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BALLETTO Rivista trimestrale di danza classica

Anno di fondazione: 1955 Anno di cessazione: 1962

Periodicità: trimestrale

Direttore: Edoardo Bruno

Editore:

Luogo: Roma

Formato: v.: ill.; 21,5 cm

Note:

- periodicità non rispettata

- cambia direttore: Adriaan H Luijdjens dal n. 3 (dicembre 1956)

- supplemento a Lo spettatore critico fino al n. 3 (dicembre 1956) e a Filmcritica nel n. 4 (maggio 1957)

 

Collaboratori: Claudio Asso, Rudolf Benesh, Gianni Carandente, Ashley Clarke, Gennaro Corbo, Gianfranco Corsi, Angela Daneau Lattanzi, Orietta De Angelis, Ugo Dell’Ara, A. H. Franks, Gino Gario, Renato Giani, Trudy Goth, Arnold L. Haskell, Ann Hutchinson, Boris Kniaseff, David Koning, Guido Lauri, Serge Lifar, Edmond Linval, Adriaan H. Luijdjens, Edward C. Mason, Massimo Mila, Mario Porcile, Mario Praz, Athos Rosso, Maurice Sandoz, Toti Scialoja, Olga Signorelli, Gino Tani, Alberto Testa, Galina Ulanova, Wijnand van de Pol, Frithjof Van Thienen, Lionello Torossi, G. Vinci.

 

Anno - Fascicoli

1955 1

1956 2, 3

1957 4, 5

1958 6

1959 7, 8

1960 9

1962 10/11

Biblioteca Nazionale di Roma

Centro Documentazione e Ricerca per la Danza di Torino

 

BALLETTO:

PROFILO DELLA RIVISTA

Balletto, rivista di danza classica, ha iniziato le pubblicazioni a Roma nel 1956, con l’intenzione di uscire ogni trimestre, poi in realtà apparendo ad intervalli più o meno lunghi.Supplemento a Lo spettatore critico fino al numero 3 e a Filmcritica nel numero 4, la rivista ha ottenuto l’autorizzazione del tribunale di Roma il 15 ottobre 1957. Direttore responsabile è stato Edoardo Bruno dal numero 2 al numero 4 e Gianfranco Corsi dal numero 5 al numero 10-11. Adriano H. Luijdjens, fondatore e animatore di Balletto ne è stato per i primi due numeri redattore capo e in seguito vero e proprio direttore. La pubblicazione è cessata nel 1962, ultimo anno in cui viene menzionata nell’ "Elenco dei quotidiani e periodici italiani" a cura dell’Associazione Italiana Editori. La rivista è arricchita da numerose fotografie riguardanti gli artisti e spettacoli di cui si parla negli articoli-saggi e pochissime sono le pagine dedicate alla pubblicità. Secondo le parole dell’editoriale del numero 4: "Balletto è nato nel momento giusto quando cominciava a delinearsi un risveglio nel mondo italiano della danza. Noi non diciamo che l’odierna rinascita sia merito nostro; il merito è di persone come Ugo Dell’Ara, Esmée Bulnes, Mario Porcile per l’Alta Italia, di Aurelio Milloss per L’Italia Centrale, di alcuni direttori di teatro e penso in primo luogo a Bologna, a Palermo, a Venezia, a Reggio Emilia, dei soprintendenti ai festival come il Maggio Fiorentino e più ancora del Festival Internazionale della Danza di Genova-Nervi. Ma Balletto ha assecondato tutte quelle iniziative e ha fatto anche qualcosa di più. L’artista, qualsiasi artista ma specialmente l’artista di teatro, ha bisogno di un pubblico in grado di intendere la sua arte, di saper valutare i suoi sforzi. E noi stiamo creando e con sempre maggior successo un pubblico italiano intenditore della danza classica, cosa che per molti decenni in Italia non è esistita. Educare il pubblico alla bellezza dell’arte coreutica è soltanto uno dei nostri scopi. Ve ne sono degli altri. Per mezzo di oggettive e costruttive critiche si può educare l’artista, aumentare in lui l’amore per la sua arte. [...] In un paese dove i libri di danza - non parlo dei famosi antichi trattati comprensibili soltanto al ristretto cerchio degli specializzati - quasi non esistono, una rivista ricca in ogni suo numero di articoli tecnici, anche su argomenti come i rapporti tra danza e scenografia, tra danza e pittura, tra danza e musica, è altamente educativa anche per gli artisti. Poi vi sono le critiche. La critica ha un altissimo compito e va presa molto sul serio. Fatta da intenditori essa può stimolare l’artista, renderlo conscio dei propri pregi e dei propri difetti, indurlo ad avvalorare i primi e combattere i secondi. Inoltre la critica serve ad informare il pubblico. Sempre per la mancanza di libri sul nostro argomento, in Italia non è sufficiente di fissare per il pubblico alcune norme, di rialzarne il criterio in questioni di tecnica della danza, ma occorre anche spiegare i vari balletti nel loro argomento, nella loro composizione coreografica e nella loro architettura. [...] Così con l’andare degli anni la raccolta dei nostri fascicoli formerà un repertorio sugli argomenti di numerosi balletti. Evidentemente col tempo pure noi potremo limitarci alla critica stilistica pura, rimandando il lettore per maggiori chiarificazioni a numeri precedenti della rivista. [...]Balletto ha avuto un altro merito. Per la prima volta da almeno venticinque anni si parla e si scrive di nuovo all’estero di ciò che si fa nel nostro paese".(1) E nell’editoriale del numero 10-11 marzo 1962 leggiamo: "...Nel primo numero di Balletto scrivemmo: "Otto su dieci nomi nelle cronache del balletto, ai giorni nostri, sono nomi slavi. Gli altri due saranno francesi o inglesi. Italiani non più. Gli ultimi nomi italiani che hanno avuto risonanza oltre frontiera sono quelli di Cecchetti, di Guerra e di Caorsi. Dopo di ciò la storia del balletto non dedica più spazio all’Italia. Ed è inutile, anzi nocivo, credere che tutti quegli scrittori siano in mala fede e che solo l’invidia di fronte ad una supposta supremazia italiana li induca a tacere i nomi delle nostre stelle. Purtroppo non è così; siamo rimasti indietro in un’arte nella quale siamo stati grandi". Ora non è più così. L’Italia di nuovo conta, l’Italia ha riconquistato un posto, per il momento modesto ma sempre un posto, nella storia contemporanea della danza. E se l’è meritata, poiché vi è stata innegabilmente una rinascita che a Milano continua quasi prodigiosamente e a Roma è stata purtroppo interrotta - ma speriamo solo temporaneamente - in seguito alla partenza proprio di alcuni dei migliori elementi. Questa rinascita evidentemente è merito di chi insegna, di Esmèe Bulnes, di Ugo Dell’Ara, di Teresa Battagi, di Attilia Radice, di Bianca Gallizia, di Daria Collin, di Valeria Lombardi, di Susanne Egri, di vari altri bravi professori e professoresse della danza, che lavorano con zelo e devozione dentro i grandi teatri e nelle loro scuole, umili o grandi che siano; è merito di tutto uno stuolo di giovani danzatori e danzatrici che hanno ripreso gusto al durissimo loro lavoro, ad uno studio che esige una infinita pazienza. E lì forse anche Balletto ha un piccolo, modesto merito. L’artista, per quanto ami la sua arte, si sente scoraggiato se manca ogni risonanza, se i suoi sforzi migliori non vengono apprezzati che nel limitato cerchio dei suoi colleghi intenditori. Balletto tenta di creare un pubblico per l’artista della danza, un pubblico che sia in grado di giudicare". (2) Quasi tutto il lavoro e il denaro necessari a questo periodico erano dovuti alla persona di Adriaan H. Luijdjens, uno straniero innamorato dell’Italia e del balletto, che non era né impresario, né teatrante, ma soltanto ballettofilo e disinteressato al massimo come lui stesso teneva a precisare. Necessari erano quindi i continui richiami al pubblico affinché propagandasse la rivista o l’appoggiasse con abbonamenti più o meno cospicui e frequenti erano le scuse per il ritardo con cui uscivano i vari numeri. Gianfranco Corsi scriveva nell’avvertenza al numero 7 gennaio 1959: "A nostro parere farebbe lavoro assai meritevole un qualche giovane amante del balletto, tanto meglio se poliglotta, che volesse ogni tanto dare una mano al Luijdjens. Il suo lavoro da giornalista è già per sé un compito arduo. Inoltre fa praticamente da solo tutto ciò che ha affinezza con Balletto: la direzione, la redazione, la traduzione di tutti gli articoli che gli pervengono in lingue straniere, la correzione delle bozze, l’impaginazione, la spedizione, l’Amministrazione, la corrispondenza. È un lavoro ingente che solo l’entusiasmo e l’amore per l’arte e per l’Italia gli fa fare rimettendovi inoltre non poco denaro, poiché vuole che il prezzo della rivista sia alla portata di tutti e specialmente degli studenti. Ma le sue forze sono più che limitate e non reggono a tanto compito. Qualche giovane, naturalmente residente a Roma, potrebbe rendersi assai utile togliendogli parte di quella fatica". (3) Adriaan H. Luijdjens elaborava inoltre la maggior parte degli articoli e in particolare le critiche, sempre accurate ed approfondite. Egli imprescindibilmente assisteva agli spettacoli di balletto più importanti in Italia e spesso a più serate degli stessi. Era solito stilare annotazioni nel buio della sala in lingua olandese e per di più servendosi di un sistema stenografico di sua propria invenzione e indecifrabile a chiunque altro. Così le sue analisi erano ricche di particolari, ma allo stesso tempo molto chiare ed esplicative. Soprattutto nei primi numeri gli articoli mostravano il loro intento educativo ed erano pieni di riferimenti storici e di confronti fra diverse coreografie o messinscène di uno stesso balletto. Ma accanto alle critiche non mancavano veri e propri studi di storia della danza o saggi di esperti importanti sul rapporto fra la danza e le altre arti o sulla notazione coreografica o sulla esperienza e la vita di danzatori di fama mondiale e di compagnie straniere, spesso indicate come modelli da seguire. Sin dall’inizio inoltre Balletto si è chiaramente schierato per appoggiare le battaglie in cui credeva, come quella per la libertà dell’arte e dell’insegnamento della danza e non ha mancato di esporre le proprie idee sulla situazione del balletto in Italia, sulle cause dei suoi problemi e sulle possibili soluzioni per risolverli.

Note

  1. Anonimo, "Editoriale", Balletto, Anno I, n. 4 (maggio 1957), pag. 173-175
  2. Anonimo, "Editoriale", Balletto, Anno III, n. 10/11 (marzo 1962), pag. 4
  3. Gianfranco Corsi, "Avvertenza", Balletto, Anno II, n. 7 (gennaio 1959), pag. 226