Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna COMPENDIUM MUSICAE

Cartesio
Compendium musicae

Avvertenza: le [...] indicano una lacuna nella traduzione italiana.

 

XI De Dissonantijs.

[...]

Has autem in sonis successive emissis vitari non posse inter diversas partes, est clarissimum. Sed quaeret etiam forte aliquis, quare non aeque in voce successiva eiusdem partis debeant admitti, quemadmodum gradus, cum quasdam ex illis minoribus etiam numeris explicari appareat, quam ipsi gradus: vnde videntur auditui fore gratiores.

Cuius dubij solutio pendet ex eo quod supra notavimus: vocem, quo acutior est, eo majori indigere spiritu vt emittatur, atque ideo gradus inventos esse, vt medij sint inter terminos consonantiarum, atque per illos facilius a gravi vnius consonantiae termino ad acutum ascendamus, vel contra. Quod idem praestari non posse a septimis vel nonis, patet ex eo quod harum termini magis inter se distent, quam termini consonantiarum; ideoque cum maiori inaequalitate contentionis deberent emitti.

[...]

Atque hi numeri tam magni sunt, vt per se talia intervalla tolerari posse non videantur. Sed quia, vt ante notavimus, tam exiguum est schismatis intervallum, vt vix auribus possit discerni: ideo illae ex consonantijs, quarum sunt proximae, suavitatem mutuantur. Neque enim consonantiarum termini ita consistunt in indivisibili, vt si vnus ex illis aliquantulum immutetur, statim omnis consonantiae suavitas pereat. Atque haec ratio tantum potest, vt huius generis dissonantiae etiam in eiusdem partis voce successiva admittantur, loco consonantiarum e quibus exeunt.

Tertium genus dissonantiarum consistuunt tritonus & falsa quinta: in hac enim pro tono maiore habetur semitonium maius, in tritono contra. Atque his numeris explicantur:

Qui etiam numeri nimis magni sunt ad aliquod non ingratum auribus intervallum explicandum; neque habent valde vicinas consonantias, vt praecedentes, ex quibus suavitatem mutuentur. Vnde fit vt hae vltimae in relatione debeant vitari, saltem quando fit lenta musica & non diminuta; in valde diminuta enim, & quae celeriter canitur, non satis auditus habet otij, vt harum dissonantiarum defectum advertat: qui defectus longe evidentior est, ex eo quod quintae sint vicinae, cum qua idcirco auditus illas comparat, atque ex praecipua huius suavitate illarum imperfectionem clarius agnoscit.

Atque iam omnium soni affectionum explicationem finiemus; vbi solummodo advertendum, ad confirmandum quod supra diximus, omnem sonorum varietatem, circa acutum & grave, oriri in Musica ex his tantum numeris, 2, 3 & 5; omnes omnino numeros quibus tam gradus quam dissonantiae explicantur, ex illis tribus componi, & divisione facta per illos tandem ad vnitatem vsque resolvi.

XI Le dissonanze

[...]

È chiaro che queste dissonanze non possano essere evitate nei suoni emessi in successione tra le diverse parti. Ma qualcuno probabilmente domanderà anche perché non debbano essere ammesse nella voce successiva di una stessa parte, come i gradi, essendo evidente che alcune di esse sono definite da numeri inferiori a quelli dei gradi: per cui sembra che debbano riuscire più grate all'udito.

La soluzione di questo dubbio dipende da quanto abbiamo annotato precedentemente: quanto più il suono è acuto, tanto più la voce richiede un’emissione d’aria maggiore, ed è per questo che i gradi sono stati ideati: perché siano medi tra gli estremi delle consonanze, e attraverso i gradi possa possiamo salire più facilmente dall’estremo grave di una consonanza all’estremo più acuto, o il contrario. Che questo non possa essere realizzato dalle settime o dalle none è evidente dal fatto che i loro estremi sono tra loro molto più distanti rispetto agli estremi delle consonanze, e pertanto dovrebbero essere emessi con maggior diversità d’emissione della voce.

[...]

Questi numeri sono così complicati, che i loro intervalli non sembrano poter essere tollerati dall’udito. Ma poiché, come abbiamo notato prima, l’intervallo dello schisma è talmente piccolo che a malapena può essere colto dalle orecchie, perciò quelle (dissonanze) mutuano la dolcezza dalle consonanze alle quali sono vicine. Infatti gli estremi delle consonanze non stanno fissi nella indivisibilità al punto che se uno di quei due estremi sarà modificato di un pochino, subito perisca la dolcezza di tutta la consonanza. E questa ragione fa si’ che le dissonanze di questo genere siano ammesse anche in relazione, al posto delle consonanze dalle quali derivano.

Anche questi numeri sono troppo grandi per spiegare un intervallo non ingrato alle orecchie; e non hanno consonanze vicine, come le dissonanze del secondo genere, dalle quali possano mutuare la dolcezza. Per cui avviene che queste ultime devono essere evitate in successione, soprattutto quando la musica è lenta e senza diminuzione; invece in una musica riccamente figurata e che viene cantata con moto veloce delle parti, l’ udito non ha abbastanza riposo da avvertire il difetto di queste dissonanze: e questo difetto è di gran lunga più evidente per il fatto che sono vicine alla quinta, alla quale, perciò, l’ udito associa quelle dissonanze, e dalla peculiare dolcezza della quinta l’ orecchio riconosce più chiaramente la loro imperfezione.

E abbiamo ormai concluso la spiegazione di tutti gli attributi del suono; dove solo rimane da osservare, per confermare quanto abbiamo detto prima, che tutta la varietà dei suoni in relazione all’ acuto e al grave nasce in Musica soltanto da questi numeri, cioè 2, 3 e 5; che tutti i numeri, senza eccezione, per mezzo dei quali vengono spiegati sia i gradi che le dissonanze, si compongono di quei tre numeri e si risolvono, fatta la divisione attraverso di essi, fino all’ unità.

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