Con
questo opuscolo di 16 pagine, in folio, il Comune di
Forlì festeggiava il 27 novembre 1924 l’illustre
concittadino Angelo Masini per i suoi 80 anni. Vi si
celebrano la fama di acclamato tenore sui palcoscenici di
tutto il mondo e le virtù del filantropo che sempre
ebbe a cuore gli sfortunati e i bisognosi. In effetti, fu
proprio grazie agli eccezionali proventi di una carriera
durata quasi 40 anni – dall’esordio nel 1868 a
Finale Emilia con Norma all’addio alle scene nel
1905 a Parigi con Il barbiere di Siviglia – che
il tenore poté prodigarsi a sostegno di tante
iniziative benefiche, fra le quali la sovvenzione di quel
Liceo musicale che ancora oggi porta il suo nome.
Sparse fra i
molti contributi che compongono il fascicolo – una
fonte di notizie davvero notevole – affiorano le tracce
di questo protagonista del teatro lirico
dell’Ottocento, a cominciare dai rapporti con Giuseppe
Verdi, che lo volle interprete della sua Messa da
Requiem nel tour europeo del 1875. Ce ne parla
Archimede Montanelli (pp. 10-11), il maestro di violino di
Benito Mussolini, che fornisce anche un elenco delle
scritture del tenore nei principali teatri
internazionali.
A spiegare i
prodigi e la longevità di un’arte di favolosa
bellezza, frutto di un’applicazione intelligente e
costante, contribuiscono Edoardo Ceccarelli (p. 13) e
Aurelio Silvestrini (pp. 11-12), il quale rievoca anche la
figura della prima maestra di canto di Masini, Gilda
Minguzzi. Si riportano inoltre le parole del soprano Emma
Turolla, che, a proposito di una tournée in Sud
America, ricorda dell’artista non solo la «voce
del più puro timbro diamantino» ma anche
«l’emolumento altissimo, come non si era mai
concesso a tenore».
I ricordi
occupano ovviamente una parte cospicua di testo – a p.
5 leggiamo una memoria di Archimede Cimatti, musicista
forlivese attivo a Foligno che rievoca il passaggio nel 1872
di Masini nella località umbra con La forza del
destino – ma non meno importante è il
ritratto del Masini ottantenne che, ormai pago di onori (due
anni prima aveva rifiutato al sindaco Giuseppe Gaudenzi di
concedere il suo nome per l’intitolazione del teatro
cittadino: p. 4), spende le sue ultime energie per
trasmettere ai più giovani i segreti dell’arte.
È il tema affrontato da Cesare Martuzzi, il noto
inventore del genere popolaresco delle Cante romagnole che,
in uno scritto significativamente intitolato
Rinascita?, affronta il delicato nodo del futuro
dell’opera (di lì a due giorni sarebbe morto
Giacomo Puccini) auspicando il ritorno del teatro lirico
italiano alla sua autentica vocazione per il
canto.
La
pubblicazione, arricchita di alcune immagini del tenore e di
altri artisti a lui legati, si presenta dunque
nell’insieme varia e articolata. Merito di ciò
va ad Attilio Monti, appassionato cultore di cose locali
(avrebbe firmato due anni dopo uno studio sul Monte di
Pietà di Forlì): a p. 14 leggiamo infatti la
lettera con cui Enzo Benelli, rappresentante della giunta
municipale, comunicava a Monti la delibera a favore della
sua iniziativa che avrebbe visto l’adesione di tante
personalità forlivesi. Troviamo i nomi di Vittorio
Lugli (p. 2), docente di Francese nel Liceo cittadino,
Sergio Zanotti (pp. 3-4), maestro dello storico Delio
Cantimori, e Giuliano Mambelli (p. 13), direttore della
Biblioteca di Lugo in seguito impegnato nel riordino dei
materiali d’archivio devastati dalla guerra. Ma al
centro campeggiano le quattro dense pagine (6-9) da Monti
dedicate alla storia del teatro forlivese: dagli esordi con
Gasparo Pacchiarotti fino al trionfo di Masini negli
Ugonotti del 1882 assieme alla già menzionata
Emma Turolla, si ripercorrono gli oltre cent’anni di
vita di un palcoscenico che, disegnato in pieno Settecento
dall’imolese Cosimo Morelli e poi distrutto dalle
bombe, vide avvicendarsi i grandi nomi di Giovanni Battista
Velluti e Giuseppe Siboni, Eugenia Savorani Tadolini e
Marianna Barbieri Nini, Virginia Boccabadati e Antonietta
Fricci.
Il fascicolo si
chiude con una carrellata di rapidi commenti e attestazioni
di stima da parte di altre notabilità cittadine, che
unanimemente insistono sui meriti di Masini artista e
filantropo. Ritroviamo qui al completo la classe dirigente
della Forlì dell’epoca, fra i rappresentanti del
Regime ormai affermato (accanto al nuovo sindaco Corrado
Panciatichi, le potenti personalità del mondo della
stampa Antonio Beltramelli, Manlio Morgagni, Arnaldo
Mussolini) e gli esponenti della politica parlamentare (il
senatore marchese Alessandro Albicini e il repubblicano poi
cospiratore e partigiano Federico Comandini), i
rappresentanti della società civile e delle
professioni con il direttore della camera di commercio
Ercole Galassi, l’ingegnere Sesto Baccarini e gli
avvocati Luigi Conti e Scipione Baratti, e importanti figure
di studiosi come il filologo Paolo Amaducci (Provveditore
agli Studi), Tommaso Mediani (sacerdote in rapporti con don
Sturzo e studioso dei movimenti religiosi) e Benedetto
Pergoli (autore nel 1894 dello studio Canti popolari
romagnoli, al quale verrà poi intitolato il Museo
Etnografico Romagnolo). Spetta però a una citazione
di Francesco Tamagno di chiudere la silloge, dove il grande
tenore verdiano dichiara la sua ammirazione per "quella voce
di paradiso che non gli si vede uscir di bocca, e par che
venga dall’aria".
Andrea
Parisini
Bibliografia
Angelo
Masini il tenore angelico, a cura del Comitato cittadino
per le onoranze ad Angelo Mariani nel quarantesimo della
morte, Forlì, Tipografia A. Raffaelli,
1966
Luigi Inzaghi,
Il tenore Angelo Masini (1844-1926), Rimini,
Raffaelli, 2002
Roberta
Paganelli, Angelo Masini, il re dei tenori del secolo
XIX, Forlì, [s.n.], 2004