Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Suoni dal Mondo 1994

SUONI DAL MONDO

Festival di Musica Etnica - V Edizione

 
BOLOGNA
16 novembre - 5 dicembre 1994

Mercoledì 16 Novembre ore 21.30 Aula Absidale - via de' Chiari 23/a

BEN KADY E OUSSENI COULIBALY ENSEMBLE

Musica e danze dell'Africa Occidentale (Burkina Faso)

Il gruppo del polistrumentista Ben Kady e di Ousseni Coulibaly, composto da sei musicisti e due ballerini, è originario di Bobo Diulasso, importante centro urbano del Burkina Faso (ex Alto Volta), crocevia culturale dell'Africa occidentale dove, da sempre, si incontrano e confrontano le diverse culture da cui è composta la sua vasta popolazione.

Autentico mosaico etnico e culturale, Bobo Diulasso è stato, ed è tuttora, "il luogo" del rinnovamento e del rilancio della musica tradizionale del Burkina Faso, una musica che si è fatta conoscere in Europa grazie alla circolazione, in festival e concerti, di gruppi come Farafina (già ospiti di Suoni dal Mondo) che hanno fatto apprezzare a livello internazionale la ricchezza e la creatività del vero "suono" africano.

La musica, i canti e le danze qui proposte derivano direttamente dal patrimonio tradizionale dei popoli Senufò, Bobò, Diulà e sono arricchite dalle immancabili e trascinanti improvvisazioni degli artisti che riescono a creare in concerto un "campo di suoni" veramente vicino all'espressività popolare africana più autentica e vitale.

Gli strumenti impiegati sono il djembé, tamburo a calice ricavato da un tronco d’albero scavato a mani nude; il balafon, xilofono in legno dotato di piccole zucche essiccate come casse di risonanza; ‘ngoni, arpa–liuto costituita da una zucca coperta da una pelle e dotata di un manico di legno su cui sono fissate quattro corde; lounga o tama, tamburo a due facce di cui è possibile modulare il suono tendendo o allentando le corde che reggono le pelli; bara, tamburo dal suono grave costituito da una grossa zucca coperta da una pelle di capra e suonato a mani nude; vari tipi di crepitacoli e piccole percussioni.

Le danze, che derivano sia dalla tradizione popolare delle campagne e mimano i lavori dei campi (semina, raccolta, estirpazione delle erbacce ecc.), sia dai rituali dei villaggi (danze per i funerali, per il corteggiamento, per l’iniziazione dei giovani ecc.), sono arricchite da improvvisazioni e dalla ricerca di nuovi passi e movimenti corporei.


Venerdì 18 Novembre ore 21.30 Aula Absidale - via de' Chiari 23/a

 
OZAN FIRAT voce, saz (liuto popolare turco a manico lungo)

Canti epici e popolari della Turchia

L’Anatolia di oggi è ancora percorsa da cantanti itineranti che si spostano di città in città perpetuando una tradizione secolare che ricorda da vicino quella dei nostri trovatori del Medioevo. I trovatori della Turchia (gli "Ozan", cone vengono chiamati in Anatolia) esprimono una poesia ancora strettamente legata alle vicende umane e sociali, e cantano le sofferenze, le ingiustizie, le passioni collocando il ruolo del poeta a mezza via tra il misticismo e la rivolta.

Ozan Firat, straordinario interprete di questa antica forma di poesia cantata, è nato a Sivas in Anatolia, sull’Eufrate (Firat in lingua turca), in una regione a forte presenza curda, è stato educato alla musica ed alla poesia da suo padre e dai suoi fratelli, iniziando a cantare professionalmente all’età di quindici anni. Emigrato in Francia nel 1970, ha raggiunto una notevole notorietà ed è attualmente considerato uno dei massimi interpreti viventi della tradizione degli ozan del suo paese. Il repertorio di Ozan Firat comprende canti della confraternita religiosa dei Bektachi (che fin dal XII sec. considera la musica come miglior mezzo di elevazione spirituale), canti popolari d’amore, di nostalgia, di festa e i canti classici dei trovatori turchi risalenti al XVI sec..

 

 
 
 
HOURIA AICHI voce, bandir (cembalo algerino)

SAIS NISSIA gasba (flauti di canna)

Canti arabo-berberi (Algeria)

Continuatrice della grande tradizione musicale del azryat (donne libere) berbere, cantanti e poetesse, la cui presenza nelle corti e nelle feste più importanti era pressoché obbligata per fornire prestigio all’ospite, Houria Aichi fa rivivere il canto arabo-berbero delle montagne dell’Aures, la catena montuosa più importante dell’Algeria. Fin dall’antichità questa impervia regione si è conquistata la reputazione di autentico conservatorio dell’identità culturale arabo-berbera.

Houria Aichi accompagna i suoi canti suonando il bandir (cembalo) come le antiche poetesse e cantanti arabo-berbere itineranti che hanno narrato i tormenti della passione, la bellezza dell’amante, il coraggio dei combattenti o la tenerezza della madre per il figlio diletto.

Said Nissia, con i suoi gasba (flauti di canna) contribuisce in maniera determinante a ricreare atmosfere che vengono da lontano e che ci mettono in contatto con una tradizione musicale tra le meno note nell’ambito degli stili algerini conosciuti in Europa.


Mercoledì 23 e Venerdì 25 novembre ore 21.30 Aula Magna - via Castiglione 36

OPERA DI PECHINO

diretta da Lu Kuang

Prima Nazionale

L’Opera di Pechino è la più conosciuta tra i circa 300 tipi di teatro e melodramma cinese. L’Opera è, in realtà, una commistione di diverse forme di dramma musicale aventi origine nelle province del sud ovest della Cina (Anhui, Haubei, Sichuan).

Per tradizione si data la nascita dell’Opera di Pechino nel 1790, quando diversi attori e musicisti si recarono a Pechino per celebrare l’ottantesimo compleanno dell’imperatore Quianlong. Il grande successo di questo tipo di melodramma presso la corte e la popolazione, indusse i più importanti impresari a sostenerla; la costituzione di una vera e propria scuola ebbe luogo comperando bambini nel sud del paese per portarli a Pechino e destinarli ad apprendere dagli attori più esperti l’arte della recitazione i difficili movimenti del corpo e la musica dell’Opera.

Non esistevano allora compagnie miste (di norma esse erano interamente maschili). Socialmente, la professione artistica era considerata di livello assai bassa e gli attori ed i musicisti non avevano alcun diritto legale e civile. All’inizio del ventesimo secolo con l’apertura di numerose scuole di teatro e di musica, nonché per il favore che l’Opera riscuoteva presso il grande pubblico, gli artisti ottennero qualche miglioramento d’immagine, nonostante il loro stato sociale rimanesse. Dopo il 1949 il governo eliminò questa discriminazione e lo stato degli artisti migliorò nettamente, ma l’Opera fu riformata: inizialmente solo enfatizzando via via i temi rivoluzionari e poi, durante la rivoluzione culturale, mettendo definitivamente al bando l’Opera tradizionale.

Nonostante le dure vicende che l’Opera e gli artisti hanno dovuto subire, l’amore del pubblico per essa non è mai venuto meno; oggi esistono in Cina molte compagnie di Opera tradizionale e moderna di ottimo livello.

I personaggi dell’Opera classica fanno riferimento a quattro tipi di personaggi principali: il ruolo maschile (Sheng) quello femminile (Dan), i personaggi dal volto truccato (Jing) ed i clown (Chou) ogni peronaggio ha uno stile proprio sia nel canto sia nel movimento; non vengono impiegate maschere bensì un elaborato trucco che si ispira alle maschere usate dai danzatori delle dinastie Tang, Song e Yuang. I costumi di rifanno a quelli della dinastia Ming, indifferentemente dal periodo storico in cui si svolge l’azione.

Gli attori utilizzano tutti una mimica strettamente tradizionale, e ogni gesto, come accarezzarsi la barba, o far roteare una manica del vestito o anche muovere un solo dito, lancia al pubblico precisi messaggi.

La musica è fornita da due diverse orchestre di strumenti a corda e percussione che accompagnano i rigidi schemi dell’azione con una straordinaria ricchezza di ritmi e melodie. Il recitativo consiste in dialoghi o monologhi ritmati, in dialetto pechinese.


Martedì 29 novembre ore 21.30 Aula Absidale - via de’ Chiari 23/a

 

MUSICA E DANZE DEI POPOLI NOMADI DEL RAJASTHAN

Il Rajasthan, mitico paese dei principi indiani (Rajaputs) e accreditata terra d’origine di tutti i popoli zingari del mondo, accoglie ancora oggi numerose tribù nomadi di cui è riconosciuta in tutta l’India e nel Pakistan una particolare abilità nella musica, nel canto epico e nella danza. Queste tribù delle valli del Sind sono ancora oggi depositarie di una cultura musicale elevata, proposta solitamente nel corso di cerimonie religiose o feste popolari durante gli spostamenti senza fine di villaggio in villaggio.

Considerati professionisti di alto livello dal mondo popolare, questi artisti sono sovente invitati a matrimoni, funerali, ricorrenze e feste private che non si potrebbero immaginare senza la loro presenza.

Il gruppo che partecipa a questa edizione di Suoni dal Mondo è formato da cinque artisti (tra cui due danzatrici appartenenti alla casta dei Sapera, la casta degli incantatori di serpenti) che danno vita a uno spettacolo di grande suggestione per il virtuosismo dei cantanti e dei suonatori di tabla, flauti e sarangui (violino del Rajasthan) e soprattutto per le danze del serpente e del fuoco che le due danzatrici Gulabi e Suva Kabelia, come due piccole dee colorate e sensuali interpretano con straordinaria maestria.

 

 


Lunedì 5 dicembre ore 21.30 Aula Absidale - via de’ Chiari 23/a

SHEIKH BARRAYN ENSEMBLE

Canto Sufi dell’Alto Egitto

 

Sheikh Barrayn canto e riqq (piccolo cembalo)
Fawzy Hafez ghab, ney (flauti) e duf (cembalo)
Mahmud Ahmad Mohamad naqrazan (timpano in rame) e voce
Salah Hefny Mohamed duf e voce
 

Vengono chiamati Sufi (ovvero "vestiti di lana", poiché l’indossare un piccolo saio designava aspirare all’ascesi mistica) gli appartenenti alle confraternite religiose musulmane che riuniscono devoti certi che una delle strade privilegiate per compiere il percorso della propria fede possa essere quella della poesia, della musica e della danza: "Molte sono le strade che conducono a Dio", diceva Gialal ud – Din Rumi, il grande poeta mistico turco del XIII secolo, "io ho scelto quella della musica e della danza".

Nonostante, in effetti, per il sufismo l’esercizio dell’arte, della poesia e della musica non si intendano mai fini a se stessi, gli appartenenti alle molte confraternite Sufi di Turchia, Egitto, Iran e altri paesi, hanno esercitato nei secoli un influenza profonda sulla cultura di tutto l’Islam, e costituiscono tutt’oggi un fenomeno filosofico – artistico di tutto interesse.

 


Organizzazione
Direttore: Mario Baroni
Direttore artistico: Gilberto Giuntini
Coordinamento e segreteria: Emma Dolza, Chiara Sirk
Ufficio stampa: Roberto Verti, Bruno Casini
Audio/Luci: Fonen Suonoarte - Andrea Tamassia
Organizzazione tecnica: MusicaMusa

C.I.M.E.S. Centro Interfacoltà di Musica e Spettacolo (Università degli Studi di Bologna) Via Guerrazzi 20 - 40125 Bologna

La realizzazione di questa edizione di Suoni dal Mondo è stata possibile anche grazie alla collaborazione di:
Ambasciate e Consolati italiani a Losanna, Ginevra, New Dehli, Parigi, Il Cairo
Centro di studi zigani Appona di Strasburgo
SIE Società Italiana di Etnomusicologia

Suoni dal Mondo

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