Prove di Drammaturgia
ALTRI ANNI SETTANTA
LUOGHI E FIGURE DI UN TEATRO
IRREGOLARE
IN MEMORIA DI UN
AMICO: IL TEATRO DI NINO GENNARO
di Massimo Verdastro
Nino Gennaro, poeta, "politico di
strada", autore teatrale, saggista, attore, nasce a
Corleone nel 1948 e muore di Aids a Palermo nel 1995.
Limpegno culturale e politico, la battaglia
antimafia e il suo essere in prima linea per laffermazione
dei diritti omosessuali, fondamenti del suo essere
artista, fanno di lui una figura dirompente nel variegato
mosaico di quanti si sono spesi in prima persona perché
Corleone non fosse "una repubblica indipendente"
e i corleonesi non fossero considerati soltanto come
"gregari di Liggio". Nino Gennaro è tuttavia
una personalità inscrivibile nel panorama della poesia e
della drammaturgia - non solo italiana - di questi ultimi
anni, per aver compreso e analizzato la portata del
retaggio culturale della sua terra e per averla "traghettata"
in una dimensione spaziale e poetica più ampia che
trascende la territorialità. Per questo suo essere
testimone partecipe di realtà complesse e per la vitalità
che nella sua espressione umana e poetica non riesce a
distinguere tenerezza e dissacrazione, amore e distacco,
la sua voce è stata accostata a quella di Pasolini,
Genet, Cioran, Testori, Koltès, Jarman.
Agli inizi degli
anni Settanta Nino Gennaro è lanima a
Corleone di un circolo FGSI, meta di studenti e
di giovani disoccupati, una fucina di
informazione e formazione: libri, giornali,
discussioni su qualsiasi argomento. L8
marzo 1975 organizza a Corleone, in
collaborazione con lARCI, la prima festa
della donna. Nel 1977 è fra i fondatori del
"Circolo popolare Placido Rizzotto",
chiuso in seguito al "caso Di Carlo"1.
Isolato a Corleone, Nino Gennaro si stabilisce
con Maria a Palermo. Alla facoltà occupata di
Lettere scrive le sue poesie su grandi fogli dimballaggio
che appende alle pareti. Poesie raccolte poi in
un volume da titolo Rivoluzione culturale
meridionale, alcune delle quali vengono
pubblicate dalla rivista "Fasis" edita
da Flaccovio. Nel 1980, a Palermo, crea il gruppo
"Teatro Madre" (che sarà anche il
titolo di un testo teatrale), con il quale
intende continuare a fare politica oltre che
teatro. I testi, da lui scritti (Omogeneizzato,
Bocca viziosa, La faccia è erotica, Il tardo
mafioso impero) sono interpretati da "non
attori"2 che mettono in scena la propria
vita in club, piazze, discoteche, università, ma
soprattutto nelle case, dove si creano intensi
momenti di convivialità e di comunicazione. Nel
1986, sempre a Palermo, è fra i fondatori del
COCIPA (Comitato Cittadino di Informazione e
Partecipazione) e fra gli ispiratori del Centro
Sociale San Saverio, allAlbergheria, uno
dei più deprivati quartieri del centro storico,
e collabora attivamente alla redazione di "Città
Nuove", il primo giornale antimafia di
Corleone.
Il 1987 è lanno che segna linizio
della malattia3, ma non per questo Nino Gennaro
smette i panni che gli sono consoni, quelli di
"poeta artigiano" (tutta la sua opera
è interamente scritta a mano). Ama copiare
alcuni suoi aforismi su dei block notes, in un
esercizio manuale che chiama "puntina
spirituale". Realizza oltre duemila copie
del Libretto Gioiattiva e oltre trecento
di Tra le righe e li regala a chi vuole.Ho conosciuto Nino a Palermo nellestate
del 1978, quando con la compagnia di Silvio
Benedetto e Alida Giardina mi trovavo allHotel
Centrale, ai Quattro Canti, dove in cambio dellospitalità
facevamo teatro. Le stanze, i corridoi, il
cortile, il vicolo Marotta erano i luoghi della
rappresentazione. Artaud, Mishima, De Ghelderode,
Klossowski gli autori da rappresentare. Nino
transfuga da Corleone, insieme a Maria e alla
sorella Giusi, si unì a noi condividendo lentusiasmo
di quellesperienza lontana dalle
convenzioni e priva di ogni protezione. Dopo gli
spettacoli ci leggeva i suoi testi, ci raccontava
la sua storia. Quello che più mi colpì di
questo ragazzo siciliano, che nel fisico e nei
modi ricordava Rino Gaetano, il cantautore, era
la forza e lintensità con le quali
riusciva a creare subito un contatto. Il corpo,
gli occhi, la voce, le parole stesse graffiate
sulla carta, esprimevano unenergia, una
tensione morale e umana per me quasi
insopportabili. Ero affascinato e allo stesso
tempo intimidito dalla determinazione con la
quale manifestava le sue scelte, i suoi desideri,
la sua natura. Dietro ai toni ironici e
aggressivi o alle inaspettate dichiarazioni di
affetto sembrava ogni volta dirmi: "Apriti!
Non rinunciare a te stesso".
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NOTE 1 - "Maria Di Carlo una di noi,
viene picchiata dal padre medico. Segregata,
ritirata dalla scuola (II liceo), e pure
esorcizzata da un frate rinnovato perché fa la
comunista e sta con me che sono frocio, drogato e
altre schifezze. Maria con i lividi denuncia il
padre. Ne parlano tutti i giornali. Il pretore,
un giudice di Magistratura Democratica, condanna
il padre padrone. Il circolo Placido Rizzotto
"figura mitica di sindacalismo agrario
ammazzato dalla mafia" viene chiuso. Guai a
chi ci mette piede".
(Nino Gennaro, da unautobiografia del 1984).
2 - "Noi non siamo attori/siamo
nuovi soggetti/ ripetiamocelo/a noi non interessa/la
resa nello spettacolo/ ma la resa nella lotta per
la vita/cioè lo spettacolo inteso come banco di
prova/questo sì".
(Nino Gennaro, da un diario del 1980).
3 - "AIDS è mancanza è
deficienza/ se non hanno come possono dare?/ non
hanno e non fanno avere/non sono più
imprevedibili/credono alla morte come previsione/e
sono già morti statisticamente clinicamente/ la
vita è imprevedibile e così pure la morte.
Non è la malattia/che ha bisogno di cura/ma è
la cura/che ha bisogno della malattia/la malattia
è una grande medicina - Chi gestisce la morte
gestisce la vita/attenzione a non delegare la
morte ad altri perché gli si delega anche la
vita/il pensiero della morte, il timore della
morte, la dolcezza della morte/pensiero timore e
dolcezza che sono anche della vita - Auguriamoci
di non ridurci mai per sempre a una vita privata/
siamo del mondo/diamoci al mondo".
(Nino Gennaro, Libretto Gioiattiva, 1988-1993).
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La nostra amicizia nacque lì allHotel
Centrale e naturalmente non fu lunica. In quel
periodo conobbi molte altre persone, imparai a camminare
con le mie gambe. Avevo diciannove anni e a me, nato e
cresciuto a Roma, Palermo sembrò bellissima. Lontano
dalla famiglia e svincolato dagli impegni delluniversità,
che presto abbandonai, mi sentivo libero di fare ciò che
volevo. Conobbi il regista e scrittore Michele Perriera (ex
Gruppo 63) che di lì a poco avrebbe fondato la Scuola di
Teatro Teates. Quell'incontro determinò la mia
permanenza a Palermo per i successivi sei anni.
Frequentai la scuola e subito dopo entrai a far parte,
insieme ad altri giovani attori, della Cooperativa
Teates, che aveva sede in un cinemone anni Cinquanta di
via Oreto, e che tra mille difficoltà eravamo riusciti a
trasformare in teatro con tanto di palcoscenico,
graticcia e camerini.
Nino intanto con il suo gruppo di amici
si inventò Teatro Madre, una specie di teatro
clandestino senza fissa dimora fatto solo di corpi, di
voci e di luce di candela, che andava di casa in casa a
Ballarò, al Capo, alla Vucciria, dove capitava. Un cuore
rosso trafitto da una svastica nera era lemblema,
il simbolo di Teatro Madre; Nino laveva ideato in
seguito ad un corto circuito, una libera associazione
nata dalla contemporanea lettura del Mein Kampf e
dallascolto di unedizione dello Stabat
Mater di Pergolesi al Teatro Biondo. Quellinquietante
vessillo stava a sottolineare "il nazismo"
insito nei rapporti materno-filiali, e comunque nei
legami di amore-possesso. Era come un avvertimento a
lasciare alle spalle le "antiche viscere" e
allo stesso tempo un doverci fare i conti.
Gli spettacoli scritti e ideati da Nino erano
interpretati da studenti fuorisede, giovani operai,
disoccupati, intellettuali del "rifiuto" che
portavano in scena le cose "più intime, più
segrete, più difficili" nel tentativo "di
superare, di resistere, di continuare... con la parola,
senza vergogna, con amore..." (Nino Gennaro, da Teatro
Madre, 1980).
Quelli furono anni molto duri per Palermo; non cera
giorno in cui la città non veniva macchiata da un
crimine di mafia, un senso di paura e di morte aleggiava
per le strade, nei luoghi di ritrovo, eppure nonostante
tutto si sentiva forte il bisogno di stare insieme, di
fare. Cera un fermento creativo che attraversava il
teatro, la musica, le arti visive.
La scuola di Teatro Teates fu un punto di riferimento
importante per quei giovani che desideravano avvicinarsi
al teatro, e con essa gli spettacoli di Perriera, ad
alcuni dei quali presi parte, uno fra tutti la
straordinaria messinscena del Gabbiano di Cechov,
così come gli incontri con Julian Beck e Furio Jesi, il
teatro di Franco Scaldati e della sua Compagnia del
Sarto, il "cunto" di Mimmo Cuticchio, gli
spettacoli di Nino Drago e Gigi Burruano al Piccolo
Teatro, le lezioni di Grotowski e dei suoi attori al
Teatro Libero, le immagini sconvolgenti impresse dallobiettivo
di Letizia Battaglia e Franco Zecchin, e non ultima lesperienza
sotterranea di Nino Gennaro. Di tutto questo allora,
fuori dalla Sicilia, non si parlava o si parlava poco; i
riflettori dei media erano puntati soltanto sugli inferni
palermitani.
Nel 1984 lasciai
Palermo per seguire nuove avventure teatrali.
Nino aveva smesso di fare teatro, dando spazio
solo alla scrittura e allimpegno nel
sociale. Lo ritrovai nel 1991, sempre a Palermo,
dove decidemmo di portare in scena la sua opera.
Era cambiato, aveva la barba, i capelli corti,
portava gli occhiali, non aveva perso lironia
tagliente, le battute sarcastiche, gli slanci di
affetto, ma cera in lui una grazia e una
dolcezza diverse che effondevano una vibrazione
di sofferenza. Seppi poi che era malato da tempo.
Gli chiesi dove erano finiti tutti quei suoi
scritti meravigliosi, gli dissi che era un
peccato tenerli chiusi in un cassetto e che
qualcuno doveva riportarli in vita. Rispose:
"Se vuoi farlo...tu!?". Nino allora
compose per me un "mix" di venti brani
che chiamammo Una divina di Palermo, venti
pezzi come venti canzoni. Lo spettacolo, per
attore solista, doveva avere il carattere di un
recital, di un concerto. I testi scelti
attraversavano gli anni Settanta e Ottanta in un
excursus tanto leggero e dissacrante quanto
implacabilmente preciso e puntuale su alcuni dei
temi più importanti di quegli anni. La scrittura
teatralissima, vertiginosa, tutta in battere,
piena di esclamativi, invettive, parole
inventate, reclamava una voce, un corpo in cui
incarnarsi; lattore doveva frantumarsi in
schegge di pensieri, di storie, di personaggi.
Lo spettacolo, presentato per la prima volta a
Monreale nella rassegna "Le Opere e i Giorni"
di Lina Prosa e Anna Barbera, ha poi attraversato
altri contesti e altre città. Ricordo in
particolare il progetto "Divina Tour"
ideato da me e Marcello Cava, che ha portato lo
spettacolo nei centri sociali di Roma,
raccogliendo la partecipazione e lentusiasmo
di molti giovani. Al debutto romano (eravamo al
Castello nella serata organizzata dal circolo
"Mario Mieli"), Nino alla fine venne
con me sul palco a prendere gli applausi,
indossava una maglietta sulla quale aveva scritto
"grazie di esistere!". Da quel momento
non ci siamo più persi di vista, ogni volta che
potevo raggiungevo Palermo per andare a trovarlo
nella sua casa di via Mura San Vito, al Capo,
oppure in ospedale quando la malattia si faceva
più acuta. Passavamo intere settimane a parlare,
a leggere, a progettare nuovi spettacoli. Nino
scriveva moltissimo e aveva intrapreso un
percorso filosofico e spirituale che coniugava lesperienza
Zen con i Vangeli Apocrifi, la sapienza dei nonni
contadini con gli insegnamenti di Madre Teresa di
Calcutta. Nei suoi tanti libri "fatti a mano"
emerge una poesia nuova e bellissima,
riverberante di solarità mediterranea e di
saggezza orientale.
Quegli incontri sono stati per me di fondamentale
importanza, grazie a Nino, interlocutore acuto e
paziente che sapeva ascoltare e leggere al di là
del detto e del presente; ho imparato a conoscere
meglio me stesso e gli altri. Grazie alla sua
scrittura ho potuto sondare nuove e inaspettate
possibilità non solo attoriali, ma anche
registiche. Dopo Una divina di Palermo Nino
compose per me due nuovi "mix", che
purtroppo sono riuscito a realizzare soltanto
dopo la sua morte avvenuta l8 settembre del
1995. Lo spettacolo La via del Sexo fu
presentato al Teatro Studio di Scandicci nellinverno
del 1996, nellambito di un progetto
dedicato a Nino dal titolo Langelo del
sottosuolo palermitano voluto dalla compagnia
Krypton di Giancarlo Cauteruccio, poi proposto a
Palermo lestate successiva per ricordare
Nino a un anno dalla morte, inaugurando gli spazi
dei Cantieri culturali della Zisa. Lanno
seguente fu la volta di Rosso Liberty con
la cantante Francesca Della Monica, insieme alla
quale realizzai, ancora a Scandicci, un
laboratorio teatrale con giovani di Firenze e di
Palermo sul testo Alla fine del Pianeta,
sorta di diario scritto durante gli anni della
malattia in cui Nino annota la cronaca dei
diversi momenti delle giornate trascorse assieme
alla sorella Giusi nella loro grande casa "a
due passi dal Massimo e a uno dal mercato".
Qui, però, la dimensione narrativa continuamente
oltrepassa i tempi e gli spazi dellambientazione
domestica per investire quelli dei destini
collettivi, in una riflessione ironica ed amara
che accomuna il disfacimento di un pianeta e di
un corpo malati. Nasce così limpulso e il
desiderio struggente di raccogliere e preservare
attraverso la memoria, luoghi e persone da ogni
possibile deterioramento: "prima di andare
in un altro pianeta, bisogna assolutamente
raccogliere i ricordi della terra, fissarli
indelebilmente nella nostra memoria/ci dobbiamo
preparare per la grande partenza" (Nino
Gennaro, dal diario Alla fine del pianeta,
1988).
Durante il laboratorio, i ragazzi, stimolati da
questa scrittura e da queste tematiche, hanno
sviluppato un itinerario creativo che dalla
narrazione orale di una loro storia personale li
ha portati alla stesura di testi teatrali in
forma di monologo, di cui ogni autore si è fatto
poi interprete sulla scena intersecandoli alla
parola di Nino.
Finalmente nel 1999, a Palermo, sono riuscito a
portare in scena il testo Teatro Madre con la
complicità di Nico Garrone e dei Magazzini. Lo
spettacolo, presentato nello Spazio 97 dei
Cantieri Culturali della Zisa, è stato il
risultato di un lungo lavoro di ricerca, di
studio e di prove che ha impegnato una compagnia
composta da otto attori con storie artistiche ed
umane diversissime tra di loro.
I personaggi di Teatro Madre scaturiscono
dalla dimensione autobiografica dellautore
che, ricoprendo il ruolo di protagonista,
affronta i temi del difficile rapporto tra
genitori e figli, tra mondo contadino e mondo
metropolitano. Essi vanno a costituire una
famiglia di vocazione che incessantemente tenta
le molte strade di un dialogo con la famiglia dorigine
che porti a un disvelamento delle "persone",
delle loro diverse visioni del mondo, fino allaccettazione
reciproca, quasi nella consapevolezza
pirandelliana della impossibilità dellaffermazione
di una realtà oggettiva indipendente dalla
diversità degli uomini.
In questi anni di adesione alla scrittura di Nino
si è andato configurando per me un nuovo
percorso umano e artistico che, oltre a rivelare
la forza poetica di uno scrittore, mi ha permesso
di solcare e approfondire il campo di una ricerca
che sempre ha messo in relazione autore e attore
in quella rara dimensione di comune sentire ed
agire che porta ad allargare i confini dei due
ruoli fino a compenetrarli. |
1974 Quando un fiammifero si accende nelloscurità
è un ragazzo che cerca compagnia non ditegli
niente lasciatelo fare anzi se potete fategli
capire
che lo volete accanto a voi
che so
accendete pure voi un fiammifero
o toccatevi pure la minchia
lui capirà
e voi non guardate
fatevi i fatti vostri
o vi piace guardare?
Beh se è così
fate pure.
1974
Ho bisogno di un angelo
tu sei un
angelo?
Io sto cercando un angelo
mi chiavi mentre parliamo?
Ho tanto bisogno
vedi? Sono dimagrito
ma ho ancora la luce degli occhi
mi baci la bocca?
O ti lasci baciare queste tue labbra
grosse?
Ma tu che linguaggio usi a distanza
di un anno?
Avanti
portami sopra
alla maniera di una buttana
se vuoi
ma portami
non stiamo qui a parlare sempre.
(da Nino Gennaro, Una divina
di Palermo, Palermo, Edizioni della
Battaglia, 1994)
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