Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Editoriale

Prove di Drammaturgia


Editoriale

 

Ricordando Cruciani

Nell’ultimo numero di queste "Prove", interamente dedicato alle esperienze di nuova drammaturgia, osservavamo che "l’opera del drammaturgo, anche quando si pone al crocicchio di diverse esperienze sospendendo la sua tradizionale autonomia, oggi appare comunque corposa, individuata, chiaramente riconoscibile". È un’indicazione di tendenza che avrebbe incontrato l’approvazione di Fabrizio Cruciani, compagno e irripetibile Maestro, di cui ricorre fra poco il decennale della scomparsa e che, a distanza di tanto tempo, continua a interloquire con le nostre scelte e il nostro lavoro. Cruciani ci ha insegnato a inseguire l’identità del teatro nei molteplici processi del suo farsi, che eleggono quale proprio segno distintivo non già l’aderenza ad una concettualità astratta, ma l’atto di assimilare e far propri, rimanifestandoli, differenti ordini di realtà; perciò – diceva – "il teatro si svela sempre come teatro e altro, un luogo dei possibili". Così, anche la drammaturgia, esiste quanto più si attua sospendendo "la sua tradizionale autonomia" e ponendosi al crocicchio delle esperienze.

In questo numero, il dossier dedicato agli anni Settanta consente, se inquadrato nella prospettiva d’una drammaturgia così intesa, una duplice lettura. Da un lato, le testimonianze e rivisitazioni condotte lungo il filo del ricordo propongono visioni dinamiche e vive di un essenziale periodo della nostra storia; dall’altro, le esperienze compiute in veste d’artefice o di spettatore, ricomponendosi in forme mnemoniche, manifestano procedimenti primari della drammaturgia. Ché questa recupera autonomia non già separandosi dal teatro, ma rivivendo quale antidoto alla nostalgia e alla depressione – e quindi in funzione sottilmente catartica o terapeutica – le dinamiche, il sentire, la collettività creativa d’un teatro attraversato e trascorso. Anche questa è una nozione di Cruciani, che proprio in un suo ultimo scritto, attribuì a questo "movimento genetico" già la nascita della commedia ariostesca, quale invenzione scaturita dal ritorno mentale dell’esperienza scenica.

Ma questo numero, oltre che nel pensiero di Cruciani, trova un proprio fattore d’unità anche nelle indicazioni di altre figure guida, e innanzitutto di Franco Quadri che, introducendo L’avanguardia teatrale in Italia (materiali 1960-1976), riconobbe nei Magazzini la sintesi in fermento dell’anima razionale di Alessandro Lombardi e dell’anima irrazionale di Federico Tiezzi, prossima al "versante esistenziale di Marion D’Amburgo". Queste due "anime" risultano qui rappresentate: Lombardi ci introduce alla nozione di attore come spazio analitico totale, in cui si evidenziano e riequilibrano le voci e i pensieri degli autori, dei personaggi e della persona stessa dell’interprete; mentre Marion D’Amburgo custodisce e rimanifesta il senso d’una esperienza teatrale assolutamente originaria e totalizzante.

Poi, tra le rubriche e gli appuntamenti stabili di "Prove", figurano in questo numero un’intervista di Ilona Fried a Árpád Schilling, giovane regista che, dopo una felice apparizione all’ultimo Festival d’Avignone, sta riscuotendo ovunque un profondo interesse; a seguire, la conversazione di Fabio Acca con le Laminarie, in cui si verifica una poetica a tutto tondo, all’altezza della corrispondente ricerca teatrale di questo gruppo. Nelle pagine dedicate a Schilling e a Laminarie il lettore potrà inoltre misurarsi con due pareri disomogenei circa il corso teatrale rimasto fedele agli anni Settanta e la sua perdurante influenza; anche degli stimoli di storicizzazione attiva sembrano in ciò racchiusi, in attesa di ulteriori sviluppi. E non c’è bisogno di sottolineare quanto già contasse questo livello di interferenze per gli scavi di Cruciani.

Claudio Meldolesi
Gerardo Guccini


Ritorno alla pagina precedente

Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna