Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Prove di Drammaturgia

Prove di Drammaturgia


TEATRO POPOLARE DI RICERCA
ATTI DELL’INCONTRO DI RUBIERA

Apertura dei lavori

di Gerardo Guccini

Incominciamo col dire che non ci riuniamo sotto il segno del vittimismo e della lamentela perché siamo tutti convinti che la condizione di crisi in cui, ormai da tempo, versa il nuovo teatro italiano è stata ed è feconda, e non ha per nulla inaridito la capacità dei teatranti di rispondere alle esigenze profonde del presente.

Anzi il nostro incontro di quest’oggi risponde anche all’intento di evidenziare e conoscere meglio questa essenziale capacità di incontrare non solo l’altro, ma quanto unisce gli altri fra loro, pur continuando a svolgere in modo coerente, radicale, anche estremo, le contingenze e le necessità della propria ricerca.

Guardate: la storia teatrale che abbiamo attraversato e quasi allo stesso istante dimenticata, è una storia che ha fornito risposte e reagito a necessità reali; non è stata un seguito di creazioni estemporanee o invenzioni organizzative, ma un processo che ha sviluppato nel tempo significativi percorsi artistici e vitali eventi scenici. Percorsi ed eventi, dei quali, pur riconoscendone l’originalità, l’efficacia e – talora – la bellezza, si tende in genere a sottovalutare i caratteri di svolta ulteriore e nuova fase, la rappresentatività epocale, i reticoli culturali. La dispersione degli artisti e delle loro opere, si sa, è una malattia cronica del teatro. Però, il suo decorso mi sembra ora più pernicioso e grave che non in altri momenti storici, poiché rischia di consumare assieme agli spettacoli e alle personali esplorazioni anche un patrimonio di pensiero tanto più fragile e profondo in quanto che non indotto da esigenze ideologiche, teoriche, di rifondazione o di sistematizzazione, ma dalla vocazione – indissolubilmente elettiva e intenzionale, artistica e professionale – a far esistere il teatro o, meglio, il suo essere necessario. Non mi sembra che si sia mai verificata – o, quanto meno, mai così diffusamente e così a lungo – una condizione operativa in cui l’atto di mettere mano alla materia costitutiva e pre-formale d’una determinata arte abbia, già di per sé, comportato l’invenzione di orizzonti estetici, pragmatici ed etici, al cui interno essere, per così dire, l’artigiano del proprio spazio artistico. Eppure, questa condizione – direi – ‘eccezionale’ è da più decenni la normalità per molti artisti del nuovo teatro, che, essendo cresciuti in una civiltà teatrale deflagrata e molteplice, solcata da una pluralità di modelli, tecniche, tradizioni e possibilità, hanno finito per ricercare nella pratica del teatro una sorta di artigianalità primaria che – senza curarsi delle vecchie contrapposizioni fra la tradizione e il nuovo – ricomponesse l’identità e i progetti, le esperienze e il lavoro, la consapevolezza dell’io e il rapporto con l’altro. E, così facendo, hanno innestato movimenti biografici e creativi, che si avvalgono, fra l’altro, d’un pensiero al contempo dialettico e poetico – perché aperto alle istanze dell’intuizione – , fabbrile e labile – perché del tutto refrattario a tradursi in regole e in principi, in norme del teatrale.

È, questo pensiero, il ‘sommerso’ sul quale vediamo emergere i ‘salvati’ delle ultime generazioni di teatranti.

Il nostro incontro di oggi risponde anche all’intento di raccogliere documenti e idee utili alla sua individuazione e approfondimento. Per predisporre un pertinente piano di discussione o, se si preferisce, un'angolazione percettiva che permetta di riconoscere svolte, scelte e valori, che, altrimenti, correrebbero il rischio di passare inavvertiti, Massimo Marino, Valeria Ottolenghi, Cristina Valenti ed io abbiamo proposto agli uomini di teatro che vedete qui riuniti di confrontarsi intorno alla nozione di "teatro popolare di ricerca".

A questo tema avevamo dedicato, sempre qui, a Rubiera, un incontro più ristretto ed esplorativo, durante il quale avevamo appurato di condividere alcune idee sugli sviluppi recenti del nuovo teatro. E cioè, di ritenere 1) che, nel corso degli ultimi anni, diversi e significativi percorsi della ricerca erano di fatto sfociati in esiti suscettibili d’una fruizione popolare; 2) che tale fruizione non corrispondeva a una volontà programmatica di successo, ma a qualità intrinseche alla ricerca stessa; 3) che l’epoca delle avanguardie era definitivamente tramontata; 4) che, in seguito a ciò, il riproporsi del nuovo presentava modalità di genesi e sviluppo del tutto originali e ancora da esplorare. Di qui la decisione di rilanciare la nozione di "teatro popolare di ricerca" facendone una piattaforma di confronto e, magari, in prospettiva, un vivaio di idee e informazione.

Altre osservazioni fatte in occasione di quel primo incontro si possono qui leggere nei materiali messi a disposizione del pubblico. Va però detto che non si tratta, almeno in questa fase della ricerca, che di riconoscimenti dell’accaduto variamente corredati da ipotesi circa le loro cause ed effetti. L’arricchimento culturale di cui può farsi portatrice la nozione di "teatro popolare di ricerca" consiste nella sua capacità di suscitare riletture critiche, discussioni e, anche, autobiografie d’artista, e, quindi, incomincia a delinearsi a partire da quest’oggi. Saranno gli interventi dei nostri ospiti a riempirla di contenuti, dimostrandone o meno le capacità di sollecitazione e il valore di ipotesi.


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