Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
Attività 1997
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Conferenze e convegni
1997
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ABSTRACTS
DELLE RELAZIONE TENUTE AL PRIMO COLLOQUIO DI MUSICAOLOGIA.
- Grazia Magazzù, Canti tradizionali nella Festa
"Vara" a Fiumedinisi (Me)
-
- Questa festa assume rilevanza particolare per le forme e
le modalità con le quali viene svolta. Le molte azioni
paraliturgiche che vengono messe in atto si inseriscono
nel rituale ufficiale delle celebrazioni religiose e, in
diversa maniera, coinvolgono tutta la gente del posto. La
festa si svolge in estate, ad intervalli di 5 o 7 anni,
in onore della Madonna Annunziata. La Vara è una
struttura in legno di notevoli dimensioni che nell'ultimo
giorno della festa, adeguatamente addobbata, viene fatta
sfilare per le vie dei paese; su di essa, a conclusione
dei festeggiamenti, avrà luogo la Sacra Rappresentazione
dell'Annunciazione.
- Il rituale che porta a questo momento culminante si
struttura in una serie di azioni molto suggestive, che
hanno luogo fin dai mesi precedenti. Tra queste, sono da
citare i Viaggi, processioni in ginocchio effettuate
dalle donne del paese, che intonano, lungo il tragitto,
un canto polivocale tradizionale. Un altro rito molto
interessante è la Serenata alla Madonna, durante la
quale vengono intonati diversi brani con accompagnamento
di strumenti musicali. Il fulcro della Festa Vara è
costituito da una gara di canto che vede impegnati
bambini nell'esecuzione del brano tradizionale della
Sacra Rappresentazione; dopo una serie di
"prove" pubbliche, il popolo sceglierà alla
fine tre bambini che impersoneranno le figure della
vicenda evangelica: Padre Eterno,
Maria e Angelo. Come si può
dedurre da questa breve descrizione, la musica assume una
notevole importanza in questa festa; i modelli canori e i
brani strumentali che vengono eseguiti durante il suo
svolgimento sono molto significativi. Evidenti sono,
inoltre i legami dei canti sacri di tradizione orale con
altri repertori diffusi in questa zona, appartenenti in
larga misura al mondo contadino,
- Nico Staiti, I Rom Khorakhané e la musica
-
- Più che un'etnia suddivisibile in sub-etnie, i Rom sono
una casta di specializzati interpreti delle tradizioni e
diffusori di cultura. Per la loro provenienza da Oriente
e per aver esercitato l'attività musicale professionale
in tutte le zone soggette alla dominazione turca, hanno
contribuito in maniera rilevante alla formazione
dell'attuale patrimonio culturale contadino del sud
dell'ex-Iugoslavia, soprattutto della sua componente di
derivazione islamica. A questi interpreti specializzati
di tradizioni, soprattutto musicali, ritengo vada
attribuita una funzione rilevante assai più di
quanto l'organologia moderna non abbia fatto
nell'importazione in Europa occidentale di strumenti e
forme musicali di provenienza islamica. Ciò vale
soprattutto per i repertori e gli oggetti della musica
rituale e di quella domestica: se per quanto riguarda i
repertori cerimoniali e militari e le trombe e i
timpani con cui questi venivano suonati appaiono
credibili le teorie che imputano la loro diffusione in
Occidente al confronto militare tra Islam e cristianità,
soprattutto attraverso le crociate, ciò appare assai
meno congruente per altri strumenti e forme espressive
che sono peraltro, ancor oggi, appannaggio di alcuni
gruppi zingari (Lautari, come Calderashi o Ursari, è
tuttora la denominazione di gruppi Rom che si distinguono
dagli altri a partire dalla specializzazione
dell'attività professionale).
- Ai Rom dobbiamo l'importazione e la diffusione in quelle
zone di strumenti e forme musicali provenienti da
Oriente. Oggi viene da loro un'ulteriore innovazione
delle tradizioni musicali locali: lasciati ai contadini
(cioè a tutti i non-Rom, da loro ritenuti arretrati e
conservatori) oboi e tamburi, essi suonano la musica di
tradizione con sassofono, batteria, campionatori.
- Questi strumenti rinnovano profondamente la tradizione,
ma non la stravolgono e fanno proprio, esasperandone le
caratteristiche distintive, il linguaggio degli strumenti
che hanno sostituito. I musicisti Rom che si sono
trasferiti in Italia in seguito alla guerra
nell'ex-Iugoslavia vanno a Tunisi per acquistare tastiere
costruite da ditte giapponesi per il mercato arabo, con
timbri campionati affini a quelli di oboi, flauti,
clarinetti di tradizione, e già impostate su maqam
piuttosto che sui modi occidentali. Continuano così ad
assolvere il ruolo di mediatori di cultura tra Islam e
mondo cristiano che è stato loro proprio fin da quando,
secoli fa, si sono affacciati sul Mediterraneo.
- Saverio
Lamacchia, "Solita
forma" del duetto o del numero?
-
- La domanda nasce dalla constatazione che quella indicata
da Harold S. Powers come "solita forma" dei
duetti e dei numeri a più voci è una possibile opzione
formale anche per l'aria, nel primo quarto dell'Ottocento
circa. Pur essendo in assoluto preferita l'aria in tre
tempi, quella in quattro tempi gode di particolare favore
per un tipo di cantante, il tenore baritonale di forza,
come quell'Andrea Nozzari per il quale Rossini scrive
quasi esclusivamente arie in quattro tempi, accomunate,
oltre che dalla medesima forma, da uno schema
drammatico-musicale ben riconoscibile. L'aria in quattro
tempi diventerà sempre più rara sul finire degli anni
venti, ma non mancano esemplari donizettiani e verdiani
di metà secolo.
- Ralf Rohmann, La "Musique anodine" di Gioachino
Rossini: un esperimento estetico?
-
- La relazione si occupa dell'estetica vocale
dellultimo Rossini. Le sei canzoni della Musique
anodine (1857), tutte scritte su un medesimo testo di
Pietro Metastasio, hanno registri espressivi molto
diversi. Analizzando testo e musica, Rohmann discute le
interpretazioni offerte dalla critica e conclude che
Rossini rovescia i ruoli che testo e musica avevano nella
vecchia estetica degli affetti, per esprimere la sua
estetica belcantistica "prima la musica e poi le
parole".
- Alberto Rizzuti, Il "Guarany" di António Carlos
Gomes, fra donne, cavallier, armi ed orrori
-
- L'esame delle fonti è il punto di partenza per un lavoro
che, snodandosi fra arti, miti e bassa gastronomia, fa
luce sulla genesi del Guarany (1870). L'equilibrio
ideologico del romanzo O Guarani di José
Martiniano de Alenear (1857) cedette piano piano il passo
ad una squallida morale colonialistica. La drammaturgia
salvifica dell'opera di Gomes insegna che nel Bene (i
bianchi) si nasconde il Male (il bianco cattivo) così
come nel Male (gli indios) si nasconde il Bene (l'indio
buono). Lungi dal denotare saggezza, la relativizzazione
del Bene e del Male rivela una miopia colpevole.
Applicate al Guarany, le tesi sull'antropofagia
rituale Tupinamba avanzate da Alfred Métraux, Isabelle
Combès e Francesco Remotti, svelano implicazioni
antropologiche di grande interesse. In questa prospettiva
l'opera diventa unicona del teatro musicale
italiano in una fase di transizione finora piuttosto
negletta.
- Anna Tedesco, Scelte lessicali di critici. Sulla
terminologia usata per designare il grand opéra
-
- L'arrivo del grand opéra sulle scene italiane
negli anni quaranta dell'Ottocento è un evento che
provoca di volta in volta nella critica musicale italiana
entusiasmo, scetticismo, o addirittura sgomento. Da
questo sommovimento, però, non sembra coinvolta la
terminologia musicale consueta. La mia attenzione si è
soffermata in particolare sui termini usati per designare
il genere: esaminando i libretti dei principali
allestimenti italiani dei grands opéras di
Giacomo Meyerbeer, e le critiche ad essi apparse sui
giornali specializzati in un arco di tempo che va dal
1840 al 1870, si è rilevato come essi vengano
etichettati nella maggior parte dei casi semplicemente
come opere, o tutt'al più, come opere "con balli
analoghi". La parola grand opéra non compare
mai, né in un articolo, né sul frontespizio di un
libretto. Il termine "opera-ballo", che
sottolinea una delle caratteristiche formali del genere
ossia la presenza strutturale di danze, compare (e solo
sui libretti) solo raramente, mentre, a partire dagli
anni settanta, verrà utilizzato comunemente per
designare i pochi titoli della versione italiana del grand
opéra (Il Guarany, La Gioconda eccetera). Se
dunque esiste da parte della critica la consapevolezza di
avere davanti un fenomeno nuovo, o comunque diverso
dall'opera italiana, non pare si senta la necessità di
coniare parole nuove per definirlo. Tutto ciò è
indicativo se paragonato a ciò che avviene con il musik-drama
wagneriano. Nel caso di Wagner, già prima
dell'arrivo delle sue opere sulle nostre scene, la
critica utilizza per esse il termine "dramma
musicale". In conclusione, anche dalle scelte
lessicali di critici ed editori si può dedurre che il grand
opéra non pare segnare, agli occhi dei suoi
contemporanei, una cesura dirompente rispetto alla
tradizione italiana per quel che riguarda la morfologia
del genere operistico, pur essendo considerato innovativo
per alcuni aspetti, quali la spettacolarità e la forma
della melodia. Al contrario, Wagner sembra portare a
termine una frattura insanabile.
- Antonio
Rostagno, Antonio Bazzini: la
recezione di Meyerbeer e di Wagner attraverso il
sinfonismo
-
- Il grand opèra italiano e il poema sinfonico italiano
(la ripetizione, inevitabile, indica le varianti
nazionali dei due rispettivi generi) sono fenomeni
culturali tardivi che hanno principi linguistici ed
estetici simili. Tardività non significa epigonismo. Si
deve piuttosto parlare di contaminazioni linguistiche su
una persistenza di tradizioni. Se nel grand opéra
italiano persistenze e contaminazioni sono state
ampiamente studiate, per il poema sinfonico italiano
manca anche un provvisorio studio, né si ha conoscenza
dei maggiori lavori più rappresentativi. Protagonista
della formazione del poema sinfonico è Antonio Bazzini
(1818-1897), figura che sintetizza alcune tendenze
strutturali in atto: 1) fu il solo compositore
eminentemente sinfonico nei decenni delle prime società
orchestrali italiane; 2) diresse il Conservatorio di
Milano quando divenne centro di riferimento nazionale; 3)
ebbe fra i suoi allievi Catalani e Puccini, le due
alternative al dramma verdiano; 4) il suo linguaggio
orchestrale mostra nette somiglianze con quello del
contemporaneo teatro verdiano.
- L'evoluzione come sinfonista inizia con l'ouverture Saul
(1867): il linguaggio si fonda sulla tecnica dei temi
ricorrenti ognuno associato ad un personaggio descritto
nell'Illustrazione autografa (ediz. Guidi, 1869); il
modello è l'ouverture Struensée di Meyerbeer (ediz.
Guidi, 1862). I temi lunghi e articolati vengono ripresi
e intrecciati con riesposizioni, ma con minimi
smembramenti in motivi secondari
("segmentazioni", Döhring), mantenendo invece
l'immediata riconoscibilità di primo piano; manca il
suggerimento psicologico del motivo conduttore
wagneriano, indirizzato alla parte inconscia
dell'ascoltatore. Nel successivo Re Lear (1871) i lunghi
temi ricorrenti si contraggono in brevi motivi, simili
per molti aspetti a quelli della contemporanea Aida
(Parker ne segnala alcuni esempi). Il primo poema
sinfonico ufficiale è Francesca da Rimini (1879, rev.
1885). Qui Bazzini impiega la tecnica dei motivo
conduttore wagneriano, suscettibile di elaborazioni,
contrazioni, assemblaggi con altri motivi e montaggi di
temi e motivi derivati molto più allusivi e raffinati
che in precedenza. Si tratta dell'acquisizione del
concetto di sinfonico teorizzato da Wagner in Oper und
Drama: una "corrente di motivi" (Besseler)
estesa attraverso l'intero discorso musicale, ispirata,
secondo Wagner, all'ultimo sinfonismo di Beethoven.
- Ugo Piovano, Francesco Tamagno: influenza sulle
partiture di Verdi e nascita di una nuova vocalità
tenorile
-
- Il presente studio si occupa dei rapporto fra le
partiture di Verdi e le caratteristiche vocali e sceniche
di Francesco Tamagno. Il problema è stato considerato in
paragone ai casi documentati dei principali interpreti
verdiani. Le caratteristiche vocali di Francesco Tamagno
sono state ricostruite sulla base delle critiche e delle
testimonianze epistolari dell'epoca, del suo repertorio e
delle numerose registrazioni fonografiche esistenti.
L'analisi delle partiture di Simon Boccanegra,
Don Carlo e Otello, scritte o riviste
espressamente per lui, mostra in modo evidente come Verdi
ne abbia da un lato sfruttato al meglio le doti
eccezionali e, dall'altro, ne abbia anche favorito
l'evoluzione e maturazione artistica costringendolo a
cercare effetti che non era inizialmente in grado di
ottenere. In questo modo Verdi riuscì a portare a
compimento il progetto, avviato già con Fraschini, di
creare un nuovo tipo di vocalità tenorile più completa
e moderna.
- Vincenzo
Borghetti, Due sistemi a
confronto: "La Fedra" di Gabriele D'Annunzio e
la musica di Ildebrando Pizzetti
-
- Già prima della sua nascita sui palcoscenici italiani La
Fedra, opera che Ildebrando Pizzetti
realizzava intonando il testo dell'omonima tragedia
dannunziana, suscitava grandi aspettative e alimentava
numerose polemiche. Il colpo era grosso o, almeno,
avrebbe potuto esserlo. Il poeta più musicale d'Italia
avrebbe finalmente trovato la voce adatta alle sue
tragedie per mezzo del giovane compositore
dell80.Ovviamente il rapporto tra i due
ingegni, benché duraturo e proficuo, non si rivelò cosa
facile proprio sul terreno del "dramma musicale
latino", vagheggiato da entrambi ma con presupposti
e caratteristiche estremamente differenti. La
drammaturgia dannunziana mostrava evidenti punti di
contatto anche col melodramma di conio italiano (di fatto
mai confessati dal D'Annunzio maturo sebbene rilevati,
per quanto timidamente, qui e là dalla critica più
attenta). Pizzetti, autore di numerosi e ponderosi saggi
sull'argomento, procedeva invece sui rigidi binari di una
presunta ortodossia wagneriana secondo la
quale il dramma di un dramma musicale era da ricercare
solo nel testo poetico, cui, pena la ricaduta nelle
"paludi" dell'opera tradizionale, la musica
poteva aggiungere ben poco."Fedra. Tragedia di G.
D'Annunzio, musica di I. da Parma" recitavano con
aria un po' sostenuta i libretti e gli spartiti, ma il
sottotitolo, come si vedrà, calzava come un guanto. La
tragedia prescelta non aveva nulla in comune, ad onta del
suo nome, con il teatro antico, incarnava invece uno dei
punti massimi della tensione di D'Annunzio verso il
teatro musicale (l'influenza italiana e wagneriana sono
indissolubilmente fuse l'una con l'altra). Tuttavia, nel
passaggio a libretto, Fedra sacrificava proprio
quegli elementi che il poeta aveva mutuato da questa
tradizione (cori, preghiere, scene rituali ecc.) e che
meglio di altri avrebbero avuta vita facile nel teatro
d'opera, manifestando un rigore drammatico e
un'asciuttezza quasi inedite per il teatro dannunziano.
Ciononostante la sua fisionomia non ne risultava alterata
(come già era accaduto per La figlia di Iorio di
Franchetti) e Pizzetti si trovò con Fedra a
diretto confronto col vero teatro dannunziano, e non
(come Mascagni con Parisina) con una sua versione
addomesticata per la scena lirica. Con l'aiuto di
metodologie e tecniche d'analisi messe a punto dalla
drammaturgia musicale è stato possibile sia leggere il
teatro dannunziano alla stregua del teatro d'opera
(alcune scene risultano addirittura un'applicazione
esemplare nel teatro recitato della "solita
forma") sia fondare in modo concreto la sua
fascinazione musicale (frutto non soltanto della
conclamata abilità del poeta nel disporre armoniosamente
le parole). A partire da queste considerazioni sono stati
affrontati sia la drammaturgia pizzettiana (calco al
negativo di quella dannunziana sia sotto il profilo
strutturale sia sotto quello estetico) sia i mezzi
drammatico-musicali messi in campo dal musicista per
recuperare a suo vantaggio senza forzature troppo
appariscenti un testo a lui fondamentalmente estraneo.
- Daniela
Castaldo, Apollo e il
pantheon musicale
-
- Nelle scene in cui compaiono gli dèi del pantheon greco,
sia che rappresentino episodi del mito, sia semplici
assemblee, Apollo citaredo è quasi sempre presente.
Questo lavoro si propone dunque di definire il ruolo
della musica di Apollo rispetto a quella di Dioniso e
delle altre divinità che compaiono con attributi
musicali. Cercheremo di ripercorrere la fitta trama dei
rapporti che uniscono Dioniso e Apollo tra loro e con le
altre divinità del pantheon greco, usando come filo
conduttore la musica e come terreno di ricerca il vasto e
articolato corpus delle pitture vascolari attiche.
A tal fine, cercheremo di svolgere una ricerca il più
possibile sistematica per verificare senza
ricorrere a spiegazioni esterne all'iconografia e
cercando di prescindere dalle interpretazioni
tradizionali quali strumenti musicali e quale tipo
di musica fossero propri di Apollo e di Dioniso.
- Per quanto riguarda la musica della Grecia antica,
l'approccio iconografico è piuttosto insolito: infatti
gli studi che si occupano di questo settore della
musicologia si sono tradizionalmente basati sui testi,
facendo ricorso ai documenti visivi solo a sostegno od
esemplificazione delle fonti scritte. Questa indagine
invece, ha preso in esame principalmente, le immagini
secondo i più attuali orientamenti dell'iconografia
classica elaborati nell'ambito delle scuole di Losanna e
Parigi. Le scene che compaiono sui vasi, organizzate per
serie e ordinate secondo il loro schema iconografico,
sono state analizzate in base a criteri interni
all'immagine; mentre si è fatto ricorso ai testi
soprattutto per rilevare in che misura e per quali motivi
la tradizione letteraria fosse parallela o discordante
rispetto alle fonti iconografiche. Un'indagine di questo
tipo ha reso possibile tracciare un quadro dell'universo
musicale della Grecia antica piuttosto diverso rispetto a
quello elaborato dalla storiografia musicale
tradizionale, basata principalmente sull'analisi delle
fonti letterarie.
- Ciò soprattutto per la loro scarsità e la loro
tipologia particolare: infatti, a parte qualche accenno
indiretto in testi che non trattano di musica, la maggior
parte della documentazione di cui siamo in possesso è
costituita da opere teoriche o pedagogiche. Le notizie
sulla musica nei suoi aspetti più concreti e pratici,
quali i contesti in cui veniva eseguita o le modalità di
reazione, sono rimaste dunque piuttosto vaghe.
- Donatella
Restani, La cultura musicale
nell'età di Boezio
-
- Questa proposta di studio muove da una certezza acquisita
e va, per ora, verso terreni incerti. La certezza è la
considerazione che gli importanti studi degli ultimi 50
anni Marrou, Riché, Berschin, Cavallo e altri,
che hanno recuperato i secoli VI-VIII alla storia
dell'educazione e, in generale, della cultura
contengono a proposito del ruolo della musica nel sistema
formativo solo qualche convenzionale menzione dei
trattati di Boezio, Cassiodoro, Isidoro e pochi altri.
D'altra parte anche gli storici della musica e gli
studiosi di teoria musicale che hanno approntato rigorose
edizioni recenti (Bower per tutti), non hanno dimostrato
particolare interesse per il contesto storico e gli ampi
orizzonti entro cui la musica era collocata e entro i
quali, oggi, va certamente ripensata.
- Si partirà da una contestualizzazione dei pochi
documenti superstiti. Alcuni dei quali non sono ancora
stati considerati in questa prospettiva ma sono tali da
far intravedere nuove aperture in ambiti che all'epoca
erano contigui al sapere musicale (per esempio nel curriculum
di scuole alla moda, come quella di Alessandria in
Egitto, dalla quale provenivano idee e maestri dal
seguito documentato in Occidente e, soprattutto, in
Italia). Prima di estendere la ricerca alle antiche e
nuove capitali della cultura Milano, Roma, poi anche
Lucullanum e Vivarium, si prenderà in considerazione il
caso di Ravenna.
- Muovendo dalla coincidenza, straordinaria nella
prospettiva musicologica, della compresenza di Boezio e
di Cassiodoro presso la corte di Teoderico, si andrà a
verificare se, in un territorio eccezionale per
continuità nella documentazione archeologica,
epigrafica, numismatica, letteraria e documentaria, non
restino anche per la cultura musicale tracce
significative sull'adozione di modelli teorici e di
terminologie rimasti poi inalterati almeno sino all'età
moderna.
- Giuliano Di
Bacco, Teoria, tradizione e
storia (Ri)considerando le fonti della trattatistica
musicale tardomedievale
-
- Due noti manoscritti si rivelano frammenti di un'antica
raccolta più ampia e strutturata, nel primo Cinquecento
nelle mani di Pietro Aaron e Giovanni del Lago. Altri
esempi confermano l'inadeguatezza delle indagini sinora
compiute sull'origine e provenienza dei codici,
considerati solo quali contenitori di testi. In una
sistematica rivisitazione, le caratteristiche materiali
sono poste in relazione con le tipologie di contenuto,
anche extramusicale; la qualità di ogni testimonianza,
indipendentemente dalla sua fedeltà all'originale, è
valutata nel possibile contesto di origine. L'analisi
della tradizione come somma di esperienze culturali
recupera così allo studio della trattatistica una
dimensione piu propriamente storica.
- Alessandra
Fiori, Polifonie semplici
nei mss. italiani del '400
-
- Una ricerca in atto da alcuni anni, tesa alla
ricognizione, allo studio ed eventualmente all'esecuzione
di polifonie semplici del repertorio sacro italiano
tre-quattrocentesco, ha prodotto la selezione di un
nucleo di composizioni interessanti per alcune loro
caratteristiche.
- I brani sono quasi tutti a quattro voci, hanno andamento
sillabico, scrittura accordale e sono notati in modo
molto semplice (note dello stesso valore oppure
alternanza di lunghe e brevi), talvolta in partitura;
nella maggior parte dei casi si inseriscono tra i canti
appartenenti al rito della Settimana Santa (non tutte le
composizioni sono basate su cantus firmus), il
testo è sempre in latino: solo occasionalmente si sono
trovati brani misti in latino e volgare.
- Una prima indagine ha creato i presupposti per una
ricerca esaustiva sulle fonti italiane quattrocentesche,
al fine di censire i brani rispondenti a determinati
requisiti e, successivamente, poterli esaminare secondo
diverse prospettive di ricerca. Un primo sguardo al
materiale già catalogato ha messo in luce alcuni aspetti
che meritano un approfondimento: le modalità di
inserimento di questi canti all'interno dei mss.
esaminati (a volte si tratta dell'accorpamento in un
fascicolo, altre volte di aggiunte occasionali); la
presenza, in fonti differenti, di più versioni di uno
stesso brano, indizio della mobilità di un repertorio
che veniva continuamente reinventato; il rapporto fra
declamazione e notazione musicale.
- Queste composizioni sono documenti superstiti di un
repertorio di frontiera con la tradizione orale,
approdati fortuitamente ad una redazione scritta: la loro
esiguità numerica non deve trarre in inganno, poiché
essi appartengono probabilmente a quel genere di musica
che non aveva bisogno di essere scritto, proprio perché
molto praticato. Nel periodo in cui, anche nel nostro
territorio, la polifonia fiamminga era la principale
espressione del linguaggio musicale colto, questo
repertorio testimonia la diffusione di una pratica
polivocale autoctona di uso più ordinario o eseguita in
ambienti meno altolocati; si auspica che un'accurata
indagine sulla provenienza dei manoscritti possa in
qualche modo fare luce sugli aspetti legati
all'esecuzione ed alla fruizione di queste musiche. La
collocazione di queste polifonie tra Medioevo ed età
moderna pone una serie di interrogativi che coinvolgono
il loro legame col passato (risalendo indietro fino al
cosiddetto cantus planus binatim), ma anche
con gli avvenimenti successivi: la loro innegabile
accordalità è una caratteristica che si pone in modo
del tutto innovativo rispetto al repertorio preesistente.
- Stefano La Via, Dal Tasso a Monteverdi: una lettura
aristotelica del "Combattimento"
-
- Attraverso l'analisi comparata dell'originale testo
poetico tassiano e della sua rivisitazione monteverdiana,
è possibile illustrare come il Combattimento
(rappresentato a Venezia già nel 1624, poi pubblicato
nel 1638) costituisca una delle prime e più fedeli
realizzazioni moderne della concezione aristotelica di
tragedia. Guidato dai principio drammaturgici della Poetica
prima ancora che da considerazioni musicali,
Monteverdi sottopone l'episodio centrale della Gerusalemme
Liberata, canto XII, a una libera quanto illuminata
operazione di taglio, compressione e parziale
riscrittura. Fine ultimo di questo suo creativo
"ritrovamento" è la rivelazione ancora più
completa, sintetica ed efficace di quella "favola
tragica complessa" che le ottave tassiane contengono
in nuce e che tuttavia non sono ancora in grado di
rappresentare. Punto di riferimento dell'analisi sono le
definizioni di Aristotele, dei teorici letterari
cinque-seicenteschi (compreso il Tasso) e dello stesso
Monteverdi.
- Paolo Gozza, La musica e le passioni: il primo e il
secondo Descartes
-
- Tra il primo e il secondo Descartes tra il Compendium
musicae (1618) e alcuni scritti della maturità, Traité
de l'homme (1632) e Passions de l'âme (1649)
c'è nella storiografia un'indistinzione di cui ha
fatto le spese il giovane autore del trattato musicale e
che ha finito per confondere due diverse filosofie del
rapporto musica-passioni. Le fugaci notazioni del Compendium
sull'argomento non muterebbero sostanzialmente
neanche dopo l'adesione di Descartes al programma
meccanicista (Traité de l'homme) e alle
sue conseguenze sulla visione dell'uomo morale (Passions
de l'âme); a unificare i due personaggi
rimarrebbe "il relativismo" di Descartes in
campo estetico-musicale (eg. G. Rodis-Lewis).
Intento della mia relazione è distinguere i due
personaggi, e argomentare che la visione meccanicistica
del mondo porta il secondo Descartes a una concezione
della relazione mente-corpo inconciliabile con la scienza
rinascimentale del Compendium. La nuova filosofia
dell'unione mente-corpo muta anche la spiegazione della
relazione musica-passioni, come mostra lo svolgimento
delle tematiche musicali nella Correspondance e
negli scritti posteriori.
- Luca Marconi, Marin Mersenne: la musica come
"imitazione del movimento delle passioni"
-
- Nel più importante trattato musicale di Marin Mersenne,
l'Harmonie Universelle, si afferma che
"il faut suivre et imiter le mouvement de la passion
à laquelle on veut exciter les auditeurs". Per
interpretare queste parole, si considererà la relazione
tra i discorsi coi quali Mersenne esemplifica tale
principio e le teorie aristoteliche sull'ethos
musicale, mostrando come in tali discorsi si possa
individuare una posizione sull'argomento diversa da
quella di altri umanisti musicali come Gioseffo Zarlino e
Girolamo Mei.
- Antonio Lovato, Diego Toigo, Anna Vildera, Progetto per lo
studio delle fonti di musica liturgica dell'Italia
nord-orientale
-
- Il progetto Centro di documentazione per lo studio
delle fonti di musica liturgica (CDFLM), presentato
al CNR dalle Università di Padova, di Bologna e di
Venezia, ha come obiettivo la creazione di un centro in
cui confluiranno sia materiale bibliografico
specialistico (microfilm, pubblicazioni, edizioni
discografiche), sia i risultati del lavoro di
catalogazione e collazione delle fonti effettuato dai
collaboratori al progetto. Caratteristica fondamentale è
la selezione delle fonti da catalogare sulla base di
criteri storico-geografici, giustificati da:
- 1) motivazioni scientifiche: la ricerca condotta
sinora ha evidenziato parentele significative
nell'area dell'Italia nord-orientale;
2) auspicabile azione di supporto del Centro ai corsi
di laurea in Conservazione dei Beni culturali ad
indirizzo musicale, situati in questa zona geografica
(Udine, Venezia, Ravenna);
3) possibilità di lavorare in loco, con
notevole risparmio di costi ed energie.
- Non si tratta di una linea di ricerca chiusa, bensì di
una scelta metodologica, che permetta di limitare il
numero delle fonti da catalogare grazie ad un criterio
logico e non casuale: l'area circoscritta, consentirà
inoltre di proseguire l'indirizzo di ricerca già
avviato, stabilendo mano a mano quali saranno le altre
vie da percorrere per un ampliamento del confronto, sulla
base dei dati e delle corrispondenze riscontrati nella
collazione con i repertori editi (es.: Europa
nord-orientale; area beneventana).
- Ogni fonte presa in esame costituirà un ciclo di
ricerche analitiche, suddiviso nelle seguenti fasi:
- 1) catalogazione con il programma ARCHIVUM;
2) identificazione dei testi (ed eventualmente delle
melodie), in base a confronti con altre fonti edite,
ove possibile;
3) estrapolazione degli unica o dei brani rari
o significativi, comprendente:
- a) edizione critica dei testi;
b) edizione critica delle musiche (se riportate
dalla fonte o se in grado di essere ricostruite).
- Sono previsti anche collegamenti con altri progetti, tra
i quali sono già stati attivati: 1) partecipazione al
progetto per l'accesso ai fondi MURST dei 40%, che si
prefigge l'informatizzazione della catalogazione
liturgico-musicale, utilizzando il data-base ARCHIVUM,
elaborato a tal fine;
- 2) scambio di informazioni con il Bruno-Stäblein-Archiv
dell'Università di Erlangen (Germania), il Corpus
Troporum (CT) di Stoccolma, l'Università di Basilea
(prof. Wulf Arlt).
- Sono invece ancora in fase di discussione: 1)
collaborazione con CANTUS Project (prof.ssa Ruth Steiner,
Catholic University of Washington); 2) possibilità di
prestito scambievole di microfilm con altri enti (ad es.
il Bruno-Stäblein-Archiv).
- Francesco
Facchin, Recezione
dell'opera di Francesco Landini fra '300 e '400
-
- Nel termine 'recezione' convergono più significati: dai
problemi che la trasmissione del repertorio nelle sue
fonti scritte fa sorgere, alla diffusione e dispersione
delle varie fonti, il loro grado di affinità con un
possibile antigrafo o le loro divaricazioni rispetto ad
una tradizione più o meno consolidata, sia relativamente
ai testi poetici sia a quelli musicali. In questo
contributo ho tentato di applicare alcuni concetti oggi
in uso nella valutazione del grado di diffusione di opere
soprattutto scientifiche. Si tratta del concetto di Impact
factor rispetto al Citation index. Ricorderemo
che l'Impact factor viene definito come "la
misura della frequenza con cui un "normale
articolo" in una rivista è stato citato in un
particolare anno. L'Impact factor è
fondamentalmente una proporzione tra le citazioni e i
recenti titoli citabili pubblicati" (Journal
Citation Reports. A Bibliometric Analysis of Science
Journals in the ISI Database, Philadelphia, Institute
for Scientific Information, 1995, p. 10. Naturalmente nel
caso specifico la definizione va interpretata in modo
estensivo). Il Citation index "è una lista
alfabetica, dal primo autore, di titoli citati in note a
pié di pagina o bibliografie di un articolo-fonte"
(Journal Citation Reports. A Bibliometric Analysis of
Science Journals in the ISI Database, p. 10).
- Partendo da tale presupposto il campo di osservazione è
stato limitato all'aspetto musicale. Per quanto concerne
l'opera di Francesco Landini, inizialmente si è
ricercata la presenza di citazioni di sue opere
soprattuto negli incipit di altri autori.
Un'ulteriore osservazione, conseguente alla necessità di
spiegare perché alcune ballate abbiano assunto un testo
di laude, ha portato a valutare meglio il fenomeno. Si
ipotizza che la penetrazione di alcune opere di Landini
non si sia limitata a brevi citazioni o allusioni nei
soli incipit, o in brevi sezioni melodiche
di tenor, ma abbia interessato le strutture
stesse di alcune composizioni con elaborazioni-variazioni
ampie, nelle quali è sempre apprezzabile il riferimento
all'originale di Landini.
- Questo primo esame ha così evidenziato la non
infrequente presenza sia di incipit, anche di soli
tenor, sia di formule ritmiche variamente
modificate tipiche dello stile di Landini, sia di ampie
elaborazioni di intere ballate.
- Nicoletta
Guidobaldi, Les images de la
musique à la Renaissance. Database e progetti di ricerca
sull'immaginario musicale del Rinascimento.
-
- La costituzione di un database sulle immagini musicali
dei Rinascimento è stata avviata al C.E.S.R. (Centre
d'études Supérieures de la Renaissance) di Tours come
parte dei programma internazionale di documentazione
musicologica "Ricercar". La base
iconografica concepita in modo da costituire al
tempo stesso un luogo privilegiato di consultazione e uno
stimolo all'elaborazione di studi, tesi e dissertazioni
è funzionale allo sviluppo di un ampio progetto
di ricerca interdisciplinare sul ruolo della musica
nell'immaginario dei Rinascimento.
- La base si arricchisce progressivamente grazie
alla catalogazione sistematica di raffigurazioni a
soggetto musicale; i dati sono via via inseriti in schede
informatizzate, modificabili e consultabili fin d'ora al
C.E.S.R., disegnate in modo da consentire ricerche per
autore, titolo, data, collocazione, tema iconografico
ecc. L'adozione di nove campi descrittivi standard,
definiti nel corso delle Journées d'étude su Catalogage
et informatisation en iconographie musicale (C.E.S.R.,
1994) facilita gli scambi d'informazioni con altre basi
iconografiche già attive o in via di organizzazione (a
Monaco, lnnsbruck, Parigi, Milano: cfr. compte rendu di
Florence Gétreau, in "Musique, lmages,
lnstruments", I, 1995, pp.192-193). In alcuni casi
è prevista la pubblicazione in forma sintetica di schede
e foto; per raccolte di particolare rilievo e
consistenza, i dati vengono pubblicati in forma
integrale, preceduti da un'introduzione critica, nella
collezione "Ricercar": è in corso attualmente
la preparazione del catalogo dei dipinti dei Louvre, cui
farà seguito uno studio sulle figure musicali nei
trattati cinquecenteschi di emblematica.
- La principale direzione di ricerca per i prossimi anni
(in collaborazione con i Dipartimenti di Storia dell'arte
e di Iconologia dei C.E.S.R.) riguarderà la
rappresentazione della musica nelle decorazioni dei
palazzi signorili italiani, e in particolare il
significato di figure e temi musicali (la musica come
arte liberale, il Parnaso, l'invenzione della musica,
ecc.) nell'ambito dei programmi iconografici celebrativi
dei XV e XVI secolo. La ricerca intende studiare la
struttura e le modalità di trasmissione dei temi
iconografici e le loro intersezioni e trasformazioni, in
relazione alle attività e agli ideali musicali dei
diversi ambienti. La prima fase del lavoro consisterà
nel censimento dei cicli decorativi, nella raccolta di
foto, descrizioni, progetti iconografici, e nella
compilazione di schede in cui ampio spazio sarà dedicato
all'individuazione degli elementi che confluiscono
nell'immagine musicale (tradizioni letterarie e
figurative, riferimenti a motivi interni all'ambiente, o
ad eventi musicali e spettacolari riconoscibili, ecc.).
Dal punto di vista materiale, la ricerca dovrebbe
condurre ad un repertorio iconografico organizzato in
senso cronologico, geografico e tematico; per le
raffigurazioni dei miti musicali, e più in generale
della musica "all'antica", è previsto un
approfondimento specifico, sulle fonti classiche
utilizzate dall'artista (per es.: Muse nel Pamaso di
Raffaello: sarcofago Mattei). I risultati di questa
indagine che completa e sviluppa gli studi
intrapresi dal Warburg lnstitute dovrebbero
permettere una valutazione globale dell'impatto dei
modelli figurativi classici sulla rappresentazione
dell'antichità musicale nel Rinascimento. Oltre alla
pubblicazione di questi repertori, la ricerca darà luogo
a indagini incrociate sulla storia delle immagini
musicali e degli ambienti che le hanno prodotte: una
sorta di geografia e storia dell'iconografia musicale, da
pubblicare in uno studio collettivo. La struttura di
questo studio verrà precisata nel corso di incontri di
bilancio e riflessione, fissati al termine di ogni fase
di lavoro: il primo, previsto per l'autunno 1998, sarà
concentrato su tematiche quattrocentesche.
- Antonio
Vassalli, Angelo Pompilio e
Concetta Assenza, Repertorio della poesia italiana
musicata dal 1500 al 1700
-
- La ricerca, avviata nel 1977 da Lorenzo Bianconi e
Antonio Vassalli, si proponeva in origine l'obiettivo di
identificare il massimo numero possibile di autori dei
testi messi in musica nei secoli XVI-XVII sulla base
dell'incipitario del Nuovo Vogel. Dopo una prima
ricognizione delle fonti letterarie che ha
consentito di individuare circa 2500 raccolte di poesia
di autori attivi fino alla metà del Seicento si
è passati alla consultazione diretta delle fonti per
l'identificazione dei singoli testi. Questa fase della
ricerca, oggi conclusa, ha consentito di identificare
circa 9000 testi e di compilare 1300 schede
bibliografiche delle raccolte di poesia consultate. Tutti
i materiali elaborati sono stati riversati su supporti
informatici e sono consultabili, da un anno, presso le
due istituzioni che hanno sostenuto questo progetto di
ricerca: il Dipartimento di Musica e Spettacolo
dell'Università di Bologna e l'Istituto di Studi
Rinascimentali di Ferrara. Di questi materiali si prevede
anche la pubblicazione (nel 1998) in un volume a stampa
nella collana Biblia. Biblioteca del libro antico, diretta
da Amedeo Quondam, per i tipi della Editrice
Bibliografica di Milano.
- Nella descrizione bibliografica di ciascuna fonte
consultata si riporta: la trascrizione completa del
frontespizio, le note tipografiche, il colophon, la
paginazione, il dedicatario, eventuali stralci della
lettera dedicatoria, la data della dedica, il dedicatore,
stralci di eventuali prefazioni o altri testi
introduttivi, l'elenco completo degli autori dei testi
ospitati nella raccolta, l'elenco delle persone citate
nei testi delle dediche e delle prefazioni, il tipo di
indice, un'indicazione del numero di testi poetici
presenti (computati per forma metrica), la sigla della
biblioteca e la segnatura; per ciascun testo identificato
si dà: il nome del poeta, l'incipit (i primi due versi
trascritti in forma normalizzata), la forma metrica, il
riferimento alle fonti letterarie con l'indicazione della
pagina, altre eventuali indicazioni presenti nelle fonti
(il titolo, l'occasione, la dedica o altre didascalie), i
rinvii ai repertori bibliografico-musicali (Nuovo
Vogel e Vogel-Einstein per le raccolte collettive).
L'edizione a stampa sarà articolata in due parti:
l'incipitario (primi due versi, forma metrica, nome del
poeta, rinvio alle fonti letterarie, rinvii ai repertori)
e la descrizione bibliografica delle fonti (frontespizio
completo, note tipografiche, dedicatario, data della
dedica, paginazione, biblioteca e segnatura, rinvii agli
incipit). La seconda parte sarà articolata in due
sezioni: la prima conterrà un indice di tutti gli autori
con la descrizione delle raccolte individuali, la seconda
quella delle raccolte collettive, disposte in ordine
cronologico. L'esperienza maturata in questi venti anni
di ricerca ha tuttavia messo a nudo una serie di problemi
pratici e di metodo nella individuazione e nella
elaborazione dei materiali di questo repertorio che
ancora oggi hanno bisogno di ulteriori verifiche e
approfondimenti. La vastità dei repertorio, la variegata
tipologia delle fonti, l'incompletezza e l'incerta
attendibilità dei repertori di riferimento esistenti
sono alcune delle ragioni che inducono a considerare il
risultato finora raggiunto soltanto una prima, importante
tappa del progetto. In particolare è stata avvertita la
necessità di dover disporre di repertori di fonti
musicali più affidabili di quanto non siano il Nuovo
Vogel e il Vogel-Einstein (con incipit omessi o
troppo brevi, o estesi arbitrariamente). Il lavoro di
verifica degli incipit identificati è stato condotto
pertanto direttamente sulle fonti musicali e per questa
ragione è stata presa, di recente, la decisione di
avviare un lavoro sistematico di revisione dei due citati
repertori di fonti di musica profana a stampa: questa
revisione, tuttora in corso, si spera di poterla ultimare
nei prossimi due anni. Il progetto, in corso presso il
Dipartimento di Musica e Spettacolo dell'Università di
Bologna, si è avvalso dei contributi finanziari del
Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca, del MPI e poi
del MURST, dell'Università di Bologna, dell'Istituto di
Studi Rinascimentali di Ferrara. Al progetto hanno
collaborato: Livio Aragona, Cecilia Luzzi, Gian Mario
Merizzi e Roberta Ziosi.
- Frans Wiering, Multimedia nel Rinascimento. Il Thesaurus
musicarum Italicarum (TMI)
-
- I mezzi elettronici per la ricerca musicologica hanno
avuto impiego e si sono sviluppati a partire dagli anni
Sessanta. Inizialmente ciò accadeva su piccola scala, ma
l'arrivo del PC e di Internet ha accelerato enormemente
tale processo. Oltre allo sviluppo del software si è
intrapresa anche la realizzazione di grandi archivi di
dati. L'idea di fondo consiste nel fatto che l'operazione
di ricerca di informazioni sulla grande quantità di
materiale originale può essere svolta in modo più
efficace e affidabile tramite il computer rispetto al
metodo manuale.
- Una delle iniziative più note in questo campo è
costituita dal "Thesaurus musicarum latinarum",
un database di testi-ASCII di un grande numero di
trattati sulla musica in latino del tardo mondo antico,
del Medioevo, del Rinascimento. In realtà molti dei più
importanti trattati del Rinascimento sono scritti in
altre lingue, e soprattutto in italiano. Per rendere
possibile la consultazione in forma elettronica anche di
questi trattati in italiano, il Dipartimento Computer e
Lettere ha intrapreso l'iniziativa di un progetto
analogo: il "Thesaurus musicarum italicarum"
(TMI). La prima fase di questo progetto si è conclusa di
recente con la pubblicazione di un CD-ROM sperimentale
dei trattati di Gioseffo Zarlino (Le istituzioni
harmoniche, 1558 e le prime tre parti Tutte le
opere del 1589).
- Il TMI è stato progettato come un'applicazione dei SGML
(Standard Generalized Markup Language). SGML ha tra le
altre possibilità: 1) inserire varianti e note critiche
al testo mantenendo la versione originale; 2) combinare
testi, suoni e immagini in maniera intuitiva; 3)
stabilire collegamenti con altri documenti sul proprio
computer o sul WWW.
- Fiamma Nicolodi - Paolo Trovato, Notizie sul "Lessico
della musica e della critica musicale italiana, 1500-
1960" (LESMU)
-
- Il LESMU è un progetto finanziato dal MURST, al quale
partecipano una ventina di studiosi di 6 sedi
universitarie e di vari conservatori. Si tratta di una
banca dati, che raccoglie schede lessicografiche ricavate
da opere a stampa di letteratura musicale in latino e in
italiano apparse tra il 1500 e il 1960.
- Obiettivi
- L'obiettivo della ricerca è una raccolta di esempi della
terminologia musicale, organizzata in ordine cronologico,
che sia più ampia e precisa degli strumenti finora
disponibili (dizionari storici d'italiano, ove la musica
è sottorappresentata; lessici musicali, in genere più
attenti all'evoluzione storica che alla documentazione
lessicografica). Allo scopo si è individuato, un corpus
di varie centinaia di testi di interesse musicale che
i compilatori spogliano in modo selettivo servendosi di
una scheda lessicografica cartacea appositamente
concepita. Dopo essere state controllate dai revisori le
schede, cartacee così compilate vengono immesse nel
programma informatico DBT (Data Base Testuale). Allo
stato attuale sono state immesse più di 10.000 schede
(pari a 1.200.000 parole). Si prevede che la banca dati
debba raggiungere una dimensione di ca. 2.000.000 di
parole. La banca dati si modella sui grandi dizionari
storici (cartacei) delle principali lingue europee
(Crusca, ecc.) secondo un'articolazione a due livelli: 1)
definizione delle parole; 2) ampio repertorio di esempi
storicamente disposti. La mira è rivolta, oltre alla
comprensione dei testi, ai diversi modi di porsi della
critica musicale: mutuazioni terminologiche da altre
discipline, formulazione di giudizi di valore mediante
aggettivi, ricerca di una lingua semplice per scopi
divulgativi o, viceversa, arricchimento del livello
analitico per fini elitari, frequente ricorso a metafore
descrittive, elusione dei linguaggio tecnico, ecc.
- Come si è anticipato, si schedano (ben inteso, non
integralmente) tutte le fonti relative alla musica
pubblicate in italiano e in latino nel nostro paese,
incluse le traduzioni italiane dei più importanti testi
stranieri, spesso fondamentali per la circolazione delle
idee. Lo spoglio di tutta questa letteratura (trattati,
epistolari, biografie, pamphlets, ma anche prefazioni a
partiture, dedicatorie di saggi ecc., con una parca
assunzione di scritti di organologia) non è mai stato
intrapreso in maniera sistematica.
- Metodologia, software e organizzazione del lavoro
- La maggior parte dei ricercatori, organizzati in unità
operative autonome, si occupa di schedare su moduli
cartacei i termini della critica musicale contenuti nel corpus
di cui si è detto con i relativi contesti,
definizioni ecc. Per evitare sprechi (di tempo e di
memoria elettronica), dato un determinato contesto, lo
schedatore può scegliere un solo lemma e compilare una
sola scheda lessicografica (gli altri lemmi di rilievo
eventualmente presenti in quel contesto sono
individuabili mediante un uso appropriato del programma
informatico, che consente di interrogare la maggior parte
dei campi della scheda). La procedura utilizzata per la
banca dati lessicale è Pi-System, realizzata da E.
Picchi (Istituto di Linguistica computazionale, CNR,
Pisa). È composta da due moduli integrati: WSLexxik e
DBT. Il primo modulo, WSLexxik, permette la creazione e
la manutenzione di archivi strutturati ed è fornito di
appropriate funzioni per la gestione di materiale
bibliografico, con particolare riferimento a
documentazioni basate su analisi testuali. Il secondo
modulo, DBT (una procedura brevettata CNR, impiegata, tra
l'altro, nel noto CD-ROM della LIZ, Letteratura
italiana Zanichelli, e ora disponibile in
versione per Windows), permette l'indicizzazione
automatica degli archivi generati da WSLexxik e rende
disponibile, oltre ad applicativi personalizzati per
l'utilizzazione di tale materiale, la procedura di
interrogazione interattiva propria del DBT. (È
particolarmente comodo studiare le co-occorrenze dei tipo
'basso' + 'continuo', costituendo famiglie di parole
tramite gli operatori booleani AND e OR. Facile anche
introdurre restrizioni, cronologiche o di lingua o di
genere o altro: per es. cercando tutte le attestazioni di
'bisdiapason' o 'disdiapason' anteriori al '700.) Già
ora il corpus delle schede immesse nella banca
dati è molto più ricco di quello offerto negli attuali
dizionari storici dell'italiano: dove le fonti musicali
presenti sono, mediamente, 26 e il picco è costituito
dalle 50 fonti musicali dei vecchio Tommaseo-Bellini.
- Utilizzazione del prodotto
- Oltre ai normali controlli lessicografici, il ricorso
alla banca-dati così costituita possibile da
quando, nel 1995, si sono immessi i primi dati ,
consente già da ora la produzione di lavori scientifici
impostati sotto forma di monografie tematiche attente
all'evoluzione semantica dei termini più significativi.
- Marina
Mayrhofer, Angeli, demoni e
spettri: all'Opera si canta in tedesco. Tematiche e
formule stilistiche nell'opera tedesca del primo
Ottocento.
-
- Il progetto di ricerca è impostato sulla seguente tesi:
individuare le principali matrici stilistiche
corrispondenti a tre specifici aspetti, ricorrenti con
alterna incidenza nelle tematiche dell'opera tedesca del
primo cinquantennio dell'Ottocento: dimensione
fantastica, identità tedesca e carattere popolare.
Oggetto di analisi sono tre opere, indicative
dell'evoluzione di alcune formule drammaturgiche nel
periodo preso in esame: Fidelio di Beethoven, Der
Freischútz di Weber, Der fliegende Holländer di
Wagner.
- La componente fantastica è senza dubbio più palese
nelle due romatische Opern di Weber e Wagner,
dotate rispettivamente di diavoli e spettri mentre in
Beethoven l'Engel-Leonore, oltre ad essere
personaggio, esprime una valenza ideologica che
presuppone il tema dell'Erlösung, ampiamente
rappresentato nell'opera tedesca dell'Ottocento e già
presente in Freischütz e Fliegende Holländer.
- L'indagine parte dai generi che interessano i tre
campioni scelti. Il Singspiel, infatti informa con
la sua struttura specifica sia Fidelio che
Freischütz. Ma l'opzione per questa formula non è
esclusiva: altri generi sono infatti individuabili. In Fidelio
quello dell'opéra de sauvetage, comporta,
quasi implicitamente, l'uso del Melodram. Tale
formula, pur mutuata dal teatro francese, assume tuttavia
nell'opera di Beethoven precisi significati concettuali
riconducibili all'impostazione a tesi dell'opera. Singspiel
a tutti gli effetti, Der Freischütz, fu
definito da Weber eine romantische Oper. Studi
recenti hanno però individuato in quest'opera molti
stilemi di filiazione francese, segnatamente per ciò che
concerne la categoria del popolare, ampiamente
rappresentata nell'opera.
- In merito alla denominazione di "opera nazionale
tedesca", sono state prese in considerazione, oltre
alle circostanze storiche che incisero sull'appellativo,
specifiche peculiarità stilistiche che giustificano, sul
piano più strettamente drammaturgico, una tale
terminologia. Si sono infatti osservate analogie tra la
tecnica teatrale del musicista ed alcuni criteri
narrativi caratteristici della scrittura di un altro
grande romantico, E. T. A. Hoffmann. Nel saggio, premesso
alla recente edizione dell'antologia Romantici
tedeschi (Milano, Rizzoli, 1995), O. Bevilacqua mette
in rilievo, prendendo in esame i celebri Racconti di
Hoffmann, il procedimento, caratteristico dello stile
dello scrittore ed emblematico dell'estetica romantica
tedesca, che istituisce, spesso, il repentino passaggio
dall'heimlich (quotidiano, domestico,
rassicurante) all'unheimlich (arcano),
suscettibile, a sua volta, d'immediata reversibilità. Lo
stesso criterio, applicato alla drammaturgia musicale, si
può riscontrare in II, 6-8 e in III, 14 del Freischütz
di Weber. Anche Wagner in Fliegende Holländer (II,
4) sembra ricalcare la tecnica hoffmanniana, secondo
misure drammaturgiche molto simili a quelle già attuate
da Weber. In questo senso la sensibilità romantica di
segno squisitamente tedesco incide sul trattamento del
soprannaturale, che diventa categoria psichica, capace di
alterare lo stato d'animo dei personaggi.
- Il carattere popolare, tanto in Freischútz che in
Fliegende Holländer, scaturisce essenzialmente
dall'impiego di leggende, fonti primarie delle due opere.
La lettura drammaturgica si esercita essenzialmente
attraverso la descrizione di una natura animistica, fatta
di foreste nell'opera di Weber e di mare in quella di
Wagner, sul cui sfondo si materializzano diavoli e
spettri.
- Appare così tracciato un percorso che porterà lontano;
ne scaturirà un drammaturgia complessa, su più
versanti, custode tenace, tuttavia, della propria
identità tedesca.
- Antonio Carlini, Attività vocali collettive nell'Italia
dell'Ottocento. Indagine preliminare
-
- L'attenzione riservata alla dimensione corale da
intendersi sia come momento privilegiato di una
"educazione" alla musica, sia come produzione
di musica destinata a formazioni vocali o come
incentivazione al formarsi e al diffondersi di compagini
corali appare tra i fenomeni significativi della
committenza musicale ottocentesca. Nella tradizione
storiografica il fenomeno in Italia è stato
prevalentemente considerato a latere del più
ampio discorso sull'espansione del melodramma e sulla
evoluzione della funzione drammaturgica riservata al coro
nel passaggio tra il teatro musicale settecentesco e
quello del secolo XIX. In questo contesto la funzione
simbolica della massa corale, eletta a metafora del
popolo "risorgimentale", conosce ampie ed
approfondite riflessioni. Assai meno indagato invece è
quanto accade nel settore corale al di fuori dell'ambito
teatrale: un 'esterno' di cui il melodramma è insieme
causa (per quel fenomeno di divulgazione che innesca
anche l'espansione delle bande) e conseguenza (come
indicatore dell'affermarsi di strategie
socio-politico-culturali di tipo borghese-democratico).
Di fatto l'espandersi del costume corale nell'Italia
ottocentesca conferma nell'attività del coro
l'individuazione d'un ottimo mezzo per propagandare gli
ideali portanti della costruenda, e poi costruita,
nazione italiana. Capace di distribuire con un meccanismo
partecipativo (e non semplicemente imposto dal potere) i
nuovi valori (Dio - Patria - Famiglia), il coro diventa
referente principale di quel repertorio innodico
religioso o civile, che serviva a finalità sia
celebrative che educative. L'evidenza di una perfetta
funzionalità socio-politica si realizza poi
nell'intervento dello Stato, che afferma perentoriamente
il valore formativo (politico) della pratica corale,
inserendone l'esperienza nei programmi della scuola
pubblica, facendo propria una pedagogia musicale già
conosciuta in orfanotrofi e collegi dei vari ordini
religiosi. All'ambiente del teatro (va ricordato che nel
sistema teatrale italiano le masse corali, dapprima di
tipo professionale, diventano sempre più legate al mondo
del dilettantismo locale in corrispondenza del loro più
massiccio utilizzo), a quello della chiesa (dove l'antica
cappella assorbe sempre più laici aprendosi ad altre
pratiche repertoriali), a quello della scuola, vanno poi
aggiunte le nuove realtà di tipo associazionistico (
mutualistiche, sportive o dopolavoristiche che siano):
l'organizzazione del tempo libero spesso comprende la
dimensione collettiva, socializzante dei cantare assieme.
E sono queste ultime realtà diffuse soprattutto
nel mondo urbano artigianale a fornire, il tramite
tra l'antico universo colto e l'altrettanto antica
tradizione dei canto popolare, non senza conseguenze
interessanti per l'uno e per l'altro settore.
Predisponendo una suddivisione della materia in tre
grandi, categorie, legate all'associazionismo,
all'educazione, ed all'attività professionale, si
possono individuare per ciascun capitolo i seguenti
percorsi di ricerca:
- 1) Associazionismo: dimensioni legislative e
organizzativi attraverso la lettura dei regolamenti e
degli statuti; attività sociale, composizione
sociologica; azione d'appoggio della chiesa e poi dei
partiti e del potere in genere per indirizzare il consumo
del tempo libero; differenze con le analoghe esperienze
europee.
- 2) Educazione: imposizione del canto religioso nelle
fasce primarie della scuola e poi del canto civile, non
solo "come educatore del cuore e della mente, ma
anche come ginnastica per gli organi della
respirazione"; intervento istituzionale (scuola
dell'obbligo e movimento ceciliano) per
"addolcire" l'emissione vocale;
inventario/analisi dei metodi.
- 3) Canto professionale: l'esercizio dell'attività vocale
in ambienti specifici (chiesa, teatro, sale da concerto)
suggerisce presenze regolari più o meno retribuite,
caratterizzate ciascuna da specifiche modalità
comportamentali.
- Gabriella
Biagi Ravenni, Michele Girardi,
L'epistolario di Giacomo Puccini: l'edizione critica
nell'epoca dell'informatica
-
- 1. Nonostante il favore di pubblico da sempre
riscontrato, Giacomo Puccini è stato prima denigrato da
rivali meno dotati, bistrattato da critici puristi,
contestato dalla critica italiana del suo tempo come
rappresentante della piccola borghesia, poi osteggiato da
una classe pseudo-elitaria imbevuta di pregiudizi
idealistici. Con il risultato che gli studi scientifici
su di lui ne hanno fortemente risentito. La musicologia
di rango soprattutto quella anglosassone, con
pochissime eccezioni italiane ha cominciato a
dedicarsi alle sue opere solo recentemente. Quasi tutta
la bibliografia una messe davvero incredibile
prodotta prima deve essere vagliata attentamente:
le biografie indulgono per lo più all'aneddoto, e i
numerosi volumi che raccolgono parte dell'epistolario non
seguono criteri filologici, né mostrano alcun
coordinamento nelle indispensabili annotazioni; limitate
raccolte di lettere sono inoltre contenute in
pubblicazioni minori, di respiro locale, con una
circolazione pressoché nulla. Oltre alle lettere
pubblicate, ne esistono molte ancora inedite (di
proprietà di collezionisti, o custodite in biblioteche)
che alcuni collaboratori della ricerca proposta hanno
individuato e segnalato. Altre ancora continueranno
sicuramente a venire alla luce, soprattutto nel mercato
antiquario: un censimento provvisorio ne segnala oltre
4000, tra edite e inedite.
- 2. L'obiettivo della ricerca è creare un data base di
tutte le lettere di Giacomo Puccini, edite e inedite, che
permetta una indicizzazione a più livelli e un'analisi
del linguaggio, come punto di partenza per la
realizzazione di altri obiettivi futuri, come l'edizione
critica complessiva dell'epistolario, nel doppio formato,
cartaceo ed elettronico (con applicazioni multimediali).
- La ricerca si articolerà nelle seguenti fasi:
- a) raccolta di tutte le pubblicazioni esistenti che
contengano lettere di Giacomo Puccini;
- b) riproduzione di tutte le lettere inedite che i
collaboratori hanno già individuato e censito;
- c) ideazione, con la collaborazione dei CISIAU
(Centro interdipartimentale di servizi informatici
per l'area umanistica), del CIBIT (Centro
interuniversitario biblioteca italiana telematica) e
del Centro di linguistica computazionale
dell'Università di Pisa, di una scheda tipo che si
adatti agli scopi sopra descritti.
- Seguiranno:
- d) inserimento dei dati;
- e) scansione delle lettere già pubblicate e di
quelle inedite;
- f) analisi del linguaggio epistolare pucciniano
tramite l'utilizzo del programma DBT di text-encoding
progettato da Picchi del Centro di linguistica
computazionale;
- g) realizzazione di un catalogo informatico di tutto
l'epistolario, con indicizzazione completa;
- h) sintesi dei risultati del lavoro di analisi del
linguaggio.
- 3. Dopo aver riunito tutte le fonti, e aver formulato la
scheda-tipo, ogni lettera verrà schedata in modo tale
che emergano i seguenti dati:
- a) datazione topica e cronica (presente o desunta,
quindi proposta);
- b) destinatario;
- c) sintesi dei contenuto;
- d) elenco dei nomi di persone, enti/istituzioni,
luoghi, opere letterarie, composizioni musicali
citati o a cui si allude.
- La realizzazione della singola scheda richiederà
ovviamente una consultazione continua delle schede già
realizzate e di tutta la bibliografia pucciniana, e
soprattutto non pucciniana, che consenta la datazione (se
non presente), l'identificazione di persone,
enti/istituzioni, luoghi, opere letterarie, composizioni
musicali.
- 4. Il progetto ha ottenuto dal CNR fondi per il 1997, ed
è stato aggiornato e ripresentato nel 1998; ha sede
presso l'Università di Pisa e Gabriella Ravenni figura
come responsabile scientifico presso il CNR; i
collaboratori sono: Julian Budden, Gabriele Dotto,
Michele Girardi, Arthur Croos, Jürgen Maehder, Dieter
Schickling.
- Elisabetta
Pasquini, Materiali sonori e
archiviazione, catalogazione e conservazione. Il caso di
due discoteche storiche d'opera
-
- Da ormai alcuni anni l'attenzione degli studiosi per i
documenti musicali del nostro secolo si è timidamente
rivolta anche ai materiali sonori, intesi non solo come
mezzi di trasmissione di informazioni, ma anche e
soprattutto come beni culturali da tutelare. Chi scrive
si sta occupando della catalogazione e dello studio di
due discoteche storiche conservate in Emilia-Romagna, tra
le più importanti per dimensioni e valore
storico-documentario fra quelle pubbliche in Italia dopo
la Discoteca di stato. La raccolta "Agosti",
conservata presso il Teatro Municipale Valli di Reggio
Emilia, documenta con eccezionale completezza la fortuna
della discografia (soprattutto italiana) relativa al
melodramma, con migliaia di esecuzioni storiche di opere
di repertorio, ma anche settecentesche e moderne. La
collezione "Bruun", oggi all'Istituto nazionale
di studi verdiani di Parma, ripercorre invece in maniera
esclusiva la storia della discografia verdiana del nostro
secolo, con una particolarissima attenzione anche per le
incisioni di interpreti dell'Est europeo, testimonianze
di difficile reperimento in Italia e nei paesi in cui la
fonografia d'opera godette tradizionalmente di migliore
fortuna.
- Le due discoteche sono dunque testimoni insostituibili,
in maniera diversa e con prerogative proprie
di una storia musicale per così dire 'parallela',
ma complementare a quella ufficiale (dei documenti
scritti relativi a grandi compositori e alle loro opere),
di una microstoria della diffusione,
interpretazione e reazione della musica attraverso quasi
un secolo di acquisizioni culturali e storiche, critiche
e filologiche. Ma la frequentazione pressoché quotidiana
con questi documenti ha messo in luce numerosi problemi
di cui questo settore di ricerca, giovanissimo, ancora
soffre, quali l'inesperienza (catalografica e
conservativa) degli addetti ai lavori, che spesso si
trovano di fronte a materiali non così immediatamente
collocabili e intelleggibili e, nondimeno,
l'inadeguatezza di risorse (umane e materiali) a esso
devolute.
- Marco Mangani, Relazioni tonali e processi formali nella
musica da camera di Luigi Boccherini
-
- I recenti saggi sulla produzione cameristica di
Boccherini testimoniano tutti la difficoltà di trovare
un approccio pertinente all'analisi dei processi formali:
o si incentrano sul raffronto con gli schemi scolastici (forma-sonata)
riferiti al classicismo viennese (è il caso del
fondamentale lavoro di Christian Speck, Boccherinis
Streichquartette, München, Wilhelm Fink Verlag,
1987), o si appuntano decisamente su altri parametri (si
veda il numero monografico di "Chigiana",
XLIII, 1993, in particolare i saggi di Miriam
Tchernowitz-Neustadtl, pp. 157-169 e di Guido Salvetti,
pp. 337-352).
- La quantità di eccezioni che la musica di Boccherini
presenta rispetto agli schemi scolastici sconsiglia di
seguire con troppa fiducia il primo procedimento, a meno
che non si voglia presupporre un'inferiorità estetica in
tutto ciò che diverge dal modello viennese (sempre
ammesso che questo sia correttamente definito dagli
schemi scolastici medesimi), o che, al contrario, non si
inclini a gridar d'entusiasmo ogniqualvolta il
compositore infranga regole fissate dopo la sua morte e a
prescindere da lui. Chi abbia, anche solo per pratica
d'ascolto, dimestichezza con la musica da camera di
Boccherini sa, tuttavia, che essa trasmette un chiaro
senso di solidità sotto le sembianze d'una fantasia
incontenibile. Rinunciare a comprendere le ragioni di
ciò non è opportuno: approccio analitico pertinente
andrà dunque trovato. La relazione che qui si presenta
costituisce un tentativo in questa direzione. Punto di
partenza è la constatazione che, nella costruzione dei
temi come nella loro connessione, le relazioni armoniche
di terza, e talvolta quelle di grado congiunto, rivestono
in Boccherini un'importanza almeno paragonabile a quella
delle relazioni di quinta. Si cercherà in primo luogo di
dimostrare che le ragioni di ciò vanno cercate
nell'adesione dei musicista al principio della
progressione, estrinsecato nel procedimento lineare del
basso, adesione che testimonia una concezione del
linguaggio armonico radicata più nella tradizione
pratica del basso continuo che non in una visione
funzionale. Si passerà poi a mostrare come le relazioni
armoniche derivanti da tale principio, e presenti a
livello microformale, si ripercuotano sulla macroforma
come relazioni tonali fra le parti che compongono un
singolo movimento (Quintetto per pianoforte e archi in
mi minore op. 56, 1, Minuetto) o addirittura fra i
movimenti d'un intero ciclo (Quintetto per archi in
sol maggiore op. 31,2). Si vedrà inoltre come
tali relazioni possano originare dei procedimenti di
sviluppo e come ciò avvenga, contrariamente a quanto
comunemente sostenuto, fin dagli esordi della produzione
boccheriniana (Quartetto in do minore op. 2, 1,
Finale). Si proporrà infine l'analisi del primo
movimento del Quartetto in do maggiore op. 52, 1,
cercando di provare: 1) che anche in questo caso la
promozione delle relazioni armoniche a relazioni tonali
è alla base del processo formale; 2) che sulla base di
tali osservazioni è possibile operare una distinzione
tra la tonalità nominale del brano e la sua tonalità
portante; 3) che se, in base alla tonalità
nominale, si può ancora tentare una lettura del brano
come esempio, sia pure pieno di eccezioni, di
forma-sonata, è solo sulla base della tonalità portante
che si può dar conto di tutti gli aspetti formali e di
tutti i dettagli di scrittura, ivi compreso un altrimenti
inspiegabile segno di ritornello "fuor di
posto".
- Paolo Russo, Recezione e volontà d'autore nella
"Symphonie fantastique"
-
- La prima sinfonia di Berlioz è stata tradizionalmente
interpretata secondo un percorso storiografico che
muoveva dal sinfonismo beethoveniano per giungere al
poema sinfonico di Liszt, all'insegna quindi di un'idea
di musica a programma propria della seconda metà
dell'Ottocento. Misurarla secondo criteri estetici
cronologicamente posteriori alla data di composizione era
stata l'unica via per garantirle validità estetica in
un'epoca che valutava il primo cinquantennio del secolo
secondo l'esclusivo parametro della tradizione viennese e
dell'autorevolezza beethoveniana. Questa interpretazione
è quella maggiormente diffusa nella letteratura
musicologica corrente e di consultazione. Negli ultimi
tempi, tuttavia, studi specifici di Mongrédien, Brook,
Cooper (in italiano ben sintetizzati da Della Seta nel
9° volume della Storia della Musica della Società
Italiana di Musicologia) hanno delineato un quadro
sufficientemente dettagliato della musica francese del
primo trentennio dell'Ottocento e della sua tradizione
strumentale: hanno così costretto a rivedere
radicalmente i tradizionali schemi storiografici e hanno
imposto nuovi modelli ordinatori della storia della
musica francese fino al 1850. La Symphonie fantastique
potrebbe così essere intesa non come un
allontanamento dal modello beethoveniano, quanto invece
come un avvicinamento a partire da una tradizione
strumentale lontanissima da quel modello. La Symphonie
fantastique si offre dunque come un caso ideale per
verificare come muti un oggetto estetico al variare
dell'ipotesi ordinatrice della storia. Non si tratta
infatti solo di ricostruire la reale 'intenzione
d'autore' di Berlioz (per estendere a problemi di
reazione categorie proprie della filologia dei testi a
stampa), e le condizioni culturali e poetiche della
musica francese degli anni trenta (produzione di sinfonie
concertanti, symphonies à programme come la Bataille
de Jemmappes di Devienne, reazione del sinfonismo
beethoveniano, estetica dell'imitazione di Le Sueur e
Lacépède, prime espressioni dell'estetica romantica).
Si tratta anche di riconoscere come dato storiografico
necessario alla narrazione della Storia della musica
dell'Ottocento l'esistenza di due Symphonies
fantastiques. una che risponde all''intenzione
d'autore' di Berlioz e una che risponde alla reazione di
quel testo da parte della cultura di metà secolo, una
reazione (o mis-reading) che ha davvero
spinto Liszt a inventare il poema sinfonico, dando corpo
e nuova dignità estetica alla musica a programma degli
anni '50-'70. Il progetto di ricerca non si nasconde
tuttavia che tali acquisizioni non risolvono il problema
Sinfonia fantastica. Le conseguenze teoriche sono infatti
rilevanti sotto almeno due aspetti. 1) Paradossalmente,
la Symphonie fantastique si è pienamente
affermata solo dopo il crollo del mondo estetico che
l'aveva prodotta. Lo studio delle due Symphonies
fantastiques deve quindi narrare le dinamiche di
recezione che hanno consentito ad una sinfonia di
affermarsi come opera d'arte negando l'originaria
intenzione poetica d'autore. È un passo necessario per
spiegare secondo quale dinamica la prefazione al
programma letterario sia stata alternativamente aggiunta
e soppressa da Berlioz producendo diverse "ultime
volontà d'autore" (Tanselle). 2) Lo studio delle
diverse interpretazioni non si fonda su alterazioni del
testo originale (come invece accade nello studio della
librettistica e delle partiture d'opera), perché la
partitura della Symphonie fantastique è rimasta
sostanzialmente invariata dalla prima esecuzione in poi.
La medesima disposizione di note sulla partitura è stata
quindi in grado di generare molti sensi, talora fra loro
antitetici, quando è entrata in contatto con culture
differenti: è un assunto condiviso anche dagli analisti
più avvertiti, ma la Symphonie fantastique impone
di verificare nell'analisi concreta come la medesima
partitura interagisca differentemente con le culture che
la recepiscono.
- Michela Garda, Strategie narrative nelle biografie
musicali degli anni Novanta
-
- Nell'ambito della storiografia generale è stato rilevato
un "revival del racconto" (Stone) a partire
dalla fine degli anni Settanta. Questo ritorno alla
dimensione retorica e fittiva della ricostruzione storica
è stata enfatizzata da quelle tendenze storiografiche
(Hayden White) che negano una distinzione sostanziale tra
prosa letteraria e prosa storica. È possibile parlare di
un "revival del racconto" anche in musicologia?
La relazione discute alcune biografie musicali uscite
negli anni Novanta: due volumi dedicati alla compositrice
Fanny Mendelssohn Hensel (Tillard e Olivier), Mozart di
Maynard Solomon e Stravinskij and the Russian
Tradition di Richard Taruskin, rilevando il diverso
grado di approfondimento del rapporto che intercorre tra
resoconto biografico e interpretazione dell'opera. In
conclusione l'intervento abbozza un progetto biografico
incentrato sulla figura di Fanny Mendelssohn Hensel volto
ad individuare il soggetto compositivo come correlato
fittizio delle strategie retoriche consapevoli e
inconsapevoli che caratterizzano la sua produzione
verbale (soprattutto epistolare) e musicale.
- Anna Quaranta, La recezione di Brahms in Italia fra Otto e
Novecento
-
- La comunicazione intende delineare modi e forme della
recezione italiana di Brahms attorno alla svolta di
secolo, attraverso lo spoglio delle principali riviste
musicali. Il lavoro si propone di far confluire, in un
quadro sistematico i dati provenienti da un materiale
assai eterogeneo, attraverso lo studio del lessico della
critica, l'eventuale ricorrenza di concetti e parole
chiave, allo scopo di rinvenire tipologie di lettura
analoghe e orientamenti critici convergenti. Specifici
elementi d'indagine serviranno a ricostruire l'orizzonte
culturale entro il quale è stata accolta la produzione
brahmsiana nel tentativo di stabilire se ed in che misura
il dibattito critico sviluppatosi oltralpe sia giunto in
Italia, ed in che modo una tradizione musicale,
prevalentemente operistica si sia confrontata con le
tematiche della musica assoluta e con l'opposizione
Brahms/Wagner.
- Pietro
Cavallotti, Forma globale,
procedimenti compositivi e risultato acustico nel
"Requiem" di György Ligeti
-
- L'intervento mira a evidenziare gli stretti collegamenti
tra le posizioni teoriche di György Ligeti sulla
forma musicale espresse nel 1965 ai Ferienkurse di
Darmstadt e i procedimenti tecnico-compositivi adottati
nella composizione del coevo Requiem. Nell'ambito
delle conferenze organizzate da Wolfgang Steinecke sul
tema Form in der neuen Musik, Ligeti intervenne
con due seminari, di cui rimane una registrazione
nell'archivio dell'Internationales Musikinstitut
Darmstadt che differiscono sensibilmente dal testo
riveduto dal compositore e pubblicato nel X numero dei
"Darmstädter Beiträge zur neuen Musik". Nei
due interventi Ligeti parte da una critica a tutti i
procedimenti compositivi che pre-stabiliscono un metodo
di elaborazione destinato a influenzare sensibilmente la
forma della composizione. Come si può facilmente intuire
questa critica è rivolta sia ai procedimenti seriali sia
a quelli aleatori, entrambi accusati di provocare un
generale appiattimento formale. La soluzione proposta da
Ligeti mira a recuperare una posizione di priorità della
forma rispetto alla tecnica compositiva. La prima
operazione risulta quindi essere la prefigurazione di una
struttura formale potenzialmente in grado di suscitare
nell'ascoltatore determinate impressioni acustiche. Solo
in un secondo tempo vengono stabiliti procedimenti
compositivi atti a realizzare le intenzioni di partenza,
naturalmente validi solo per la composizione in
questione. Grazie ad un'attenta analisi dei principali
espedienti tecnici adottati da Ligeti nel Requiem, condotta
a partire dagli schizzi autografi gentilmente messi a
disposizione dallo stesso autore, si cercherà di mettere
in luce fino a che punto le strutture dell'opera si
adattino alla forma globale e realizzino le intenzioni di
partenza.
- Benedetto
Passannanti, Lo statuto del
testo nelle musiche aleatorie.
-
- L'analisi di alcune composizioni d'avanguardia (Franco
Evangelisti, Aleatorio; Pierre Boulez, Terza
Sonata; Witold Lutoslawski, Quartetto per archi)
rivela che l'alea non annulla il concetto di opera
musicale tout court. Semmai mette in discussione un
concetto specifico di opera, ossia quello che rimanda
all'unità organica e coerente tra le singole parti e il
tutto. Dal punto di vista critico-testuale v'è una
sostanziale differenza tra le diverse esecuzioni di una
sonata per pianoforte di Beethoven e le diverse
esecuzioni di un'opera come la Terza Sonata per
pianoforte di Pierre Boulez. Le diverse esecuzioni di
Beethoven, per dirla con Eggebrecht, appartengono alla
storia 'esterna' dell'opera e non hanno nessun rilievo
nella determinazione dell'Urtext. L'immagine
sonora 'autentica' dell'opera è contenuta interamente
nella pagina scritta del testo tramandato. La Terza
Sonata di Pierre Boulez esiste invece nelle
intenzioni dell'autore e nella sua forma definitiva solo
come progetto. Le diverse parti dell'opera non
soggiacciono ad un principio di causalità e sono entro
certi limiti liberamente interscambiabili. L'opera rivela
la sua identità, sempre mutevole, solo all'atto della
realizzazione sonora, in base a scelte
esecutivo-compositive espressamente richieste dall'autore
e di volta in volta compiute dall'esecutore, che diventa
in tal modo coautore dell'opera. Qui le diverse
esecuzioni non appartengono alla storia esterna
dell'opera, ma al contrario ne determinano in modo
pregnante l'interna identità: esse rappresentano la
volontà originaria dell'autore-ideatore, che nella
richiesta di un intervento compositivo all'interprete ha
individuato un aspetto essenziale della poetica
dell'opera. Tale prescrizione ha la stessa funzione che
un crescendo o un diminuendo, un piano o
un forte hanno in un'opera tradizionale: è un
elemento costitutivo del testo, che a torto potrà essere
espunto da un'edizione che miri a restituire fedelmente
la volontà dell'autore e l'immagine sonora 'autentica'
dell'opera.
- Se compositore e interprete diventano coautori di
un'opera musicale, ciò non può non avere conseguenze
sul piano filologico. L'editore di un'opera aleatoria
dovrà infatti optare tra due possibilità: o considerare
'opera' il solo testo scritto di pugno dal compositore
(che in alcune partiture aleatorie è esclusivamente
verbale) o puntare ad una lezione (sempre provvisoria e
mai definitiva) come risultato delle occorrenze in cui il
testo s'è configurato sonoramente, in forma
intelligibile, mediante l'intervento di
esecutori-coautori dell'opera intera o di sue parti
specifiche. In altre parole, individuerà nella storia
della recezione esecutiva dell'opera un elemento non
accidentale e accessorio, ma fondamentale e costitutivo
per l'identità e la restituzione testuale dell'opera
stessa.
- La scelta comporterà delle conseguenze anche sul piano
della recensio dei testimoni e della tecnica
editoriale.
- Antonio Trudu, A proposito di una recensione
-
- L'intervento si riferisce alla recensione di Pascal
Decroupet al volume La "scuola" di Darmstadt
di Antonio Trudu ("Il Saggiatore musicale",
III, 1996, pp. 196-201), e si divide in due parti. Nella
prima, vengono contraddette alcune affermazioni del
recensore che, secondo l'autore, non rispettano la
realtà del libro recensito. Si precisano inoltre
elementi forniti dalle pagine relative alla
partecipazione di John Cage ai Ferienkurse del 1958:
alcuni documenti dimostrano infatti che nel libro non si
può ravvisare l'errore materiale individuato invece dal
recensore. Nella seconda parte dell'intervento si pongono
alcuni interrogativi sulle finalità delle recensioni,
alcuni dei quali possono essere estesi alla ricerca
musicologica in generale.
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Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna