Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna CIMES laboratori per la citta - Musica
Concerti Exitime 05

lun 24.11.08 h 20.30 • Laboratori DMS 
ORIENTE/OCCIDENTE I

FontanaMIXensemble
Lavinia Guillari,
flauto
Marco Venturuzzo,
flauto
Marco Ignoti,
clarinetto
Nicola Baroni,
violoncello
Irene Puccia,
pianoforte
Paolo Aralla,
elettronica dal vivo


John Cage
Three pieces for flute duet (1935)
  1. Allegro giocoso
  2. Andante cantabile
  3. Grave; Adagio

Iannis Xenakis
Orient-Occident. Images d’une exposition (1960)
musica elettroacustica con la proiezione dell’omonimo film di Enrico Fulchignoni

John Cage
Variation III, «For one or any number of people performing any actions»,
versione per due flauti, clarinetto, violoncello, pianoforte ed elettronica dal vivo (1963)


Per la composizione europea della seconda metà del XX secolo John Cage rappresentò una sorta di messaggero giunto da un altrove estetico, ove non avevano più validità i concetti fondativi della tradizione musicale occidentale – «scrittura», «autore», «opera» – che erano anche alla base delle premesse estetiche e della prassi compositiva delle avanguardie musicali affermatesi all’inizio degli anni ‘50. Le procedure e la poetica dell’alea e dell’indeterminazione, il radicale indebolimento della «funzione d’autore», la concezione del comporre come un insieme aperto di possibilità combinatorie in continuo divenire teorizzati e praticati da Cage, costituirono una ‘rivoluzione copernicana’ per la visione musicale eurocolta, ed esercitarono a partire dall’inizio degli anni ‘60 un’influenza importante (benché spesso in seguito rifiutata ed osteggiata) sul pensiero di molti compositori d’avanguardia, tra i quali Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen.
Nel programma del concerto il musicista statunitense è rappresentato da un’opera di apprendistato, i Three Pieces for Flute Duet, brevi studi a due voci basati sul cromatismo non armonico (una direzione compositiva che egli ben presto abbandonò) scritti nel 1935, nel periodo in cui il musicista studiò con Henry Cowell e poi con Arnold Schönberg; e dalla Variation III, ideata nel 1963, una ‘non opera’ che costituisce un esempio paradigmatico e radicale del concetto di indeterminazione compositiva messo in pratica da Cage a partire dalla fine degli anni ‘50. L’indicazione dell’autore che campeggia nella ‘partitura’ di Variation III, «per una o qualsiasi altro numero di persone che effettuano una qualsiasi azione», revoca ogni consolidato concetto di scrittura, di organizzazione del materiale musicale e di determinazione dell’organico: secondo le istruzioni del compositore, il o gli esecutori scelgono liberamente come accostare una serie predeterminata di cerchi, che vanno a formare una figurazione grafica dalla quale essi devono intuitivamente dedurre una guida per la realizzazione/esecuzione della musica.
Iannis Xenakis compose nel 1960 il commento sonoro per il documentario Orient-Occident. Images d’une exposition, sovrapponendo su nastro magnetico una serie di frammenti, registrati a velocità alterata, della propria partitura per orchestra Pithoprakta (terminata nel 1956 e che costituì uno dei suoi primi, significativi esiti compositivi) a rumori e suoni elettronici che ricordano quelli della natura – sgocciolii, soffi di vento, stridii di uccelli – uniti a clangori metallici, rintocchi di campane, squilli, colpi, fruscii, ed altri suoni e rumori sia registrati dal vero, sia prodotti con strumenti elettronici. Il risultato di tale alchimia elettroacustica è una variegata texture sonora che crea un contraltare assai efficace ed espressivamente consentaneo alla tecnica di ripresa antitradizionale del filmato.

Il documentario Orient-Occident. Images d’une exposition di Enrico Fulchignoni, presentato al Festival di Cannes nel 1960, è il frutto di una commissione dell’UNESCO allo scopo di accompagnare una mostra di sculture organizzata nel 1958 al Museo Cernuschi di Parigi, sul tema dei rapporti tra Oriente e Occidente attraverso cinquanta secoli di creazioni artistiche. Utilizzando inquadrature ed effetti insoliti per il documentarismo tradizionale, nel filmato l’obiettivo riprende, con movimenti lenti e avvolgenti e da diverse angolature, gli affascinanti reperti dell’arte orientale – statuette votive, animali fantastici, guerrieri armati, ieratiche divinità – che, anche attraverso l’Egitto, influenzarono l’arte greca, culla della nostra civiltà. Dalle riprese a distanza ravvicinata e dai primi piani insistiti su profili e dettagli – una mano che si abbassa a toccare un calcagno, due dita che stringono un frutto, un’elaborata acconciatura femminile o il ricco panneggio di una veste – risulta un fluire continuo di immagini che rievocano i gesti e le sembianze delle civiltà scomparse evocate dai reperti artistici filmati.




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