Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna ROMPERE IL VASO

MEMORIA E MEMORIE

Presentazione di Claudio Meldolesi e Gerardo Guccini

 

Lo storico dello spettacolo, a differenza del teatrante puro, fatica a cambiare i propri mezzi. é vincolato alla scrittura da talmente tante ragioni da confondersi con essa. Pensa titoli, note, capitoli, articoli, libri, e le frasi si enucleano in lui in forma scritta. Per gli artisti le cose vanno assai diversamente. Il drammaturgo abbandona il testo facendosi regista o attore, e non per questo cessa di comporre drammi. L'attore narra storie che poi scrive vendendone migliaia di copie. Il teatro consente loro di spostarsi portandosi dietro tutt'intero il proprio bagaglio di tecniche, capacitą, esperienze. Anzi, trattandosi di teatro, č il bagaglio stesso ad essere spesso semovente, a fungere da traino.
Per lo studioso non č cosģ; talvolta, certo, scrive testi, drammatici o narrativi, capita: ma sempre di scrittura si tratta. Eppure, se fossimo coraggiosi fino in fondo, se, dopo aver tanto tuonato contro l'accademia, facessimo infine scoccare il fulmine, vedremmo alla sua chiara luce che la scrittura non č che il mezzo e, quasi, l'occasionale sostegno d'uno specifico pił vario e vago. Uno specifico che, per lo storico dello spettacolo, č produzione di memoria: la memoria dei teatranti e delle loro opere, del passato come del presente.
Dovremmo essere inventori di segni eloquenti, comporre geroglifici vitali. Invece scriviamo e, nel plurale ristretto che comprende noi di "Prove di drammaturgia", facciamo scrivere.
Questo numero abita il confine fra il mezzo - la scrittura - e lo specifico - la memoria.
Abbiamo riunito generi e modi espositivi che la suscitano in diverse prospettive.
C'č la Ōpoesia di testimonianza' di Antonio Costa: memoria di un'impressione (su Cieslak), che suscita altre impressioni in chi legge (come testimonia il brano di Giuliano Scabia) e assieme a queste puntella la trabeatura dei fatti.
C'č il riandare di Dacia Maraini alla sua intima e vasta storia di teatrante, che viene riconsiderata, sotto la spinta delle domande del pubblico. E, ad introdurre il brano (trascrizione di due incontri tenuti presso il CIMES), c'č la ricostruzione storica di Laura Mariani.
C'č, poi, come si dice nella Lettera di accompagnamento, il Ōpanorama di testimonianze' che Paolo Ruffini ricava dai documenti e dai dibattiti dei nuovi gruppi testimoniando a sua volta che questo 'nuovo' non č solo un emergere di novitą, ma il manifestarsi di culture sommerse e personali, che hanno bisogno di tempo per respirare e vivere.
George Banu, con un gesto sul quale abbiamo modellato il nostro, apre il suo libro su Cieslak (Ryszard Cieslak, acteur-emblčme des annčes soixante. Ouvrages collectif rčalisč sous la direction de Georges Banu, ACTES SUD, 1992) estraendo dal chiacchiericcio dei teatri una frase angosciante: "Cieslak, connais pas!". "Cieslak, mai sentito!".
Per contrastare la dimenticanza - che č, in essenza, una morte reversibile - gli studi hanno bisogno di tutti i mezzi che costruiscano memoria: debbono farsi poesia, testimonianza, ricordo e figura.
Questo numero non č ancora un passo in tal senso, non siamo cosģ ambiziosi, ma di certo č un gesto, per chi lo vuole intendere, e un tentativo di contribuire alla memoria attiva del passato recente. Da questo punto di vista c'č continuitą culturale fra chi ha prodotto azioni memorabili e chi, scrivendone, cerca di tenerle in vita, andando controcorrente anche lui rispetto alla societą degli sprechi che ci accerchia.

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