Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Note cap. XII

Note cap. XII

 

1. Il capitolo è una sorta di compendio di regole della composizione che Cartesio riprende dalla lettura, lacunosa e confusa, della Parte III delle Istitutioni harmoniche (1558) di Zarlino. Sono ricordi di uno studio che risale indietro nel tempo, come talora Cartesio riferisce. In queste pagine, Cartesio è evidentemente a disagio con una materia che non possiede, disagio dovuto anche al venir meno del rigore della dimostrazione matematica e del ragionamento deduttivo che è invece il Leitmotiv dei capitoli precedenti. Cartesio segue dunque qui Zarlino, come ciscuno potrebbe controllare attraverso la lettura delle Istitutioni, e lo segue in modo contradditorio. Ad es., prima ancora di definire le tre condizioni che Cartesio indica come premesse della buona composizione, Zarlino elenca gli elementi necessari alla creazione dell’opera musicale, come fanno gli scrittori di poesia: il soggetto, ovvero la materia della composizione; le consonanze, la parte più importante della composizione, e le dissonanze, che devono essere impiegate secondo regole ben definite; la condotta delle parti, che deve essere ordinata e con modulazioni fondate su intervalli legittimi; la varietà, di cui la natura si compiace; infine la conformità dei suoni con le parole, in modo che nelle materie allegre l’armonia non sia mesta, e viceversa. Cartesio dimentica tutto questo, e comincia da tre condizioni indispensabili che tuttavia presuppongono logicamente le indicazioni offerte da Zarlino.

Lo studente che voglia approfondire il rapporto tra Cartesio e Zarlino sulle regole della composizione, potrebbe leggere il testo più bello e esaustivo mai scritto sulle idee musicali di Cartesio, Descartes et la musique (1907), di André Pirro, alle pp. 47 sgg.

2. Su questo punto, ricordare le osservazioni del cap. VIII "La quarta."

3. Il tritono: 32/45, fa-si, 4/5 x8/9; falsa quinta: 45:64.

4. Consonanze perfettissime sono unisono, 1:1 (che propriamente parlando non è consonanza, perché non c’è differenza tra l’altezza delle voci gravi e acute), ottava, 1:2, e quinta, 2:3.

5. In questa osservazione Cartesio ha in mente il passo di Zarlino, Parte III cap. 28, in cui viene introdotto lo ‘stile fugato’. Zarlino tuttavia sottolinea che qui non è necessario che il compositore osservi questa regola: egli è libero di accompagnare la prima nota d’entrata della seconda voce con una consonanza imperfetta, perché c’è una pausa o silenzio tra le voci. Val la pena notare fin da subito la giustificazione che Cartesio offre della regola, desunta dalle attese dell’ascoltatore: Zarlino sentenzia invece che la perfezione si addice alla fine non all’inizio delle cose. Vedi Pirro, cit.

6. Zarlino dice che la "Cadenza è di tanto valore nella Musica, quanto è il Punto nella Oratione;" v. Pirro, p. 61. Zarlino dice tra l’altro che la cadenza deve sempre risolversi attraverso un semitono, perché "la Natura ha provisto una simil cosa; percioche non solamente i periti della Musica, ma anco i contadini, che cantano senz’alcuna arte, procedono cantando à questo modo per l’intervallo del semituono;" v. Pirro, p. 62.

7. Cartesio non problematizza il primato assegnato alle composizioni a 4 parti, anziché a 2 o 3, come ancora s’usava nel suo tempo, o a più di quattro parti. Zarlino associa le quattro voci ai quattro elementi della cosmologia aristotelica: basso-terra, acqua-tenor, alto-aria, soprano-fuoco. Cfr. Pirro, p. 65.

8. La ragione è che il suono grave contiene l’acuto, come Cartesio ha detto nel capitolo sulla consonanza.

9. Che la voce grave necessiti d’una minore emissione d’aria per essere emessa è una premessa errata che Cartesio desume dalla tradizione aristotelica, in particolare la sezione musicale dei Problemi pseudo-aristotelici.

10. Anche questa come la precedente premessa (vedi nota 9) è acusticamente errata, e deriva dalla falsa idea che i suoni acuti siano più veloci dei suoni gravi, che sono più lenti.

 

 

 

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