento e i sussulti ritmici che condiscono quasi tutti
gli airs de vielle e che si riferiscono ai famosi coups
de poignet tramite i quali i suonatori di ghironda
realizzavano una sorta di effetto percussivo da
sovrapporre al suono continuo del bordone. In
conclusione, va detto che leffetto-ghironda viene
affrontato qui in una chiave drammaturgico-musicale: non
solo dunque sul versante tecnico-formale, ma coinvolgendo
anche il piano simbolico-situazionale. Non si tratterà
perciò tanto delleffetto-ghironda come elemento
sciolto, quanto piuttosto del ruolo da esso
giocato allinterno di un vero e proprio
ipersistema, quello del genere savoiardo, la cui
precisazione-ricostruzione è già stata tentata da chi
scrive in altra sede.
- Andrea Chegai, La recezione
del fantastico in Italia alla metà del
secolo XIX
- Al di là
della sua illusoria evidenza, il termine
fantastico si prestò, nella prima metà
dellOttocento soprattutto, ad un impiego
diversificato da parte della critica italiana. Furono
giudicate musica fantastica non solo le opere dotate di
sviluppi soprannaturali, come Il franco cacciatore (Weber),
Roberto il diavolo (Meyerbeer) o il verdiano Macbeth,
ma anche le composizioni strumentali di Beethoven, in
particolar modo quelle che più esaltavano il lato
metafisico della sua musica (al seguito di Tieck e
Hoffmann). Basevi estese ed importò nei domìni
dellanalisi detta metafisica della
musica, mediante la teoria della
percezione da lui sviluppata nei due trattati
di armonia (1862 e 1865), che indugia sul realizzarsi di
certi concetti musicali essenzialmente
nellimmaginazione dellascoltatore; teoria
consona anche al diffondersi della filosofia hegeliana.
Con lausilio di Hegel si tentarono persino di
giustificare i lati troppo fantastici del Roberto
(Marselli): la complessa dialettica di
attrazione-repulsione verso demoni incantesimi e
fantasmagorie (elementi, questi, viziati da un
romanticismo medievaleggiante giudicato retrogrado) fu
superata solo dalla successiva estetica formalista e
dallaffermazione di nuove tendenze drammatiche,
legate alla perdurante attualità delle passioni.
- Emanuele Senici, "I
promessi sposi" incontrano "La forza del
destino" allosteria
- I personaggi
della Forza del destino presentano singolari
somiglianze con quelli dei Promessi sposi, per
Verdi "uno de più grandi libri che sieno
usciti da cervello umano". Lopera è stata
spesso censurata per la sua sconnessa successione di
scene apparentemente irrelate e per il cozzo violento di
comico e tragico. Sin dalle prime recensioni i sacri nomi
di Shakespeare e Hugo sono stati invocati come numi
tutelari di tali peculiarità. Ma la Forza del destino
è molto lontana da altre opere verdiane derivate
direttamente da tali autori, dal Macbeth al Rigoletto
e dallOtello al Falstaff.
- Vorrei
avanzare lipotesi che la singolare struttura
drammatica della Forza del destino sia il
risultato dello sforzo da parte di Verdi di riprodurre
sulla scena lalternanza di "storia" ed
"invenzione" propria del romanzo manzoniano -
un tema che fu al centro di un infuocato dibattito nei
circoli letterari italiani di metà Ottocento di cui
Verdi era certo al corrente. Come esempio del modo in cui
Verdi traduce il romanzo in opera presento una lettura
parallela della prima scena del secondo atto della Forza
del destino, ambientata nellosteria di
Hornachuelos, e del capitolo 14 dei Promessi sposi,
lepisodio di Renzo allOsteria della Luna
Piena a Milano. Losteria manzoniana è un luogo di
sovversione linguistica, un luogo dove registri lessicali
e narrativi normalmente opposti sono sottoposti ad un
processo pervasivo e perverso di dialogizzazione.
Loriginalissima mistura linguistica di Piave e la
giustapposizione di stili e generi musicali messa in
campo da Verdi potrebbero essere considerate
lequivalente della sovversione manzoniana da un
punto di vista sia storico che estetico. La questione dei
temi ricorrenti è al centro della mia attenzione
analitica, non solo perché essi svelano un vero dilemma
musicale e drammatico, ma anche perché costituiscono uno
dei Leitmotiven dellincerta e sospettosa
reazione critica dellopera.
- Cristiano Vavalà, Boito,
Verdi e la prosa musicale: un chiarimento
- Nel saggio Versificazione
italiana e ritmo musicale Friedrich Lippmann scrive
che la "prosa boitiana" ha agevolato il cammino
di Verdi verso unemancipazione ritmico-musicale
sovrana, uno stile compositivo per sua parte prossimo
alla polimetria e alla "prosa".
Lespressione "prosa boitiana" non è
però così ovvia se si pensa che in Otello e
Falstaff, i due libretti che Boito approntò per
Verdi, non si trova un solo verso sciolto. E daltra
parte lapplicazione del concetto di prosa musicale
alle partiture verdiane è resa alquanto problematica
dallintricata dialettica tra i significati tecnici
ed estetici che si sono stratificati nel termine.
- Al di là di
tutto però, Lippmann coglie un fenomeno reale, e alle
sue osservazioni manca forse solo qualche piccola
precisazione. Quel che di veramente caratteristico si
trova nei libretti di Boito (e che giustifica in fondo
lespressione usata da Lippmann) è che il rapporto
tra segmentazione metrica e articolazione sintattica non
soggiace più ad alcuna norma, sicché il compositore è
costretto a dissolvere il verso, a metterlo da parte, se
intende conservarne il contenuto di senso attraverso
unaccentuazione retoricamente pertinente. Peraltro
è difficile stabilire se davvero questo fatto abbia
avuto un ruolo decisivo nello spostare lattenzione
del musicista dal principio del verso a quello della
prosa (si direbbe anzi che Boito non fosse affatto
cosciente del problema) o se, più verosimilmente, esso
abbia soltanto spinto allo scoperto tendenze già in
atto. Il caso di Verdi, infatti, sinquadra in un
fenomeno ben più ampio, un vero e proprio mutamento di
paradigma estetico che interessa lintera cultura
musicale europea tra Otto e Novecento.
- Massimo Privitera, Carmen, José,
le castagnetta e la fanfara
- La relazione
prende spunto dalla lettura psicoanalitica della Carmen
di Bizet, avanzata da Franco Fornari (Carmen
adorata, Milano, Longanesi, 1985) dove la
storia di Carmen e José si presenta come incarnazione
del conflitto fra codice femminile (lamore come
passione violenta e irriducibile alle leggi della
società) e codice paterno (la legge del dovere, la cui
espressione più compiuta è nella disciplina militare).
- In questa
suggestiva interpretazione, però, viene dato poco
risalto ad un momento chiave dellopera, la
cosiddetta scena delle castagnette, considerata solo in
quanto scontro dei due codici. A mio parere invece (e
proprio applicando le categorie di Fornari) questa scena
è centrale nella dinamica drammaturgica: posta alla
esatta metà del dramma, è lunico momento in cui
appare possibile la fusione dei due codici, seppure solo
per qualche fugace istante.
- Carmen ha
iniziato a cantare per José senza accompagnamento, con
il solo sostegno ritmico delle sue castagnette. Poco
dopo, però, si sente sullo sfondo la fanfara della
caserma, che annuncia la ritirata e impone quindi a José
di lasciare Carmen. Ciò fa collidere i due codici, e
condurrà la vicenda alla sua catastrofe. Ma al suo primo
apparire, Carmen accoglie la fanfara come "musique
qui nous tombe du ciel", e ci danza sopra.
Lascoltatore scopre così che la canzone e la
fanfara (lerotismo e la legge), apparentemente
antitetiche, hanno in realtà la medesima struttura
rotonda: se sovrapposte possono dunque coincidere.
Lincanto verrà rotto presto dallinterruzione
di José e dalla furia di Carmen; ma chi ascolta rimane
in uno stato di nostalgia della fusione dei contrari, la
cui ebbrezza ha potuto gustare per pochi attimi. È
grazie a tutto ciò che il seguito della vicenda si
colora di ulteriore intensità, e rinforza il suo
carattere di discesa agli inferi.
- Paolo Gozza, Lo strumento
musicale come modello culturale
- Nel Saggiatore
(1623) Galileo racconta dun uomo che
savventura nel mondo alla ricerca di eventi sonori
ignoti. Quando ormai crede di sapere tutto, luomo
si trova "più che mai rinvolto
nellignoranza" perché non sa dar conto del
canto duna cicala. Da allora egli diffida a tal
punto del proprio sapere, che "domandato come si
generavano i suoni, generosamente rispondeva di sapere
alcuni modi, ma che teneva per fermo potervene essere
cento altri incogniti e inopinabili". La favola del
figlio di Vincenzo Galilei è speculare alla favola del
ritrovamento pitagorico delle consonanze; annuncia
letà nuova della scienza musicale
collocandola sullincerto terreno
dellesperienza: non i numeri sonori ma i corpi
sonori sono ora limpresa del moderno uomo di
scienza. Non è senza significato che il Saggiatore di
Galileo Linceo sia preceduto dalla Sambuca
Lincea (1618) di Fabio Colonna, invenzione
dell"instromento musico perfetto"
dedicato a Papa Paolo Farnese e corredato dalla
descrizione dell"organo Hydraulico" di
Erone dAlessandria, "ingegnere" noto a
Galileo e alla cultura scientifica moderna. Dal
"mondo dei pressappoco" dei "secreta"
artigianali lo strumento musicale si apre al "mondo
della precisione" degli ingegneri-scienziati: da
Vincenzo Galilei a Mersenne, da Galileo a Bartoli, dagli
sperimentatori delle Accademie scientifiche europee
allEncyclopèdie, lo strumento
musicale è incorporato nella cultura scientifica e
filosofica, la tecnologia musicale impronta la scienza e
la: filosofia moderna.
- La
rappresentazione che avvicina lartigiano
allingegnere moderno non è unorganologia
sistematica e classificatoria (anche se il barocco è
ricco di Wunderkammer musicali), e neppure un
prematuro approccio etnomusicolgico. Lintersezione
si attua attraverso lidentificazione dello
strumento musicale come modello tecnologico e culturale:
la risonanza acustica (ricerca sul timbro; modi di
vibrazione delle corde; vibrazioni complesse delle
superfici sonore e delle campane; modalità di vibrazione
dellaria nei tubi, ecc.), diventa risonanza
fisiologica (i trattati di anatomia della voce
utilizzano metafore tecnologiche ricavate dal mondo
artigianale; la fisiologia trasforma lorecchio in
un risonatore interno, ecc.), risonanza etica e
filosofica (Cartesio si serve dellorgano come
metafora cognitiva della relazione mente-corpo; la
tradizione delluomo come strumento
musicale ispira alcune delle più brillanti pagine
musicali di Diderot), e risonanza
metafisica (i modelli di musurgia universale delletà
barocca assumono non il monocordo ma lo strumento
artigianale come metafora dellarmonia del
mondo
).
- Questi
argomenti riguardano un libro non ancora discusso nella
cultura musicologica in Italia. Ne è autrice Jamie C.
Kassler, il titolo è Inner Music. Hobbes, Hooke and
North on Internal Character (London, Athlone, 1995):
la ricerca sui modi di vibrazione degli strumenti
musicali trova eco nella filosofia naturale della mente
di questi filosofi e teorici musicali inglesi dei
Sei-Settecento.
- Lucia Marchi, La ballade
"Pictagoras, Jabol et Orpheus" nelle versioni
di Torino e Chantilly
- La Ballade Pictagoras,
Jabol et Orpheus di Johannes Suzoy è attestata da
uno dei più importanti testimoni dellArs
subtilior, il codice Chantilly, Musée Condé 564, e
dai frammenti conservati presso la Biblioteca Nazionale
Universitaria di Torino (T. III. 2.), solo recentemente
portati allattenzione degli studiosi.
- Le due
versioni della Ballade divergono in molti punti. In
particolare, la subtilitas ritmica della
composizione - un continuo scambio e sovrapposizione di
diverse mensure tra Cantus e Tenor - è espressa con
notazione diversa nei due manoscritti. Lanalisi
delle differenti soluzioni notazionali portate dai due
testimoni permette uno sguardo sulle molteplici
possibilità della scrittura del tardo Trecento, e
soprattutto una più generale riflessione sui problemi
posti da questo tipo di varianti - peraltro molto
frequenti - nellambito del lavoro di ricostruzione
testuale del repertorio dellArs subtilior.
- Ivano Cavallini, Il ruolo della
musica nella favola pastorale di Ragusa
- Il dramma
boschereccio degli scrittori ragusei, come quello
italiano cui si ispira, è condizionato
dallintervento robusto di suoni e canti, i quali,
non preservati tramite qualche edizione o manoscritto,
servivano ad accrescere il potere fantastico e
lenfasi sentimentale dello spettacolo.
- Nella
pastorale ragusea la musica svolge una funzione
didascalica (in forma di commento), o decorativa (in
forma di entracte), ma assume
altresì un ruolo di guida nello sviluppo
dellazione. Sono esemplari in tal senso le favole
di Nikola Naljeskovic e Marin Drzic che nei momenti
salienti della trama esibiscono passi corali, solistici o
mimici, e assegnano alla musica una posizione
complementare rispetto alla parola (così la moreka
e i canti della terza komedija di
Naljeskovic, o il combattimento tra satiri e pastori in Titona
di Drzic, 15491). Raramente gli strumenti sono citati
in forma aulica (lira, cetra etc.): più frequente è
invece luso di termini tratti dal folklore, allo
scopo di creare un clima pastorale più autentico;
allatto pratico i vari diple, guste e
surle potevano ugualmente essere sostituiti da
viole, flauti e liuti.
- Il termine intermedijo
appare a Dubrovnik solo sul finire del secolo (cfr. Flora
e Fílide di Sasin), anche se vi sono cori
madrigalistici e scene a sé stanti che hanno in Drzic la
medesima funzione, prima della formalizzazione del genere
favolistico avvenuta con Dominko Zlataric, traduttore
dellAminta (= Ljubmir, 1580), e con
Frano Lukarevic che ha voltato in lingua croata il Pastor
fido di Battista Guarini (= Vijerni pastijer,
1592).
- Vi sono poi
spettacoli di carattere celebrativo e a sfondo
mitologico, i quali, similmente agli intermedi, sono
quasi completamente farciti di musica (cfr. Venere í
Adon di Drzic). La loro importanza normativa è
accresciuta dal fatto che sino al 1640 anche i melodrammi
derivati da libretti italiani (Evridice, Arijadna,
Armida, Alcina) utilizzano la musica
accanto alla recitazione, regredendo così al livello
della precedente pastorale.
- Concetta Assenza, Tradizione e
novità nellaria dei primi anni del Seicento
- Tra il 1600 e
il 1635 la produzione di arie per voce sola si consolida
in un repertorio contrassegnato da novità, rispetto alla
tradizione poetico-musicale precedente, e da sorprendente
varietà nella scrittura musicale e nellintonazione
di modelli poetici diversificati. Sulla base di un
campione di 500 testi poetici intonati e di un centinaio
di scritture musicali, ho trattato per via generale gli
aspetti che, sul piano poetico e musicale, determinano la
fisionomia così mutevole dellaria di inizio
secolo: caratteri strutturali dei modelli poetici e loro
configurazione, aspetti della versificazione, definizione
di metri inconsueti e della loro struttura accentuativa,
caratteri della scrittura musicale sul piano
dellaspetto formale generale, della struttura
fraseologica, della fisionomia ritmica della
declamazione. Questi stessi dati generali ed esempi
specifici di testi poetici musicati da D. Obizzi, M.
Pesenti, A. Grandi , G. Ghizzolo e C. Milanuzzi sono in
particolare discussi per evidenziare come il repertorio
sia alimentato da criteri di sperimentazione di tecniche
antiche e modi innovativi: laria di inizio Seicento
è un repertorio sfaccettato che trae la propria forza
innovativa e guadagna tratti di notevole modernità dal
laborioso processo di revisione del patrimonio poetico
musicale della canzonetta del tardo XVI secolo.
- Dinko Fabris, Prima dello
"Stabat": la formazione di uno stile musicale
nella Napoli vicereale
- Prima del
1727 - quando il Breve di Benedetto XIII istituì la
seconda festa annuale della Vergine dei Sette Dolori nel
venerdì precedente alla Domenica delle Palme con
lobbligo di cantare lo Stabat Mater - sembra
assai scarsa la diffusione di questa sequenza,
soprattutto nel repertorio polifonico italiano. La
celebre composizione di Giovanni Battista Pergolesi,
destinata ad alimentare il mito romantico fiorito intorno
allautore e a rappresentare lemblema massimo
della scuola napoletana del Settecento, fu
composta solo pochi anni dopo, entro il 1736. Questo
capolavoro è in realtà soltanto un punto intermedio di
una tradizione musicale che nellItalia meridionale
ebbe probabilmente origine nel secolo XVII, e che conobbe
una fortuna parallela nella musica darte e nella
musica popolare, per il tramite delle confraternita
laicali.
- Attraverso lo
studio comparato delle testimonianze superstiti (orali e
scritte) reperite nei poco esplorati archivi di
confraternite meridionali (vi è tuttora diffuso un
preciso stile di intonazione in polifonia semplice dello Stabat
e della correlata Salve Regina) con le poche ma
importanti intonazioni polifoniche della sequenza da
parte di compositori napoletani a partire dalla metà del
Seicento, si ricostruisce lorigine ed il possibile
significato di una identità stilistica peculiare
allambiente napoletano, utile per contestualizzare
un capolavoro finora considerato unico, quale lo Stabat
pergolesiano.
- Pilar Alén, El conde Luigi
Silva, procuratore de músicos italianos para
la catedral de Santiago de Compostela
- Hacia 1760
Ilegan a Santiago de Compostela (España) dos músicos
italianos procedentes de la ciudad de Lodi: se trata de
los hermanos Baldassare y Giusseppe Servida. Ambos
tocarán la trompa en la capilla de música de la
catedral compostelana a lo largo de toda la segunda mitad
del siglo XVIII. Poco después, en 1767, se instalarán
también en Santiago otros dos músicos lodigianos: el
"tiple" Giusseppe Ferrari, y el contralto
Giovanni Brunelli. Y, ya en 1770, el número de italianos
se incrementa con la llegada del maestro Buono Chiodi
(Salò, 1728 - Santiago de Compostela, 1783) y sus dos
discípulos: Felice Pergamo ("tiple"), Carlo
Mauro (contralto). De este modo, a lo largo de una
década, la capilla de música de la catedral
compostelana vio notabiemente reforzada su plantilla,
tanto en la que se refiere a la cantidad como a la
calidad de sus músicos.
- Chiodi llevó
a cabo una intensa labor de renovación de la capilla de
música de la catedral compostelana, a la vez que aportó
a la misma un interesante legado de partituras de
músicos italianos coetáneos (Quirino Gasparini,
Giusseppe Colla, Baldassare Galuppi, Ferdinando Bertoni,
Felice Giardini, ... ); este legado - que todavía se
conserva en el archivo de este tempio catedralicio - es
una prueba evidente de la relación que, sin duda,
mantuvo Chiodi con todos estos compositores antes de
llegar a Santiago, y quizás también a lo largo de su
permanencia en Compostela.
- Al investigar
la vida y la obra del maestro Buono Chiodi hallamos
varios datos que nos permiten afirmar que tanto è1 como
sus predecesores - arriba citados - pasaron a formar
parte de la capilla de música compostelana mediante la
mediación de un ínteresante personaje: el conde Luigi
Silva. Tal noble lodigiano se autodenomina en les
documentos consultados como Procuratore
dellIllustrissimo e reverendissimo Insigne Capitolo
della Chiesa Metropolitana di San Giacomo di Compostella
nella Galizia Monarquia di Spagna. Su misión, según
se desprende de los datos hallados, consistía
fondamentalmente en: a) buscar músicos idóneos para
cubrir las necesidades del Cabildo compostelano; b)
establecer con ellos un contrato ante notario, por el que
dichos músicos se comprometían a ponerse a disposición
del Cabildo de la catedral de Santiago; e) costear parte
de los gastos que llevaba consigo este tipo de contratos.
Estamos, pues, ante un caso de verdadero mecenazgo, de
indudable interés.
- Carmen Rodríguez Suso, El mecenazgo
musical del nacionalismo político en el pais vasco
- Las
diferentes corrientes ideológicas del nacionalismo vasco
han coincidido todas en considerar la música como uno de
los elementos diferenciales de la identidad vasca. La
historiografía musical ha señalado claramente la
existencia de una corriente "nacionalista"
vasca caracterizada por la composición de obras
musicales en las que se incorporan elementos de la
música popular local, o la utilización de temas
literarios relacionados con los relatos miticos o
históricos de los orígenes de la nación o con su
folklore.
- Sin embargo,
si consideramos que, como movimiento musical, el objetivo
del nacionalismo era producir el equivalente sonoro de su
imaginario politico, debemos incluír también en él la
actitud de los promotores y organizadores que actuaron en
torno de este tipo de creación musical. Esto nos
Ilevará a considerar cómo el nacionalismo musical vasco
no consistió solamente en una serie de obras musicales
compuestas bajo esos presupuestos, sino también en una
canalización de recursos económícos destinados a
sostener la idea del pueblo vasco como pueblo musical por
excelencia.
- Al apoyar
económica y administrativamente a la música tanto desde
instancias privadaz como públicas (en los períodos
intermitentes en los que alcanzó alguna cuota - de poder
institucional), el mundo político nacionalista ejerció
un moderno mecenazgo de la vida musical vasca. A cambio,
la vida musical vasca quedó intensamente marcada por las
ideas musicales de los ideó1ogos y políticos del
nacionalismo.
- Paolo Cecchi, Leditoria
musicale a Roma dal 1590 al 1630
- La
comunicazione costituisce il primo parziale rendiconto di
una ricerca in corso e illustra, con un approccio
prevalentemente storico-quantitativo, il panorama
delleditoria musicale romana nei quarantanni
tra il 1590 e il 1630, un periodo nel quale tale
industria divenne progressivamente la più importante
dItalia, dopo quella veneziana. A partire dai
primissimi anni del 600, contribuì a determinare
quel mutamento epocale della produzione musicale a stampa
che vide il prevalere della produzione liturgica e
devozionale su quella profana, il genere più
rappresentato nelle raccolte a stampa del XVI secolo.
- Il contributo
si articola in tre brevi sezioni correlate:
- 1) Una breve
analisi quantitativa della produzione musicale a stampa
presenta e contestualizza il numero delle raccolte,
lincidenza delle ristampe, il numero degli autori e
la loro provenienza geografica, la proporzione
quantitativa e la diversa tipologia commerciale delle
raccolte individuali e delle raccolte collettive, il
numero degli stampatori e dei librai, la loro
produttività e il loro peso commerciale nel mercato. I
dati sono poi messi a confronto in modo sinottico con la
coeva produzione tipografica veneziana.
- 2) Una
concisa analisi dei generi e dei sottogeneri musicali
delle raccolte a stampa pubblicate, con una panoramica
delle diverse strategie commerciale dei cataloghi dei
vari stampatori, e della composizione per generi della
produzione dei singoli autori, anche alla luce
dellimporsi di nuovi sottogeneri/repertori, alcuni
dei quali tipicamente romani (canzonette profane e
spirituali con intavolatura di liuto e cembalo, mottetto
concertato con basso continuo, musiche a una e due voci e
continuo, musiche liturgiche policorali).
- 3) Un breve
ragguaglio preliminare a carattere quantitativo, volto a
saggiare per campioni la diffusione e il consumo della
produzione editoriale romana, ricavato dallanalisi
di cinque cataloghi di librai e venticinque inventari
coevi, inventari concernenti prevalentemente, ma non
esclusivamente, istituzioni ecclesiastiche o
para-ecclesiastiche. Dallo spoglio di tali cataloghi ed
inventari (dei quali allincirca il 40% riguardano
istituzioni e soggetti romani, il 35% circa
dellItalia settentrionale e il 25% di altre zone
dellEuropa settentrionale), si evidenzia il genere
e la tipologia delle edizioni romane che vi compaiono, e,
per dati opportunamente disaggregati, alcune delle
modalità e dei livelli di penetrazione nel mercato
italiano ed europeo della produzione della città
pontificia, comparandole per sommi capi con quelle
delleditoria veneziana coeva.
- Paola Ciarlantini, Le
composizioni dispirazioni leopardiana
dallOttocento ad oggi
- Nellambito
dei progetto "Leopardi nel mondo", elaborato
dal Centro nazionale di studi leopardiani di Recanati, è
stata avviata nel 1994 la ricerca "Leopardi e la
Musica" tesa al reperimento e allacquisizione
dei brani musicali su testo leopardiano o ispirati
allopera di Giacomo Leopardi, e alla loro
divulgazione attraverso pubblici concerti.
Nellultimo anno, la ricerca ha permesso di
costituire presso la biblioteca del Centro nazionale di
studi leopardiani uno specifico fondo musicale che consta
di tre sezioni: la prima, più corposa, comprende le
musiche, in originale o in riproduzione, le due restanti
sono relative a libretti e guide di poemi sinfonici e a
materiale audio (CD, cassette). Le partiture sono circa
centocinquanta, molte di autori celebri come Pietro
Mascagni, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti,
Mario Castelnuovo-Tedesco, Ferruccio Busoni, Amilcare
Zanella. Sono presenti anche autori contemporanei come
Gino Contilli, Goffredo Petrassi, Vittorio Fellegara,
Riccardo Malipiero, Luigi Donorà, Giovanna Marini, Peter
Maxwell Davies, etc. Partiture su testi leopardiani sono
arrivate, tra laltro, dalla Danimarca, dalla
Svezia, dallUngheria, dalla Francia, da autori
quali Knudåge Riisager, Arne Mellnäs, Ferenc Farkas,
Griffith Rose. Non mancano autori marchigiani come
Silvestro Baglioni, illustre fisiologo e musicista,
letnomusicologo Lepanto De Angelis, dei celebri
musicologi Emido Cellini e Francesco Vatielli, o
marchigiani dadozione, come Giovanni Tebaldini, il
citato Amilcare Zanella, Adriano Ariani.
Lacquisizione più importante del fondo è
senzaltro la riproduzione dellautografo
(faticosamente rintracciato in Germania) della partitura
della cantata per soli, coro e orchestra Il Sabato
del Villaggio (Werk 192) di Ferruccio Busoni,
unopera giovanile data al Comunale di Bologna nel
1883, di cui non esistono copie in Italia.
- Le
composizioni reperite appartengono ai più svariati
generi musicali (prevalentemente romanze per voce e
pianoforte nei secolo scorso e lavori corali o per
organico da camera in epoca più recente, ma anche opere
liriche, poemi sinfonici e sinfonico-corali, brani
strumentali solistici, etc. ). Il testo maggiormente
musicato è lidillio Linfinito, insieme
a Imitazione. Non mancano comunque versioni
musicali di brani dello Zibaldone e delle Operette
morali. Limportanza culturale della raccolta
consiste anche nel suo fornire, attraverso la
privilegiata angolazione leopardiana, uno spaccato della
storia musicale italiana tra il 1850 e la seconda metà
del nostro secolo. Pur essendo la ricerca un work in
progress (sono stati attivati solo in tempi recenti i
contatti con le biblioteche estere, le segnalazioni sono
continue, e le acquisizioni spesso non immediate a causa
di difficoltà di vario genere) è comunque di imminente
pubblicazione un primo catalogo con schede informative
sia sulle composizioni (con riferimento alle biblioteche
di provenienza) sia sugli autori.
- Molto è
stato fatto anche riguardo le esecuzioni dei brani più
significativi: lesecuzione moderna dellInfinito
di A. Zanella, e le due serate, Poesia in concerto
e Musiche per Giacomo, svoltesi
lestate scorsa al Colle dellInfinito
nellambito dei Notturni Leopardianì 1997.
Altre iniziative simili sono previste nel corrente anno
del Bicentenario a Recanati ed in altre città italiane.
- Francesco Cesari, "1
Puritani" e il periodo francese di Bellini
- Lo studio
verte principalmente sui Puritani, testo
per molti versi unico nel panorama del tempo. Pochi cenni
sui nodi stilistico-poetici individuati:
- 1) Dinamiche
estreme, spesso contrastanti, con uso massiccio di
sforzati, inquadrabili entro unoriginale
interpretazione del sublime in termini strettamente
sonori (densità massime e minime che rispecchiano il
duplice volto del sublime kantiano: "dinamico"
e "matematico", potenza ed estensione), tale da
eludere il rischio che esso si trasformi in
drammatico reintroducendo così, entro
unestetica per definizione soggettiva,
lelemento rappresentativo-oggettivo. Tutto è visto
dalla prospettiva interna: pazzia come solipsismo, non
come schizofrenia (Lucia). Di qui
linsistenza di Bellini
sull"effetto" che lopera dovrà
avere sul pubblico (analogamente egli dice di aver
rappresentato non luragano in sé, bensì la
"mestizia ove la natura è impressa sotto i fulmini
del cielo").
- 2) Alternanza
tra episodi saldamente diatonici e altri
modulanti-cromatici, questi ultimi abbinati a momenti di
metamorfosi psichica come nella Scena del Finale I (162
battute senza risoluzione) e durante il duetto
Arturo-Elivira (Atto III: Quanto tempo! lo
rammenti? [...]: movimento regressivo sul circolo
delle quinte), dove la riflessione sul tempo trascorso
(mesi? secoli?) suggerisce uninteressante relazione
tra distorsione delle coordinate temporali e instabilità
tonale. Idea che può estendersi ad altri passaggi
dellopera (cfr. ultima sezione del terzetto
Arturo-Enrichetta-Riccardo: Ah, che
festi?[
]) fino a diventare principio poetico
fondante, extradrammaturgico.
- 3) Forme
convenzionali rese più elastiche e funzionali: impiego
del motivo del tempo di mezzo tra le strofe della
cabaletta; riduzione ai minimi storici dei recitativi;
cura dei raccordi tra le varie sezioni dei numeri e tra
numeri diversi.
- 4) Melodia
sempre più libera dalle strutture fraseologiche. Vorrei
studiare gli abbozzi, posteriori ai Puritani,
conservati a Catania.
- 5) Presenza
di passaggi armonicamente bizzarri. Problema dei rapporti
tra Bellini e il mondo musicale parigino (in primis Chopin).
- Stefania Filippi, Il
"Martyre de saint Sébastien": una nuova
estetica musicale e teatrale negli anni 10
- Composto come
musica di scena per un testo in ottonari francesi di
DAnnunzio, fu rappresentato nel maggio 1911 al
Théâtre du Châtelet di Parigi. Tra tutte le opere
dannunziane pensate per il teatro musicale - una lunga
vicenda di collaborazioni coi compositori - forse il Martyre
è quella che per gli studiosi di oggi rappresenta il
momento più felice, più di altre nata dalla stretta
compenetrazione dei metodi di lavoro dei due artisti e
quindi dellelaborazione comune del testo poetico e
della partitura musicale.
- Esaminando il
Martyre de saint Sébastien come opera di due tra
i più significativi artisti del Novecento, la mia
ricerca si propone di studiare parallelamente
lelaborazione testuale e musicale, e di
ripercorrerne la storia compositiva oltra a quella delle
sue rappresentazioni; il testo dannunziano in langue
doil e alla partitura orchestrale di Debussy
vengono considerati assieme a tutti i documenti editi e
inediti che si possono ritrovare. Tra i materiali già
noti sono documenti primari lepistolario in
francese tra i due artisti, ripubblicato in Italia solo
nel 1993, decenni dopo la prima edizione del 1948.
Insieme a questi dati di partenza, vanno esaminati poi,
tra gli inediti, le numerose cronache dellepoca e
gli scritti giornalistici di vario tipo non ancora
pubblicati, consultabili allArsenal di Parigi; si
tratta di articoli, interviste, programmi di stagioni
concertistiche e teatrali e interventi anche polemici che
appartengono al lungo periodo delle rappresentazioni del
Martyre, dalla prima del 1911 alle ultime
recite parigine del 1934. Con lo studio della vicenda
compositiva dellopera, con lesame dalla
partitura di Debussy e del testo poetico di
DAnnunzio, si ripercorre anche lorizzonte
dellestetica musicale e teatrale degli anni dieci.
Si analizza poi lelaborazione musicale
dellopera e il trattamento del materiale armonico e
melodico entro la linea di sviluppo della sperimentazione
debussiana, sempre più rivolta al recupero delle
modalità medievali e al diatonismo; si considera quindi
la convergenza della ricerca musicale con le
sperimentazioni teatrali percorse da DAnnunzio nel
periodo parigino.
- Stefania Franceschini, Roberto
Cecconi: vita, carriera musicale e collaborazione con
Luigi Nono.
- Il progetto
di ricostruzione della biografia di Roberto Cecconi nasce
da unidea di Nuria Schönberg Nono, moglie di Luigi
Nono: lintento è quello di non dimenticare, anzi,
sottolineare il prezioso contributo personale e
professionale che egli, violinista e direttore
dorchestra, zaratino di nascita e veneziano
dadozione, ha apportato nella realizzazione e messa
in scena delle opere del marito.
- Il lavoro,
avviato nello scorso febbraio, si articolerà in quattro
sezioni di ricerca in corrispondenza delle fasi che hanno
segnato lesistenza e la carriera musicale del
direttore. La prima sezione si apre con gli anni degli
studi musicali, condotti in forma privata a Zara e quindi
presso il Conservatorio "G. Rossini" di Pesaro,
quindi continua con il racconto delle vicissitudini
legate allo scoppio della seconda guerra mondiale e al
definitivo trasferimento del maestro a Venezia, dove
entrerà a far parte dellorchestra del Teatro La
Fenice. La seconda sezione sarà invece dedicata
allattività concertistica del musicista, sia come
orchestrale, sia come direttore di varie orchestre, con
le quali si è esibito nelle più prestigiose
organizzazioni musicali italiane, quali il Maggio
Musicale Fiorentino, lAccademia veronese di cultura
musicale, lAIDEM ecc. La terza sezione sarà invece
completamente dedicata alla collaborazione artistica fra
Cecconi e Luigi Nono, una collaborazione iniziata per
lespressa volontà del compositore veneziano, nel
1980 e conclusasi nel 1987 per malattia del direttore.
Questo capitolo rappresenterà il nucleo della
ricostruzione biografica: lintenzione è infatti di
citare tutte le rappresentazioni ed esecuzioni di musiche
di Nono, in Italia e allestero, cui Cecconi ha
partecipato in qualità di direttore o secondo direttore
a fianco di Claudio Abbado. Lultima sezione,
infine, raccoglierà le testimonianze di noti direttori
quali Abbado e André Richard, tecnici del suono,
cantanti e musicisti che con Cecconi hanno lavorato e
collaborato, nonché alcuni ricordi da parte dei
familiari e di tutti coloro che hanno potuto conoscerlo.
Il testo definitivo, in forma di studio critico, sarà
corredato da fotografie dei momenti più significativi e
da copie di lettere autografe indirizzategli dai
colleghi, tra cui molte di Luigi Nono.
- Giorgio Biancorosso, "Da dove
viene la musica?": fonti sonore e modi di percezione
nella musica da film
- La relazione
prende spunto da una distinzione classica della teoria
cinematografica, quella tra musica diegetica (proveniente
da una fonte interna alluniverso fittizio abitato
dai personaggi) e la musica extradiegetica (la musica
che, come la voce narrante, viene percepita solo dagli
spettatori). Con riferimento a film di Welles, Renoir,
Kubrick, Fellini e Lynch, vengono illustrati esempi in
cui la provenienza della musica è incerta, vale a dire
in cui non è chiaro se la musica sia extradiegetica o se
la sua fonte sonora sia semplicemente fuori campo. Questi
momenti preziosi, per quanto brevi, sono interpretati
come rappresentativi delluso della musica al cinema
e dei modi in cui essa viene percepita.
Allincertezza percettiva corrisponde infatti da
parte dello spettatore la difficoltà di assegnare alla
musica una funzione ben precisa.
- Oltre a
rispondere al bisogno di ancorare la musica ad una fonte
sonora, la domanda "Da dove viene la musica?"
è anche indice della presa di coscienza dei modi di
enunciazione e di percezione. In quellattimo di
presa di coscienza, si noterà in conclusione, fa breccia
nella mente dello spettatore una terza dimensione
spazio~temporale che non è né quella della storia, né
quella della rappresentazione, bensì quella della
riflessione.
- Luca Conti, La genesi del
"Sonido 13" di Julián Carrillo
- Il Sonido 13
di Julián Carrillo (1875-1965) è un sistema basato
sulluso dei microtoni, vòlto a riformare la teoria
esistente. Venne elaborato a partire dal 1924, anche in
risposta ad una polemica accesasi nellambiente
musicale messicano. Nel giro di breve tempo (1924-25)
Carrillo realizzò alcuni strumenti musicali, una
semiografia numerica e alcune opere. Laccoglienza
in patria non fu tuttavia soddisfacente: dopo una
tournée nazionale, Carrillo si trasferí a New York dove
ebbe maggiori successi grazie alle esecuzioni di Leopold
Stokowski. Il Preludio a Colón mostra
lutilizzo dei microtoni nella prima fase del Sonido
13.
- Angela de Benedictis, Le due
"Intolleranze": lidea e lopera
- Intolleranza
1960 di Luigi Nono è tra le prime testimonianze
concrete della riflessione compiuta dai giovani musicisti
dellavanguardia nei confronti del teatro.
Rappresentata al XXIV Festival Internazionale di Musica
Contemporanea di Venezia nel 1961, fu il principale
evento della rassegna e i violenti dibattiti seguiti alla
sua messa in scena - che nella maggioranza dei casi
riflettevano posizioni preconcette, talora di esclusiva
matrice politica - costituiscono a tuttoggi le
premesse interpretativi della varia pubblicistica ad essa
dedicata.
- In seguito a
una ricerca sulla genesi e sulla drammaturgia
dellopera, condotta presso larchivio Nono di
Venezia, ho potuto accertare una netta divergenza tra
lassetto strutturale ideato dal compositore e
quello effettivamente realizzato. Questo iato,
intervenuto in seguito al difficile rapporto con il
curatore del testo e a una frenetica fase di lavoro, si
è conseguentemente riflesso nei rapporti con
leditore e, per estensione, nella sfera più
propriamente inerente alla ricezione dellopera.
- Lanalisi
del disegno originario di Nono consente di constatare in
quale misura esso si rispecchi nel libretto creato da
Angelo Maria Ripellino. A una breve considerazione sulla
qualità stilistica e sulla struttura di questo testo,
segue la riflessione sulle possibili motivazioni che
spinsero il compositore a soluzioni di riscrittura
(parziale o totale) del libretto. Lillustrazione
della particolare procedura di rielaborazione del testo
verbale - operazione condotta da Nono in parallelo,
quando non simultaneamente, alla vera e propria scrittura
musicale - è propedeutica allesemplificazione di
alcune tra le maggiori modifiche, strutturali e
drammaturgiche, intervenute nellopera.
Lintento è quello di dimostrare come la
conformazione finale di Intolleranza 1960 (nonché
la sua attuale veste editoriale) sia stata condizionata,
nelle linee essenziali, dalla necessità di ridefinire il
testo verbale, e come questa abbia inciso
sullabituale prassi compositiva di Luigi Nono.
- Alessandro Roccatagliati, Storiografia
musicale del Novecento e "popular music"
- La
riflessione muove da unidea di fondo: che sia
inopportuno continuare a fare la storia musicale del
Novecento senza tenere conto dei fatti e dei fenomeni che
in virtù della producibilità tecnica di massa si sono
ingenerati nel processo creativo, nellintrinseca
conformazione e nel consumo della musica
dOccidente. Fatti e fenomeni che, oltre ad
ognaltro, hanno interessato in particolare
lambito della cosiddetta popular music.
- Pare
inopportuno per almeno quattro motivi, attinenti,
rispettivamente: 1) alla storicizzazione delle premesse
estetiche che debbono guidare ogni interpretazione
storico-musicale; 2) a quella dei fatti storico-musicali
che per ciascuna epoca possono essere considerati
centrali; 3) ai rischi duna odierna situazione
culturale che stenta a discernere i livelli
dellespressione artistica; 4) alla stessa natura
della nostra odierna coscienza storiografica.
- Sabbozzano
infine tre considerazioni, propedeutiche alla
costituzione dun tipo ideale, capace di lasciar
leggere il Novecento musicale in una prospettiva che
abbracci lintero campo musicale
plurigenere (Middleton). Una prima relativa al
decadimento odierno dellapproccio
struttural-cognitivo al fatto musicale. Una seconda
concernente lormai frequentissimo ricorso
allevento musicale registrato quale
fonte-documentazione storica. Una terza attinente alla
similarità delle dinamiche di permanenza/innovazione che
riguardano - al di là dei generi - le forme compositive
di prodotti musicali fortemente commercializzati di
questo come daltri secoli.
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Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna