Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna
Kazuo
Ohno, nato nel 1906 (Hokkaido, Giappone), diviene
insegnante di ginnastica. Nel 1929, profondamente colpito
da un spettacolo della danzatrice spagnola La Argentina,
inizia a studiare danza con Baku Ishi e Takaya Eguchi,
entrambi influenzati dalla nuova danza espressionista
tedesca. Debutta sulle scene solo nel 1949, con uno spettacolo di piccoli brani ispirati alla danza tedesca d'anteguerra. L'incontro con Tatsumi Hijikata, nei primi anni Cinquanta, si rivela decisivo per la sua carriera. Con lui partecipa alla creazione della danza butoh, quella "danza delle tenebre" nata dall'inquietudine degli artisti dopo il disastro atomico, che è oggi la forma peculiare della danza moderna giapponese e di cui egli è riconosciuto come l'interprete più significativo. Dal 1967 al 1977 lascia le scene, a parte alcune apparizioni in opere di altri autori, e gira alcuni film d'ispirazione surrealista (Portrait of Mr. O, Mandala of Mr. O, Book of the Dead of Mr. O). Nel 1977, a più di settant'anni, crea sui ricordi di un tempo Admiring La Argentina, l'opera en travesti che, presentata a Nancy nel 1980 e col suo enorme successo internazionale, rende Ohno, ormai settantacinquenne, una vera leggenda vivente. Da allora, continua a creare dei soli ai quali spesso associa il figlio Yoshito cui trasmette la sua eredità artistica, e continua a viaggiare per tutto il mondo (tra gli altri: My Mother, 1981; Dead Sea, 1985; Water Lilies, 1987; Ka Cho Fu Getsu, 1990). Nell'ottobre del 2001 compie novantacinque anni e lascia le scene. La danza di Ohno si stacca dalla più diffusa tradizione del butoh, pur condividendone molti principi corporei, per il suo carattere luminoso e lirico. Egli danza per comunicare l'universale nella sua espressione più pura; secondo lui, presto convertitosi al cristianesimo, la danza deve rivelare "la forma dell'anima". Nel suo sforzo quasi mistico di rivelazione dell'essere, di creazione di un mondo che è incontro con le fonti vitali, Ohno utilizza costantemente due concetti chiave: quello di "corpo morto" e quello di "libertà. Il corpo morto, negato, è per lui il primo fine da raggiungere per far sì che l'emozione in esso coltivata possa esprimersi liberamente, senza essere costretta a seguire le logiche coercitive imposte da un corpo vivente. L'anima deve poter manovrare il corpo come un burattinaio manovra una marionetta. Ne nasce una liberazione dalle pastoie della volontà, dalle strettoie del pensiero e dell'individualità. Per attingere all'universale occorre frantumare il rigido carapace di convenzioni che l'esperienza sociale ha costruito sul corpo e nella mente, e lasciar finalmente fluire all'esterno l'espressione pura dell'anima. "Se desideri danzare un fiore puoi mimarlo e sarà un fiore qualunque, banale e privo di interesse; ma se metti la bellezza di quel fiore e l'emozione che esso evoca nel tuo corpo morto, allora il fiore che crei sarà vero e unico e il pubblico ne sarà commosso". |