|
<<<
Vol. 3 n.1 2006
L’analisi musicale per lo studio teorico, interpretativo,
storico e didattico della musica:
il Quarto Convegno di Analitica (Istituto "G. Lettimi", Rimini
2006)
di Alessandra Montali
Nei giorni 16, 17 e 18 marzo 2006, presso l'Istituto di Alta Formazione
Artistica e Musicale "G. Lettimi" di Rimini, si è svolto
il Quarto Incontro di Studio di Analitica organizzato dal G.A.T.M. (Gruppo
Analisi e Teoria Musicale) in collaborazione con la Provincia ed il Comune
di Rimini. Il Comitato Scientifico del Convegno includeva: Mario Baroni,
Antonio Bertozzi, Rossana Dalmonte, Gianluca Gardini, Enrico Meyer, Susanna
Pasticci, Egidio Pozzi, Lorenzo Rinaldi e Giorgio Sanguinetti. Dopo i
saluti cordialmente espressi dagli Assessori alla Cultura della Provincia
e del Comune di Rimini (Marcella Bondoni e Stefano Pivato) e l’accoglienza
generosamente manifestata dal Direttore dell’Istituto, il prof.
Enrico Meyer, i lavori hanno preso immediatamente avvio. Le quattro intense
Sessioni di studio, suddivise nei tre giorni, sono state organizzate in
relazione alle seguenti aree tematiche: Repertori tonali (pres. Giorgio
Sanguinetti); Novecento musicale I (pres. Loris Azzaroni); Novecento musicale
II (pres. Susanna Pasticci); Tavola Rotonda su “Rounds” di
Luciano Berio (pres. Rossana Dalmonte).
Mentre alcuni dei contributi presentati al Convegno saranno pubblicati
su Analitica, gli atti dell'ultima giornata (riguardanti le analisi di
Rounds di Luciano Berio) e i lavori di Stella, Bollella, Alberti, Russo,
Affortunato, Verzina e Moiraghi sono stati selezionati per la pubblicazione
sulla Rivista di Analisi e Teoria Musicale (RATM).
Prima Sessione: Repertori tonali (pres. Giorgio Sanguinetti)
L’intervento di Nicolò Maccavino (Le “strutture tonali”
dei madrigali a cinque del Libro Ottavo di Pomponio Nenna, Roma 1618)
ha sottolineato l’apporto fondamentale del Nenna, accanto a musicisti
quali Gesualdo di Venosa, alla «grande fioritura madrigalistica
napoletana» avvenuta tra il 1590 e il 1620. L’analisi proposta,
basandosi sulla comparazione tra le «strutture tonali» presenti
nei madrigali ed altri aspetti compositivi, ha inoltre posto l’interessante
ipotesi del profilarsi, all’interno di un linguaggio fondamentalmente
contrappuntistico, di una nascente espressività musicale “barocca”.
Piero Venturini ha basato la propria relazione (Beethoven rilegge il proprio
passato. Le Sonate op. 110 e 111 a confronto con la Sonata op.10 n.1)
sull’analisi ed il confronto tra il secondo tempo dell’op.10
n. 1 ed il primo dell’op.110, indi tra il primo tempo della medesima
sonata e il primo tempo dell’op.111. Utilizzando la metodologia
di Rudolph Reti sono state individuate le tecniche di trasformazione applicate
ai materiali tematici, mentre facendo ricorso allo schema “implicazione-realizzazione”,
secondo la rielaborazione di Eugene Narmour, è stato possibile
un confronto tra potenzialità espresse dal materiale dell’op.
10/1 e loro concretizzazione nelle opere più mature. In queste
ultime si è voluto intravedere la volontà di superamento
del concetto di spazio (connesso all’idea di forma e struttura fraseologica
classica) accompagnata ad un uso strutturale del contrappunto come elemento
unificante dell’organizzazione compositiva.
Nel lavoro di Gaetano Stella (I quartetti di Pietro Platania: forma in
bilico tra opera e sinfonia), i due quartetti di Pietro Platania (1828-1907),
sono stati contestualizzati in rapporto alla feconda produzione dello
stesso e in relazione al periodo compositivo. L’approccio alle due
opere si è servito di diversi modelli analitici: da quelli propri
dell’analisi formale – William E. Caplin, James Hepokoski
e Warren Darcy – allo studio del ritmo secondo Friedrich Lippmann.
Si è quindi operato un confronto con autori italiani (Mercadante
e Pacini) e stranieri (Beethoven, Mozart e Mendelssohn) dal quale è
scaturita l’immagine di una tradizione compositiva napoletana che,
a metà Ottocento, fa coesistere i modelli tradizionali con l’elaborazione
degli esempi stranieri.
L’analisi di Mimma Leonora Bollella (Erraticità o determinazione
nello Studio op. 25 n. 1 di Chopin), si è basata invece sul modello
schenkeriano. In particolare, l'impressione di unità e di coerenza
proveniente dall’analisi (divergente rispetto alle precedenti letture
di Belotti e Chominski) viene collegata ad una strategia compositiva che,
esibendo caratteristiche improvvisatorie, pare volersi costantemente sottrarre
all’asserto tonale.
I saggi scritti da Tovey nella prima metà del Novecento, come hanno
sottolineato studiosi come Charles Rosen, Joseph Kerman e Richard Goldman,
possono essere a diritto considerati tra i contributi anglosassoni più
importanti all’analisi musicale. Nel suo intervento (Aspetti del
pensiero teorico e analitico di Donald Francis Tovey: la ‘spiegazione
del bello’) Giuseppe Sellari ha operato un interessante confronto
tra l’approccio analitico di Tovey e quello del più anziano
Heinrich Schenker rispetto al Finale della Nona Sinfonia di Beethoven.
Emergono corrispondenze ed affinità analitiche a partire dalle
quali si potrebbe operare una ricerca sulle ragioni che successivamente
condussero gli stessi studiosi a posizioni e risultati talora opposti.
L’analisi proposta da Nastasja Gandolfo (Irregolarità dell’Ursatz
nei Lieder di Johannes Brahms: An eine Aeolsharfe e Die Schale der Vergessenheit)
ha rilevato alcune peculiarità nella configurazione dell’Ursatz
comparandole al significato del testo. In ragione di tali corrispondenze
entrambi i brani sono stati individuati come significativi esempi di Kunstlieder
nei quali trovano applicazione alcune tecniche “progressive”
brahmsiane. Rispetto allo stato attuale delle ricerche l’intervento
precisa alcune considerazioni di una precedente analisi schenkeriana di
Carl Schachter, mentre, per quanto concerne Die Schale der Vergessenheit,
si offre quale contributo assolutamente originale.
Seconda Sessione: Novecento musicale I (pres. Loris Azzaroni)
L’analisi di Eine blasse Wäscherin, tratto da Pierrot lunaire,
realizzata da Alfonso Alberti (Eine blasse Wäscherin: un’analisi
delle strategie timbriche) si è posta come finalità l’individuazione
dei criteri di strumentazione. A seguito di una indagine sulla problematicità
dell’analisi timbrica, è stato considerato sia lo studio
delle linee melodiche e del contenuto armonico degli accordi sia il riferimento
ai concetti matematici di combinazione, disposizione e rotazione, quest'ultimo
riferito alla successione di due disposizioni. L'adozione di metodi formalizzati
ha infine condotto anche ad una analisi del parametro timbrico che però
si è interrogata sulla sua stessa validità in rapporto ad
un repertorio atonale che, distante dal rigore dodecafonico, deve tenere
presenti anche scelte legate all’istintualità.
L’intervento di Marco Russo (Webern neoclassico? Forma e struttura
del Trio op. 20) ha avuto il merito di indagare un’opera poco “frequentata”
dagli analisti, la quale peraltro si colloca in quel delicato periodo
compositivo di Webern che realizza il passaggio dall’espressionismo
atonale alla dodecafonia. L’analisi ha inteso evidenziare, contrapponendosi
alla più consistente tradizione analitica weberniana da sempre
sensibile alla valorizzazione degli aspetti innovativi e radicali del
suo linguaggio, i contenuti “conservativi” della forma dei
due brani del Trio op. 20. Individuati alcuni meccanismi “tonali”,
sono stati interpretati come espressioni musicali collocabili in quella
categoria di “neoclassicismo” che rivaluta la produzione weberniana
in rapporto ad un ambito meno progressista di quello nel quale, forse
con una certa forzatura, l’avanguardia lo aveva posto.
Le quaranta composizioni di Paul Hindemith riunite sotto la denominazione
di Sonate, si riferiscono sia ad organici tradizionali (pianoforte solo
violino e pianoforte, ecc...) sia ad organici insoliti (fagotto e pianoforte,
basso tuba e pianoforte, quattro corni ecc...). L’analisi di Marco
Moiraghi (Le Sonate di Hindemith: armonia, forma, stile) ha considerato
la ricognizione dell’intero corpus delle Sonate al fine di indagarne
la specificità dello stile. Il metodo analitico impiegato si è
strutturato in relazione a quello utilizzato da David Neumeyer nel suo
studio The Music of Paul Hindemith del 1986. Questo metodo si basa sul
tentativo di descrizione della forma di una composizione attraverso l’identificazione
dei centri tonali fondamentali, un approccio che venne proposto dallo
stesso Hindemith nei suoi primi due volumi dell'Unterweisung im Tonsatz.
Dall’individuazione dell’idea formale alla base delle singole
Sonate (individuata soprattutto attraverso l’analisi della ricorrenza
tematico-motivica e dell’organizzazione del piano tonale) si è
giunti al tentativo di definire l’evolversi di uno specifico stile
sonatistico che, nella maturità, giunge alla fusione fra strutture
a prima vista incompatibili.
Lo studio del trattato Armonia di Gravitazione di Roberto Lupi (1908-1971)
ha costituito il centro di interesse principale nell’intervento
di Tiziana Affortunato (La via naturale delle relazioni armoniche: l’Armonia
di gravitazione (1946) di Roberto Lupi). Il testo è stato definito
uno tra gli ultimi esempi di quella tradizione teorica basata sulla determinazione
delle leggi della musica collegate alla fisica del suono (la cosiddetta
teoria fisicalista) che venne successivamente offuscata dall’affermazione
del pensiero seriale. Al centro del sistema di Lupi si colloca la "nota
attrattiva", o "tonale", con tre accordi costituiti dai
suoi armonici; attorno ad essa “gravitano” (metafora col sistema
solare) quegli "aloni armonici" le cui fondamentali generano
serie di armonici in cui una o più volte si ripresenta la nota
attrattiva. La relazione della Affortunato si è conclusa con l'applicazione
analitica del trattato, come suggerito dallo stesso Lupi, su alcuni passi
tratti dai Cinque piccoli canti per pianoforte dello stesso compositore.
Se la trascrizione dei soli di famosi jazzisti è uno strumento
consolidato nella musicologia afro-americana, essa diventa un imprescindibile
mezzo di comprensione per lo studio dello stile interpretativo. La relazione
di Giuseppe Di Nardo (Enrico Rava, il “raccontatore”: uno
studio sullo stile improvvisativo) si è collocata in questo secondo
ambito ed ha considerato le caratteristiche dello stile improvvisativo
di Enrico Rava attraverso l’analisi di alcuni suoi soli. I risultati
delle analisi (condotte secondo il metodo di Ruwet) hanno evidenziato,
a scapito della virtuosistica elaborazione melodica generata dalla successione
armonica, un forte senso lirico e narrativo del musicista italiano il
quale suggerisce una dimensione melodico-formale fondamentalmente dipendente
da una concezione retorica del discorso musicale.
L’analisi delle Complessità potenziali nelle interpretazioni
di Aguas de Março di Antônio Carlos Jobim, proposta da Enrico
Bianchi, è stata condotta su tre interpretazioni del brano: la
versione originale di Jobim del 1972, l’interpretazione del duo
Elis Regina-Jobim del 1974 e la sofisticata rilettura di Rosa Passos del
2003. Tenuto conto della presenza fondamentale della ripetizione, l'analisi
si è prima incentrata sulla metodologia analitica di Ruwet, poi
sul modello generale di segmentazione melodica, messo a punto da Fabio
Cifariello Ciardi (in RATM vol. 2003/2). Le micro-variazioni delle unità
melodiche sono state infine analizzate in rapporto al testo valutato non
solo in relazione alla portata semantica ma anche alla peculiarità
timbrica.
Terza Sessione: Novecento musicale II (pres. Susanna Pasticci)
La sessione dedicata al secondo Novecento si è aperta con la relazione
di Elisabetta Piras (La musica preesistente in Satyricon di Bruno Maderna
e Le Grand Macabre di György Ligeti) che ha studiato le citazioni
musicali e le allusioni stilistiche in due opere degli anni Settanta:
Satyricon, composta da Bruno Maderna sul libretto mistilingue del compositore
stesso e Le Grand Macabre composta da György Ligeti sul libretto
di M. Meschke e del compositore. Il modello di riferimento assunto per
l’indagine è quello proposto nel 1994 da J. Peter Burkholder
per lo studio della musica nelle composizioni di Charles Ives. L’analisi
ha sottolineato, sia in relazione al contesto in cui è posta la
citazione sia in rapporto alla sua elaborazione musicale, i processi che
permettono la trasformazione delle originarie funzioni, anche in relazione
alla struttura drammaturgia.
L’intervento di Nicola Verzina (Tempo e senso della morte in Hermann
Broch e Jean Barraqué. Alcune riflessioni analitiche sulla tecnica
delle“serie proliferanti”: Le temps restitué –
… au delà du hasard… - Chant après chant) ha
considerato in primis i due temi centrali del “tempo” e della
“morte” nel romanzo di Hermann Broch, La morte di Virgilio.
L’analisi proposta, quella immanente della tecnica seriale che ben
si adatta all’intera produzione di Barraqué, ha reso possibile
la valutazione dei due temi suddetti nella loro trasposizione e stilizzazione
musicale. Attraverso una precisa valutazione delle “serie proliferanti”
è emersa l’importanza di un musicista che, nell’ambito
del serialismo, si discosta dalla rigida visione permutativa per volgersi
verso la realizzazione musicale di una temporalità costantemente
in divenire. Le analogie proposte con la “tecnica della mutazione
seriale” di Maderna, hanno poi confermato l’interesse verso
lo studio di un compositore fino ad oggi trascurato dagli studi musicologici.
L’analisi condotta da Fabio De Sanctis De Benedictis su Lied per
clarinetto solo di Berio (Lied di Luciano Berio: una proposta di analisi
tra insiemi di altezze, di durate e di dinamiche), ha utilizzato oltre
alla tecnica insiemistica di Allen Forte anche altri approcci analitici,
soprattutto nella fase iniziale di segmentazione e di descrizione formale
per le quali è stato essenziale il ricorso all’analisi semiologica.
In questo senso l’intervento ha ampliato la propria finalità
di indagine sul brano di Berio alla proposta di una estensione della metodologica
analitica insiemistica attraverso la sua applicazione anche a parametri
(ad esempio quello delle durate) che esulano dal mero livello delle altezze.
Partendo dal brano Ofanìm – per voce femminile, due cori
di bambini, due gruppi strumentali ed elaborazione elettronica in tempo
reale – l’intervento di Andrea Cremaschi (Ofanìm di
Luciano Berio: un inedito approccio al live electronics), è stato
indirizzato verso la proposta di una concreta metodologia analitica applicabile
a questo tipo di produzioni sonore. L’approccio multidisciplinare
proposto prevede l’analisi del "testo" (la partitura strumentale
e la partitura elettronica) accanto all’analisi dell’interpretazione,
in ragione della natura "aperta" dei mezzi elettronici. Il live
electronics non costituisce per Berio solamente un ampliamento delle possibilità
tecnico-compositive ma è soprattutto l’occasione per maturare
nuove riflessioni sui concetti di tempo e di spazio (l'ambiente virtuale
in cui i suoni si trasformano) che contraddistingueranno la fase compositiva
della maturità.
Il contributo di Dario Maggi (I colori del rosso, per orchestra d’archi
(2000). Tecniche d’invenzione, controllo percettivo, analisi formale
tramite Pitch Class Set Theory) descrive in che modo il lavoro analitico
e quello compositivo possono utilizzare la pitch class set theory di Allen
Forte.. I colori del rosso è basata su 5 pitch class sets (3-4,
4-16, 5-24, 6-34, 7-24) di numero cardinale crescente, da tre a sette,
i quali definiscono la forma generale del pezzo, 5 sezioni di durata crescente,
in rapporto all’incremento del materiale disponibile. La set theory
fornisce in tal senso al compositore una sistematica predisposizione del
materiale anche se lo lascia libero di scegliere ed organizzare, in base
all’interval vector, l’esito acustico/percettivo dei diversi
gruppi di altezze.
La composizione analizzata da Gabriele Becheri (L’uso dei “moduli
ritmici” in Smorfie di Fausto Razzi), su testo di Edoardo Sanguineti,
è pensata per due voci recitanti, soprano, flauto, pianoforte,
violino e nastro magnetico. L’intervento analitico si è soffermato
sull’utilizzazione della tecnica del “modulo ritmico”,
inteso come «schema inerente al parametro temporale, il cui scopo
è definire la distanza di tempo che deve intercorrere tra il punto
d’inizio di un evento musicale (ad esempio un suono o un accordo)
e il punto d’inizio della sua successiva ripetizione, senza fornire
però informazioni sulla durata dell’evento medesimo».
Il modulo ritmico, adottato da Razzi a partire dagli anni Sessanta, è
peraltro utilizzato sempre in relazione al testo: la realizzazione di
eventi sonori sospesi ad un rapporto di consequenzialità temporale
sembra infatti ben aderire alla dimensione onirica della narrazione, privata
appunto da qualsiasi nesso logico di causa-effetto.
Quarta Sessione: Tavola Rotonda su Rounds di Luciano Berio (pres. Rossana
Dalmonte)
Nell’ultima sessione, dedicata a Rounds per pianoforte di Luciano
Berio, sono stati messi a confronto due possibili approcci analitici:
il primo, organizzato sulla base dell’ascolto, è stato realizzato
attraverso i singoli contributi di Mario Baroni e Jean-Marc Chouvel, il
secondo, sulla base della partitura, si è concretizzato secondo
la duplice prospettiva offerta da Ivanka Stoianova e da Egidio Pozzi.
Nella sua analisi di Rounds, Baroni ha applicato due categorie analitiche:
gli aspetti salienti (secondo il modello di Fred Lerdahl del 1989) e gli
aspetti continui (secondo il concetto di continuum linguistico di Roman
Jakobson). E’ stato dimostrato che i principali punti di riferimento
percettivi sono costituiti dai primi (energia dinamica, timbro, note singole,
densità, ripetizioni di eventi simili) mentre i secondi sono organizzati
secondo la legge di "improbabilità". L’analisi
ha cercato poi di stabilire, sulla base di questi due aspetti, la possibile
costruzione gerarchica nella mente dell’ascoltatore. Sono così
emerse importanti considerazioni sia sulla medio che sulla macro-forma.
L'analisi di Jean-Marc Chouvel propone invece uno studio dell'esecuzione
del pezzo realizzata dal pianista Andrea Bacchetti (CD Decca, 2004). L'intera
esecuzione viene studiata attraverso dei sonogrammi dai quali è
possibile individuare l'intensità sonora dei singoli eventi unitamente
ad alcuni particolari aspetti, quali clusters, registri e figure melodiche.
L'indagine di Chouvel individua inoltre una segmentazione del pezzo condotta
sulle pause che separano le diverse sezioni.
L’intervento di Ivanka Stoianova si è aperto con una considerazione
storico-stilistica. Intorno agli anni '60/70 si decreta fondamentalmente
la fine dello strutturalismo, del pensiero razionale e dell'unidirezionalità
lineare, ed emerge un nuovo principio organizzativo e simmetrico di tipo
circolare. In questo senso la versione di Rounds per clavicembalo, che
esige una rotazione fisica della partitura, non solo la avvicina alle
sperimentazioni di “forma aperta”, ma indica anche la volontà
di organizzare il materiale a partire dal principio di “ripresa”
degli stessi elementi. L’intervento della Stoianova si è
poi orientato nella ricerca dei legami del brano di Berio con altre opere
dell'epoca; in particolare Zyklus (1959) e Refrain (1959) di Stockhausen,
Dritte Klaviersonate (1957) di Boulez, Variations I (1958) di Cage, Odissee
(1963) di Logothetis e Circles (1960) dello stesso Berio.
L’analisi proposta da Egidio Pozzi, organizzata a partire dalla
rilevazione di insiemi individuati secondo la proposta da Allen Forte,
ha evidenziato alcune relazioni esistenti tra le tre parti della composizione
(ABA') e gli episodi in cui queste parti si suddividono. L’esposizione
è stata accompagnata da tabelle riguardanti gli aspetti formali,
le relazioni strutturali, le figure e le indicazioni dinamiche dei singoli
episodi, le variazioni nella retrogradazione dell’inizio della seconda
parte. Tra i risultati di questo lavoro, alcuni aspetti di carattere formale
sembrano di particolare interesse: la riproposizione, alla fine di B,
della parte A caratterizzata da una conclusione "debole", suggerisce
una «sostanziale riapertura della forma». In tal senso e a
dispetto del suo "da capo", il pezzo di Berio sarebbe «una
forma aperta, una forma che rimanderebbe continuamente avanti alla ricerca
della sua "chiusura" ideale: rounds, appunto, come cerchi senza
fine.»
Successivamente si è svolta una ampia discussione tra i partecipanti
e i relatori, stimolata dalle osservazioni di Susanna Pasticci e Antonio
Rostagno, e centrata sugli aspetti metodologici, teorici, compositivi
e interpretativi che erano stati studiati nelle relazioni precedenti.
La sessione si è conclusa con una brillante esecuzione al pianoforte
del pezzo di Berio realizzata dal pianista Paolo Wolfango Cremonte, accompagnata
da un approfondito commento sulle problematiche interpretative.
|
|