Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna COMPENDIUM MUSICAE

Cartesio
Compendium musicae

Avvertenza: le [...] indicano una lacuna nella traduzione italiana.

 

IX De Ditono, Tertia minore, & Sextis

Ditonum quarta multis nominibus perfectiorem esse, patet ex dictis; quibus hoc addam, vnius consonantiae perfectionem, non ex illa praecise considerata, dum est simplex, esse desumendam, sed simul ab omnibus huius compositis. Cuius ratio est, quia numquam tam jejune sola audiri potest, quin huius compositae resonantia audiatur, cum in vnisono etiam octavae acutioris resonantiam contineri supra dictum sit. Sic autem consideratum ditonum patet, ex secunda figura, minoribus numeris constare, quam quarta, ideoque esse perfectiorem. Quapropter etiam ibi illum ante quartam posuimus, quia in illa figura omnes consonantias iuxta ordinem perfectionis voluimus collocare.

Hic autem explicandum est, quare tertium genus ditoni sit perfectissimum, atque in nervis testudinis tremulationem efficiat visu perceptibilem, potius quam primum aut secundum. Quod oriri existimo, imo affero, ex eo quod in multiplici proportione consistat, alia in superparticulari, vel multiplici & superparticulari simul.

Quare autem ex multiplici proportione perfectissimae consonantiae generentur, quas idcirco in prima figura primo ordine collocavimus, sic demonstro:

Distet linea A B a C D tertio genere ditoni. Quocunque pacto imaginemur sonum ab auditu percipi, certum est facilius distingui posse, qualis sit proportio inter A B e C D, quam v. g. inter C F & C D. Quia primum agnoscetur directe per applicationem soni A B ad partes soni C D, nempe C E, E F, F G, &c.: nec quicquam in fine erit residui. Quod idem in proportione soni C F ad C D non accidit: si enim applicetur C F ad F H, residuum erit H D; per cujus reflexionem oportet agnoscere, quae sit proportio inter C F & C D: quod longius est.

Eodem pacto illud concipietur, si quis dixerit sonum aures ferire multis ictibus, idque eo celerius quo sonus acutior est. Tunc enim, vt sonus A B perveniat ad vniformitatem cum sono C D, debet tantum aures ferire quinque ictibus, dum C D semel feriet. Sonus autem C F non tam cito redibit ad vnisonantiam; non enim id fiet, nisi post secundum ictum soni C D, vt patet ex demonstratione superiori. Idemque explicabitur, quocumque modo sonum audiri concipietur.

Tertia minor ex ditono, vt quarta a quinta; ideoque quarta imperfectior est, vt ditonus quinta. Nec ideo prohibenda est in Musica; illa enim ad variandam quintam non est inutilis, immo necessaria. Cum enim octava vbique audiatur in vnisono, haec varietatem afferre non potest, cum semper ponatur, nec solus ditonus sufficit ad varietatem: nulla enim esse potest, nisi ad minimum inter duo; quapropter ei tertia minor adiuncta est, vt illae cantilenae, vbi frequentiores sunt ditoni, differant ab ijs in quibus saepius tertia minor iteratur.

Sexta major procedit a ditono, eademque fere ratione participat hujus naturam, atque decima major & decima septima. Ad quod intelligendum, aspicienda est prima figura, vbi in numero quatuor, decima quinta, octava & quarta reperiuntur. Qui numerus primus est compositus, & qui per binarium, qui octavam repraesentat, ad vnitatem vsque resolvitur. Vnde fit vt consonantiae omnes, quae ex illo generantur, ad compositionem aptae sint; inter quas cum quarta reperiatur, quam supra idcirco monstrum octavae sive defectivam octavam esse diximus, inde sequitur illam etiam non esse inutilem in compositione, vbi non recurrunt eadem rationes, quae impediunt quominus ponatur sola: tunc enim ab adiuncta perficitur, neque amplius est quintae subdita.

Sexta minor eodem modo fit a tertia minore, vt major a ditono; & ita tertiae minoris naturam & affectiones mutuatur, neque ratio est quare id non esset.

Nunc sequeretur, vt de varijs consonantiarum virtutibus ad movendos affectus loqueremur; sed huius rei disquisitio exactior potest elici a iam dictis, & compendij limites excedit. Illae enim tam variae sunt, & tam levibus circumstantijs fultae, vt integrum volumen ad id perficiendum non sufficeret.

Id igitur tantum dicam, hac de re, praecipuam varietatem ab his quatuor vltimis oriri, quarum ditonus & sexta major gratiores laetioresque sunt, quam tertia & sexta minores; vt etiam a Practicis fuit observatum, & facile deduci potest ex dictis, vbi tertiam minorem per accidens a ditono generari probavimus, sextam autem majorem per se, quia nihil aliud est quam ditonus compositus.

IX Terza maggiore, terza minore e seste

Da quanto detto, risulta manifesto che la terza maggiore è per molti aspetti più perfetta della quarta; aggiungerò questo, che la perfezione di una consonanza deve essere desunta non dalla consonanza considerata in quanto tale, ossia come consonanza semplice, ma contemporaneamente da tutte le sue composte. La ragione è che essa non può essere mai aridamente udita da sola senza che si oda la risonanza della sua composta, dal momento che nell’unisono, come s’è detto, è contenuta anche la risonanza dell’ottava più acuta. Considerata in questo contesto più ampio, è evidente che la terza maggiore consiste di numeri minori rispetto alla quarta, come risulta dalla seconda figura, e pertanto è più perfetta. Perciò anche lì abbiamo messo la terza maggiore prima della quarta, perché in quella figura abbiamo voluto collocare tutte le consonanze secondo l’ordine della loro perfezione.

Qui bisogna anche spiegare perché il terzo genere di terza maggiore sia il più perfetto, e nella corda del liuto produca un tremore percepibile dalla vista, a differenza del primo o secondo genere.

Il che reputo nascere, lo ripeto, dal fatto che essa consiste in una proporzione molteplice (1), e questo non avviene nelle proporzioni sopraparticolari o molteplici sopraparticolari.

La causa, dunque, per cui da una proporzione molteplice si generano le più perfette consonanze, che perciò nella prima figura abbiamo collocato al primo ordine, la dimostro così:

|------- |
A B
|------- |------- |------- |------- |------- |
C E F G H D

La linea AB disti da CD del terzo genere di terza maggiore. In qualunque modo immagineremo che il suono venga percepito dall’udito, è certo che può essere più facilmente distinta quale sia la proporzione tra AB e CD che non, per esempio, quella tra CF e CD. Perché il primo suono si riconoscerà direttamente attraverso l’ applicazione del suono AB alle parti del suono CD, cioè CE, EF, FG, etc: e alla fine non rimarrà alcun residuo . Il che non avviene nel rapporto del suono CF a CD: se infatti si applicherà CF a FH, il residuo sarà HD, e di riflesso sarebbe necessario conoscere quale sia il rapporto tra CF e CD: il che è troppo lungo.

La stessa spiegazione vale anche se qualcuno dirà che il suono ferisce gli orecchi con molti colpi, e tanto più celermente quanto più il suono è acuto. Allora, infatti, affinché il suono AB giunga all’uniformità col suono CD, deve ferire le orecchie soltanto con cinque colpi, mentre CD ferirà una sola volta. Invece il suono CF non ritornerà così velocemente all’unisonanza; questo non avverrà infatti se non dopo il secondo colpo del suono CD, come è evidente dalla dimostrazione precedente. Lo stesso si spiegherà in qualunque modo si pensi che il suono venga udito.

La terza minore deriva dalla terza maggiore come la quarta dalla quinta; e pertanto è più imperfetta dalla quarta come la terza maggiore è più imperfetta della quinta. E tuttavia non deve essere proibita nella Musica; infatti essa non è inutile per variare la quinta, anzi necessaria. Poiché infatti l’ottava è ovunque udita nell’unisono non può produrre varietà, essendo sempre usata, e la terza maggiore da sola non basta per ottenere questa varietà nella composizione: infatti non vi può essere alcuna varietà se non al minimo tra due cose; perciò alla terza maggiore è aggiunta la terza minore, affinché quelle melodie nelle quali le terze maggiori sono più frequenti differiscano da quelle melodie nelle quali più spesso la terza minore è ripetuta.

La sesta maggiore {3:5} procede dalla terza maggiore {4:5}, e partecipa della sua natura forse per la stessa ragione della decima maggiore {2:5} e della decimasettima {1:5}. Per capirlo bisogna osservare la prima figura, dove al numero quattro si ritrovano la decimaquinta {1:4}, l’ottava {2:4} e la quarta {3:4}. Il qual numero 4 è il primo composto, e attraverso il binario 2, che sta per l’ottava, si risolve nell’unità. Ne segue che tutte le consonanze, che sono generate da quel numero, sono adatte alla composizione; tra le quali consonanze trovandosi la quarta, che sopra dicemmo perciò mostro dell’ottava, ovvero ottava difettiva, ne deriva che anche la quarta non è inutile nella composizione, laddove non ricorrano quelle stesse ragioni, che impediscono che sia posta da sola: allora infatti è compiuta dalla consonanza congiunta e non è più sottoposta alla quinta.

La sesta minore deriva dalla terza minore, come la sesta maggiore dalla terza maggiore; perciò mutua la natura e gli attributi della terza minore, e non c’è ragione perché non sia così.

Ora dovremmo parlare delle proprietà delle diverse capacità delle consonanze di muovere le passioni; ma una più esatta analisi di questo problema si può dedurre dalle cose già dette, e oltretutto questa questione supera i limiti di un compendio. Queste proprietà sono infatti tanto varie e dipendenti da circostanze così sottili, che un intero volume non basterebbe ad esaurire questo tema.

A questo proposito dirò pertanto solo che da queste quattro ultime consonanze (terze e seste) nasce una peculiare varietà, e di queste la terza e la sesta maggiori sono più gradite e più liete della terza e della sesta minori, come è stato anche osservato dai Pratici, e può essere facilmente dedotto dalle cose dette, dove dimostrammo che la terza minore è generata dalla terza maggiore indirettamente ["per accidens"], invece la sesta maggiore direttamente [" per se"], perché non è nient’altro che una terza maggiore composta.

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