Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna ATTORE E TESTO

ATTORE E TESTO

NEL NUOVO TEATRO SVEDESE

di Leif Zern *

 

 

Nel teatro svedese, i rapporti fra attore e testo non sono visti in chiave problematica. Si è infatti abituati a credere che la scala delle operazioni creative risponda ad una successione immodificabile e dettata dall'ordine stesso delle cose, dalla natura del teatro.

La riassumo in tre punti. Prima viene il testo, poi il regista che lo interpreta e, infine, I'attore che giunge al testo attraverso questa interpretazione e lo recita. Personalmente, ritengo che sia fuorviante pensare al testo come a qualcosa che precede comunque l'attore, poiché, in realtà, l'attore e il testo possono anche partecipare a uno stesso piano d'esistenza, come sta a dimostrarci tutta la grande drammaturgia, dove, improvvisamente, le parole illuminano la fenomenologia dell'attore mettendo così in primo piano quanto il testo stesso deve agli attori che l'hanno preceduto. Tuttavia, per descrivere una situazione generale, conviene riferirsi ai princìpi e ai valori che vi vengono comunemente praticati, salvo poi individuare e seguire quei fatti che si muovono in assonanza con le proprie convinzioni.

Nel quadro del teatro svedese, il dramaturg non svolge una funzione creativa autonoma, ma è un collaboratore del regista, e cioè, si occupa del testo, riducendolo, attualizzandolo, adattandolo alle esigenze dello spettacolo che ne viene tratto. Certo, ci sono anche delle eccezioni come Jan Mark che si è lasciato coinvolgere dal processo creativo del linguaggio teatrale, ma, di solito, il lavoro del dramaturg può essere paragonato a quello d'un redattore presso una casa editrice. Entrambi intervengono sul testo, il primo adattandolo allo spettacolo, il secondo alla pubblicazione.

A partire dagli anni '70, i registi hanno sentito sempre più spesso l'esigenza di scrivere loro stessi i testi da mettere in scena. Fatto che ha radicalizzato le funzioni di coadiutore e controllore proprie del dramaturg. Paradossalmente, però, questa tendenza ha portato a una grande sottovalutazione del testo.

Abbiamo infatti avuto una quantità di opere ricavate da romanzi il cui elemento genetico non era certo la ricerca di una forma drammatica in senso teatrale. Di qui, l'equiparazione della forma drammatica a una pura e semplice tecnica espositiva e, d'altra parte, la sopravvalutazione dell'intreccio rispetto al testo, alla forma drammatica finita.

La mancata percezione dello stadio originario e più ricco, dove testo e attore, anziché succedere l'uno all'altro, si intrecciano e illuminano scambievolmente, si riflette anche nella specializzazione del teatro, nel suo strutturarsi intorno a precise linee di mestiere.

Ogni linea ha il suo esperto e gli esperti, nell'insieme, non fanno che confermare l'esistente, sorvegliandone i princìpi e le strutture.

Il teatro, insomma, è diventato un mazzo di specializzazioni e rischia di perdere quel carattere di esperienza conoscitiva che gli deriva dall'essere un artigianato connesso ai centri più interni e sensibili dell'essere umano.

Credo che ora risulti con maggiore chiarezza perché la percezione che inquadra attore e testo in un unico stadio originario, e quella che li dispone lungo fasi operative distinte, implicano modi di essere del teatro completamente diversi. La seconda, infatti, legittima l'automia e l'assetto tecnicistico della regia, della scenografia, della composizione musicale, dei costumi e di tutti gli altri elementi che concorrono allo spettacolo; mentre la prima agisce affinché ogni aspetto nasca dall'altro, rendendo quindi impossibile lo stabilimento di separazioni e priorità.

Personalmente, non sono affatto contrario allo sviluppo e all'esercizio specialistico delle differenti artigianalità che compongono il teatro, ma mi oppongo con decisione al fatto che le tecniche diventino poi uno strumento di controllo sul linguaggio teatrale.

Tornando al dramaturg, osserviamo che la sua situazione attuale è tale perché la specializzazione del teatro si è troppo radicata e estesa.

Il dramaturg raccoglie infatti una parte delle competenze del regista e una parte delle competenze dell'autore drammatico, sollevando il primo dal dover analizzare intellettualmente il testo e il secondo dall'obbligo di conoscere direttamente il teatro. Credo che in futuro la prima cosa da fare sia indebolire tale statuto professionale al fine di riproporre le funzioni intellettuali del dramaturg, che sono per loro natura funzioni di mediazione e contatto, trasmissione e approfondimento, contestualizzazione e indagine.

Oggi, nel teatro svedese, non esistono aree istituzionali in cui si sperimentino nuove drammaturgie, nuovi modi di formare l'attore e, quindi, nuovi rapporti fra attore e testo. Tuttavia, si registra l'apparizione di artisti originali che, spesso, intervengono all'interno delle istituzioni con seminari e laboratori, la cui incidenza non è però rilevante poiché gli attori non vogliono mettere in discussione le certezze acquisite in questo clima di specializzazione. La segmentazione delle tecniche e dei saperi dà infatti una grande sicurezza psicologica in quanto restringe il campo di azione, evidenzia i percorsi e consente di controllare pienamente gli elementi di cui ci si serve.

Per quanto riguarda la scrittura drammatica, è però vero che in questo momento assistiamo a un diffuso sperimentalismo guidato, mi sembra, dal puro piacere di provare e tentare, senza remore intellettualistiche o finalità ideologiche. Un ruolo importante in questo processo di rinnovamento è stato svolto dal teatro ragazzi.

Ad esempio, negli anni '70, Susan Osten e Per Lysander hanno scritto per i ragazzi un testo drammatico molto bello, I figli di Medea, e, ora, questo lavoro viene ripreso al Drammaten da Lennart Nistrom, un regista della mia generazione.

Nuova, nel panorama del teatro svedese, è anche la fiducia che si sta lentamente sviluppando nei riguardi del linguaggio drammatico, del testo.

Fiducia che non implica affatto rappresentazioni fedeli e, per così dire, archeologiche degli enunciati testuali come dimostrano per diversi versi il Tensta TeaterEnsemble diretto da Vanda Monaco Westerstahl e il teatro stabile di Malmo, dove il testo, analizzato con grande scrupolo filologico, viene utilizzato per mettere in moto processi creativi di tipo scenico.


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