Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Organizzazione ed Economia dello spettacolo (M-Z)

TEATRI DI VITA (Bologna)

www.teatridivita.it

Gruppo di studio:Valentina Miti, Valentina Pellitteri, Lara Rongoni, Viviana Rizzato,
Andrea Tavano, Fabio Vasile

1. Partenza

2. Incontro

3. Relazione

4. Conclusione

1. Partenza
Assez vu. La vision s'est recontrée à tous les airs.
Assez eu. Rumeurs des villes, le soir, et au soleil. Et
toujours.
Assez connu. Les arrets de la vie. - O Rumeurs et
Visions!
Départ dans l'affection et le bruit neufs!

(J. Arthur Rimbaud, Départ, da Illuminations)

 
Ho abbastanza visto. Ho incontrato […] ovunque la visione.
Ho abbastanza avuto. Frastuono di città, la sera, e sotto il sole, e
sempre.
Ho abbastanza conosciuto. Le fermate della vita. - O Frastuoni
e Visioni!
Parto per affetti e rumori nuovi!

(Trad. it. Gabriele Aldo Bertozzi, Roma, Newton Compton Editori, 1994)

2. Incontro

dal sito Internet www.teatridivita.it

"teatri di vita" è il centro internazionale di Bologna per il nuovo teatro e per la danza contemporanea. L'attività è rivolta alla produzione artistica e alla programmazione di spettacoli [ospitalità] e percorsi didattici e formativi.

"teatri di vita" è stata fondato nel gennaio 1993, dalla compagnia ":riflessi", nata nel 1991 e sempre diretta da Andrea Adriatico. Da subito l'impegno è stato rivolto al teatro di ricerca e alla danza contemporanea, attraverso forme di promozione e di intervento artistico particolarmente originali ed innovative.

La gestione delle attività è oggi a cura della "Teatri di vita piccola soc. coop. a.r.l. onlus", anno di fondazione 1997.

Dallo statuto:

"La cooperativa è retta e disciplinata dai principi della mutualità, senza fini di speculazione privata. I soci della cooperativa si prefiggono lo scopo di svolgere e gestire in forma associata l'attività di cui al seguente art.4, secondo principi mutualistici, al fine di ottenere le migliori condizioni economiche, sociali e professionali, ma anche perseguendo finalità di solidarietà collettiva." (art.3).

"La cooperativa ha per oggetto lo svolgimento dell'attività di promozione, sviluppo e divulgazione della cultura e dell'arte in tutte le loro forme e manifestazioni, con particolare riferimento al settore teatrale e dello spettacolo in genere, al fine di promuovere in tale contesto il confronto e la crescita culturale della collettività" (art.4).

"teatri di vita" sorge oggi in una proprietà comunale, nel bellissimo "Parco dei Pini", del quartiere Borgo Panigale. Abbandonato dagli inizi degli anni Novanta e destinato al disfacimento, l'edificio è stato dato dal Comune alla gestione di "teatri di vita" per quindici anni, fino al 2013. Una gestione che ne fa uno dei "teatri comunali" di Bologna.

La ristrutturazione ha dotato l'edificio di due sale, concepite secondo un'idea moderna dello spazio teatrale, adatto ad essere il teatro internazionale di Bologna, cioè con la massima flessibilità e con l'idea che la visione ottimale sia dall'alto in basso.

3. Relazione

Una relazione. Un racconto su fatti precisi, che non vorremmo dimenticasse le passioni in gioco. Le passioni che s'intrecciano lungo il viaggio. Il viaggio di "teatri di vita" nei luoghi e nel tempo, nelle persone che vi abitano e in quelle che vi passano. In quelle, come noi, che vi si accostano per studio o per curiosità.

La relazione seguirà la vicenda di "teatri di vita" attraverso la simultanea comparazione di punti di vista diversi, in un intreccio di esperienze, di sfide e di sforzi comuni.

"teatri di vita" è questa vicenda, costituita da diverse realtà personali. Insieme. In viaggio.

ANDREA ADRIATICO
Direttore artistico delle produzioni di "Teatri di vita".
 
STEFANO CASI
Direttore artistico di "Teatri di vita".
 
FABIO ABAGNATO
Responsabile dell'Ufficio Spettacolo del Settore Cultura del Comune di Bologna.
 
WALTER BORTOLOTTI
Laureato presso il Corso di Laurea DAMS dell’Università di Bologna nell'a.a.98/99, con una tesi in drammaturgia dal titolo Teatri di vita - Bologna, relatore prof. Giuliano Scabia.
 
 
ADRIATICO

"teatri di vita" nasce come teatro privato, come impresa privata a tutti gli effetti, nasce prendendo uno spazio in affitto (quindi pagando direttamente l'affitto, le spese, la logistica, tutto quello che c'era), allora senza neanche un contributo pubblico. Nel 1993 era un teatro assolutamente finanziato con i soldi che venivano dalla produzione della compagnia. C'era la compagnia ":riflessi", che riusciva ad avere un suo giro d'affari nel corso delle sue tournées, e parte di quei soldi sono stati reinvestiti nella costruzione di un luogo. Il luogo era un capannonne industriale, in via del Pontelungo 7, un luogo quindi anche molto ai limiti di un teatro autogestito di quell'epoca.

Partimmo così e avemmo la comunicazione del primo contributo assegnatoci, da parte di Silvia Bartolini (Assessore alle Politiche culturali giovanili - Progetto giovani della giunta Imbeni), il giorno della conferenza stampa d'apertura di "teatri di vita", di cui a gennaio ricorrerà il decennale.

["teatri di vita"] nasce con l'obiettivo di ospitare un gruppo consistente di persone (circa 30), che avevano lavorato alla produzione Oplà-Noi viviamo (una produzione che non poteva più girare con quelle caratteristiche perché costosissima).

BORTOLOTTI

[Settimo spettacolo diretto da Adriatico], Oplà-Noi viviamo, con il sottotitolo Fratelli di massa pensando a Ernst Toller [è] il punto di arrivo di un lavoro sulla generazione di "chi non ha ancora trent'anni", iniziato con [i precedenti] spettacoli pasoliniani e, contemporaneamente, punto di svolta nel percorso creativo di Adriatico, qui impegnato con 24 attori non professionisti. Lo spettacolo debutta a Santarcangelo nel 1992 ed è la produzione principale del Festival Internazionale estivo.

ADRIATICO

L'esperienza di Oplà determinò il desiderio di quel gruppo di persone di continuare a lavorare e fece sì che tutti quanti decidessero di organizzarsi per gruppi, cercando uno spazio dove questa compagnia indipendentemente da me avrebbe potuto continuare a fare le proprie cose.

E così è andata avanti. Nel senso che ["teatri di vita"] si è strutturato, prima, come spazio di progettualità di questa immensa compagnia che usciva da una esperienza molto toccante (anche a livello personale come è in certi casi il teatro) e, poi, si è tradotto in uno spazio di ospitalità vero e proprio (quindi con delle stagioni).

Le prime stagioni al Pontelungo sono state una ricognizione del teatro italiano, andando quasi naturalmente a sopperire a delle mancanze, che erano le mancanze di Bologna in quegli anni. Non c'era nessuno spazio che potesse davvero ospitare le realtà del teatro contemporaneo, che invece giravano tranquillamente in tutte le città italiane.

CASI

Allora a Bologna non c'era la vivacità di spazi di adesso ma c'era una vivacità di tensioni. Quando nasce "teatri di vita" è davvero un sasso nello stagno.

Nasce un nuovo teatro e contemporaneamente fa vedere 6/8 nuove compagnie a Bologna, assolutamente spiazzante rispetto a quello che c'era allora.

Poi una stagione di nuove esperienze, richiesta ad un direttore artistico esterno, che nel caso fu Antonio Attisani, allora direttore di Santarcangelo.

BORTOLOTTI

Attisani presenta questa sua lista di teatranti, etichettandola subito come eccezionale, nel senso più puro del termine: cioè salto della regola, indiscussa originalità. In "una città povera di teatro – afferma – un teatro come teatri di vita alimenta la speranza".

CASI

L'anno dopo [stagione 1993/94], c'è un nuovo ulteriore spiazzamento. Andrea crea un programma sul teatro di ricerca di quegli anni, con nomi che non si vedevano da molto tempo a Bologna (Magazzini, Compagnia di Giorgio Barberio Corsetti, Societas Raffaello Sanzio e, per la danza, la Compagnia Virgilio Sieni). Questo ha comportato un ulteriore spiazzamento: improvvisamente tutti i teatri di Bologna si sono resi conto di essersi persi durante gli anni. Soprattutto il fatto che "teatri di vita" portasse queste compagnie mostrava, da una parte, la necessità della nascita di "teatri di vita". Dall'altra parte, un atto di accusa nei confronti degli altri teatri, che erano sostanzialmente incapaci di rispecchiare la realtà di quegli anni. Questa seconda stagione, con altre iniziative (una mostra d'arte curata da Dario Trento, una rassegna musicale particolare curata da Giordano Montecchi), lanciò "teatri di vita" in maniera assolutamente clamorosa.

BORTOLOTTI

[La lanciò con] il riconoscimento pressoché unanime di "calendario teatrale più stimolante dell'anno" a Bologna.

Dopo due stagioni passate nel capannone di via del Pontelungo a Borgo Panigale, "teatri di vita" si trasferisce nel cuore del centro storico di Bologna, in un loft in via del Pratello (impossibile non descrivere con una nota di magica sorpresa l'interno del teatro. Vi si accede infatti da un chiaro foyer con lampadari liberty, nel quale il pubblico rimane rinchiuso. Poi la biglietteria scorre, come la lastra di [una] roccia […], per rivelare un teatro di 80 posti, nitido, in legno chiaro, ricavato da un ex magazzino industriale. [In un articolo di] Massimo Marino, [apparso su] "L’Unità" [del] 17 maggio 1994, è lo stesso Andrea Adriatico a giustificare questo trasloco:

ADRIATICO

Abbiamo consumato lo spirito periferico, l'avventura di capire che impatto poteva avere in un quartiere popolare un posto come questo. Nessuno ci ha aiutato, e va bene: vogliamo essere impresa privata e indipendente. Un nuovo posto vuol dire avventure diverse, non aver paura di cambiare, perché il rinnovamento è necessario.

CASI

Nella stagione 1995/96 [la seconda in via del Pratello], si realizza la svolta internazionale di "teatri di vita", che è un nuovo sasso nello stagno non esclusivamente bolognese, ma a livello nazionale.

ADRIATICO

Dal trasferimento al Pratello, con lo scarto sull'internazionalità, questo è stato un teatro che non ha avuto più problemi né di pubblico né di identità né di riconoscibilità. E la cosa importante è che negli anni è stato sempre precursore di una serie di tendenze e di movimenti. Se si guardano i programmi: le formazioni che oggi sono considerate formazioni che girano nei festival più grandi (Avignone, Edinburgo), queste sono passate prima da "teatri di vita", in questo spazio piccolo, dove la gente stava davvero abbarbicata sulle gradinate. Questo è [anche] un segno di vitalità, un'altra città non avrebbe potuto permettere un'esperienza di questo genere, perché allora c'erano una sensibilità e una attenzione, completamente diverse. Quando [nella stagione 96/97, la seconda stagione internazionale, la terza in via al Pratello] portammo lo spettacolo delle "contadine vietnamite", qui a Bologna era un grande rischio e invece fu un successo clamoroso, unica data italiana, come quasi tutti gli spettacoli presentati a "teatri di vita". Questa è stata un po’ la realtà dell'ospitalità che si è evoluta anche con l'avvicendarsi di me e Stefano Casi (che è poi un avvicendamento molto di facciata perché, anche quando ero direttore, collaboravamo, c'è sempre stata una circolarità di intenti e di pensieri molto stretta e ravvicinata).

CASI

In questa sala piccolissima [al Pratello] sono entrate delle compagnie che uno se soltanto ci pensa…

Andrea ha colto in anticipo e comunque nei tempi giusti, però prima degli altri, questo collegamento con l'estero, scoprendone anche tutte le difficoltà. E' mostruoso quello che vuol dire lavorare con una compagnia straniera da un punto di vista organizzativo, per le mille difficoltà che ci possono essere, tanto più se sono compagnie straniere come quelle che ospitiamo noi, che provengono da tutto il mondo. Fuori dall'Unione Europea comincia a diventare un lavoro pesantissimo, per tutti gli aspetti burocratici e le difficoltà dal punto di vista culturale, che sono oggettive ed enormi. Quello che tu intendi con una cosa non è esattamente quello che intendono anche loro e i loro tempi di lavoro sono decisamente diversi dai tuoi. Tutte cose estremamente interessanti, che ti fanno realmente capire come va il mondo, però all'atto pratico sono sempre problemi enormi, non sai mai come rapportarti con la gente, perché ogni volta è un [gioco a] prenderci.

BORTOLOTTI

Un significativo riconoscimento europeo è stato attribuito a "teatri di vita" [proprio] per la stagione Spaesamenti [la stagione 1996/97, inaugurata dallo spettacolo vietnamita Siccità e pioggia, compagnia Ea Sola, Vietnam, regia e coreografia Ea Sola]. Infatti, al termine della selezione del concorso per il Programma Caleidoscopio, riconoscimento concesso dall'Unione Europea alle manifestazioni culturali internazionali più significative di ogni anno, la Commissione ha inserito la programmazione di "teatri di vita", all'interno di Caleidoscopio '96.

Caleidoscopio premia ogni anno i progetti che si distinguono per "promozione della cultura europea, cooperazione fra istituzioni europee e originalità della proposta". "teatri di vita", inoltre, già in Internet con le sue pagine informative, riscuote [nello stesso anno] importanti apprezzamenti da navigatori singoli e da organizzazioni. La novità è un riconoscimento che proviene dalla rete che si occupa di cultura e differenze nel mondo, The Web of Culture, che ha inserito nell'elenco dei vincitori del Culture Choise Award anche il sito di "teatri di vita".

CASI

La cosa importante per me è stata subito creare un giornale e un sito (www.teatridivita.it), pensati come assolutamente strategici per l'informazione e la promozione.

L'idea è sempre stata quella di creare un polo multiforme di vari percorsi possibili, a partire dal teatro, come luogo di pensiero e di azione. Non come luogo per la propria compagnia, ma come luogo di attraversamento di altre esperienze. Quando abbiamo iniziato con le compagnie internazionali, dopo qualche anno anche gli altri [teatri] si sono buttati sull'internazionale. Adesso non è più un segno di distinzione lavorare sulle compagnie straniere e su progetti internazionali. Oggi è diventato abbastanza comune, ma prima c'era una presenza internazionale forte soprattutto nei festival. La sfida era invece quella di trasferire l'eccezionalità del festival all'interno di una stagione concepita tradizionalmente. Questa era la nostra sfida, perché su un festival tutti sono disposti a seguirti in qualche modo, gli sponsor, le istituzioni, perché il festival dà visibilità.

ABAGNATO

E non è da sottovalutare il valore della visibilità. Per un politico è tutto.

CASI

Tu chiami qualcosa "festival" e immediatamente hai attenzione. Il festival di per sé ti consente di portare gli spettacoli internazionali e di avere un pubblico, disposto a vedere uno spettacolo anche in lingua straniera. Paradossalmente se questo lo trasferisci a una stagione, cade tutto. La stessa identica cosa, vista in una programmazione non concepita in una settimana ma in un anno, con uno spettacolo al mese, è molto più difficile: perché alle istituzioni non interessa in modo particolare: ti danno il contributo normale; agli sponsor non interessa assolutamente (a loro interessa esclusivamente la formula festival); e al pubblico [poi], dopo una giornata di lavoro, non è che gli "sconfinferi" più di tanto andare a vedere "il teatro comico bulgaro" o "il teatro dell'assurdo lituano", questo è difficile da promuovere, mentre all'interno di un festival sei un po’ più agevolato.

Fino al 2001 abbiamo fatto un programma a stagioni. Quest'anno abbiamo deciso di procedere [invece] per blocchi di progetti.

Un [primo] motivo è sicuramente la facilità con la quale si comunica meglio un blocco di progetti, piuttosto che non la stagione. Si crea peraltro molta più attenzione. Lavorare su un contenitore [che per esempio, nel caso di Sarah Kane, ha unito 3 spettacoli e 3 incontri ad essi collegati,] è anche molto più interessante. Ti consente di non considerare la presenza di uno spettacolo "così", "arriva uno spettacolo e via", ma ti permette di attuare relazioni ed approfondimenti. Ancora, un progetto ti dà maggiore libertà di prendere decisioni anche all'ultimo momento, mentre la stagione ti ingessa e non ti puoi muovere. Puoi avere solo delle cose "fuori stagione", che comportano però ulteriori appesantimenti. Invece un progetto consente fino all'ultimo di intervenire e, quindi, di essere molto più presenti. Le dinamiche di questa tipologia di organizzazione, in blocchi di progetti di più spettacoli, ci portano ad avere un risparmio di energie molto forte.

ABAGNATO

"teatri di vita" prende in gestione uno spazio privato a Pontelungo, dove comincia l'attività come associazione culturale ":rifessi", che produce ed ospita spettacoli. Fonda una rivista: "Società di pensieri", [diretta da Stefano Casi]. E quindi decide di prendere in gestione un altro spazio, sempre privatamente, in via del Pratello. A quel punto, il rapporto con il Comune si fa più intenso, fino ad arrivare alla stipulazione di una Convenzione, grazie anche all'interesse prestato per le politiche giovanili ed i legami con le associazioni italo-straniere.

Nel 1997 "teatri di vita" viene considerato [nel piano comunale delle Convenzioni] come teatro di secondo livello, classificazione alla quale sono più affezionati i tecnici del Comune che altri.

L'apertura dell'Arena del Sole, nel 1994, comportò una ridefinizione della geografia dei teatri di Bologna ed una riassegnazione degli spazi per scelta del Consiglio comunale. [Nella seduta del 18/7/94], si assegnò l'Arena del Sole alla Cooperativa Nuova Scena, come Teatro stabile privato, con una programmazione di interesse generalista. Il Teatro Testoni, come Centro per l'infanzia e la gioventù, fu affidato in gestione alla Cooperativa La Baracca; e uno spazio di ricerca, ossia il Teatro San Leonardo, fu gestito dalla Compagnia di Leo de Berardinis. Questi erano i teatri compresi nel primo livello.

All'inizio del mandato 1995/96, la Giunta ha ipotizzato però il sostegno anche ad una serie di teatri classificati come secondo livello, cioè compagnie che producono e ospitano spettacoli, ma che non lavorano in spazi del Comune (Teatro Duse, Teatro Dehon, Teatro delle Moline, Teatro Ridotto, teatri di vita, Teatro San Martino).

Il terzo livello è invece nato e morto molto velocemente. Progetto del Comune era individuare, come terzo livello, il sostegno necessario alla "produzione che non gestisce [uno spazio]". E' stato attivato, per "l'anno 2001 delle Convenzioni", con il Teatrino Clandestino, [con cui ] il rapporto continua anche oggi.

Parallelamente a tutto questo, c'è l'attività di sostegno del Comune per "la promozione e la diffusione della cultura teatrale", attraverso "Bologna dei Teatri".

Non è un sostegno diretto ai teatri [come la convenzione], ma indiretto, sotto forma di promozione. Nasce intorno al '97, sostanzialmente come "manifesto bimestrale" con la programmazione [teatrale cittadina]. Ricorderete sicuramente lo slogan "Bologna, il più grande teatro d'italia", che comprende dodici teatri. Nel 1998 diventa un "manifesto mensile", con un accordo con l'ATC. Contemporaneamente, c'erano altri due progetti di promozione per il pubblico: "BO 16-25 GO" e "Età d'oro".

Dal 1998, questa offerta viene a formare un pacchetto unico di promozione del Comune per l'offerta teatrale, attraverso il "manifesto" (esposto alle fermate dell'ATC), seguito da un volantino più maneggevole, per arrivare ad una pubblicazione con la cartina di Bologna, nella quale sono evidenziati prima dodici teatri cittadini, quindi quattordici, infine diciannove. A questo punto viene promosso tutto ciò che c'è di Teatro e non solo i teatri che avevano ed hanno un rapporto strutturato con il Comune.

ADRIATICO

Il nuovo scarto è stato quando il Comune ci ha cercato per darci il [nostro] primo teatro pubblico, che è il Parco dei Pini. Passaggio fondamentale perché un'amministrazione pubblica riconosce la tua esperienza sufficientemente significativa da giustificare la concessione di un luogo. Ma anche in quella circostanza abbiamo cercato di costruire un momento di diversità. Mentre per tutti i palcoscenici pubblici (che ci sono in tutte le città italiane, Bologna compresa), il teatro, pur essendo assegnato a una determinata impresa, rimane di proprietà del Comune (ed è il Comune a gestire direttamente i lavori di restauro), nel caso del Parco dei Pini, è successa una cosa che è stata assolutamente anomala nel panorama nazionale. La Convenzione ha assegnato uno spazio in condizioni fatiscenti, non agibile, affidandoci anche la possibilità di scegliere i tecnici per la ristrutturazione e assegnando un fondo per poterlo rimettere in funzione.

ABAGNATO

Per la ristrutturazione, Il Comune ha stipulato una Convenzione con "teatri di vita", cercando di interpretare le norme sui lavori pubblici, perché c'erano in realtà degli elementi che permettevano un passo del genere. Il Comune ha inteso non tanto finanziare una ristrutturazione, quanto finanziare la nascita di un progetto culturale. Con questo obiettivo, è stata affidata a "teatri di vita" la competenza della ristrutturazione degli spazi.

ADRIATICO

Risultato: siamo riusciti a portare la prima sala a funzionamento in 8 mesi, dai calcinacci e da una piscina coperta, vecchia e dismessa. La vera anomalia è stata quella di poter scegliere direttamente i progettisti e quindi di non rischiare che un teatro venisse disegnato da un progettista comunale, con un'esperienza limitata negli edifici destinati a pubblico spettacolo.

Questa situazione è stata nuova anche da un altro punto di vista. Tutte le imprese che hanno fatto appalto dentro "teatri di vita", hanno fatto appalto con la "Teatri di vita piccola soc. coop. a.r.l. onlus", un controllo privato, che è un controllo diverso da quello pubblico. Questo infatti ha significato un impressionante abbattimento di costi e di tempi.

ABAGNATO

Normalmente l'Amministrazione comunale aveva sempre ristrutturato i suoi spazi direttamente. Questa gestione aveva un lato positivo: che il comune se ne assumeva i costi, risolvendo anche eventuali imprevisti. Ma aveva anche due lati negativi:

  • il Comune a volte ristruttura un teatro con delle regole di progettazione generali, che spesso "fanno a cazzotti" con la funzionalità degli spazi ed in particolare del singolo progetto [che vi sarà ospitato].
  • Il Comune è molto più lento nell'intervento.

ADRIATICO

"teatri di vita" è stato uno dei Cantieri di "Bologna 2000 - Città europea della Cultura" ed oggi "teatri di vita" ha raggiunto una quasi piena funzionalità, mancano solo degli accorgimenti sulla parte esterna. La struttura è finita.

Ora paradossalmente sta vivendo dei problemi molto importanti, perché il grande salto che la struttura ha fatto, qualitativamente e logisticamente, non è stato sostenuto a sufficienza da una situazione politica mutata. C'è una Giunta di altro tipo che, pur manifestando stima al lavoro del teatro, fa fatica a recepire cosa vuol dire un passaggio di questo genere.

Diciamo che per ora "teatri di vita" è un'esperienza mancata, perché ha una struttura con grandissime potenzialità. Ha però delle forze, dei mezzi e delle risorse, che non sono sufficienti a farlo lavorare come potrebbe.

Questi sono stati i passaggi principali di "teatri di vita" fino a quando l'acceleratore non è stato premuto sulla creazione di questa casa. Una casa che in qualche modo desse spazio a una pluralità di visioni di teatro, tant'è che si chiama "teatri di vita" non per niente.

Il mio lavoro artistico in questa casa è assolutamente non centrale, non è mai stato nella mia natura mettere le mie cose come unici punti di riferimento. Tendo a lavorare con parsimonia, senza esasperazioni. Il lavoro della compagnia interna [la compagnia ":riflessi"] ha rappresentato un 30% dell'attività.

Altra cosa è stato il gruppo di lavoro gestionale che è invece il vero gruppo di lavoro di "teatri di vita". Non c'è un artista, sono tutte persone che lavorano nella gestione e nella realizzazione. Io e Stefano Casi siamo quelli che forse appariamo maggiormente, ma ci sono dietro delle persone, che hanno davvero creato questo posto, senza le quali non sarebbe stato possibile niente. Vi parlo, da questo punto di vista, di persone che hanno disegnato strategie economiche d'intervento, che hanno fatto la storia pratica dell'organizzazione interna. Questo, in qualche modo, è il nostro patto di lavoro più interessante: il fatto di fare gruppo, capace di lavorare insieme, senza un discorso artistico prioritario.

Il nostro teatro è riconosciuto dal Comune e dalla Regione Emilia-Romagna sia come Teatro di produzione che come Teatro di ospitalità. L'anomalia è il Ministero dello Spettacolo che, invece, riconosce "teatri di vita" solo come Compagnia di produzione. Il totale delle sovvenzioni pubbliche (Ministero, Regione e Provincia, Comune) costituisce un quarto delle nostre entrate. Nel dettaglio abbiamo una composizione delle entrate così articolata:

- 25% di contributi pubblici
- 25% da sponsorizzazioni
- 50% dai nostri ricavi tipici (vendita spettacoli, biglietteria, corsi, seminari).

Il marketing è stato il grande punto di forza di "teatri di vita", perché anche in questo ha inventato delle strade. Spesso siamo destinatari di un immaginario che è quello dell'artista che non pensa assolutamente a niente nel momento in cui crea. Una realtà molto piccola come la nostra, già 10 anni fa, veniva sponsorizzata da multinazionali come Benetton, Enkel e altre. Noi siamo stati un piccolo terremoto per la realtà bolognese. Abbiamo imposto a tutti di confrontarsi sulla necessità di restare sul mercato. Stai vendendo sempre un bisogno e, se non hai un'idea creativa nell'applicazione di una strategia di mercato, non vai da nessuna parte.

"teatri di vita" è un teatro che ha avuto una storia grossa, si è posto come indicatore di soluzioni e strategie che non erano affatto state pensate prima:

  • nel rapporto con la pubblica amministrazione [ristrutturazione]
  • per il parametro contributivo dentro i nostri bilanci [bilancio creativo]
  • per tutta una serie di novità che hanno riprogettato il rapporto e l'idea di spettacolo assistito [marketing]
  • nell'attenzione alla formazione.

Non è vero che tutti gli spettacoli di "teatri di vita" sono eccelsi. Non vi sto spacciando queste storie. Ci sono state cose più belle, altre cose straordinarie, altre cose meno belle, ma tutte sono state scelte con onestà. Questo penso che nei nostri programmi si veda, storicamente è stato questo. Poi non si può piacere a tutti, e non tutto è bello.

4. Conclusione

- after which our separating selves become museum
filled with skilfully stuffed memories

(E.E. Cummings, dalla raccolta Is 5, New York, Boni and Liveright,1926)

- e poi le nostre metà distaccandosi divengono musei
zeppi di ricordi bene impagliati

(trad. it. Mary de Rachewiltz, Torino, Einaudi, 1974)

"Le cose non si possono tutte afferrare e dire come d'abitudine ci vorrebbero far credere; la maggior parte degli eventi si compie in uno spazio inaccesso alla parola". Ma "forse – continua Rainer Maria Rilke – tutti i draghi della nostra vita sono principesse, che attendono solo di vederci una volta belli e coraggiosi" (Lettere a un giovane poeta, Milano, Mondadori, 1997, pp. 37, 93). Abbiamo provato, coraggiosi, a raccontarvi "teatri di vita", senza perdere la vita e le persone che hanno fatto questo viaggio. Senza perdere la ricchezza e la profondità di questo luogo. Provando a non perdere di vista, come avverte Alfred North Whitehead, insieme ai fatti del viaggio, lo splendore del tramonto.

Puoi sapere tutto del sole e dell'atmosfera
e della rotazione della terra
e tuttavia ti può sfuggire lo splendore del tramonto.

(A. N. Whitehead, cit. in Siegfried Kracauer, Film: ritorno alla realtà fisica, Milano,
Il Saggiatore, p. 426)

Come nel Notturno indiano di Antonio Tabucchi (Palermo, Sellerio, 1974), quello che conta veramente, alla fine, forse è solo il viaggio. Qualcosa che vi rimanga quando anche noi, che scriviamo, e voi, che leggete, ci staccheremo come due metà. Qualcosa che è stato detto o è stato fatto. Un interesse. Se il giorno in aula e in quest'altra sede abbiamo creato un'occasione d'incontro con "teatri di vita", un incontro non banale né retorico, com'è stato il nostro, allora siamo felici.

Siamo qualcosa che non resta
frasi vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno

(Francesco Guccini, Incontro, dall'album Radici, 1972)

Felici e soddisfatti di aver avuto questa opportunità presso "teatri di vita", con Andrea Adriatico e Stefano Casi, presso l'Ufficio Spettacolo del Settore Cultura del Comune di Bologna, con Fabio Abagnato, li ringraziamo davvero. Come ringraziamo chi ci ha guidati in questa esperienza per noi così importante, ringraziamo di cuore Cristina Valenti.

Nota

Una puntualizzazione sui rapporti tra Comune di Bologna e "teatri di vita" conclude la nostra relazione. Per esigenze tecniche, il testo delle Convenzioni e delle Delibere che regolano tali rapporti non è in questa sede disponibile. E' possibile però richiederlo al nostro indirizzo di posta elettronica gruppodistudiotdv@hotmail.com

Vi consigliamo di visitare il sito Internet di teatri di vita, attraente, completo, ricchissimo di informazioni e di immagini. Sempre aggiornato, pensato come assolutamente strategico per l'informazione e la promozione, vanta riconoscimenti anche internazionali.


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