Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Prove di Drammaturgia

Prove di Drammaturgia


Staffan Göthe* e "Ett Lysande Elände":
scrittura del testo e progetto teatrale

Stoccolma - Dramaten 1999 **

di Vanda Monaco Westerståhl

 

La trama

In una notte buia e tempestosa Rita, una donna di mezza età arrivata dalla provincia a Stoccolma, ripesca dall'acqua Bruce, un giovane semiubriaco e picchiato da un gruppo di ragazze davanti a un pub. Lo porta nella sua miserevole bicocca. Nell' ingresso c'è una porta chiusa. Divieto di aprire: lì se ne stanno acquattati i demoni. Bruce l'apre. I ricordi aggrediscono Rita: competitività e gelosia verso un'altra donna che poi si rivela essere la madre di Bruce, e ancora con un 'altra, diventata moglie di una guida turistica grande amore di Rita durante un viaggio nella Venezia del turismo di massa, infine la stessa guida ora medico trafficante in cure e medicine; e poi l'attuale convivente della madre di Bruce, impegnato nella vana ricerca di una sessualità calda e umana. Eventi passati ma ancora dolorosi si ripresentano allo sguardo della memoria di Rita, ritornano meschinità, desideri frustrati, felicità fugaci, amicizie e amori e tradimenti, lussurie di vendette, e sogni di sadismo, castrazione e sangue. Circondata dai suoi demoni Rita sale tutto il calvario dei ricordi, fin quando nel freddo del mattino si mette il suo cappello color prugna e riparte per un viaggio verso ..... dove?

Per quanto riguarda lo stile: ironia, umor nero, forte tensione drammatica e levità.

 

I giochi della memoria turbati e stravolti dal presente. Il presente sconvolto e frantumato dai giochi della memoria. E' questa una possibile chiave di lettura di Ett Lysande Elände (Una splendida miseria) il testo intorno al quale, nel corso di quest'anno, si è condensato uno dei progetti più interessanti del Dramaten e la cui particolarità non risiede tanto nello spettacolo finito e nel suo incontro con un pubblico entusiasta, quanto nel periodo della scrittura e delle prove. Intanto la particolare fisionomia teatrale di coloro che hanno voluto e portato il progetto avanti e poi l' alta professionalità di tutta la compagnia riunita intorno al testo. Per alta professionalità intendo la conoscenza di complesse tradizioni e culture teatrali, e la capacità di usarle nella pratica attorica in tutta la loro molteplicità e ricchezza. Creatività, presenza scena e carisma dell'attore, come del resto la stessa professionalità, sono necessarie ma non sufficienti per un teatro in cui il linguaggio del corpo nasce e si sviluppa nel testo scritto, nelle sue parole, nei suoi ritmi, nei suoi tempi, quindi nel livello verbale e drammaturgico.

I due ideatori del progetto: Staffan Göthe e la sottoscritta, due persone di teatro con esperienze stratificate e molteplici. Il primo è uno dei maggiori attori del Dramaten, e fra i più grandi autori drammatici svedesi e con esperienze di regia. La scrivente, nei suoi oltre vent' anni di vita in Svezia è stata drammaturg, ha scritto testi in svedese, ha fatto regie e recita in svedese, con alle spalle un retroterra di lavoro attorico in anni lontani a Roma, e un' attività di ricercatrice e storica del teatro. Quindi un tessuto in gran parte analogo di esperienze e competenze ci univa quando ci incontrammo per fare qualcosa. Che cosa non era ancora chiaro come spesso accade con il lavoro teatrale: ma c' era il piacere di fare qualcosa insieme.

Staffan Göthe aveva scritto quella che lui definiva una bagattella, una piccola pièce da cabaret imperniata su una donna di mezza età assalita dai ricordi del passato. Incominciammo a incontrarci una volta alla settimana. Leggemmo insieme e a alta voce la bagattella i cui personaggi erano più schemi che personaggi, come si addice a un testo da cabaret. Negli incontri successivi, senza penna e senza carte, ci raccontavamo la vita di quei personaggi striminziti. Inventavamo storie a partire da quel poco di personalità che avevano, inventavamo nuovi personaggi e nuove situazioni. Adesso a distanza di tempo, e proprio mentre scrivo questa nota, capisco che quello che accendeva la nostra fantasia e ci faceva andare avanti nell'invenzione, erano le nostre voci che, dopo alcuni incontri non erano più le nostre ma diventavano sempre più quelle dei personaggi trasformati dalle nostre conversazioni (o forse potrei dire dialoghi?). I personaggi acquistavano un suono, il che vuol dire anche il ritmo e il tempo del loro respiro. Uno dei personaggi veniva fuori praticamente muto, emetteva di tanto in tanto un brusio e infatti lo chiamavamo Bruce, nome che conservò anche a pièce finita.

A mano a mano che la voce dei personaggi acquistava un suono si erano andate formando anche le immagini dei luoghi e dei personaggi stessi. Incominciammo a scegliere gli attori e decidemmo che Staffan avrebbe interpretato il protagonista maschile e avrebbe fatto la regia dello spettacolo. Ancor prima che il testo avesse una sua organicità, Staffan incontrò gli attori e diede loro qualche rapido impulso in direzione dei singoli personaggi e delle atmosfere. Gli attori erano tutti del Dramaten, tranne un'attrice con la quale avemmo dei problemi come si vedrà più avanti.

Il testo si strutturava senza passaggi narrativi ma per associazioni emotive e di ricordi, ragion per cui la vicenda e le vicende dei personaggi si susseguivano non soltanto proiettandosi in spazi e tempi diversi l'una dall'altra, ma anche contemporaneamente in luoghi diversi. Sullo spazio scenico si rappresentavano, dunque, due o tre azioni contemporaneamente situate però in luoghi e tempi diversi, e distinte da differenti modi di recitazione e dal gioco delle luci. Era il gioco e di un sogno. Certamente un richiamo al Sogno di Strindberg, ma di uno Strindberg passato attraverso la cultura del cinema che ha trasformato la ricezione dello spettatore accelerandone i processi di sintesi fra immagini distanti fra loro e consentendo salti e rapidissimi spostamenti dio narrazione. Si era dunque costruita a una forma che da una parte affondava le radici nella tradizione strindberghiana e dall' altra nella nostra contemporaneità. In questa forma si andarono a depositare, è il caso di dire, delle parti cantate che costituivano ancora un altro spazio. A volte portavano al massimo la tensione emotiva del personaggio in un punto determinato della vicenda drammaturgica, a volte era come se attraverso il canto emergesse dalle oscurità dell'inconscio un aspetto del personaggio sconosciuto fino a quel momento. Ancor prima che il testo fosse scritto per intero furono coinvolti i musicisti e compositori Stefan Sundström e Leif Jordansson, e lo scenografo Lennart Mörk, uno dei maggiori scenografi svedesi, fra i prediletti di Bergman, attivo anche in teatri francesi come l'Opera Bastille.

A questo punto si determinò un intrico di influenze reciproche fra la scrittura del testo, le idee di regia, l'aspetto degli attori in carne ossa, la musica e le immagini che lo scenografo andava producendo, intrico denso e impossibile da descrivere. Da questo intricarsi e intrecciarsi di impulsi la struttura drammaturgica venne rafforzata, i salti dell'azione diventarono più netti così come i contorni dei personaggi e i suoni delle loro voci.

Dopo tre o quattro mesi di incontri, che peraltro si intrecciavano alle vicende della vita teatrale condotta per proprio conto da ciascuno di noi, Staffan scomparve. Ricomparì dopo un mese o poco più con il testo pronto.

Già all' inizio delle prove avemmo tutti la sensazione non solo di essere vissuti a lungo nel mondo fantastico del testo, ma anche di avere nella carne dei nostri corpi i ritmi del testo, i suoi suoni e tempi, le allitterazioni e dissonanze, le vicinanze e distanze di consonanti e vocali.

Come regista Staffan Göthe favorì il processo di compenetrazione fra attore e testo senza mai imporre idee forti di regia. Durante la prima settimana di prove si dedicò essenzialmente alle posizioni di scena.

La scena era costituita da una grande, e violenta gradinata a curva che dal fondo scendeva verso la platea. Il fondo era fatto di pezzi di legno chiaro, imbrattati di rosso, dai contorni irregolari e con grandi spazi fra di loro. Gli attori non recitavano mai su una superficie completamente piana, dato che gli scalini della gradinata già stretti in sé si restringevano ancora più nella linea della curvatura. Su questa dura gradinata si aprivano e scomparivano i luoghi più diversi: un accenno di cucina a destra dello spettatore, un accenno di stanza da pranzo in alto a sinistra. In basso a sinistra una porta da cui uscivano suoni e nebbie e maschere e incubi. A destra dello spettatore, sul palco, si ergeva una specie di torre quadrangolare a larghissime maglie di tubi innocenti in metallo moderatamente lucido. Torre a tre piani sui quali alcuni dei personaggi sognavano, ricordavano, soffrivano, o salivano, dopo la morte, verso un paradiso improbabile.

Molte cose accaddero nel testo durante le prove. Ma trasformazioni profonde e cambiamenti drammaturgici non incisero affatto sul livello verbale. A parte qualche taglio, dialoghi e monologhi rimasero quelli che erano. Il fatto più clamoroso fu lo spazio drammaturgico e scenico che il personaggio semimuto di Bruce acquistò nel corso delle prove. Fu una creazione d' attore accolta dal regista - attore protagonista. Bruce diventò, non solo nel plot, ma dal punto di vista drammaturgico e scenico, l' altro protagonista maschile dello spettacolo. Altro non nel senso di secondo. Lo spettacolo ebbe dunque due protagonisti maschili. Il testo originario ne aveva uno.

La regia di Staffan Göthe fu quella di un attore fra attori e fu ispirata alla funzione e discrezione del capocomico delle compagnie teatrali Cinquecento e del Seicento. Io fui il suo consigliere di regia. Ci limitammo a aiutare gli attori a entrare nelle battute, a coglierne i suoni e i tempi, il respiro quale si manifestava nelle pause e nelle accelerazioni o decelerazioni. Gli attori furono stimolati a trasformarsi nei segni stessi del testo.

Una delle attrici - l' unica che non faceva parte del Dramaten - non riuscì mai a entrare profondamente nel processo di metamorfosi. Aveva la voce del personaggio ma non le intonazioni, i ritmi e i tempi. Una difficoltà a uscire da se stessa. Un volta, dieci anni fa, poteva farlo magistralmente. Si dovrebbe forse aprire una riflessione sulla incompatibilità di certi linguaggi che si addensano nel corpo dell'attore. Questa attrice, assai nota, ha interpretato negli ultimi sette o otto anni soprattutto soap opere di grande successo. A mio giudizio questo lavoro televisivo, quasi quotidiano ha indebolito la capacità di produzione simbolica del suo corpo e dell sua voce. La metonimicità - in senso jakobsoniano - di certi linguaggi televisivi, soffoca forse nell'attore l'arte della metamorfosi.

Malgrado questo problema lo spettacolo è stato molto amato dal pubblico e ha suscitato critiche entusiaste. Leif Zern - il maggior critico e saggista teatrale svedese - ha scritto che Staffan Göthe ha tutto quanto occore al teatro nella sua valigia d' attore. Vorrei sottolineare che quanto occorre al teatro sono la parola drammaturgica e i suoi suoni e movimenti: il testo e l' attore.

 

* Staffan Göthe è attore, autore drammatico e anche regista. Attualmente lavora come attore e autore stabile nella compagnia del Dramaten. La sua prima pièce, En Natt i Februari (Una Notte di Febbraio) è del 1972. Molto noto il suo En Uppstoppad Hund (Un Cane imbalsamato) del 1986. Alcuni lo definiscono lo Strindberg del nostro tempo, altri il Fellini del Nord. Le due definizioni sono meno lontane di quanto possa apparire a prima vista.

** Il Kungliga Dramatiska Teatern di Stoccolma - chiamato Dramaten - è il teatro nazionale svedese nel quale sono attivi, fra gli altri, oltre a Ingmar Bergman, grandi attori come Erland Josephson, Gunnel Lindblom, Bibi Anderson, Max von Sydow etc.


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