Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Il DRAMATURG

Il DRAMATURG

di Max Herrmann-Neisse

 

Un dramaturg è stato finora nell'attività teatrale perlopiù ciò che in una casa editrice è il lettore: un letterato magari fuoriuscito dall'ambito degli studi giuridici, che si azzarda a misurare il proprio titolo accademico sulla bilancia del teatro. Lì si diventa un pezzo dell'edificio teatrale sognando di possedere le primedonne; I'evoluzione della letteratura non la si conosce, fa parte della buona reputazione del letterato l'aver letto poco, ma ci si affida al proprio intuito, ci si aggira nei caffé dandosi un sacco di arie, portando sottobraccio plichi di manoscritti altrui finché non si è legittimati dalla messinscena d'una propria produzione teatrale più o meno riuscita.
Oppure si tratta di uno specialista che, giunto per vari motivi nel campo dell'arte drammatica e che familiarizzatosi con la sua storia, proietta i propri punti di vista storici sulla pratica dell'attività teatrale. Esamina così ogni singolo pezzo con scrupolo scientifico e censura secondo i parametri dei suoi seminari universitari di letteratura comparata: operazioni ambedue estranee al teatro, anche se la seconda comporta almeno un certo orientamento fondamentale.

Sarebbe poi da citare una terza schiera, originata dall'interno del teatro. È composta da chi comincia come attore e - per qualche motivo - deve rinunciare rimanendo però nell'ambiente come una sorta di segretario teatrale: controlla le possibilità di successo ed incasso delle nuove produzioni e considera il suo lavoro un proseguimento, sotto forma diversa, della sua carriera originaria. Ma neppure lui presenta la multipolarità che appartiene al ruolo del dramaturg. Il dramaturg, in verità, deve essere un letterato che sa agire anche da storico e un uomo esperto di teatro - e molto più ancora!

Nell'ottica delle tre varietà sopra enunciate, con i loro limiti di specializzazione, il dramaturg è una specie di impiegato addetto alla riproduzione, una specie di soggetto di seconda mano, privo di risorse creative. Mentre, così come l'attore non è solo mediatore ma anche creatore del suo lavoro teatrale, anche il dramaturg, se non è costretto in un mansionario solo specialistico può diventare un vero e proprio artista con le sue risorse e materie. Ogni creatore, in primo luogo, deve conoscere la 'materia' con cui vuole creare, e deve conoscerla con amore. I1 poeta deve conoscere ed amare la lingua, ma non essere necessariamente un linguista. Allo stesso modo un dramaturg non sarà necessariamente un "uomo di teatro", ma deve avere il teatro nel sangue e considerarlo con devozione, in modo da individuare di volta in volta le sue esigenze. E, almeno preliminarmente, deve aver studiato come si sono storicamente costituite le tendenze dell'arte teatrale per poter attingere ad esse in ogni istante. Non solo, il dramaturg dovrebbe andare oltre l'attitudine della germanistica a registrare i fatti culturali, e non dovrebbe valutare le nuove produzioni secondo norme stabilite con logica causale. Dovrebbe fecondare con istinto critico una storia in movimento, invece di sottomettersi con spirito erudito a storie pietrificate. Deve perciò acquisire l'intuizione del letterato per individuare le forme di ulteriore rappresentatività dei testi drammatici, senza seguire e sfruttare le mode del momento, ma piuttosto lasciando riecheggiare, anche attraverso il suo cuore, le aspirazioni profonde della sua generazione. Voglio dire: non c'è bisogno che sia un letterato, ma sarebbe meraviglioso se potesse essere un poeta. Oltre a ciò il dramaturg deve avere la capacità d'immaginazione del buon regista, che sa seguire mentalmente, come accade nella visione d'un fatto tragico, un vitale processo di mosse e contromosse. Deve avere tratti comuni col musicista, che percepisce dalla musicalità d'un testo teatrale la sua forza magica; deve possedere nozioni di psicologia, in modo tale da poter intuire per tempo chi e in quale modo verrà coinvolto da questo e da quell'altro gioco scenico. Un uomo che riesca a mantenere tutte queste conoscenze in uno stato di costante fluidità, che preveda il decorso delle temperature drammatiche dalla reazione dei propri nervi, che colga nei drammi più qualità di quante non ne siano rilevabili filologicamente, dovrebbe, a questo punto, con le sue consapevolezze, emozioni, inclinazioni, diventare un creatore attivo, e cioè un artista che incide positivamente sul processo teatrale evitando di assistere con compiacimento alle sue fasi anteriori. Che cosa crea? Prepara il terreno per l'attore; trova e predispone la 'materia' su cui il teatro eserciterà le proprie energie. Il suo lavoro dipende quindi dai teatri e dagli attori con cui ha a che fare.

Finora il dramaturg è stato quasi sempre un impiegato di quel teatro istituzionalizzato e commerciale, che si arricchisce con i divertimenti e le allusioni erotiche, e fa rare visite alla cosiddetta arte seria, trattandola come un obbligo fastidioso o trasformandola in sensazionali attrazioni visive.

Questo dramaturg ha a che fare con dei sedicenti commedianti che, specializzando le facoltà dei loro organi vocali, dei loro muscoli facciali e persino della loro intelligenza, costituiscono una particolare specie di 'bottegai borghesi' che si distingue dalle altre soltanto per la maggiore vanità. Anche le istituzioni teatrali e gli uomini di teatro fanno parte di questa "cultura" ingannevole e presuntuosa, che copre l'avidità con comportamenti di facciata, che glorifica un inesistente "fine superiore" utilizzando senza scrupoli abilità puramente meccaniche e commerciali, che inganna l'intelligenza accampando una sapienza pretestuosa e fraudolenta. Una sapienza che poggia su ingiustizie indurite dall'abitudine e assume con naturalezza, non appensa gli sembri utile, anche la cosa più ignobile. In una "cultura" simile trova posto tutto, anche chi la critica, avversa, nega. Solo una cosa non vi viene mai utilizzata, una cosa che non può venire trasformata in guadagno e volta a fini egoistici: l'essenziale! Dove la purezza regna al posto del mercato, la semplicità a quello della nervosa fretta quotidiana e la pienezza interiore riempie ogni parte dell'individuo, non c'è frenesia di produrre, ma un agire creativo e fruttuoso che si sviluppa con calma e porta con se la propria benedizione. Questi valori recano l'esigenza d'un teatro essenziale, che non sia effetto di cause esterne che non esista per la semplice ragione che c'era già in passato e ormai è inevitabile, ma che viva ed esista in risposta a bisogni esistenziali e interni. Il teatro essenziale non è un teatro che ambiziosi manager possano imporre alla gente come un lusso necessario o un'inevitabile prova di cultura, ma è un teatro necessario alla vita, che cresce a misura dei bisogni e della ricettività delle persone. È un teatro che nell'oceano di energie dell'esistenza ha una volontà molto precisa e si distingue quindi dai teatri mediocri che contengono il vuoto, accolgono e rilasciano tutto con la medesima indifferenza e trattano gli argomenti più contrastanti senza far proprio nessun punto di vista, nemmeno il più moderato. Invece dei teatri dello scetticismo, tipico delle gestioni commerciali e senza scrupoli, avremo un teatro del 'credo'. Invece di un teatro di sconfinata estensione e dall'elasticità paragonabile a quella del caucciù, di un teatro insomma che prolunga le antenne in avanti e poi, un attimo dopo, le ritrae restando immobile come se niente fosse accaduto, avremo un teatro dell'intensità. Questo teatro vivrà intensamente ciò che affronta, e si svilupperà con energia e dedizione verso tutti gli obiettivi che gli faranno intravedere una possibilità d'adempimento.

Nella trasformazione dei nostri teatri in palcoscenici essenziali, il dramaturg svolgerà un ruolo importante. I teatri essenziali non costituiranno dei luoghi di culto isolati o gli oggetti d'una masturbazione estetica, ma verranno incorporati dall'etica che promuove il progresso umano; per questa ragione, il loro valore artistico si accompagnerà a un valore etico, e, pur non divenendo luoghi di prediche o tendenze moralizzanti, presenteranno un'operatività penetrata dal senso della collettività.

Il teatro essenziale si articolerà in modi diversi a seconda dei contesti. In ogni caso, però, il dramaturg dovrà svolgere, come il suo ruolo richiede, un'attività artistica motivata eticamente. Il teatro più utile dovrebbe essere quello che si svolge in condizioni spaziali umili e consuete, dove il mutuo rapporto educa al sentimento della collettività, e le capacità espressive dell'intero apparato teatrale possono affinarsi in ogni minimo dettaglio e articolazione. Il dramaturg, per favorire questo processo, deve far sì che la propria arte poetica nasca dalla passione per la qualità. Le scene delle idee, le tribune che comunicano un modo di pensare, difendono scrupolosamente l'elemento etico e portano l'attenzione sullo spirito e su ciò che lo trasmette: la parola. È il loro compito. Ma, anche se si autolimitano consapevolmente rinunciando alla sensuale magia delle quinte, dovrebbero ugualmente confrontarsi con i teatri che gestiscono le seduzioni della ribalta, dove occorre tenere conto dei bisogni economici ed esiste, quindi, la concreta necessità di imporre certe opere facendo leva sulla forza di attrazione della dialettica o sul potere dell'insegnamento morale. Il loro dramaturg deve capire da quale opera è possibile trarre una rappresentazione ridotta all'essenziale e deve saper calcolare gli effetti della divulgazione scenica. Personalmente, ritengo che questi teatri non sarebbero più necessari se raggiungessero il loro scopo - che è quello di rendere di nuovo ricettive le orecchie e gli animi - e anche se, d'altra parte, venisse sospeso il trattamento da Cenerentola che molte organizzazioni riservano loro. Facendosi più irrispettosa, impegnata e attiva, la scena delle idee diventa un teatro di battaglia: teatro che, inserito nelle strategie delle lotte politiche, sarà aggressivo e senza pretesti. Questa scena non ingaggerà battaglia per il gusto di combattere, ma si schiererà a ragion veduta, in tutta onestà. Ed esiste soltanto un modo di schierarsi decorosamente: quello a favore degli oppressi. Un dramaturg da battaglia deve essere un po' un agitatore e un po' un politico, non per questo aderirà ad una poetica piuttosto che a un'altra per via dell'ideologia che vi si manifesta; vi aderirà solo qualora l'ideologia che condivide faccia organicamente parte del fatto poetico. E nemmeno queste scene saranno più necessarie quando tutti i teatri saranno finalmente purificati e potranno contribuire all'emancipazione degli oppressi, all'avvento della libertà, alla proclamazione della salvezza umana.

Infine, si costruiscono teatri per le grandi masse, sale per il teatro popolare, arene per la folla: non mi pare possano diventare teatri essenziali perché in essi, come è ovvio, lo spirito e lo spettacolo tendono a dissolversi e a involgarirsi. Comprimere grandi masse in un unico luogo enorme, non è consigliabile né utile se queste moltitudini non presentano relazioni a nessun livello del sentire comune: nessuna relazione religiosa, politica o sociale. Per quanto riguarda i prezzi modici, questi si possono praticare anche nei teatri consueti: basta che la direzione non pretenda di riscuotere sempre incassi soddisfacenti o quasi. E, infine, se le masse, distribuite a piccoli gruppi in tempi e spazi diversi, vengono fatte partecipare a serate di vero teatro ne trarranno più giovamento che non dal mangime distribuito, come in enormi allevamenti. da grossolane e colossali montature.

Ciò premesso, compito del dramaturg è compilare un repertorio che arricchisca i teatri con le opere essenziali della produzione drammaturgica passata e presente. Se me lo si consente, stilerò una lista indicativa che ognuno potrà variare a seconda delle sue particolari esigenze. Per le serate riservate a un pubblico scelto: Lenz, Der Hofmeister (Il portinaio); Holderin, Der Tod des Empedokles (La morte di Empedocle); Hofmannsthal, Der Abenteuerer und die Sangerin (L'avventuriero e la cantante); Maeterlinck, L'lntruso, I ciechi; Przybyszewsky, Snieg (La neve), Sluby (La promessa nuziale), Goscie (Gli ospiti); Strindberg, Kammerspiele; Gerhart Hauptmann, Friedensfest (La festa delle pace), Schluck und Jau, Griselda, Elga; Wedekind, Der Liebenstrank (Il filtro d'amore), Die Zensur (La censura), Totentanz (Danza macabra), Schloss Wetterstein (Castel Wetterstein); Carl Hauptman, Gaukler, Tod und Juwelier; Claudel, Crisi meridiana; Lasker-Schuler, Die Wupper, Sternheim, DieKassette (La cassetta), Der Snob, 1 91 ,;Heirich Mann, Schauspielerin (L'attrice); Shaw, Candida; Barlach; Kokoschka. Per gli spettacoli destinati a un pubblico più vasto: Gogol, IlRevisore; Hebbel, Maria Magdalena; Anzegruber, Gewissenswurm (La coscienza sporca), Die Kreuzelschreiber (Gli scrittori di crocette); Nestroy, Lumpazivagabundus; Niebergall, Datterich; Buchner, Woyzeck; Ibsen, Un nemico del popolo, Brandt; Schlaf, Meister Oelze; Gerhart Hauptmann, Florian Geyer, Rother Hahn (Il gallo rosso), Biberpelz (Pelliccia di castoro), Die Ratten (I ratti); Wedekind, Musik, Marquis von Keith; Carl Hauptmann, LangeJule (La lunga Jule); Heinrich Mann, Madame Legros.

Dove già esiste una sorta di circo-teatro si potrebbero rappresentare pantomime (ad esempio, di Wedekind), Tanzspiele o pezzi popolari, come certi drammi di Carl Hauptmann. Il dramaturg sosterrà il rinnovamento della scena; parteciperà all'affermazione di nuove forme recitative e spettacolari stimola ~do, suggerendo, trasmettendo le acquisizioni recenti degli attori e dei registi, accordando le sue proposte spettacolari alle esigenze dell'evoluzione poetica. Il dramaturg, cooperando al processo teatrale, dovrebbe assumersi il compito di sorvegliare affinché lo stile della rappresentazione non venga arbitrariamente deciso dall'attore. Il teatro non deve sottomettersi a imposizioni, ma rimanere, per quanto è possibile, puro e fedele alla propria natura. È quindi pericoloso che l'attore imponga il suo stile all'opera poetica (stile che spesso scaturisce dal capriccio o dall'incapacità). Il dramma, già di per se, presenta uno stile di cui l'attore deve trovare il corrispondente nei propri mezzi artistici. Compito del dramaturg è vegliare sopra questo libero gioco di forze applicando le proprie conoscenze sull'opera poetica e il comportamento individuale dell'attore. Il dramaturg dovrebbe stabilire un rapporto di confidenza artistica con gli attori del suo ensemble, in modo da poter distribuire senza esitazioni le parti delle opere scelte; dovrebbe partecipare con passione e lucidità al graduale sviluppo del lavoro collettivo, al delinearsi e all'esplodere delle possibilità personali. Il dramaturg deve saper parlare dei testi in modo tale da consentire ad ogni attore di coglierli in relazione alle sue particolari facoltà di apprendimento, intuihve o intellettuali. Se è anche un regista, bene. Se non lo è, deve presentare al regista i materiali già trattati cosicché questi sappia dove e come agganciare la propria attività.

Se al teatro è abbinata una scuola di recitazione, il dramaturg avrà la possibilità di influire sul piano di studi, inserendovi, sulla base delle esperienze di cui abbiamo parlato, ciò che gli sembra più necessario e utile; dovrà inoltre mostrare agli allievi che la storia del dramma è qualcosa di perennemente vivo, e far sì che questi si sentano coinvolti nel suo flusso come parti in causa.

È da queste pratiche di collaborazione intellettuale che il dramaturg trarrà quel gruppo di amici, di compagni-attori, che più tardi lo aiuterà a realizzare le aspirazioni comuni nel modo più fruttuoso. Il dramaturg non considererà mai finito il lavoro su un testo che è riuscito a far accettare: i suoi consigli, compenetrandosi in lui, accompagneranno il processo spettacolare fino alla messa in scena. Cosa, questa, che nel corso delle repliche gli consentirà di ricordare agli attori le sfumature e i miglioramenti precedentemente acquisiti. Il dramaturg non proverrà più dall'esterno né sarà più un decorativo aiutante con represse tendenze dittatoriali, ma al pari degli altri artisti e avendo i loro stessi doveri si dedicherà al teatro con appassionata dedizione. La cosa più importante è però questa: creerà per amore, con un atto che oltrepassa ogni competenza specifica. Il dramaturg ami dunque il teatro nel senso più serio e responsabile della parola e non lo ami 'così così' con gli effetti collaterali che ciò comporta. L'ispirazione e il senso del dovere dovrebbero diventare in lui tutt'uno, così come anche la fantasia e la precisione. Il teatro sarà il suo modo di vivere. Per finire, il dramaturg essenziale incarnerà la coscienza del teatro essenziale.

Nota al testo. La volontà di ridefinire e rinnovare che anima Il dramaturg di Max Herrmann-Neisse caratterizza anche gli altri saggi presenti nella raccolta curata da Hugo Zehder: La nuova scena. Un'esigenza (Die neue buhne. Eine forderung), Dresda, Rudolf Kaemmerer, 1920. Si tratta d'una sorta di manifesto a più voci che proietta sguardi programmatici su tutte le funzioni teatrali. Particolarmente nutrito il gruppo degli scritti sull'attore (Hermann Kasack, L'attore; Friedrich Sieburg, L'attore borghese e il suo percorso; Rudolf Leonhardt, L'attore e il teatro proletario), ma non mancano contributi sul regista (Berthold Viertel, Dal punto di vista del regista), sul pubblico (Alfred Gunther, 11 pubblico), sulla critica (Kurt Pinthus, Magia del teatro e critica teatrale) e di taglio problematico (Hugo Zehder, Osservazioni sulla situazione (invece di un'introduzione); Ludwig Berger, Presupposti per un teatro popolare; Robert Muller, La rinascita del teatro dallo spirito della commedia). Un'analisi storica imporrebbe di inquadrare 11 dramaturg nella corrente della Theaterwissenschaft, che ha influenzato gli studi sul teatro istituendo la divisione fra letteratura drammatica (Drama) e spettacolo (Theater). Con questa breve nota, preferisco però segnalare all'attenzione del lettore che il ruolo teatrale riformulato da Hermann Neisse non è stato ripreso a un livello istituzionale - e cioé, non ha modificato il mestiere che gli preesisteva -, mentre, dall'altra parte, individua al proprio interno e al di fuori di nessi causali e processi evolutivi quegli orizzonti di sensibilità e cultura, che hanno poi accompagnato l'apparire del dramaturg nei contesti della sperimentazione e della ricerca. Laddove era radicato e presente in

quanto professione (in Austria e in Germania), il dramaturg ha conservato in larga parte quella funzionalità opaca e impiegatizia che gli rimprovera Hermann Neisse; dove è 'nato' da un diverso sostrato teatrale, ha invece dispiegato la tendenza a preservare e a innervare di senso le rete dei rapporti implicati dal processo produttivo. L'articolo di Hermann Neisse fornisce un'occasione per riflettere sulle necessità della nostra drammaturgia che, di fronte a registi e a attori portatori di un'evoluzione complessa dei linguaggi teatrali, risulta spesso inadeguata e rischia l'esclusione dalla creatività teatrale. Oggi, per noi, intraprendere un'attività di dramaturg significa concedersi la libertà di ridefinire di volta in volta il proprio ruolo; di agire in una zona fluttuante fra testo e scena; di fare dei materiali verbali e della parola un'evento poetico in divenire e, soprattutto, 'aperto'. Significa avere nella propria carne un po' del sangue della regìa e un po' dei muscoli dell'attore, pensare al teatro come a un fatto complesso e senza separazioni. Significa profilarsi dei confini per separarsi da ciò che ci vorrebbe separati dal teatro e dal suo essere un'esperienza viva, autentica, necessaria. E ciò non è forse per l'appunto quanto intende Hermann Neisse quando, con altro stile, scrive che il "dramaturg essenziale incarnerà la coscienza del teatro essenziale"?

Questa nota ricava i suoi argomenti dalle mie esperienze di dramaturg e dalle voci di amici e Maestri. Voglio quindi ricordare Michaela Dellago del Munchner Volkstheater, Il dramaturg Jan Mark e la regista italo svedese Vanda Monaco Westerstahl.

Eleonora Fumagalli

(trad. di Stefen Degasperi e Eleonora Fumagalli)


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