Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna EDITORIALE

EDITORIALE

"PROVE" PER IL 2000

 

Nel 2000 "Prove di drammaturgia" compirà sei anni, un’età cruciale per i bambini e, addirittura, adulta per i periodici di cultura teatrale cresciuti in tempi di riformulazione, come il nostro, in cui è emersa una nuova generazione di teatranti; si sono indebolite le resistenze che hanno a lungo trattenuto ai margini gli artisti venuti dalla ricerca ; con il Nobel a Fo è stata riconosciuta l’esistenza di una letteratura che si genera nella voce e nel corpo dell’attore; il teatro dei narratori (Baliani, Curino, Paolini) ha fatto sfociare in eventi pubblici di grande impatto civile la ricerca d’una comunicatività immediata e popolare; e la pratica della scena, quasi del tutto emarginata dai modelli comportamentali di massa, ha preso la sua rivincita riemergendo nel sociale come necessario strumento pedagogico e glutine relazionale.

Abbiamo selezionato questi dati perché dimostrano che, anche con limitati supporti di spinte ideologiche ordinatrici, le azioni dei teatranti hanno continuato a modificare le strutture operative e culturali del teatro sollecitando l’elaborazione di nuovi modi di approccio e intervento intellettuale. Nel nostro secondo editoriale (n. 1\1996) ci rivolgevamo ai teatranti invitandoli ad assestare un sistema di dati e conoscenze che consentisse di conservare, assieme alla memoria dei fatti, anche un’adeguata testimonianza delle dinamiche etiche, poetiche e pragmatiche in essi incorporate; ma ora ci sembra che si possa andare oltre la misura dei numeri monografici per far luogo all’individuazione delle correnti di ulteriore cultura che stanno maturando nel mondo del teatro. Dunque, ciò che ci porta ad avviare questa seconda fase delle nostre "Prove" non è la convinzione che la precedente si sia conclusa con il superamento dei suoi obiettivi (che restano attuali), ma il simultaneo prodursi, in artisti e contesti distanti, di grumi di esperienze e di pensiero che attendono riconoscimenti più diretti e problematici perché possano eventualmente convertirsi in concetti rappresentativi e condivisi, motu proprio.

Il teatro, più di altre arti, sembra essere sgusciato fuori dalla Storia - che è fatta di superamenti vissuti come necessari - per approdare ad una democratica coabitazione di diversità. Tuttavia, mai come in questi anni, la memoria dei percorsi formativi e di quanto questi trasmettono delle tradizioni novecentesche, è stata per i teatranti una base di riconoscimento fondante e irrinunciabile. Negli anni ’60 e ’70 l’identità del nuovo si costruiva per opposizione e superamento. Mentre negli anni ’80, come osservavamo presentando il primo numero della rivista (n. 1-2\1995), il particolare tipo di teatrante che si era andato configurando per bisogni di cultura aveva "abbracciato senza limiti e preclusioni di sorta tutte le possibilità del teatrale". Ora, per quanto possiamo vedere dall’ultimo scorcio degli anni ’90, l’identità del nuovo viene a coincidere con la consapevolezza che i singoli teatranti hanno di se stessi. Il che, da un lato, può suscitare una diffuso (e letale) clima di auto-referenzialità ma, dall’altro, tende a fare di ogni artista e aggregazione un centro propulsivo, che può certamente implodere, ma anche rapportarsi a tutto campo con i problemi e le necessità del teatro, come dimostrano – per non fare che qualche esempio - le iniziative sul territorio del Piccolo Parallelo a Romanengo, gli innesti spettacolari di Scena Verticale a Castrovillari, il progetto Crisalidi a Bertinoro e, in genere, l’ultima leva teatrale anticonformista attiva in Romagna o altrove.

E’ precisamente a questa ricchezza culturale, che moltiplica gli interlocutori e si esprime per processi organizzativi e artistici d’ampio respiro, che riferiremo le nostre strategie immediate intraprendendo un’attività di mediazione intellettuale nel teatro – quasi di sponda fra l’uno e l’altro teatrante – che possa favorire inattese prospettive, di cui il Nuovo teatro è certo ancora virtuale portatore.

Per questo, "Prove di drammaturgia", pur continuando a svolgere indagini per dossier e monografie, si aprirà da questo numero anche a collaborazioni e programmi esterni che le consentano di intrecciare sulle sue pagine più punti di vista, più voci, più realtà e tradizioni. Non si tratta, per noi, di adottare un’ottica genericamente informativa o di aprire ventagli di sempre nuovi argomenti, ma di pubblicare e organizzare dibattiti in progress e di riprendere le proposte di riflessione che nascono all’interno dei festival o dei singoli gruppi, di modo che il lettore si trovi coinvolto in una continuità di rapporti e, dall’altra parte della pagina, i redattori e i collaboratori della rivista abbiano il tempo e il modo di ricavare dai loro rapporti reciproci proposte e contenuti ulteriori.

Di per sé, poi, il numero chiarisce con esempi concreti i nostri intenti e programmi.

Nell’ampio saggio d’apertura, Pier Giorgio Nosari, un critico e intellettuale militante delle attuali trasformazioni del teatro, rintraccia le origini del "pluralismo" degli anni ’90 offrendo una visione consuntiva del fenomeno. A questa parte introduttiva e di contesto segue, con intenti dimostrativi e documentari, un primo piano di Lenz Rifranzioni. Altre monografie, a cura dello stesso Nosari, attente come questa agli svolgimenti materiali del lavoro artistico, appariranno sui prossimi numeri secondo un piano di ricerca che viene qui successivamente esposto (v. il cap. Percorsi, p. 7). Con questa iniziativa "Prove di drammaturgia" intende contribuire alla definizione di un ambito problematico del nuovo teatro, che è rimasto in ombra perché la principale attenzione dei critici e dell’opinione teatrologica ha teso a privilegiare l’attività dei fondatori e le novità degli ultimi gruppi, cose ambedue essenziali, ma anche debitrici della forza di continuità e d’approfondimento espressa dagli artisti e dalle formazioni teatrali rivelatesi lungo gli anni ’80.

Poi, l’intervista a Franco Scaldati (A Sud del teatro) raccorda il primo piano su Lenz Rifrazioni, che si conclude sulla comune sfida di Ur-Hamlet, al dossier sul Patrimonio Sud che raccoglie gli interventi tenuti durante l’omonimo incontro organizzato dal Cada Die di Cagliari. In questo contesto si è riproposta il tema del "teatro popolare di ricerca"; argomento che si è poi articolato in vari convegni coinvolgendo fra gli altri, nella sessione svoltasi presso il Teatro di Rubiera (30 maggio 1999) e promossa dalla Corte Ospitale e dall’Associazione Nazionale Critici, Marco Martinelli, Gabriele Vacis, Marco Baliani e Pippo Delbono. Ma a quest’ultima iniziativa dedicheremo il numero di dicembre di "Prove di drammaturgia" continuando in tal modo a declinare, attraverso la molteplicità degli apporti, problematiche di generale interesse: "pluralismo", "popolare", "ricerca"…

Il numero si conclude con un dossier a quattro mani sulle attività teatrali tenute a Stoccolma nel 1998, anno in cui questa città (come fra poco lo sarà Bologna) è stata capitale della cultura europea. La presenza del teatro svedese non è qui occasionale o transitoria, ma si inquadra in un rapporto di collaborazione e scambi con il periodico teatrale "Visslingar och Rop" (Fischi e grida). Sia noi che i redattori di "Visslingar och Rop" facciamo riferimento ai Dipartimenti di Spettacolo delle rispettive università, e ci preoccupiamo di trasmettere col nostro lavoro non solo i fatti del teatro, ma le sue dinamiche interne, il suo respiro. Da questa vicinanza, che abbiamo potuto riconoscere e approfondire a seguito del dossier dedicato al teatro multietnico di Vanda Monaco Westerstahl (v. il n. 1-2\1995), è nata l’idea di stabilire un canale informativo fra le due riviste perché l’una si faccia finestra aperta sul mondo teatrale dell’altra. Un’altra finestra – grazie alla collaborazione con Ilona Fried, italianista e studiosa di teatro - si aprirà sulle produzioni drammatiche e le proposte spettacolari di Budapest.

 

Claudio Meldolesi Gerardo Guccini

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