Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Organizzazione ed Economia dello Spettacolo (M-Z)

LE ARIETTE (Castello di Serravalle, BO)

leariette@libero.it

Le Ariette- Rio Marzatore 2781 - Castello di Serravalle - tel. 051 6704373

Gruppo di studio: Angela D’Alia, Florinda Podestà, Eliana Scarabelli

A teatro in Provincia

La Provincia di Bologna ha in rete 19 teatri, 800 spettacoli l’anno, per un budget di 2 miliardi e 500 milioni di vecchie lire. Due rassegne tramite cui apporta il suo appoggio finanziario: "Invito in Provincia" e "Sipario", attività particolarmente attenta ai territori dei comuni della Provincia e del Comune capoluogo.

Importante realtà nell’ambito provinciale è la rassegna "Tracce di teatro d’autore", un progetto complesso e articolato che si propone di leggere la contemporaneità del teatro intrecciando insieme tradizione e ricerca. In questa iniziativa, di cui è ideatore e direttore artistico Federico Toni, sono coinvolti i comuni di Pieve di Cento, San Pietro in Casale, Argelato, Castello D’Argile e Cento, con il patrocino della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Ferrara .

A Calderaia di Reno troviamo il Teatro Reon di Fulvio Ianneo e Anna Amadori.
A Minerbio c’è Rosaspina Teatro di Angelo Generali e Aurelia Camporesi.
A Imola c’è l’Associazione Diablogues di Enzo Vetrano e Stefano Rondisi.
A Monterenzo-Pianoro opera Matteo Belli con la Cà Rossa
A Casalecchio c’è il Teatro Evento-Festival "Infrazioni".
A Zola Predosa c’è l’Associazione Cantharide Teatro.
A Castello di Serravalle abbiamo Le Ariette.

Le Ariette

Associazione culturale.Compagnia di produzione non finanziata dal ministero. Legalmente costituita nel 1996. Il gruppo promotore (gruppo di base che realizza varie collaborazioni negli anni ) è costituito essenzialmente da: Paola Berselli, Stefano Pasquini, Maurizio Ferraresi.

Percorsi formativi:

Stefano Pasquini studia contrabbasso al conservatorio, ma non termina gli studi. Si ritiene essenzialmente autodidatta, sia nella quotidianità sia in campo artistico: due sfere che continuamente si fondono, creando un tessuto eterogeneo di spunti per il proprio lavoro.

Paola Berselli: frequenta un corso teatrale di stampo lecoquiano. Incentra la propria attenzione sulle possibilità gestuali del corpo, potenziate attraverso il mimo. Si appropria di un’espressività gestuale acrobatico-circense.

Maurizio Ferraresi: frequenta per 2 anni un corso serale di teatro al Baule dei Suoni.

1985/89: Baule dei Suoni

Tra il 1985 e il 1989 Paola e Stefano lavorano al Baule dei Suoni di Bologna, una cooperativa musicale che estendeva la propria operatività anche nel campo teatrale e dell’animazione, proponendo al suo interno corsi e laboratori. In questi anni preparano spettacoli per adulti e ragazzi insieme a Mauro Bertocchi. Compongono drammaturgie proprie, anche utilizzando la tecnica del collage, senza alcun interesse nel rendere riconoscibili le fonti. Producono molti lavori di contaminazione con la musica.

Nell’86/87 alla Morara, uno spazio gestito dal Baule dei Suoni, parte il progetto "Teatro fuori dai Teatri", a cui Paola e Stefano collaborano con "La Camera Teatro".

"La Camera Teatro" si chiamava così, proprio perché lo spazio in cui si agiva era una vera e propria camera, una stanzetta al piano di sopra della Morara, dove il sabato si faceva discoteca. Ora veniva usata come spazio prove e ospitalità, uno spazio che favoriva momenti di cultura, di scambio e di riflessione. Sempre nell’ambito di questo progetto nascono due edizioni del festival "Note Truccate" (fondato sull’idea di contaminazione teatro/musica).

1989: Cosa c’è fuori di qui?

Cosa c’è fuori dal teatro? Come si vive fuori dalla nostra realtà che, a dire il vero, inizia a starci un po’ stretta?

Domande dettate da una certa stanchezza personale e artistica. Domande dovute, come dice Stefano, a "Un teatro che si era chiuso su se stesso e che parlava solo a se stesso, vittima della corsa al riconoscimento della critica".

Nonostante la loro crescita professionale, sentivano l’inaridimento generale di ciò in cui credevano fortemente. Per la verità Bologna aveva visto, in quegli anni, la grande fioritura di una serie di realtà come il Cassero e lo Studio's: espressioni della nascita di un circuito veramente alternativo. Eppure Paola e Stefano decisero di andarsene. E se ne andarono in tutti i sensi: se ne andarono via dal teatro e dalla casettina in campagna dove vivevano dal 1984.

Andarono a vivere a Castello di Serravalle, nella campagna del nonno di Stefano, in località "Ariette". Con l’aiuto del padre di Paola costruirono il deposito e ristrutturarono la casa. Aprirono così una piccola azienda agricola, dove iniziarono a coltivare prodotti biologici e ad allevare gli animali. Anche in questo caso, come nel teatro, furono sostanzialmente autonomi e autodidatti.

Nel 1991 l’azienda agricola diventa agrituristica. Lo spazio ridotto non consente il pernottamento e la sala da pranzo può ospitare circa 20 persone.

1991/95: Il lavoro in campagna. La fatica e le soddisfazioni. Nel cuore sempre il teatro.

Sono anni duri, di autoformazione: c’è molto da fare e da imparare ogni giorno. Il rapporto con l’agriturismo è contraddittorio. C’è una sorta di amore/odio.

Stefano dice: "Ci sono strani clienti che chiedono troppo dal punto di vista umano.Vogliono consumare tutto in fretta, cioè mangiare, comprare e conoscerti a fondo nel giro di due ore, per ottenere quella dose di ‘buone cose di una volta’ e sentirsi soddisfatti".

Ci sono le delusioni e le soddisfazioni e un motivo di sottofondo sempre vivo, presente, che li accompagna e li "pungola" di continuo, senza abbandonarli mai: l’amore per il teatro.

1995: Di nuovo il teatro.

"Il teatro torna più faticoso ma anche più cosciente e libero" dice Stefano. Paola parla dei mille dubbi che li hanno accompagnati nel riaffacciarsi su questa realtà, nel rincontrare vecchi colleghi: "Che penseranno di noi? ci accetteranno di nuovo? Sì, perché ritornare e più faticoso che iniziare dal niente". Ma la passione e l’esigenza intima, profonda e incontenibile sono la risposta alle loro domande. Così nel 1995 riprendono, facendo produzione e ospitalità a casa propria e autofinanziandosi completamente.

Finanziamenti

Nel 1996 Le Ariette si costituiscono legalmente come associazione culturale e chiedono sostegno a Comune e Provincia di Bologna. Tra il 1997 e il 1999 il Comune di Castello di Serravalle mette a loro disposizione cifre che variano tra mezzo milione e 1 milione e mezzo di lire. Nel 2000 il Comune concede loro 2 milioni di lire, cui si aggiungono il Comune di Monteveglio con 2 milioni e la Provincia con 5 milioni. Nel 2001 si aggiungono il Comune di Bazzano con 2 milioni e la Provincia con 10 milioni.

Questo il quadro riassuntivo dei contributi:
2000: L. 9.000.000 (Castello di Serravalle + Monteveglio+ Provincia di Bologna)
2001: L. 16.000.000 (Castellodi Serravalle+ Monteveglio+ Bazzano+ Provincia di Bologna)

Partite da un regime di completo autofinanziamento, oggi Le Ariette hanno a disposizione un contributo annuo equivalente a 16 milioni di lire, col quale coprono il lavoro di produzione, programmazione e ospitalità. Riescono a retribuire il proprio lavoro dal momento che una parte delle giornate lavorative diventa effettivamente guadagno.

Cosa fanno

PRODUZIONE: In diversi periodi dell’anno

OSPITALITÀ:

  • In forma di rassegna itinerante, nelle case dei 3 Comuni (fra aprile e maggio).
  • "Teatro nelle case - Festival d’autunno": spettacoli e incontri vari concentrati in 4 giorni dell’ultima settimana di ottobre. Luoghi: le case dei 3 comuni e il teatro delle Ariette (Deposito Attrezzi).
LAVORO PEDAGOGICO:
Sono critici nei confronti del lavoro laboratoriale. Si occupano di piccole cose, amano scegliere e soprattutto aderiscono a iniziative in cui credono veramente. Attualmente lavorano nei Centri Anni Verdi a Bologna e per il Drama Teatri a Modena. Propongono un laboratorio autobiografico, concentrandosi su materiali della memoria assieme ai ragazzi, proponendo così un’educazione al racconto.
 
INIZIATIVE DEL COMUNE:
Fra le altre cose, ogni anno aderiscono alla festività del 25 aprile con una loro "Festa della Liberazione".
 
TEATRO DA MANGIARE:
È lo spettacolo che costituisce la chiave di volta. Ha partecipato a vari Festival italiani, facendo sempre il tutto esaurito. 141 repliche fino ad oggi. Unisce l’esperienza agricola e culinaria a quella teatrale, creando un codice comunicativo intimo e intenso tra loro e gli spettatori.
 
FATTORIE DIDATTICHE:
Grazie a una legge regionale che prevede rapporti tra strutture agrituristiche e scuole, metteranno a disposizione la loro esperienza di agricoltori e di educatori tramite un progetto che riguarda la panificazione.

Training e nascita delle idee

La loro identità mista, di attori-agricoltori, li porta a lavorare sul teatro anche durante le attività in campagna. Non fanno un vero e proprio training. Alla base della loro preparazione attorale c’è il lavoro continuo e costante della vita quotidiana, che comprende anche i più piccoli gesti.

Può capitare che le idee nascano dando da mangiare agli animali o seminando. Idee, le loro, che vanno a formare quelli che Stefano chiama i "volumi di materiali", da cui si estrae e si lavora col montaggio. Ultimamente sono interessati al tema dell’autobiografia che nasce da spunti diversi ed eterogenei: fotografie, lettere, canzoni, libri, ricordi e tutto quello che costituisce la memoria individuale.

Ruoli

Anche i ruoli, come le identità professionali, sono fortemente mescolati, intercambiabili, indefinibili. Volendo stabilire comunque una differenziazione fra i compiti, potremmo dire che: tutti e tre sono attori; Paola e Stefano si occupano della scrittura dei testi; Maurizio si preoccupa della parte più tecnica (è il "trovarobe" deputato); a Stefano è affidata la parte registica.

La loro visione di regia coincide con l’idea di un processo di coordinamento del lavoro creativo, che dia contorno ai materiali. Paola sostiene che bisogna essere forti per adempiere a questo ruolo: "la regia è difficile, soprattutto se si lavora sull’autoproduzione, perché si crea una lotta con l’attore – dice – "e Stefano è molto bravo perché lascia andare, ma sa riprendere al momento giusto."

Per ciò che riguarda i ruoli a livello organizzativo (promozione e ufficio stampa) si sono sempre arrangiati da soli, lavorando sul tavolo della cucina. Da settembre verranno aiutati da un amico, perché il lavoro è diventato troppo duro dal momento in cui con Teatro da mangiare hanno iniziato a spostarsi molto.

Il pubblico

Il rapporto col pubblico è fondamentale per il teatro delle Ariette, che nasce per divenire immediatamente "tramite" tra attore e spettatore. Teatro che si configura come codice condivisibile, che mette in discussione costantemente il "loro" e il "nostro" ruolo. Il pubblico, tipologicamente eterogeneo e molto ridotto numericamente, si ritrova in spazi piccoli e accoglienti, totalmente extrateatrali: solitamente la stanza di una casa. Qui si evidenzia la necessità di un incontro diretto, che possa favorire uno scambio, una risposta attiva e positiva: una compartecipazione. Stefano sottolinea come sia penalizzante, dal punto di vista economico, lavorare coi piccoli numeri, ma come, d’altra parte, la qualità ne risulti nettamente accresciuta. "È un lusso per l’artista, che recupera il gusto originario di fare teatro", dice. Dal canto suo, il pubblico va lì perché cerca un certo tipo di rapporto: vuol partecipare, vivere l’esperienza.

Tutto questo è ciò che Le Ariette intendono come rapporto col pubblico, ed è su questo e attraverso questo che fondano il proprio modo di fare teatro.

La nostra esperienza

L’importanza che Le Ariette attribuiscono al loro pubblico è così totale che, a volte, per dargli spazio, loro spariscono letteralmente, come nell’ultimo spettacolo che abbiamo visto: Prima di Pasolini. Evento naturale.

Venerdì 31 maggio. Ore 21,15. Passeggiata serale fra i campi di grano, seguendo l’itinerario segnato da candele profumate e frecce di fiori per terra. Arriviamo al Deposito Attrezzi, ci accoglie una tavola imbandita. Siamo "costrette" a vincere l’imbarazzo e a conoscere i nostri vicini di tavola, per chieder loro di passarci quelle delizie: ricotta, miele, salame, ciliegie, pane e vino. C’era inizialmente qualche gruppo già costituito, ma dopo poco eravamo diventati un’unica tavolata di quaranta persone. La musica di un carillon ci interrompe e un attore ci racconta una fiaba brevissima.

Se ne va. Ricominciamo a mangiare in attesa che arrivi qualcun altro, ma non succede nulla. Ci alziamo e torniamo verso la casa, ma ancora nessuno. All’uscita troviamo sul parabrezza dell’auto, questo messaggio:

Difficile dire cosa sia "Prima di Pasolini". Difficile andare oltre la definizione di "Evento naturale". Certo per noi, noi che lo abbiamo pensato, è un atto d’amore estremo, un gesto di fiducia incosciente.
Un atto di amore estremo può portare all’annientamento, al suicidio.
"Prima di Pasolini" è il suicidio del teatro. Un suicidio d’amore.
Un gesto di fiducia incosciente nel cielo, nella terra, negli uomini, nelle lucciole.
Prima delle parole e della cultura c’è qualcosa che ci unisce tutti, uomini, bestie, fiori, frutti e foglie.
Noi non ci siamo. C’è tutto ciò che amiamo.
Ci siete voi prima di tutto, ci sono Le Ariette, i nostri campi, il Deposito, i bambini, le mamme, Stefano, Mariangela e le gemelle del Marzatore, gli animali e le piante e il cielo e le stelle e Ponzo.
E quel nome: Pasolini, prima di lui come lui diceva "io sono una forza del passato".
Questa volta non c’era bisogna di ricreare un mondo. Il mondo c’è e certe volte basta solo guardarlo.

Paola, Stefano, Maurizio.

 
Relazione tenuta nell’ambito del corso di Organizzazione ed Economia dello Spettacolo
21 maggio 2002

Ritorno alla pagina precedente

Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna