Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
MOTUS (Rimini)
Gruppo di studio: Serena Cerè, Veronica Pace
La
struttura organizzativa Dal punto di vista della configurazione giuridica, Motus si presenta come Associazione culturale senza fine di lucro. Fino a qualche anno fa la compagnia non possedeva e non gestiva alcuno spazio proprio e per ogni diversa produzione si avvaleva di spazi temporanei affidati in comodato o in affitto da comuni limitrofi o da privati. Ora sede della loro attività è BK 21F, capannone che si situa allinterno di un complesso commerciale nella zona industriale di Rimini. Motus si autodefinisce una banda senza capi, ma con un nucleo portante composto da Enrico Casagrande (regista, direttore artistico, attore e musicista) e Daniela Nicolò che, oltre ad essere la legale rappresentante del gruppo, segue in particolare la drammaturgia del lavoro. Intorno alle figure fondatrici, circuita un nucleo artistico che in maniera fluttuante è via via protagonista della scena e della sua ideazione: David e Cristina Zamagni, Giancarlo Bianchini, Marco Montanari, le gemelle Sabrina e Simona Palmieri, Cristina Negrini, Tommaso Maltoni e Dany Greggio (lultimo attore-angelo venuto ad incarnare il sogno orfico di Motus per un cortocircuito tra romanticismo e rock e visionarietà teatrale). Lorganico della compagnia è costituito da tredici persone aventi ruoli e competenze definite: sette i soci collaboratori, tre i responsabili dufficio: Sandra Angelini (laureata in Scienze Politiche, proveniente da esperienze organizzative di cineclubs e in seguito approdata al TTV Premio Riccione Teatro), Marco Galluzzi (laureato in Ingegneria) e Roberta Celati (addetta alla logistica e ai trasporti); e tre i lavoratori a contratto determinato: due attori serbi e un francese (Vlada Aleksic, Damir Todorovic e Renaud Chaurè, che si unirono al gruppo nel 2000, momento di trasformazione del corpo attorale). I componenti della compagnia non esauriscono le proprie competenze nellarte recitativa, Dany Greggio e Renaud Chaurè, ad esempio, affiancano allesperienza attorica quella musicale. Si pensi alloriginale incontro che Enrico Casagrande e Daniela Nicolò ebbero con lattore che poi vestì i panni di Orfeo: invitati in un locale dai La Crus, videro arrivare Dany, che aveva aperto il loro concerto come solista. I percorsi e le metodologie di lavoro non si articolano in un training definito, grande rilevanza viene però data alle improvvisazioni degli attori e ad una vera e propria messa su carta degli spettacoli che precede levento scenico. Nel 1999-2000 la compagnia ha avuto accesso ai contributi ministeriali tramite linserimento nellart.14 ("Progetto giovani") della circolare ministeriale, per poi essere riconosciuta nellarticolo 17 ("Imprese di produzione teatrale") del regolamento triennale emanato con decreto del 4 novembre 1999. Nellart. 17 comma 2 si legge: "Possono essere altresì finanziate imprese che svolgono, ad alto e qualificato livello, attività di produzione rispettivamente nel campo della sperimentazione, nel campo del teatro per linfanzia e la gioventù. Tali soggetti devono caratterizzarsi per la continuità e lidentità del nucleo artistico; lautonomia creativa e organizzativa; la disponibilità, anche temporanea, di una sede idonea per lo svolgimento di attività laboratoriale; la presenza di un progetto che realizzi un intervento creativo su testi teatrali. I soggetti di cui al comma 2, devono effettuare, per ciascun anno del triennio, un minimo di ottanta giornate recitative, ivi incluse per non oltre venti giornate recitative, le attività di laboratorio, nonché settecento giornate lavorative".
Le strategie di marketing e promozione inerenti lattività svolta si affidano a strumenti quali il sito internet (www.motusonline.it), a quotidiani e a riviste specializzate e non ("Mucchio Selvaggio", "Abitare" ).
Dalle origini alle "stanze" del nuovo.
Enrico Casagrande si laureò in Economia, Daniela Nicolò in Sociologia e fu proprio per caso che i due si avvicinarono al mondo del palcoscenico e precisamente il fortuito sodalizio avvenne nel 1988, in occasione del laboratorio dellIRA con la partecipazione di Massimo Ranieri. Esperienza questa che lasciò il segno. Ma limpronta indelebile sarà impressa dal passaggio da Urbino del Living Theatre e dalla visione di un riallestimento della scena della Peste (da Mysteries and Smaller Piece) sotto la direzione di Stephen Schulberg e Serena Urbani: venticinque persone di nazionalità diverse scalze in piazza, una vera e propria comune artistica, la realtà Living! Enrico Casagrande ne fu particolarmente colpito e maturò quindi lidea di creare Archeologia della violenza, spettacolo nato da un laboratorio condotto da Serena Urbani e interpretato dal giovane gruppo universitario Atarassia; lo spettacolo fu portato nei centri sociali bolognesi e fu allestito anche allestero. Da questa esperienza lidea, ma ancor più lesigenza artistica, di fondare un gruppo proprio, che si chiamò Opere dellIngegno. In uno spazio del Comune di Rimini, concesso dallAssessorato alle Politiche Giovanili, viene preparato il primo spettacolo: Stati dassedio (1990). Lanno successivo fu allestito Strade principali e strade secondarie. Lo spettacolo venne creato in una condizione di completo isolamento; unico sostentamento economico, i proventi che Daniela Nicolò riceveva come insegnante. Enrico e Daniela si erano nel frattempo trasferiti in una casa lungo il fiume, nei pressi di Montescudo, nellentroterra riminese, e qui ottennero in concessione un teatrino inutilizzato, dove poterono lavorare per lintera stagione invernale. Il 1991 fu un anno cruciale per la formazione Motus, grazie allinvito a partecipare al Festival di Santarcangelo allinterno dello "Spazio Proposte". Nello stesso Festival, Enrico Casagrande lavorava anche in qualità di attore in collaborazione con Manuel Marcuccio del Teatrino Clandestino, in uno spettacolo di Laurent Dupont del TAM Teatromusica, Stati di grazia. Del 1992 è la performance Ripartire da lì e il progetto di "scultura teatrale in tre giornate" dal titolo Sistemi rudimentali, allestito a S. Maria ad Nives di Rimini. Nel 1993, i Motus vengono esclusi dalle selezioni del Premio Scenario, al quale si erano candidati con lo studio per lo spettacolo Aid. Zona ad alta tensione, ispirato ad alcuni scritti di Tahar Ben Jelloun. I Motus ritengono che la giuria del Premio abbia giudicato il loro lavoro troppo complesso e intellettuale per essere semplicemente uno studio; e loro, daltro canto, intendevano prendere posizione contro la tendenza a un certo " teatro fresco", che sembrava particolarmente diffusa al momento. Lo spettacolo Aid. Zona ad alta tensione rappresenta il primo passo verso la riflessione portata avanti dai Motus sul concetto di non-luogo, di luogo astratto, di u-topos-scenico. La scena in cui una donna tende un filo tra le braccia alzate sta a simboleggiare il cortocircuito delle identità e lipotesi di pervenire a una congiunzione fra poli opposti: negativo e positivo, femminile e maschile, oriente e occidente, identità e differenza. Si inseriscono nella poetica Motus lidea della scenografia come parte integrante dellevento spettacolo e la concezione della scultura teatrale abitabile e abitata: tentativo di trasformare in teatro qualunque luogo, di spostare la scena nella dinamica dello spazio. Dello stesso anno è Cassandra. Interrogazioni sulla necessità dello sguardo. Per questo allestimento i Motus condurranno gli spettatori a "vivere" la propria abitazione allo scopo di rivelare la dimensione intima, privata del linguaggio come guerra. La disposizione scenica vede la presenza della veggente appesa e di uomini a terra intenti a spaccare mattoni di cemento. Prima de Locchio belva (1994), spettacolo che conclude il ciclo sulla necessità dello sguardo, viene allestito Strade secondarie. Con questo lavoro comincia un processo che porta il gruppo ad abitare spazi e corpi, fino a forzarne i confini nel rifiuto della parola scenica. Rifiuto che va di pari passo con unampia produzione di materiale scritto, che è approfondimento, introduzione o postfazione allopera teatrale e che, articolato in immagini, grafie e giochi di trasparenza, diventa quasi una sorta di propaggine scenica. Locchio belva soppianta la parola attraverso immagini e suoni. Ubicato nello spazio di unex cella frigorifera o in camerate e atri di un vecchio ospedale, limpianto scenico diviene scacchiera in cui collocare un gioco di percorsi. Suggestiva limmagine di apertura dello spettacolo: una donna in piedi, dai lunghi capelli neri e dal trasparente abito bianco si dondola su di unaltalena, come sospesa nel tempo. Di massima suggestione il gioco delle figure in tuta da operaio, che si alternano luna allaltra al fine di non scardinare la geometria del loro cerchio immaginario.
Lautofinanziamento rimane così il propulsore primo dellindipendenza, "ma rischia di trasformarsi col tempo in utopia della sopravvivenza, mettendo continuamente a repentaglio la continuità del lavoro". Si incrinano in questo
periodo i rapporti con il Teatrino Clandestino, a causa
delle incomprensioni sorte per la realizzazione di uno
spettacolo da presentare al Festival di Santarcangelo,
verso il quale i gruppi nutrivano idee divergenti e
contrastanti pareri. Catrame enfatizza allennesima potenza il concetto di scultura scenica. Le luci stroboscopiche dello spettacolo aumentano leffetto di straniamento dellatleta-attore, icona stravolta da accessori, quali paracolpi elastici ai gomiti e alle ginocchia, che ne rendono difficoltoso e "claustrofobico" lallenamento. Intermezzi degli assurdi fotogrammi, le didascalie estrapolate dal linguaggio quotidiano di una cultura votata alla serialità. Gli spettacoli successivi sono costruiti con una minuziosa e quasi ossessiva attenzione per quel che concerne lapparato scenografico e soprattutto i costumi di scena, a tal punto che limpianto visivo che ne scaturisce è degno di una rivista patinata: Motus diviene sinonimo di glamour, il tutto si fonda su unestetica strabordante. Quella dei Motus è una vera e propria drammaturgia degli oggetti, dove le cose si animano di plastica malizia. Il gruppo non ha mai avuto modelli vincolanti, si è sempre espresso liberamente, spingendosi più volte nel territorio della contaminazione. In questi anni hanno sfilato sulla passerella Motus: Cocteau, Beckett, Bacon, Ballard, Ariosto . La rivisitazione
dellOrlando Furioso ha debuttato nel 1998 a
Teatri 90, dopo una gestazione di diciotto mesi, durante
la quale sono state presentate sei diverse tracce
pubbliche, come work in progress, che hanno
radicalmente modificato i lineamenti del progetto steso
allinizio. Poiché ogni spettacolo nellottica
del gruppo è sempre riconducibile ad una forma, ora è
una piattaforma girevole a rappresentare lo spazio
scenico e ad accogliere i corpi degli eroi. Il progetto Orpheus, nasce a Sarajevo. Il semidio lapidato, torturato continua il suo canto, così come il popolo di cui diviene metafora, un popolo distrutto, brutalmente reciso, un popolo che, nonostante tutto, trae forza dallarte e per il quale larte diviene canto. Il basamento su cui Orfeo si adagia è una profonda desolazione, desolazione che già aveva contraddistinto Orlando Furioso. Entrambi si riferiscono a unossessione, a uninfinita passione nei confronti di una figura femminile irraggiungibile. Il vuoto che intrappola Orlando e Orfeo viene riempito, nel primo caso, aprendo la valvola salvifica della pazzia, nel secondo, oltrepassando la soglia degli inferi. Orfeo, un fantasma che entra nel nostro linguaggio e lo sommerge. I Motus giunsero al mito mediante il sonetto di Rainer Maria Rilke, la cui ambiguità aprirà la strada verso un altro territorio. Orfeo rappresenta totalmente i Motus, tutti i cambiamenti, tutte le evoluzioni, tutti gli abbandoni si sono incarnati nella figura dellArcangelo caduto. NellOrpheus Glance (spettacolo coprodotto dal CRT di Milano), il semidio assume le vesti di una vera e propria rock star, entra in scena con tanto di occhiali a specchio e sigaretta accesa, cantando una canzone arrangiata su una base di vetri rotti; le parole della canzone sono quelle della poesia di Nick Cave, Pozzo di Infelicità. Lo spettacolo viene ambientato in una vera e propria casa, al fine di situare il teatro in un luogo reale, posto in cui si aggirano attori-fantasma. Limpianto visivo-acustico porta in sé i semi della desolante dissoluzione. Il luogo della rappresentazione è una casa nella città dalle pareti rosse, in modo da illuminare il tutto con una violenza immensa. Nella casa di Orfeo troviamo tutti i luoghi del vivere quotidiano, vissuti con quotidiana gestualità: bagno, cucina, soggiorno, camera da letto. Al centro si erge uno specchio, è uno specchio-soglia e lidea di riflettervisi dentro atterrisce, ma nel contempo affascina. NellOrpheus Glance, lo specchio assume la valenza di doppio del reale, sua la capacità di fare trans-parire figure fuori dal tempo. Il dramma si consuma fra le pareti domestiche, dove attori armati sono intrappolati, pronti ad uccidere le cose che amano. Euridice è morta, eppure si aggira nella casa di Orfeo: proiezione? fantasma? La casa di Orfeo è lAde. Una "sottile linea rossa" congiunge Rooms (lultima produzione teatrale di Motus) al progetto Orpheus. Un nuovo percorso di lavoro, complesso e multiforme, che parte dalle esperienze accumulate con gli ultimi spettacoli allestiti si apre a molteplici ambiti disciplinari, volti a mettere in luce la natura "polimorfica" che da sempre ha caratterizzato il gruppo riminese. Rooms nasce quindi come progetto "aperto", basato su unottica di spostamento e continua trasformazione, su una formula produttiva "nomade", volta a superare le consuete modalità della produzione teatrale e mirando a fare di ogni fase dello stesso processo di ricerca e composizione scenica un momento espositivo e di confronto. A questo proposito tutto il progetto è stato concepito nellottica di poter considerare fulcro dellattività creativa, momenti di studio e di lavoro avvenuti in concomitanza allorganizzazione di conferenze, proiezioni cinematografiche e video, workshop con architetti, scenografi e grafici del web, oltre che con giovani scrittori e musicisti. Il nuovo percorso di lavoro prende avvio grazie al sostegno e allappoggio di due città come Rimini e Urbino. Con il Comune e la Provincia di Rimini, si sta instaurando un rapporto di collaborazione più strutturato e di lungo periodo, grazie anche alla presenza del Festival di Santarcangelo, dove puntualmente sono state presentate tutte le produzioni del gruppo dal 1995 ad oggi. Anche il Teatro Sanzio di Urbino ha visto nella possibilità della collaborazione con Motus, unimportante base per sviluppare e creare sinergie a lungo termine. In particolare è a partire dal 1997 nellambito della Rassegna "Teatro Altrove" che questo rapporto diviene fattivo, è nato inoltre un forte rapporto di fiducia con il Direttore artistico del teatro, Gilberto Santini, che per questo nuovo progetto ha proposto a Motus di considerare la città di Urbino come "seconda casa" in cui sperimentare, elaborare e approfondire le varie fasi di ricerca, affiancandosi in modo paritario alla stessa struttura organizzativa e promozionale di Motus sino al 2003. Questa modalità di collaborazione innovativa, siglata dalla dicitura URBINOWELLCOMESMOTUS, si pone ben oltre le consuete formule di coproduzione ed avvia una diversa forma di reciprocità fra pubblico e privato, contemplando la possibilità di porre in sinergia gli interventi di due Comuni e Regioni limitrofe. Rooms, si struttura come un percorso di lavoro dinamico, concentrando la sua riflessione sulla ricerca degli spazi, sulla sperimentazione sonora, sui frammenti desistenza consumati dentro stanze, camere dalbergo o motel rese anonime e inquietanti dal passaggio di esistenze vagabonde. Esterno ed interno, città e moquette, carte da parati, lampade difettose, quadri di cattivo gusto: spazi delimitati, chiusi, vuoti e pieni di quel white noise degli impianti di condizionamento, che rende lambiente asettico, spaesante. Nellagosto del 2000 il gruppo si reca a Los Angeles allo scopo di raccogliere immagini e sonori, vagabondando fra motel e alberghi fatiscenti della down-town. Particolarmente colpito dalle imbarazzanti e spesso sorprendenti somiglianze con il panorama alberghiero della riviera, Motus decide di dare avvio al progetto. Rooms nasce infatti dalla percezione e dal successivo desiderio di mettere in scena la condizione anonima e nomade della stanza dalbergo: "Puoi essere ovunque e da nessuna parte, sei lì e basta, come a teatro .". Non ci sono eroi o miti a cui fare riferimento questa volta, non cè neppure una storia, o meglio ununica storia che precede levento scenico, ma tante, diverse, bizzarre, ed impossibili storie, reali, inventate, rubate al cinema o alla letteratura, tutte comunque ambientate o in una vera stanza dalbergo o in stanze appositamente costituite per ospitare una serie di interventi sia teatrali sia performativi. Nella prima fase del lavoro viene costruita, grazie al progetto dellarchitetto Fabio Ferrini, una piccola stanza facilmente assemblabile e trasportabile, delle dimensioni di circa m. 6 x 4 e di m. 2,5 di altezza, con un lato aperto come uno squarcio sezione, per la visione degli spettatori. Questa prima Room ha rappresentato inizialmente un prototipo da far "abitare" a diversi ospiti/attori, una "palestra" dove verificare la presenza scenica di nuovi attori, la potenza di testi e dialoghi, in cui creare una serie di rimandi fra una storia e laltra, in modo da dare lopportunità allo spettatore di sperimentarsi nelle vesti di una sorta di lettore di "gialli a puntate". Essenziali come lo sono sempre stati nel percorso di ricerca intrapreso da Motus, sono i "cattivi maestri", come James Graham Ballard e Breat Easton Ellis. Aleggia qui "una catastrofe minimalista dellorrore", e chi meglio della letteratura degli ultimi anni è riuscita, grazie allossessiva ripetizione del quotidiano pervertito, ad estetizzare i propri incubi? Rooms come micro-mondo, quindi, come spazio asettico dove si combatte lintimo delirio delluomo. Come micro pieces costituite dai ritratti di unumanità varia, sfaccettata, come sfaccettati sono i brevi dialoghi con laltro essere con cui si condivide forzatamente uno spazio, al telefono, allo specchio o con chi sta per arrivare. La tensione, il contrasto fra spazi, in special modo interno/esterno vengono inoltre acutizzati da un dettagliato lavoro sonoro sulle pareti. Rooms vuole porsi come modalità di lavoro che tende a rifondare il rapporto sia con lo spettatore sia con i partners organizzativi: attraverso rassegne, mostre, interventi allinterno di veri hotel, viene assemblato il materiale per il progetto, a cui si aggiunge unampia letteratura a cui fare riferimento (Le ore di Michael Cunnigham, Le regole dellattrazione di Breat Easton Ellis, The body artist di Don De Lillo, Splendids di Jean Genet, Camere separate di Pier Vittorio Tondelli ..). Con Rooms Motus ha inteso anche riflettere sul concetto di finzione cinematografica ed avviare una fase di ricerca sullimmagine digitale, affiancando alla stanza dalbergo appositamente costruita, una seconda stanza identica, ma totalmente virtuale. La cornice di questo grande doppio schermo che è affiancato o sovrapposto alla Room è identico a quello della prima stanza. Un doppio linguaggio parallelo quindi, che non si pone in antitesi, ma in compenetrazione, esaltandone la complessità drammaturgica. Le due stanze sono da tutti i punti di vista limmagine sfalsata dello stesso luogo e della stessa azione, mettendo a confronto il pubblico con la visione diversificata dello stesso oggetto. Questa possibilità è offerta anche grazie allutilizzo di alcune telecamere a circuito chiuso poste allinterno della stessa stanza; su queste inquadrature si sovrapporranno frammenti video montati in precedenza (durante le prove della stessa azione), creando ulteriori livelli di lettura. Vacancy Room (debutto nel luglio 2001 al Festival di Santarcangelo), si presenta come una sorta di scatola ottica - camera da letto e bagno - per aspirare frammenti desistenza in viaggio in un luogo insieme anonimo e traboccante di quella solitudine propria degli incontri fugaci. Tentativi di dialoghi sono tratti dallultimo Pinter e da Sarah Kane, Don De Lillo e Breat Easton Ellis.
Relazione
tenuta nellambito del corso di Organizzazione ed
Economia dello Spettacolo |