Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
Prove di Drammaturgia
TEATRO POPOLARE DI RICERCA
UNA NOZIONE IN PROGRESS
di Gerardo Guccini, Massimo Marino, Valeria Ottolenghi, Cristina Valenti
La definizione di "teatro popolare di ricerca" non si propone di fondare una categoria teorica né di classificare un genere teatrale, ma procede bensì dal riconoscere e quindi nominare un insieme di esperienze che emergono dalla pratica artistica imponendosi perciò allevidenza.
Se pensiamo al teatro di Leo, delle Albe, di Pippo Delbono, del Kismet, di Baliani, di Paolini, di Settimo vediamo infatti come certi elementi della tradizione si siano diversamente riprodotti nel bagaglio tecnico degli artisti e degli ensemble attivando inedite modalità di racconto, comunicazione e presenza. La prospettiva concentrata della ricerca (che per anni ha avuto nel laboratorio il suo emblema) e la visione dilatata del popolare hanno insomma dimostrato con levidenza delle opere e dei percorsi individuali di poter convergere nel comune rifiuto di astratte convenzioni sceniche in nome della centralità dellesperienza.
Ciò acquisito, restano ora da suscitare testimonianze, riflessioni e conoscenze che assimilino al livello della riflessione culturale quanto gli uomini di teatro hanno già realizzato in pratica facendo sfociare i procedimenti e le memorie della ricerca teatrale in esiti suscettibili duna fruizione popolare.
Per avviare questo processo delicato e necessario, che, nellimmediato, si traduce in unesigenza di confronti e prese di posizione personali, mentre, in prospettiva, è latore di rinnovate visioni storiografiche cui riferire i valori dei bistrattati anni 80 e le tenaci anomalìe del caso italiano, abbiamo composto una locuzione intenzionalmente provocatoria. Se lespressione "teatro popolare" si definisce in base ai contenuti del sostantivo teatro che, per lappunto, presuppone spettacoli, tradizioni e tecniche da offrire o riferire al popolo - lespressione "teatro popolare di ricerca" suscita, ancor più che un significato univoco, una reazione dialettica, che, combinando due nozioni contrapposte, lascia intuire un senso ulteriore, estraneo sia al concetto di ricerca che a quello di popolare e proprio alla locuzione che li unisce.
Crediamo che il rapportarsi a questo senso ulteriore sia oggi un atto necessario perché la dimensione della ricerca e quella del popolare si pongono fra le principali energie motrici del nuovo teatro dellultimo ventennio, che, viste le imminenti scadenze di calendario, potremmo incominciare a definire post-novecentesco, considerando per lappunto il Novecento un secolo breve incorniciato dal primo conflitto mondiale e dalla crisi dapprima ideologica e poi globale - del sistema sovietico. Parlando di popolare e di ricerca non intendiamo insomma riferirci alle determinazioni storiche di queste nozioni per cui, ad esempio, la ricerca è una fase che segue le seconde avanguardie oppure il popolare designa forme despressione indissolubilmente connesse al fondo etnico ma riconoscere e denominare le spinte che hanno animato i percorsi teatrali di cui siamo stati testimoni e, spesso, compagni dattuazione. In questi ultimi ventanni, alla luce delle idee elaborate dalla riflessione teorica non sembrerebbe essere successo niente di sostanzialmente nuovo, niente di originale e potente, ma non appena usciamo dalle coordinate di questo sistema di evidenziazione ci troviamo immersi in un panorama teatrale radicalmente mutato, rispetto al quale siamo un po tutti assuefatti perché ci viviamo dentro e alienati perché non ne ricordiamo la formazione o, peggio, pensiamo che questa sia irrilevante. Discutere di "teatro popolare di ricerca" è dunque anche un modo per ricomporre le consapevolezze quotidiane e le memorie personali in narrazioni dellaccaduto, che perforino il tempo e lo spazio fra i teatranti evidenziando le fasi e le zone di omogeneità e le modulazioni inventive, che si sono via via prodotte nellintreccio fra le pratiche, i valori, il sentire. Il processo al quale stiamo lavorando è senzaltro anomalo: al suo interno, lapporto intellettuale si risolve infatti in una mediazione nel teatrale che, da un lato, consegna agli artisti delle nozioni ricavate dalla loro stessa storia e, dallaltro, attende da loro risposte di critica o di conferma, da cui ripartire per nuove esplorazioni e avventure conoscitive. Per questo è necessario chiarire il più possibile e fin dalla fase preliminare la natura del testimone che ci stiamo passando lun laltro. La zona di maggior ambiguità nella locuzione teatro popolare di ricerca risiede indubbiamente nellattributo popolare. La ricerca è infatti una condizione di vita alla quale gli artisti di teatro aderiscono naturalmente avvertendo distinto quando questa saddensa o scioglie nelle contraddizioni e nei ritmi del mestiere. Con popolare ci si espone invece a rischi di fraintendimento che è bene evitare.
Il "popolo" può apparire, a fronte del frastagliato fronte della teatralità di ricerca, un oggetto oscuro: si è inteso via via per popolo il terzo stato o le classi subalterne, il depositario del folklore o il consumatore della società urbana di massa. Oggi i teatranti che lavorano su urgenze forti sono spesso in grado di costituirsi un proprio popolo, che può andare molto oltre la cerchia di coloro che immediatamente condividono gli esiti della loro ricerca, e diventare un insieme variegato e complesso di tensioni ed esigenze. Daltra parte, il concetto di "popolo", se analizzato storicamente, si rivela una tensione più che unarea certa, qualcosa di inventare, da costruire; il sogno dellintellettuale, dellartista che insegue una necessità e vive dolorosamente la condizione della separatezza ricercando la relazione, la comunità. Anche nel caso del "teatro popolare di ricerca" il popolo non è una realtà sociale o lartefice collettivo della produzione artistica, ma leffetto dun incontro faticosamente conquistato, dun raggiungimento, insomma, che parte dalle necessità intrinseche al lavoro teatrale per diventare esperienza condivisa.
Non per questo pensiamo di trascurare le effettive trasformazioni storiche della massa popolare, che possono fornire alla nostra ricerca un indispensabile inquadramento temporale. Lo stato di crisi della realtà popolare, che gli utopisti e gli ideologhi del XIX secolo volevano governare traendone un popolo di popoli, una nuova umanità, si è poi realizzata producendo una identità non solo diversa dalla prima, ma caratterizzata da qualità opposte.
Si tratta della massa. La cultura di massa ha preso il posto di quella popolare, della quale costituisce lantitesi. E infatti: è visuale quanto la prima è orale; non pratica logiche; è per sua natura messaggio; vive il tempo come modulazione del presente (e non, viceversa, il presente come modulazione del tempo). Lartista, dunque, in qualunque modo definisca e adatti al proprio operare la nozione di popolare, difficilmente potrà confondere il popolo e la massa, allinterno della quale continuano però a rispondere ai requisiti del popolare diversi e mutevoli sostrati, che non si escludono lun laltro come avviene coi popoli a base etnica e che non scaturiscono da motivi culturali o sociali, ma dal persistere o dal prodursi nei loro singoli esponenti dun senso di individualità inscindibilmente connesso al sentimento dellappartenenza.
Vi sono dunque numerosi popoli che fermentano, con dinamiche imprevedibili e spesso pericolose allinterno della massa, la quale, di fatto, li include senza rappresentarli.
In parte è senzaltro vero che fra i sostantivi e gli attributi corrispondenti in questo caso: popolo e popolare non esistono delle correlazioni vincolanti; tuttavia, le esperienze dirette e personali che possiamo avere delle cose in sé finiscono per tingere lalone semantico dei termini ad esse corrispondenti. Così non sembra inutile proiettare sullaspirazione della ricerca ad acquisire una dimensione popolare ciò che nel linguaggio comune e con crescente determinazione definisce un popolo. E cioè la presenza dun comune sentire che incrina la finitezza dei singoli fondando orizzonti di compartecipazione emotiva.
È unindicazione umile ma feconda e forse anche utile, poiché inserisce il teatro fra le principali forme di opposizione alluniformità della cultura di massa, confermandone per altro lunicità e i valori. Da un lato, uno dei rovesci delluniformità di massa, nelle nostre società, è la moltiplicazione delle nicchie, dove possono incontrarsi esperienze di grande spessore qualitativo e si possono incrociare importanti pratiche delle differenze.
Dallaltro si va diffondendo il mito delle regioni-patria, degli stati a base etnica, del popolo inteso come enclave chiusa e latrice di un principio di identità rigido, incontrovertibile, esclusivo.
Luna forma di opposizione ha i caratteri della resistenza interna; è dialettica, fluida, mobile; si nutre di differenze; pratica meticciati, innesti, contaminazioni; allidea che vede nellindividuo un esemplare conforme del proprio gruppo sociale (classe, popolo, categoria) sostituisce la ricerca di identità ulteriori che maturano nellesperienza del contatto. Laltra può essere invece aggressiva e, di fatto, sostituisce allomologazione strisciante e indotta della cultura di massa unomologazione motivata, esplicita e, proprio per questo, impermeabile ed esclusiva, con reali rischi dintolleranza. Il teatro che, nella società di massa, è facilmente esso stesso una nicchia, si contrappone svolgendo, nelle forme che gli sono proprie, attraverso esperienze artistiche, azioni di resistenza interna, che, però, in molti e significativi casi che vogliamo qui evidenziare con lespressione "teatro popolare di ricerca" non si chiudono in ambiti circoscritti, rifiutano di adeguarsi a valori precostituiti né parlano il linguaggio cifrato delle enclaves culturali, cercando in sé unurgenza, una necessità, una primarietà dintenti e soggetti espressivi che richiamano, nellespandersi, la testimonianza di cerchie larghe, larghissime e virtualmente infinite di spettatori. La dimensione popolare del teatro di ricerca smaschera la presunta compattezza della massa suscitando nelle singole persone lindividuo particolare, e cioè il compagno con cui condividere lesperienza dello spettacolo e, forse, indica che in questo nostro mondo in continuo mutamento il popolo è anche unanima che si manifesta allimprovviso, suscitata dal prodursi per quanto riguarda il teatro, fra gli spettatori - dun comune sentire, coinvolgente ed etico, di sensibilità e pensiero.
Ripartire dallemozione, dallo stupore e dal piacere del teatro che comporta il senso dellesserci come atteggiamenti primari (senza i quali non esiste scoperta razionale), coniugando la densità dellesperienza sociale, civile, umana con la ricerca di nuove forme artistiche e comunicative: in questo consiste la nuova popolarità della relazione teatrale. Mentre la cultura di massa sembra offrirti di tutto poi ti lascia solo con i tuoi pregiudizi e incapace di guardare fino in fondo, il teatro fa esattamente linverso: insegna a confrontarsi con ciò che è lontano da noi, apre finestre, unisce, ci porta come ricorda Baliani citando Gregory Bateson a "pensare il pensiero dellaltro".
Sullo sfondo del nostro progetto cè anche la speranza di rafforzare, grazie al dibattito sul "teatro popolare di ricerca", la voce, la capacità di testimonianza e, quindi, la memoria, di quegli artisti di teatro che hanno salvato i valori della ricerca rigenerandoli. Già alla fine degli anni 70 si parlava di "postavanguardia"; Tondelli e Pazienza avvicinavano i modi della ribellione esistenziale e formale alla cultura della moda, dei modelli di massa, perfino dei rotocalchi La caduta del muro di Berlino ha messo in discussione lantica idea di avanguardia formatasi fra i trattati militari e i manifesti del comunismo, fra Clausewitz e Lenin, idea che la equiparava a un manipolo che deve insufflare anima alle masse. Per cui oggi parliamo di ricerca, un termine che dà più lidea della tensione senza implicare quella dello scontro e del superamento.
Finora i lavori sul "teatro popolare di ricerca" hanno visto la svolgimento duna serie di incontri e tavole rotonde che si sono tenuti a Rubiera, Rovigo, Parma, Cagliari, Bergamo, coinvolgendo studiosi, artisti, critici, intellettuali e, soprattutto, le formazioni e gli organismi teatrali che hanno ospitato le singole manifestazioni: la Corte Ospitale, il Lemming, Lenz Rifrazioni, Cada Die, Erbamill Ricordiamo molto volentieri qui il loro impegno, anche perché il modo entusiasta e generoso con cui hanno aderito, con spontanea immediatezza, alla nostra proposta di discussione è già di per sé un segno, un documento, una realtà che entra nella ricerca occupandovi un posto di primo piano.
In questo dossier figurano quasi per intero gli atti del Convegno di Rubiera, che, dal nostro punto di vista, costituiscono leffettivo momento di fondazione della ricerca poiché contengono le risposte degli artisti ai quali ci siamo rivolti riconoscendo in loro degli esempi efficaci di "teatro popolare di ricerca": Marco Baliani, Pippo Delbono, Marco Martinelli, Gabriele Vacis. Seguono, nel settore intitolato "Prospettive", alcuni nostri interventi dedicati alle possibilità e agli esiti dalla ricerca, ad alcuni suoi aspetti interni e alle tappe finora percorse. Speriamo che a questi seguano altri contributi, confermando, se non le nostre ipotesi, quellesigenza di confrontarsi e dibattere sulle cose del teatro, che, finora, abbiamo riscontrato ovunque non senza emozione.