Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna 1991-1994

1991-1994. QUATTRO LABORATORI

AL D.A.M.S. E AL C.I.M.E.S.

di Vanda Monaco Westerstahl

 

Il fine principale dei laboratori che ho tenuto presso l'Università di Bologna fra il 1991 e il 1994, è stato quello di far compiere agli allievi una esperienza in forma di esercitazione intorno alle possibilità che si aprono quando un testo viene sollevato dalla pagina e portato a vivere nello spazio. 1 laboratori hanno dunque posto gli allievi in rapporto al movimento e al suono mantenendo fermo l'ancoraggio al testo.

In nessun caso ho presentato preliminarmente l'ipotesi di lettura dalla quale in qualche modo partivo preferendo che fossero gli allievi stessi a scoprirla e a modificarla gradualmente nel corso del laboratorio, che si è aperto con una lettura collettiva nella quale sono stati esposti i criteri di intervento sul testo, e cioè, la necessità di prosciugarlo per rafforzare le zone dell'implicito (a mio giudizio fondamentali per creare tensione scenica), la natura ritmica di alcuni tagli, volti a modificare i tempi della scrittura drammaturgica, e quello retorico di altri, che evidenziano invece le analogie e le tensioni metaforiche. La mancata presentazione dell'ipotesi di partenza rispondeva anche allo scopo di non fornire agli allievi una griglia interpretativa, nella quale, con tutta probabilità, avrebbero poi cercato sicurezze, sostegni e lumi per risolvere le difficoltà che nascono allorché una linea drammaturgica si condensa e al tempo stesso si apre nel farsi evento scenico. Gli allievi, in altri termini, sono stati sollecitati a riconoscere il fatto che un testo schiude veramente le proprie valenze drammatiche e teatrali solo nel momento in cui lo si mette in movimento nello spazio. In questo modo, si è consentito loro di scoprire una o più interpretazioni possibili strettamente intrecciate al procedere del lavoro teatrale.

Conformemente a questa impostazione, ho cercato di evitare che gli allievi lavorassero al testo mettendo in moto unicamente facoltà analitiche, critiche e di riflessione. Al contrario, il mio obiettivo principale è stato quello di stimolare le facoltà intuitive, i processi di associazione, le diverse energie di ognuno, evidenziando così che la preparazione e la comprensione di un testo nella prospettiva del lavoro teatrale richiede una complessa dinamica intellettuale ed emotiva e che la costruzione dell'evento a partire dal testo è un processo lungo e complesso.

Dopo la lettura collettiva, i laboratori hanno assunto la forma di prove teatrali condotte fino al livello di filaggi più o meno avanzati. Il che ha richiesto da parte degli allievi la partecipazione a una serie di esercizi vocali e di movimento costruiti intorno al testo scelto e non utilizzabili in quanto training teatrale in sé. Sono infatti convinta che non esistono esercizi passe~partout, ma che si possono formare delle costellazioni di esercizi atti a sviluppare complessi di energie e sinergie che partono da un determinato testo per poi ritornarvi. Ciascun laboratorio si è concluso con dei filaggí aperti. E ciò per varie ragioni. Nel mio lavoro teatrale la presenza dell'occhio che guarda è un presupposto già presente nella scelta del testo e fa sì che il laboratorio, in parte, si svolga anche in quanto costruzione del rapporto con l'osservatore esterno. Inoltre, l'incontro col pubblico faceva percepire all'allievo l'incompiutezza del lavoro svolto; la distanza che lo separava da uno spettacolo propriamente detto; il livello laboratoriale del proprio agire e, al contempo, la necessità di passare attraverso questa rozzezza prima di mettere mano all'opera conclusiva. Dopo ogni filaggio il gruppo si riuniva e faceva un attento esame del filaggio stesso individuandone i momenti deboli e gli eventuali punti di sviluppo che, però, non venivano ulteriormente ripresi poiché il laboratorio si concludeva allo stadio della rozzezza. Per queste esperienze ho scelto testi che potessero coinvolgere un numero abbastanza elevato di allievi. Alcuni studenti sono stati impegnati come interpreti dei personaggi, altri come assistenti alla regia, altri nella scelta delle musiche o come dramaturg. Ovviamente, ciascuna di queste linee di lavoro non si è sviluppata all'interno di se stessa, ma si è aperta a momenti di discussione e riflessione con tutti i partecipanti al laboratorio. Per meglio chiarire il lavoro svolto, presento ora una succinta scheda tecnica dei laboratori avvertendo il lettore che i primi tre sono stati seguiti dagli studenti del Dipartimento di Musica e Spettacolo, mentre il quarto, organizzato dal Centro Interfacoltà di Musica e Spettacolo di Bologna e dal Centro di Teatro Universitario di Ferrara, è stato aperto a giovani artisti e agli studenti di tutte le facoltà.

A sguardi incrociati. Aprile 1991. Durata del laboratorio: 10 giorni con una media

di sette ore di lavoro al giorno. Partecipanti: 20 studenti.

In questo caso, ho scritto io stessa il testo basandomi sul Libro di Giobbe. Il primo atto di A sguardi incrociati si svolge in un tempo arcaico, molto lontano, il secondo ai nostri giorni. Pur nella netta trasformazione degli stili drammaturgici e scenici gli allievi dovevano mantenere in vita certe dinamiche fondamentali dei personaggi e, nel secondo atto, mostrarle come in trasparenza. Ai filaggi aperti gli allievi, pur muovendosi nello spazio scenico, avevano il copione in mano e leggevano il testo.

Le Baccanti di Euripide. Febbraio-marzo 1992. Durata del laboratorio: due mesi con una media lavorativa di quattro ore al giorno. Partecipanti: 25 studenti.

Il laboratorio si è basato su una forte rielaborazione del testo di Euripide. Rielaborazione che ha evidenziato i processi di carattere analogico. Proiettando il testo nello spazio, si è cercato di evitare sia ogni imitazione dell'antico, sia ogni facile modernizzazione. Durante il laboratorio è stato possibile scoprire e utiliízare alcune capacità degli allievi. Per esempio, una delle partecipanti studiava canto lirico, fatto che ci ha consentito di costruire alcuni momenti dell'azione scenica delle tebane impazzite intorno a suoi interventi musicali. Un allievo, che studiava arti figurative, ha proposto i colori per i mantelli delle Baccanti e così via. Questa volta, gli allievi avevano imparato il testo a memoria. Vorrei però sottolineare che la memorizzazione delle parole è stata, più che un obiettivo, l'organica conseguenza del lavoro sul testo, lavoro più approfondito e sedimentato di quello che mi era stato possibile svolgere"su A sguardi incrociati.

I rifiuti, la città e la morte di R. W. Fassbinder. Aprile 1994. Durata del laboratorio: 25 giorni con una media di sette ore lavorative al giorno. Partecipanti: 33 studenti.

Il laboratorio si è concentrato sulla individuazione dei livelli poetici del testo e, quindi, sulla necessità di stilizzare con forza la sua proiezione scenica. Le trappole tese dal testo erano infinite (battute spinte, situazioni estreme, termini postribolari ecc.); molto spesso, però, la poesia implicata dal livello verbale veniva messa in luce dalle didascalie, davvero particolarissime, dello stesso Fassbinder. Una parte del lavoro è stata dunque dedicata al rapporto fra la poesia e i dialoghi. Inoltre, l'ambiente e i personaggi (prostitute, protettori, politici corrotti ecc.) portavano verso un realismo d'accatto e di basso folclore. Di qui l'impegno degli allievi per definire una stilizzazione forte senza per questo raggelare il testo.

1 training, ai quali sono state dedicate molte ore, da una parte conducevano verso questa stilizzazione, dall'altra mettevano in moto delle energie che dovevano restare una specie di patrimonio personale e rendersi, quindi, percepibili in quanto vibrazioni durante il delicato momento dell'esposizione all'occhio esterno.

1 laboratori tenuti presso il Dipartimento di Musica e Spettacolo hanno influenzato il mio lavoro di regista del Tensta TeaterEnsemble di Stoccolma. La messinscena delle Baccanti che ho fatto col Tensta nel 1993 ha le sue radici nel laboratorio del 1992. E il laboratorio su Fassbinder mi ha fatto riflettere sui modi con cui affrontrare scenicamente la drammaturgia delle situazioni estreme (Fassbinder, Berkoff, Norén). Drammaturgia che, forse, confluirà presto nelle messinscene del Tensta.

La stazione. Maggio 1994. Durata del laboratorio: cinque giorni con una media lavorativa di sei ore al giorno. Partecipanti: 16 studenti, ai quali, in questo caso, si sono uniti anche quattro attori del Tensta TeaterEnsemble e Sten Sandell il musicista del gruppo. Per questo laboratorio e, più generalmente per il lavoro áel Tensta TeaterEnsemble, le improvvisazioni di Sondell costituiscono un importante momento di formazione.

Qui basti ricordare che, non a caso, il lessico usato dalla compagnia è quello musicale. Parliamo infatti di 'accelerando', 'rallentando', 'piano', 'pianissimo', 'forte', 'mezzoforte', 1egato', 'staccato' e così via.

Il laboratorio non si è basato su un testo vero e proprio ma, a partire da una situazione data, ha definito attraverso esercizi e improvvisazioni, che reagivano agli interventi musicali di Sandell, una breve performance di circa venti minuti. Come ho già detto, non credo che esistano training di valore assoluto. Di conseguenza, anche in questo caso, siamo partiti da un nucleo drammaturgico già abbastanza strutturato (alcune persone attendono un treno che non arriva mai) al quale siamo via via ritornati precisandone il livello testuale.

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