Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Note capitolo 1

Note al primo capitolo

 

  1. Il genere del compendio definiva nelle scuole di filosofia e di teologia i sommari destinati agli studenti. Cartesio si forma nella scuola gesuitica di La Flèche, dove rimane dal 1605 al 1613; è quindi addestrato alla lettura di compendi scolastici per le discipline insegnate sia nel corso grammaticale che in quello matematico e filosofico. Il Compendium cartesiano ripete quindi il modello dell’insegnamento, e potrebbe essere la rielaborazione originale dello studio della musica appresa a La Flèche (frequentata anche da Marin Mersenne, che diventerà il "filosofo naturale" più attivo in campo musicale della prima metà del Seicento.) Il titolo è inoltre frequente nella tradizione musicale: da Cassiodoro a Coclicus a Orazio Tigrini, che nel Compendio della musica (1588) riassume le teorie musicali del suo maestro Gioseffo Zarlino.
  2. Che la musica (e la poesia) abbia per fine il "delectare e movere" (piacere e commuovere) non è certo una novità. Nella retorica classica, che rappresenta una delle tradizioni presenti nel trattato cartesiano, il principio è ad esempio presente in Cicerone, De oratore, L. III; nell’Ars Poetica di Orazio il fine della poesia è "delectare et docere" (piacere e insegnare); e nella Prefazione alle Nuove Musiche (1603) di Caccini, la definizione cartesiana è presente in maniera pressoché identica. Cfr. anche Gioseffo Zarlino, Dimostrationi harmoniche (1571), p. 10. Ciò che si deve sottolineare è allora il contesto retorico-letterario a cui la definizione cartesiana rinvia, dove la musica non appare distinta o separata dalla poesia e quindi dalla retorica che ne è la teoria.
  3. Anche questo lemma si colloca nella tradizione della poetica, in particolare nelle discussioni antiche e moderne sugli effetti della tragedia: cfr. Giulio Cesare Scaligero, Poetices libri septem, L. III "Tragoediae quo modo delectent," come le tragedie dilettano. Mersenne discute a fondo il problema enunciato da Cartesio nell’Harmonie universelle, L. II "Des Chantes," prop. 26. A lezione abbiamo potuto verificare la ricorrenza del tema nella letteratura estetica, da Du Bos a David Hume.
  4. I "mezzi" con cui la musica consegue il fine di dilettare e commuovere sono le due proprietà quantificabili del suono: altezza e durata, o meglio, le proporzioni tra le voci acute e gravi e le proporzioni tra i tempi delle note, o ritmo. Dallo studio delle due proprietà matematiche del suono è invece escluso l’esame della sua "qualità" (noi diremmo timbro), perché questo attributo appartiene al suono come evento fisico, naturale, e quindi rientra nell’ambito dello studio della fisica (vedi nota seguente) non della matematica.
  5. I "Fisici" sono i filosofi naturali aristotelici, ai quali Cartesio contrappone dunque la propria analisi matematica del suono, perché la matematica è una scienza certa e dimostrativa. La stessa sentenza cartesiana sarà ripresa da Jean-Philippe Rameu nel suo Traité de l’harmonie (1722), "Preface".
  6. Questo testo rinvia alla tradizione medica rinascimentale, dove gli ‘spiriti’ sono dei sottili vapori prodotti dal calore del sangue che presiedono alle funzioni psicofisiologiche del vivente. ‘Spiritus’ è anche la voce che promana dall’interiorità dell’uomo e raggiunge attraverso l’aria, che è uno spirito meno puro, lo spirito dell’ascoltatore, comunicandogli le emozioni del cantante. Per questo tema, si veda l’articolo di D. P. Walker su Ficino, in La musica nella rivoluzione scientifca del Seicento, Bologna, il Mulino 1989.
  7. Anche il concetto di simpatia rinvia alla medicina e alla magia rinascimentale. Vedi la nota seguente.
  8. Il testo che Cartesio ha presente qui è G. Fracastoro, De sympathia et antipathia rerum, 1546. Fuori dal contesto magico, il fenomeno a cui fa riferimento Cartesio è quello di risonanza simpatetica, che sarà discusso in un altro capitolo del Compendium.

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