Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
4. Musiche "a generi incrociati" nel Mediterraneo:
il confondersi di Sé e Altro nella modernità e
postmodernità ebraica
La sfera del sacro femminile comprende un grado notevole di
azione - così notevole, infatti, che non può essere passato
sotto silenzio in questo studio. La sfera del sacro femminile, inoltre,
offre un modo di operare una transizione dal sacro al profano, dalla
tradizionalità del passato alla rottura con la tradizione da cui si
sono formati i Mediterranei ebraici moderno e postmoderno. Il sacro
femminile, così come l'abbiamo incontrato e come i Cabaliti
l'avevano immaginato, era sempre attivo e mai passivo, come ci si potrebbe
aspettare da una metafora del femminile. Non solo la shechinah entra
negli spazi rituali del Sabbath; essa trasforma questi spazi. La sua
presenza serve non solo come catalizzatore all'interno della
comunità, ma viene a comprendere la comunità tutta, a darle
nuova identità. Questa presenza attiva è divenuta sempre
più intensa nel Mediterraneo ebraico alla fine del ventesimo secolo,
in cui la presenza femminile ha aperto nuovi spazi e identità nelle
musiche di consumo dell'intero Mediterraneo, particolarmente in Israele.
Per ragioni che sono ben note (cfr. Stokes e David 1996), le musiche pop del Mediterraneo hanno un ruolo essenziale nella confusione delle categorie di genere. La moltiplicazione e la complessa riformulazione di "presenze connotate quanto a genere" nella musica pop attirano generalmente l'attenzione sia di etnomusicologi, sia del pubblico di consumatori per le maniere in cui esse trasgrediscono le convenzioni, in particolare quelle delle restrizioni religiose in materia di sessualità e della presenza delle donne nella sfera pubblica. Le donne cantanti e musiciste sono allo stesso tempo accolte e disprezzate, la loro sovversione di identità nazionali e religiose allo stesso tempo caldeggiata e temuta. Le star femminili della musica pop sono in grado di contribuire alla riconfigurazione di identità religiose, ideologiche e nazionali nel Mediterraneo, non da ultimo perchè esse riconfigurano attivamente il genere tradizionale e le identità sessuali. Le donne cantano forse dai margini della società del Mediterraneo, ma il loro canto viene percepito al centro nel modo più profondo. Non sorprende, dunque, che le cantanti donna dominino alcuni dei momenti più significativi nella formazione delle moderne musiche pop del Mediterraneo. Qui mi riferisco ovviamente a cantanti come Umm Kulthum e Warda, ma anche a quelle donne la cui presenza era inseparabile dagli stadi più primitivi nelle storie di zemer ivri(letteralmente, "canto ebraico") e perfino nell'immaginazione storica alcuni pervengono al raŌ (Gross, McMurray, and Swedenburg 1996; Virolle-SouibĖs 1988; Virolle-SouibĖs 1993). Le donne ebraiche cantanti, occupando posti di lavoro affatto lontani dal "centro", vale a dire quello di musicisti pubblici, non musulmane e non strumentiste, hanno contribuito molto attivamente alla confusione su genere e tradizione al centro. La prima cantante pop moderna israelita fu Beracha Zephira, nata da una famiglia giudeo-yemenita a Gerusalemme nel 1911. La carriera di Zephira come cantante, una carriera che ha preso diverse svolte dai campi della musica etnica e d'arte, esprime una sorta di dialettica nazionale, perfino conflitto, con la tradizionale identità yemenita da un lato e con uno straordinario livello di cosmopolitismo dall'altro. Nelle sue canzoni Beracha Zephira si rifaceva alle sue tradizioni orientali e yemenite, collaborando tuttavia allo stesso tempo, durante i primi anni dello stato d'Israele, con i più distinti compositori europei immigrati. La sua moderna identità ebraica, di conseguenza, rifletteva sia il suo apprendistato classico - aveva studiato drammaturgia con Max Reinhardt a Berlino - sia l'aspettativa che la musica yemenita contenesse qualcosa di classicamente israeliano a causa della sua antica modernità. E' precisamente questo conflitto e l'identità musicale che esso svela ad offrire elementi fondamentali per uno studio complessivo della rappresentazione musicale del genere nel Mediterraneo. Beracha Zephira, assieme a Shoshana Davari, è stata la prima di una serie di cantanti pop femminili ad aprire questo spazio e a problematizzare i modi in cui il genere ha affermato la sua presenza nella sfera pubblica della società israeliana (per uno studio esaustivo su Beracha Zephira si veda Flam 1986). Le donne cantanti hanno acquisito il potere di aprire questo spazio in virtù della loro doppia diversità e perfino della loro doppia doppiezza, per usare il provocatorio modello di W. E. B. DuBois della presenza africana in America. Non sarebbe sufficiente essere semplicemente yemeniti o prendere parte al tenace orientalismo della musica popolare israeliana, come la musica mizrakhit(letteralmente, "musica orientale"; cfr. Halper, Seroussi, e Squires-Kidron 1989 e Regev 1996). La Musica mizrakhit presenta un immaginario sia maschile che femminile e include la sua marca particolare di internazionalismo mediterraneo limitato. I cantanti maschi, come Zohar Argov, raggiungono a volte una fama considerevole nel repertorio della musica mizrakhit, presenta un immaginario sia maschile che femminile e include la sua marca particolare di internazionalismo mediterraneo limitato. I cantanti maschi, come Zohar Argov, raggiungono a volte una fama considerevole nel repertorio della musica mizrakhit, sebbene entro il contesto prestabilito israeliano. Le cantanti giudeo-yemenite che hanno assai problematicamente aperto spazi per la presenza femminile nella musica pop israeliana hanno agito secondo una forma più trascendente di cosmopolitismo, trascendente, cioè, a causa del genere nel Mediterraneo ebraico.
La prima delle due cantanti giudeo-yemenite che vorrei inserire nella moderna genealogia iniziata da Beracha Zephira è Ofra Haza. Nella sua vertiginosa carriera Ofra Haza ha fatto un po' di tutto, si potrebbe dire, dagli autentici canti yemeniti a compromessi stilistici di musica mizrakhit fino alle recenti esplorazioni di temi religiosi e dell'Olocausto. Ciò che appare particolarmente convincente va rintracciato non nei dettagli di questo cosmopolitismo, ma piuttosto nella diretta espressione di questi temi in chiave di genere, un genere che li giustappone in un particolare spazio pubblico contestato che chiama in cause l'identità nazionale israeliana. La questione sollevata nel rpssimo esempio diventa dunque "I rifugiati di chi?", dal momento che la canzone oscilla avanti e indietro o, per meglio dire, fra l'ebraico e l'arabo, mentre fa apertamente uso delle tecniche del canto popolare arabo, in particolare il layali. Ofra Haza: Innocent A Requiem for Refugees(Innocente - un Requiem per Rifugiati) Verso 1 I cieli piangono i campi di battaglia e i rifugiati della guerra. L'angoscia osserva dagli occhi dei bambini fuggiti in cerca di speranza Non c'è né padre, né madre, né pietà. Coro Oh...mio Dio... Voglio essere ovunque tu sia... Verso 2 Voglio sacrificare la mia vita per te, figlio mio. A chi piangerò?... Ogni giorno, ogni notte. Non ho nient'altro che i tuoi silenziosi sospiri... (versione italiana della traduzione inglese da testi sia in ebraico che in arabo-ebraico) Le più complesse questioni di genere nella musica pop in Israele sono state sollevate recentemente - più precisamente nella primavera-estate del 1998 - dal rappresentante di Israele al "Festival Europeo della Canzone," Dana International, una cantante di tradizione etnica yemenita e sefardita. Dopo aver vinto la controversia per assicurarsi il diritto di rappresentare Israele e sostenuta dalla sua stessa retorica nazionalistica e sessualizzata, Dana International vinse il Festival Europeo il 9 maggio 1998 a Birmingham, scatenando in tal modo una risposta incredibilmente complessa alla sua vittoria e al significato di questa per l'identità religiosa, nazionale e internazionale di Israele (cfr. esempio 11).
Dana International è un transessuale nato uomo e attualmente donna. Nel paradosso della tradizione ella rappresenta, in modo del tutto consapevole, una presenza maschile e una femminile, un aspetto che non si è perduto neppure nelle controversie che hanno accompagnato la sua rappresentanza di Israele nel più importante festival di musica pop del mondo. Nelle sue dichiarazioni pubbliche, Dana stessa accenna all'introduzione di un nuovo spazio nella società israeliana: "Siamo divenute due nazioni e per molte persone, è vero, oggi rappresento la libertà, la democrazia e il diritto di vivere così come gli individui vogliono vivere" (Sharrock 1998:22). Nel brano proposto nel prossimo esempio, Dana International rappresenta musicalmente questo nuovo spazio pubblico - questo nuovo sito per la comunità ebraica mediterranea - che si estende dalla musica mizrakhit agli unisoni del takht arabo nella musika al-arabiyyah, forse del tipo che fu eseguito dai suoi antenati del Mediterraneo orientale. Il suo successo come cantante oltrepassa e ridisegna i confini; lei stessa è stata accolta sia con disprezzo che con approvazione in molte aree del Mediterraneo, non solo in Israele (cfr. Swedenborg 1997). Dana International canta "Dana International (Versione Aeroporto)" La canzone inizia con un avviso d'imbarco per un volo dall'Arabia Saudita a Monaco che tuttavia atterra all'aeroporto Ben Gurion in Israele. Il deliberato uso della lingua araba richiama chiaramente il simbolismo del "tappeto volante" per gli ebrei emigranti dallo Yemen negli anni '50 . Il linguaggio sessualizzato è allo stesso tempo assai esplicito e pieno di doppi sensi che dipendono dall'interazione tra le lingue araba, ebraica e inglese. Il percorso esatto del volo è confuso da riferimenti a viaggi che potrebbero essere stati dirottati in Messico o a Parigi. Ciononostante, Dana International, in questa canzone al termine del CD, ritorna dall'esilio come la sposa del Sabbath. Donne musiciste e donne esecutrici hanno costituito la cornice per la tesi di questo articolo. Credo sia necessario, tuttavia, osservare che queste donne cantanti non eseguono necessariamente, e neppure principalmente, "repertori femminili" o "musica di donne". Al contrario, esse si propongono come narratrici storiche, come il coro delle tragedie greche, o, in linea con l'argomento di questo studio, come i cantanti nei momenti narrativi della Torah, ad esempio, ove il viaggio dell'esodo si arresta per essere storicizzato dal canto e dalla poesia. La presenza narrativa di queste cantanti donne si trova "al di là del testo storico," dall'altro lato della stessa storia ebraica, ma è precisamente questa posizione a conferire loro una chiara visione d'assieme, a metterle cioè in grado di proiettare l'esperienza ebraica sulla storia del Mediterraneo stesso. |