Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna CIMES laboratori per la città - Teatro

IL TEATRO DELLE ATTRICI a cura di Gerardo Guccini

mer 13.12.06 • Auditorium
h 15 video • h 16.30 incontro

ERMANNA MONTANARI

Incontro con l'attrice
Coordina Gerardo Guccini


Ermanna Montanari ha ricevuto quest’anno il premio «Lo Straniero» dedicato alla memoria di Carmelo Bene. La giuria ha indicato l’attrice romagnola come grande «sperimentatrice delle possibilità e del potere della voce umana. Ermanna Montanari è la più spericolata e formidabile attrice del teatro italiano contemporaneo, ma al contempo è membro di un gruppo di cui segue il destino con ammirevole costanza e modestia». Il gruppo è il Teatro delle Albe, fondato nel 1983 dalla stessa Ermanna Montanari insieme a Marco Martinelli, Luigi Dadina e Marcella Nonni. Tre anni più tardi, è autrice e unica interprete di Confine, spettacolo ispirato ai racconti di Marco Belpoliti. Da questo momento Le Albe cominciano a definirsi un teatro «di carne», perché con Confine - dice il regista Marco Martinelli - «Ermanna ci ha insegnato il corpo scenico paziente, sofferente, che mostra la sua ferita, e ti fa ridere e ti fa piangere». Una maschera tragica, quella della Montanari, che si incarna negli anni in spettacoli memorabili. E’ forse Daura - il personaggio interpretato dalla Montanari nel 1992 ne I Refrattari - a racchiudere sinteticamente la matrice terragna di un’attorialità fisica e istintiva, in cui traspare, secondo le stesse parole dell’attrice, «l’orgoglio di appartenere a quel mondo contadino, alla mia famiglia anarchica, dove la mamma, la nonna, le nonne, i parenti erano animisti, proprio come quelli che ho conosciuto nei villaggi africani». Negli anni Ermanna Montanari è stata interprete di una scrittura vocale incendiata da uno straordinario virtuosismo: Rosvita, Cenci, Ippolito, Lus e L’isola di Alcina sono solo alcune tappe della peculiare capacità di modellare la sonorità della lingua e del dialetto tanto in senso drammatico che puramente musicale. Dal 2005 è protagonista dello spettacolo La mano, de profundis rock, tratto dal romanzo omonimo di Luca Doninelli, con la regia di Marco Martinelli.

www.teatrodellealbe.com



video
I BRANDELLI DELLA CINA CHE ABBIAMO IN TESTA

regìa di Marco Martinelli, 1987

Nel 1987 abbiamo realizzato I brandelli della Cina che abbiamo in testa. Siamo partiti da un testo di Lu Hsun, poeta e scrittore rivoluzionario cinese degli inizi del secolo, un racconto del 1918, Diario di un pazzo, in cui il protagonista scopre che attorno a lui, nel suo villaggio, ci sono dei cannibali: l’ossessione cresce e alla fine tutto il villaggio gli si rivela popolato di cannibali. Il racconto si conclude con l’invocazione disperata del protagonista: “Forse ci sono bambini che non hanno ancora mangiato carne umana. Salvate i bambini”.
Il testo di Lu Hsun ci colpiva perché era un periodo in cui ragionavamo sulle tante forme del cannibalismo, che non è riducibile al cibarsi di carne umana: l’uomo lo si può divorare in tanti modi. […] In quello spettacolo, ambientato in una Ravenna di fine secolo, io ripresi a scrivere; non scrissi un testo, un’architettura di dialoghi, ma solo dei brandelli lirici. Ermanna, che impersonava Lu Hsun, recitava una serie di monologhi: uno era dedicato ai colleghi animali, perché anch’essi, come gli uomini, sono mangiati da tutti, i colleghi animali che non ci sono più, li ritroviamo solo dietro il cellophane delle confezioni dei supermercati, nei documentari televisivi, nei mosaici delle chiese di Ravenna. Un altro monologa cantava le città grigie, imprigionate dall’asfalto, come i cervelli.

Marco Martinelli

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LUS
regìa di Ermanna Montanari, 1997

Quando Nevio Spadoni, poeta romagnolo, mi ha fatto leggere Lus, ho subito accettato di rappresentarlo. Lus è una lunga, acre maledizione tutta in dialetto, sputata dalla bocca di Bêlda, guaritrice stregona realmente vissuta a San Pancrazio a cavallo tra i due secoli. Io ho visto Bêlda, furiosa e imperturbabile, simile alle figure di certe reggitrici che abitano nelle nostre campagne. Immobile, solo la voce vibra. Non c'è dramma, non c'è moto in Lus, tutto sta nella voce di Bêlda. Ora voce di scimmia, ora di corvo, ora di lupo. Quando canto Lus (perché d’un canto si tratta) a volte non ci sono. Le parole escono da sole, eppure sono lucida, sono sospesa su una piccola sella, dentro un deambulatore, le gambe nude penzoloni…

Ermanna Montanari

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LA MANO, DE PROFUNDIS ROCK
regìa di Marco Martinelli, 2005

“Cosa dicono di Jerry Geremia Olsen?" chiede la voce con un rantolo. "Che è il più grande chitarrista rock della storia" risponde la voce. "Probabilmente il più grande, probabilmente!!!" incalza la voce soffiando tutta la rabbia che ha in corpo. Jerry Olsen è il protagonista de La Mano, un romanzo di Luca Doninelli. La Mano (sottotitolo De profundis rock) dovrebbe essere un'opera o qualcosa del genere. Si fa in teatro e la musica ne è indiscussa protagonista. Ma non ci sono cantanti né orchestra. C'è invece Ermanna Montanari, straordinaria performer della voce che campeggia solitaria sulla scena oscura, a tratti circondata da una inquietante figura muta di Topolino. Attorno nulla, solo un'asta di microfono e le sciabolate luminose di mille spot, come in un concerto rock. Opera o non opera, La mano racconta appunto la vicenda di Geremia Olsen, il più grande - forse - chitarrista della storia del rock che alla fine, divorato dal dubbio, si uccise tagliandosi la mano con una scure, ossessionato dall'idea di non essere abbastanza veloce.
Il progetto drammaturgico è firmato dal Teatro delle Albe, alias Marco Martinelli e Ermanna Montanari, la musica è di Luigi Ceccarelli, che ha campionato due chitarre elettriche e le ha poi rielaborate in una grande e impressionante colonna sonora elettronica. Da sempre musica rock e teatro - diversamente dalla coppia musica rock e cinema - hanno rappresentato due mondi assolutamente incompatibili, il cui matrimonio varie volte tentato ha sempre prodotto esiti piuttosto imbarazzanti. La mano di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari con la musica di Luigi Ceccarelli rappresenta un'eccezione proprio perché non ha nulla dell'opera e del suo epos. L'universo in cui questo monodramma ci catapulta è un grande oscuro palcoscenico, una fosca icona dell'oggi pensato da Edoardo Sanchi, sul quale sta Isis, sorella, o ancor meglio vedova, del grande Jerry Olsen, la quale ci scarica addosso il suo allucinatorio ricordo di vita e di morte del fratello venerato.
Di Ermanna Montanari si conosce la forza dirompente di attrice capace di trasformare la voce in energia pura. Ma qui, in più, c'è la musica di Ceccarelli, detonatore infallibile che trasforma il ricordo delirante di una mente giunta al limite della follia in proiezione di un'angoscia, di un sentire profondo di cui il rock è esattamente la fotografia sonora. E mentre il neopuritanesimo alza la voce per denunciarne il satanismo, ecco che il rock, con la sua violenza metallica e hardcore, si denuda di quelle posticce spoglie adolescenziali, esce dal ghetto dorato della "musica giovanile", ci si mostra adulto, vecchio forse, coperto di rughe, e ci illumina brutalmente sulla realtà dura e tragica dell'epoca nostra. Mentre la drammaturgia di Marco Martinelli sospinge Ermanna Montanari verso una regione neoespressiva, la musica di Luigi Ceccarelli è un contraltare perfetto, tanto più pregevole in quanto sfugge alle cento trappole dell'angoscia elettronica di maniera. Viceversa la musica di Ceccarelli è viva, guizzante, esplosiva e scalpitante. E' quintessenza del rock duro: power chords, basso e batteria. E insieme ne è una potente trasfigurazione, sempre sapientemente trattenuta e sempre sul punto di sfuggire di mano per lanciarsi in una corsa pazza, in fondo a quel gorgo oscuro dove Isis, sacerdotessa punk, si dibatte nello sforzo sovrumano di uscirne. E noi con lei.

Giordano Montecchi, Amadeus, ottobre 2005

 

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