martedì 15 marzo
Aula absidale, ore 21
ingresso gratuito
CORBEILLE DI CANTI,
SONETTI E STRAMBOTTI
DUO ALTERNO
Tiziana Scandaletti, soprano
Riccardo Piacentini, pianoforte
Gian Francesco Malipiero (1882-1973)
dai Sonetti delle Fate op. 57
Eliana
Mirinda
Melusina
Giorgio Federico Ghedini (1892-1965)
Quattro strambotti di Giustiniani
Se li arbori sapessen favellare
Sia benedetto il giorno che nascesti
Io mi viveva senza nullo amore
E vengo te a veder, perla lizadra
Azio Corghi (1937)
da Ricordando te, lontano
Cori descrittivi di stati d’animo di Didone: III
La rosa bianca
Alfredo Casella (1883-1947)
L’adieu à la vie op. 26
Ô Toi, suprême accomplissement de la vie
Mort, ta servante, est à ma porte
À cette heure du départ
Dans une salutation suprême, mon Dieu
Riccardo Piacentini (1958)
Madrileño
Franco Alfano (1875-1954)
da Tre poemi di Tagore
Mamma, il giovine principe deve passare
da Due liriche
Il giorno non è più, l’ombra scende sulla terra
DUO ALTERNO
Tiziana Scandaletti, soprano, e Riccardo Piacentini, pianista e compositore, debuttano in duo nel 1997, al Festival of Italian Contemporary Music di Vancouver. Per l’occasione sono invitati a tenere concerti e masterclasses alla Simon Fraser University, alla University of British Columbia e alla Vancouver Academy of Music. Da allora hanno svolto numerose tournées, esibendosi per importanti istituzioni nazionali (Settembre Musica di Torino, Spazio Novecento di Cremona, Nuovi Spazi Musicali di Roma, Teatri di Reggio Emilia, Spazio Musica di Cagliari, Trieste Prima) e internazionali (Sibelius Akatemia di Helsinki, III e IV Festival di musica contemporanea di Taškent, Centro Cultural San Martín di Buenos Aires, Festival Memorie sonore di Stoccolma, Festival del Cinema italiano di Oslo, Ethical Society di Philadelphia, Levine School di Washington, Rutgers State University, Festival Musique italienne du XXme siècle di Strasburgo, Festival Roussel di Londra, Gedung Kesenian Theater di Giakarta, Festival delle Fiandre, Conservatorio centrale di Musica di Pechino, NUMUS Concerts, Wilfrid Laurie University di Waterloo-Toronto).
Nei concerti e nelle masterclasses si dedicano alla promozione del repertorio novecentesco per voce e pianoforte, con particolare attenzione alla produzione italiana. Hanno scritto per loro, fra gli altri, Giacomo Manzoni ed Ennio Morricone. Hanno all’attivo numerose incisioni discografiche (Curci e Nuova Era), radiofoniche (Radio Svizzera Italiana, Radio Nazionale Usbeca) e televisive (Televisioni Nazionali del Kazachstan).
Entrambi laureati in Lettere con una tesi in Storia della musica, insegnano Musica vocale da camera e Composizione nei Conservatorii statali di Musica.
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Nel 1909 Gian Francesco Malipiero compone sei liriche dai Sonetti delle fate di Gabriele d’Annunzio (1863-1938), pubblicandole solo cinque anni dopo. Come in altri componimenti di quel periodo, la scrittura è percorsa da ascendenze modali, in sintonia con il più generale recupero di elementi arcaici avviato in Italia nei primi decenni del Novecento, non esente da influenze debussiane (Eliana comincia con sinistri accordi esatonali). Il prevalere di un andamento lento – eccezion fatta per il secondo sonetto, veloce e dal ritmo più incisivo – e di una dinamica sommessa concorre a rendere l’alone di mistero e di attonito stupore che avvolge i versi di d’Annunzio.
Anche i Quattro strambotti di Giustiniani (1925) s’inseriscono nel movimento musicale italiano vòlto al recupero di stilemi della tradizione, in particolare della musica rinascimentale. In queste liriche, come in altre, Giorgio Federico Ghedini modella la linea vocale in assoluta aderenza ai valori prosodici dei versi. La semplicità dei toni e la prevalente eufonia della costruzione musicale sottolineano situazioni e clima espressivo dei popolareschi strambotti alla toscana, qui organizzati come in un ciclo, come suggerisce la ripetizione del tema d’apertura alla fine del quarto strambotto.
Le liriche della raccolta Ricordando te, lontano (1962-63) risalgono agli anni di apprendistato di Azio Corghi, e risentono dell’influenza delle Due liriche lunari (1948) di Bruno Bettinelli, suo maestro. Se nella prima i toni ermetici del testo risultano caricati dalla gestualità espressionistica del canto (dal parlato ad ampi intervalli), nella seconda il clima si fa più dolce e contemplativo.
Nel 1915, anno del rientro in Italia da Parigi, Alfredo Casella intona quattro liriche di Rabindranath Tagore (1861-1941), insignito due anni prima del premio Nobel. Anche L’adieu à la vie testimonia del “dubbio tonale” che assaliva Casella in quegli anni, caricandone la scrittura di cromatismo e urti dissonanti. Il vagare armonico senza mèta, le sovrapposizioni politonali alternate nella fissità di una scansione isocrona (cui reagisce solo la bartókiana percussività della terza lirica), i contrasti fra gli estremi registri della tastiera, su cui si staglia una voce estraniata, oscurano la mistica serenità del poeta indiano.
Il contatto con Tagore, esperienza circoscritta per Casella, è invece costante nella produzione lirica di Franco Alfano. Mamma, il giovine principe è il primo dei Tre poemi di Tagore (1919); Il giorno non è più è invece tratto da un manoscritto inedito (1948?). Alfano musica i versi in modo sfarzoso. Nella vocalità espansiva che sottolinea con slanci melodici la carica emotiva di singole parole, si percepiscono, qua e là, inflessioni operistiche. La ricchezza della scrittura pianistica è pronta a rendere in maniera descrittiva alcune immagini del testo: si anima e si increspa, ad esempio, come il vento e le acque nella seconda lirica.
Madrileño, brano pianistico di Riccardo Piacentini ispirato ad una canzone popolare iberica, è stato oggetto di più stesure, dal 1991 al 2002. Piani emotivi e sonori si stratificano mediante l’alterno uso di tastiera e cordiera.
Eleonora Beddini e Marta Giacobbi
studentesse DAMS Musica
coordinamento e redazione di
Anna Quaranta e Anna Scalfaro |