Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
Cimes - LAB TEATRO 1998
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Incontri
Seminari Laboratori
edizioni
precedenti
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TEATRO
1998/99
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Laboratorio di drammaturgia
DALLA
PERSONA AL PERSONAGGIO
condotto
da Gerardo Guccini
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TESTI
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presentazione di Gerardo
Guccini
Asya di Claudia de Filippo
Blu di Jacopo Miliani
La Céca di Giordano
Ruini
Il primo treno di
Stefania Marrone
Emile e il cinese
di Lorena Dozio
Lesibizionista
di Lia Panza
Pazienza di
Cosimo Severo
- (Gerardo Guccini)
-
- Siamo partiti dalla composizione dun ritratto.
- Una persona nota o comunque vista, impressa nella
memoria, viene descritta mentre compie unazione, e
attraverso la descrizione diventa personaggio.
- Come il pittore cerca tagli di luce e pose che avvicinino
il suo soggetto allimmagine mentale che si viene a
definire attraverso questa stessa messa a punto, i
partecipanti del Laboratorio di Drammaturgia hanno
provato e riprovato ad abbinare azioni e persone,
cercando di far scaturire conoscenze da trasmettere.
- Conoscenze di caratteri, storie, ambienti.
- La più importante delle conoscenze vale però per se
stessi.
- E la scoperta che le parole, concatenandosi,
trasformano in scrittura limmagine scelta, e,
assieme ad essa, i suoi contenuti di carne, dodore,
di suono e sentimento.
- Nasce allora in chi si esercita in questa traslazione
quellumile ed essenziale sentimento di possesso da
cui dipende ogni ulteriore acquisizione.
- Per possedere non basta scegliere (parlerò di questo o
di quello, di mia madre, duna amore, duna
ragazza intravista appena), bisogna trasformare.
- E per poter trasformare occorre avere coscienza di ciò
che si trasforma.
- Per questo siamo partiti da ritratti "dal
vero".
- I partecipanti hanno trasformato (anche solo per il fatto
di registrarla) una persona a loro nota e, nel trarre da
questo soggetto reale pretesti di scrittura, hanno di
fatto agito sulla percezione. Sul loro modo di vedere, di
ascoltare, di pensare.
- Il gioco drammatico è venuto dopo.
- Ed, è potuto venire dopo perché cera prima.
- Era atteso dallazione. Dal fatto che personaggi
esistessero a misura del loro agire, e che le persone -
quella vere - deponesse il loro ricco corredo di dati e
sentimenti nellalveo di traiettorie aeree e mobili,
che una volta colmate sarebbero divenute dialoghi, voci,
movimenti, giochi visibili della volontà o del pensiero.
- Il teatro - quello vero - è venuto ancora dopo.
- Con il lavoro sulla voce, che, come il teatro fa, si è
impossessato delle persone concretamente presenti. Così,
dopo aver tanto lavorato per trasformare in scrittura le
persone del loro ricordo, i partecipanti, per colmare lo
spazio dellevento scenico, hanno dovuto ripiegare
su se stessi e, per così dire, mettersi le mani addosso.
- E stato un apprendistato un po rude, ma forse
utile a capire che il teatro è continuo movimento. Non
si accontenta dun ricordo, dun quadro, di
unopera, vuole la cosa, non si accontenta della
cosa, vuole lopera. Per incominciare a conoscerlo,
dobbiamo dunque oscillare a nostra volta, cambiare punto
di vista ed obiettivo.
- Tendere allopera, essere la cosa.
- (Claudia De Filippo)
-
- Spingo con forza la porta metallica e al
suono del campanello mi fermo impacciata.
- Kemal è chino su un tavolino scuro. Alza
lo sguardo e mi sorride. E un piccolo uomo con la
barba nera e gli occhi tondi. Parla con accento
straniero.
- Ha nel suo negozio un pezzo dAsia.
- Kilim preziosi, antiche maschere tribali,
teiere afgane, gioielli.
- Gli dico: "Ho con me i soldi, giusti
giusti per quella chitarra turca".
- "E armena", mi corregge
Kemal trattenendo un sorriso.
- Sepolto da una montagna di cataloghi, ha
anche un Corano in edizione tascabile.
- "Si chiama Cumbus come il suo
inventore".
- Ci sono manoscritti tibetani del Seicento;
rombi di stoffa cuciti, che formano un lucido manto per
bardare i cammelli.
- "Sono lunico ad averla in tutta
Italia. E un affare".
- Su uno sgabellino una scacchiera chiusa.
- "Sei un commerciante turco senza
scrupoli". Kemal ride fragorosamente. La sua risata
è fatta di piccoli singhiozzi sonori.
- Ha inizio il combattimento per il Cumbus.
- "Sono un vero mercante, non vendo,
scambio. I miei antenati erano guerrieri, fieri
conquistatori"
- "Assassini, stupratori", lo
correggo io. "Dalle mie parti si sa che un certo
Dragut ha fatto decapitare migliaia di Viestani su un
masso che da allora si chiama la Chianca Amara".
- "Chianca che?"
- "Vuol dire pietra amara".
- "Dovevano convertirsi
allIslam".
- Fa per prendere il Cumbus, ma inciampa e
lo fa cadere su dei vasi di rame posti lì accanto.
- Urlo: "attento, così lo rompi!"
- Lui ride. "Mi piace il rumore",
e dà due calci ai vasi. Poi, delicatamente prende il
Cumbus e suona una musica molto dolce.
- Le sue mani su e giù per la tastiere di
conchiglia madreperlata, accarezzano le corde. Ogni tanto
danno un affettuoso colpetto alla cassa.
- "E lultimo strumento che
mi è rimasto". Poi srotola un grosso tappeto blu
con arabeschi rossi. "A Samarcanda viene appeso
verticalmente come una porta", ne disegna una
immaginaria
- con le mani, "Sta dentro una tenda
dove si compiono riti sciamanici. Ad un cliente che non
voleva acquistarlo, perchè impaurito dal suo potere
magico, ho risposto: i popoli della montagna sono puri,
la loro vita pura è già rito. Non puoi trovare energia
negativa a quattromila metri. La cattiveria cè, ma
è qui. Per secoli donne anatoliche hanno tessuto forme
sempre uguali, con disegni e figure di cui non conoscono
più il significato. La nonna dice alla madre e la madre
alla figlia: fai così", mima latto del
ricamare. "Capisci?", e senza aspettare una
risposta aggiunge, "Ho letto che quando la
tessitrice taglia i fili che legano il Kilim al telaio
pronuncia una formula di benedizione uguale a quel che
dice la levatrice quando recide il cordone ombelicale del
neonato.
- Il sogno della mia vita è una galleria
darte con cinque tappeti appesi alle pareti,
perchè tutto è racchiuso in essi".
- Ci stringiamo le mani e vado via con il
Cumbus stretto fra le braccia.
- In verità, mi sembra di conoscere il
segreto del suo cuore.
-
- (Jacopo Miliani)
-
- Salire, scendere, andare, venire, partire,
ritornare...
- Valigia, cappotto e ...passi svelti.
- Ogni giorno, alle stesse ore la folle
parigina si riversa nel sottopassaggio del centro
commerciale Les Halles.
- Da ogni direzione affluiscono figure
scure, ben erette, sicure nei minimi movimenti e tutti
sprofondano nel sottosuolo.
- Passo deciso sguardo severe sanno da
sempre dove partire e dove arrivare.
- Un caos perfettamente ordinato:
- Direzione Montparnasse Linea rossa.
- Direzione Place Pigalle Linea
gialla.
- Direzione Tour Eiffel Linea blu.
- Importante è scegliere il colore giusto e
ognuno conosce il proprio colore, lo ha dentro di sé.
- Una ragazza rimane immobile, in piedi;
appoggia le guance contro la
- vetrina di un negozio. Si rivolge a due
manichini aiutandosi con piccoli e concitati gesti.
- Ha indosso pochi stracci, il suo volto è
imbruttito dalla fame e dal freddo, ma le luci della
vetrina lo rendono luminoso.
- "Avete mai mangiato una mela?
- Buono il sapore della mela.
- Una bella mela rossa.
- Non mi piace il rosso; mi piace il blu .
- Il blu del mare.
- Nel mare ci sono i pesci.
- Avevo un pesce rosso: è saltato fuori
dalla vasca. Non mi piace il rosso.
- Mi piace il blu.
- Voglio una mela blu.
- Blu del cielo. Il cielo è blu non
cè dubbio:
- Ho sempre voluto volare, volare nel cielo
blu.
- Mi piacciono le nuvole; il cielo è blu e
ci sono le nuvole.
- Voglio mangiare le nuvole.
- Mangio le nuvole e divento gonfia e così
posso volare.
- Le nuvole sono sicuramente dolci.
- Volare vuol dire mangiare le nuvole.
- Apri la bocca, mangi una nuvola e voli.
- Una soffice e dolce nuvola. Tutta in un
boccone!
- Se mangi le nuvole, fai la merda soffice
soffice come le nuvole."
- Ha gli occhi blu, ma il suo sguardo è
assente. Continua instancabilmente a colloquiare con quei
due innamorati di plastica.
- Nessuno percepisce la sua voce soffocata
dal frastuono delle rotaie e dal rumore dei passanti
svelti.
- Valigia, cappotto, salire, scendere,
andare, venire, partire, ritornare.
-
- (Giordano Ruini)
-
- Cè un funerale in paese.
- E nel corteo funebre, in prima fila,
cè la Céca.
- Céca in dialetto vuol dire piccola.
Quelli del paese la conoscono bene e sanno che non si è
mai persa un funerale. Chi non la conosce è invece
indotto a ritenerla una persona vicina al caro estinto.
- Il suo fare è disinvolto, non ha mai
laria del vero funerale, non è mai veramente
triste, ma è preoccupata di esserci, di far sentire la
sua presenza, di fare le cose bene.
- "Puvrain, mo è stato un infarto.
Anchio ce lho avuto, ma mi hanno dato due
pugnacci nella schiena e a sun arvivida" dice a un
parente del defunto che sembra non capire.
- Finita la cerimonia la osservo prodigarsi
nel salutare i parenti e gli amici del morto, sorpresi e
imbarazzati per le inaspettate effusioni di una signora
praticamente sconosciuta.
- Una volta la Céca non abitava in paese ma
stava in contea, vicino al fiume.
- Suo marito Andrea Pizzo, detto Sansone per
la corporatura robusta e i modi bruschi e violenti, aveva
una ventina di piccioni viaggiatori nel solaio a cui
teneva più che alla moglie. Quando ne arrivava uno nuovo
un po stanco e abbruttito per il lungo viaggio lo
prendeva fiero fra le due manone e mostrandolo gridava:
"Ho lottato con il falco!"
- La Céca a modo suo voleva bene a Sansone
e quando si andava a vendemmiare cantava felice:
- Son nata per i baci
- e voglio quelli
- e voglio quelli di Andrea
- che son i più belli...
- E lui, sentendola, mascherando la sua
compiaciuta soddisfazione diceva: "Sintii la me
cicasa, sintii!"
- Una sera di dicembre la Céca aprì il
solaio per prendere delle fascine di legna da ardere e i
piccioni scapparono tutti.
- Quella sera cera la nebbia fitta e
densa ed era impossibile uscire per cercare di recuperare
anche solo qualche piccione.
- La Céca vide tornare Sansone dalla
finestra del solaio, scese le scale di corsa e uscì
appena prima che entrasse il marito. Fuori i vestiti
erano ancora stesi, bagnati e freddi.
- La Céca aveva fatto il bucato con la
vicina. Lo facevano spesso insieme per risparmiare.
- Sansone capì.
- "Va via Céca, va via cl na
brota sira".
- "Ma cosa abbiamo fatto Céca!"
Simpaurì la vicina.
- "Niente, niente: Razza Pizzo Razza
matta".
- Svelta la Céca prese i suoi due figli per
mano, li infilò nei panni bagnati e se ne andò in paese
dalla madre. E a tutti quelli che le chiedevano cosa era
successo rispondeva: "Lè la sira di
clomb", è la sera dei colombi.
- E noi, anche adesso, per dire che non è
serata, diciamo che è la sera dei colombi.
- (Stefania Marrone)
-
-
- Ah! Bello è bello...come il sole! Lo
vedi: alto 1 e 92, corpo asciutto e muscoloso, capelli
neri ricci...lunghi fino alle spalle, carnagione scura,
viso luminoso e due occhi spalancati perché le cose ci
entrino dentro!
- Alex, 22 anni. Confusione o ordine
superiore? Non lo so e lui non lo sa.
- Interessante? Sempre...ma di più quando
meno te laspetti.
- Siamo seduti sulla panchina fuori della
stazione di Bologna. Il tipo del bar ci ha concesso i due
caffè, ma ci ha negato il tavolino "Ragazzi, sono
le 5 e mezza e devo ancora preparare dentro!"
- E quindi sulla panchina!
- Guardo Alex e gli dico:
- - "Ok! Il caffè ce lhai
adesso. Ti senti meglio?"
- - "Si, meglio. Tu hai freddo?"
- - "Ah! Più per le tue maniche corte
che per altro!"
- - "Oh! E il 20 Settembre:
lestate non è ancora finita!"
- - "Non è finita, ma è da metà
Agosto che piove! Che è? Non te ne sei neanche accorto?
Hai infilato
- tutto il tempo la testa dentro al
tabellone delle materie!"
- - "No...sono tornato stamattina.
Pensavo ai complementari: estetica psicologia delle arti
storia della
- filosofia, critica del cinema, storia
della critica, poetica e retorica, storia del teatro,
letteratura
- greca..."
- - "Che?!! Letteratura greca! E la
grammatica? Ma se ti pesava anche quella latina!"
- - "Ah...allora penso...si forse la
tolgo: di studiare la grammatica non se ne parla."
- - "Va bene, la togli...ma davvero
pensavi che fosse solo storia greca?"
- - "Senti questa"
- Oh! Alex tira fuori la chitarra e
SUONA!...E poi mi fa anche:
- - "Mi stai seguendo?"
- - "Che?! Mi stai seguendo?! Io?! Ma
ne hai bisogno?! Se ti basti e ti avanzi!"
- - "Oh senti insomma. Ora sono qua...e
se potessi tornare indietro rifarei tutto uguale!"
- - "Ah si! Lho già sentita!
Come per il nuoto?!"
- - "Si come per il nuoto! Non puoi
decidere solo in base ai risultati: mi allenavo, facevo
gare, vincevo, avevo tante medaglie...ma adesso quando
nuoto IO sto meglio!"
- - "Ho capito, ma dieci anni!? Andati?
Così! E tutti i tuoi successi?"
- - "Ah! Sarà per un altra
volta!...Oh! e poi...a me piaceva la letteratura!"
- - "La letteratura, appunto! E la
laurea in lettere? E il latino?!"
- - "E obbligatorio, ma ti pare
possibile!"
- - "Alex non parlare
daltro!"
- - "Ah! Te ne sei accorta! Di solito
dicono che sono sfuggente!"
- - "E tu lo prendi per un complimento,
VERO?"
- - "...Non lo è?"
- - "Oh! Senti siamo in stazione! Vuoi
che prenda il primo treno?!"
- - "Dai scegli un bel posto che ti
accompagno!"
- - "E durante il viaggio?"
- - "Si parla del tempo!"
- - "Zen 103: se non hai niente da dire
TACI!"
- - "Acida o ipersensibile?"
- - "Non lo so. Decidi tu."
- - "Lo fai apposta?"
- - "Decidi tu!"
- - "Lo fai apposta!"
- - "Bhé! Almeno una cosa ti è
chiara!"
- - "E se invece mi fosse tutto già
chiaro da un pezzo?!"
- - "Tu la fai così facile..."
- - "Di notte è tutto così
facile!"
- - "Oh! A stare svegli no!"
- - "Si, ma verso le 5 non ce la fai
più: allora ti fai un caffè e prendi la prima soluzione
che ti capita.
- Ne vuoi un altro? Rilassa prima di andare
a dormire!"
- Bologna, stazione.
- Cè gente? Ci devessere...
- Fa freddo? Un po'.
- Sono le cinque e mezza del mattino. Si sta
preparando tutto, non è ancora pronto niente.
- (Lorena Dozio)
-
-
- Emile, seduta alla scrivania della camera
di Bologna, scrive, disegna.
- E non è che le due cose non possano
andare insieme; lui scrive disegnando.
- Sta imparando il cinese.
- Lei è sdraiata sul letto, legge.
- Sta studiando storia.
- Nella stanza cè tranquillità,
silenzio.
- Lei lo vede chino sulla scrivania, tra i
suoi libri, fogli, dizionari.
- Per studiare e memorizzare le parole passa
dal tedesco al pyning e dal pyning agli ideogrammi.
- Poi alzando un pochino la testa, dice
irritato:
- "Ma così faccio il triplo
lavoro!"
- Adesso anche lei è immersa in un mondo:
quello del teatro. Forse vedendo il burattino appeso al
muro, ha ripensato alla colonia di teatro i "Lazzi
di Luzzo".
- Come era stata bene quellestate,
aveva davvero scoperto un mondo magico di
- gioco, di danza, di lazzi
di vita.
- Ma lui adesso vuole spiegarle qualcosa e
si siede sul letto.
- Le spiega che dormire si dice "shui
jiao".
- "Shui vuol dire dormire e jiao sonno,
dormita. Ma la cosa divertente è che lo stesso carattere
jiao, nella sua pronuncia jiuè, significa essere
coscienti, percepire, rendersi conto."
- Lei e lui avevano allora, e forse hanno
ancora, paura dio una frase che avevano letto su un
libro, il loro libro, quello di Emilia e Daniel, due
innamorati divisi dalle scelte di vita: lei medico, lui
rivoluzionario. La frase era: "Lunica cosa
duratura è la noia. Quella sì che resta. Ma
lamore è a intermittenza. E tu lo sai".
- Sarebbe durato quellamore o si
sarebbe perso nelle strade di città invisibili?
-
- E se andassimo a Parigi?
- Disse lei con quellentusiasmo che fa
credere tutto possibile.
-
- A fare cosa?
-
- Tu a studiare il cinese, io a fare teatro.
-
- Io vado a Zurigo a studiare il cinese.
-
- Io vado a Bologna a studiare teatro.
-
- Questestate andrò a Shangai.
-
- Allora non si va a Peckino? Lì cè
lopera.
-
- No, io devo andare a Shangai.
-
- E io allora torno alla diga del
Luzzone
-
- E io a Tunisi
.
-
- A fare i "Lazzi di Luzzo"
-
- A trovare papà.
- (Lia Panza)
-
-
- Da sei mesi sono allieva, aspirante
guardia ecologica volontaria.
- Durante questo periodo, preludio al corso
formativo teorico, ho fatto casualmente la conoscenza di
Beppe, che avrebbe voluto diventare il mio
maestro.
- Beppe veste spesso e volentieri di nero
così come nera fiammante è la sua Golf.
- Cammina con passo felpato, la testa
leggermente incassata tra le spalle. Ha una vena ironica
molto spiccata ed il contorno delle labbra ben marcato.
- Benchè sia effettivo da poco più di un
anno, il suo rendimento supera di gran lunga quello di
tutti gli altri.
- A detta di molti, le multe previste per i
trasgressori sono eccessive.
- Alcuni esempi:
- Auto nel parco L. 500.000.
- Motoveicolo L. 300.000.
- Cane senza guinzaglio L. 200.000.
- Ciò nonostante Beppe si impegna
moltissimo su questo fronte: unora e mezza due ogni
giorno, Sabato e Domenica compresi.
- Si incammina con i verbali in mano e la
fascia verde dordinanza lungo i sentieri che
solcano i parchi collinari: Villa Ghigi, Eremo di
Ronzano, parco del Pellegrino e Villa Spada.
- Nellarco di un anno, da solo, è
riuscito a fare multe per oltre trentacinque milioni.
- "Avrei potuto fare più verbali"
dice con aria convinta, come a dimostrare che anche lui
qualche volta riesce a chiudere un occhio.
- Cè chi, tra i suoi colleghi, teme
che questo suo eccesso di zelo possa far nascere rancori
indiscriminati verso la figura della guardia ecologica.
- A parole raccomanda di usare sempre il
buonsenso, ma poi infierisce anche contro chi si sdraia
sulle panchine dei parchi, perché, a suo dire, va
applicato lo stesso regolamento previsto per i
viaggiatori sui treni.
- Per il suo stile i colleghi lo hanno
soprannominato "Zorro".
- "Quelli sono dei
piccolo-borghesi" dice lui, ed incomincia a perdere
la pazienza "invidiosi perchè io so fare una cosa
che a loro non riesce. Non per niente sono nel Consiglio
Direttivo".
- Allecologista intransigente auguro
di vivere la natura come un contatto gratificante e non
come un lavoro.
- (Cosimo Severo)
-
-
- Oggi, pranziamo in tre, madre, figlia e
figlio. Gli altri sono via, sposati, e mio padre non
torna che stasera.
- Di solito a pranzo non si parla, cè
la tv e va bene così.
- Ci sono migliaia di donne, bambini e
piccoli uomini che camminano piano, perché non sanno
dove andare. In questa primavera, due donne, mentre
mangio, guardano dallo schermo cercando qualcosa da dire.
- E la madre comincia a raccontare.
Racconta, racconta, racconta di un allarme aereo e di
bombe mai cadute.
- A: "Stèmme in campagne, era
settembre ie iéve peccienènne, vicino a noi stéve u
macèll, dove maccellavano gli animali e la stèvene i
militari detenuti, noi avevamo degli animali qualche
pecora e una cavalla, abbiamo sentito gli aerei e nennò
mò mannète a vedè che gli animali non andavano sòpe a
strède, ie è pegnète a Nardene, u figne de zia Siponta
e mentre andavamo sonne arrevèt laerei che
mitragliavano sòpe u macelle. Nennò preoccupato ci è
venuto in contro o pegnèt Nardene che aveva perso la
scarpa mentre correva e ci ni iete. Io sono andata a
prendere la scarpa e ce seme ammuccète sotto nà macchie
de fichi dindia.
- Nanonne che stava raccogliendo i peperoni,
pe pavere si è nascosta nel casotto addica tenèmme nù
sutteranie pe mètte i patène. La stèvene i sòrge.
- Passato lallarme aereo, noi a ièmme
truanne, ci eravamo preoccupati, ammà accumenzète a
chiamè, ma non rispondeva. Amm pruète a vedè pe sotte
a tutti i macchie di fichi dindia, ma ninde, pò
nennò i iéte a vedè allassotte.
- Era rimasta cètte, non si muoveva, steve
cà non riusciva neppure a parlare per la paura. Ma, no
pi bumbardamente ma pi sorge ca cammenavene sòpe i pite.
- Tutto qua, noi non abbiamo visto cose
brutte, solo paura."
- Si mette a mangiare, e non racconta più.
- Quando torno la prossima volta racconterà
ancora.
- Aprile, quegli uomini, in tv, si sono
affiancati per scaldarsi, domani li vedrò ancora.
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