Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna DOPO I MAESTRI

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
teatro
 

30 marzo-20 aprile 2000

DOPO I MAESTRI

Un secolo di pedagogia teatrale

a cura di Marco De Marinis

La tanto annunciata e ormai consumata (?) conclusione del secolo, e soprattutto la scomparsa recente di due grandi maestri, punti di riferimento importanti e talvolta essenziali, sia pure in maniera diversa, come Jerzy Grotowski e Jacques Lecoq, credo debbano indurci a un bilancio provvisorio e orientato del Novecento teatrale e in particolare delle esperienze pedagogiche che lo hanno caratterizzato, a partire da quella originaria e fondatrice in più sensi di Stanislavskij. Questo progetto intende contribuire ad avviare una tale riflessione, concependo la situazione teatrale presente come una situazione "dopo i maestri".

Attenzione: dopo i maestri non vuol dire senza i maestri; e non ci si riferisce soltanto, o soprattutto, alla scomparsa fisica di molti di loro. Il fatto che la questione della formazione al teatro sia stata riformulata da tempo, in tutto un ampio versante del lavoro teatrale, in termini di "autopedagogia" e come "ap-prendere ad apprendere", non significa in alcun modo che il problema del rapporto maestro/allievo e della trasmissione dell’esperienza a teatro sia diventato di conseguenza meno importante, meno centrale. Tutt’altro: la sua importanza e la sua centralità sono venute semmai aumentando in questi anni, solo che esso si è anche trasformato profondamente ed è di questa trasformazione profonda che testimoniano nozioni come, appunto, "au- topedagogia" e "apprendere ad apprendere".

Semmai, se proprio vogliamo rimarcare una differenza fra le ultime generazioni teatrali in Italia (e non solo) e quella di quindici/venti anni fa, essa consiste nel fatto che, mentre quindici/venti anni fa, nel cominciare, era inevitabile il riferimento alla generazione immediatamente precedente dei padri o dei fratelli maggiori (sostanzialmente, di coloro che quattro decenni or sono inaugurarono il nuovo teatro) oggi, proprio perché le rotture delle seconde avanguardie storiche (come le ha chiamate Claudio Meldolesi ) sono state ampiamente metabolizzate e sono diventate un dato acquisito, scontato, un ovvio punto di non ritorno, si può cominciare anche senza padri (il che può voler dire, a volte, prendendo violentemente le distanze da essi) e magari rifarsi ai nonni o ai bisnonni, cioè ai Padri Fondatori del primo Novecento: da Stanislavskij a Mejerchol’d, da Craig a Decroux, da Copeau ad Artaud.

Per cercare di capire per quali ragioni e in che modo la questione del rapporto maestro/allievo a teatro è venuta riformulandosi anche radicalmente negli ultimi decenni, non possiamo fare a meno di prendere di petto alcune domande di fondo, tutte molto impegnative e strettamente legate fra loro: che cos’è un Maestro, che cos’è un Maestro a teatro: cioè come lo si riconosce, che cosa e come insegna, che cosa trasmette e come lo trasmette. Il che poi equivale a chiedersi anche, e forse soprattutto, che cosa sia un allievo, e in che modo egli possa appropriarsi di un insegnamento e di una tradizione

Credo che esistano tanti modi per appropriarsi attivamente di una tradizione, dell’insegnamento di un maestro, per trasmetterlo-tradirlo. Uno dei modi può essere quello di metterla/lo in rapporto con altre tradizioni, con l’insegnamento di altri maestri – senza con ciò cadere nell’eclettismo facile e superficiale, che costituisce la parodia di una modalità altrimenti profondamente organica di assunzione e trasmissione.

Far dialogare fra loro i maestri e le tradizioni: un esempio che mi piace fare, a questo proposito, è rappresentato dall’ultimo spettacolo di una compagnia londinese (ma nata a Parigi) che si chiama Théâtre de l’Ange Fou e che alcuni anni or sono si è imposta all’attenzione internazionale con una magnifica e per niente archeologica ricostruzione di alcune delle pièces più importanti di Decroux (L’Homme qui voulait rester debout, presentato all’Arena del Sole di Bologna nel 1994). Anche questo spettacolo (che ha debuttato nel 1997) ripropone in effetti una creazione di Decroux, una delle più famose, Passage des hommes sur la terre, ma rivisitata attraverso la lente affatto diversa del mondo teatrale di Tadeusz Kantor, della sua immaginazione, del suo stile scenico, dei suoi costumi, dei suoi attori-manichini. Un dialogo, molto riuscito, intensamente poetico, fra il mimo corporeo astratto e il Teatro della morte.

Un dialogo analogo promette lo stage intensivo "Teatro corporeo-Teatro d'incontro" curato da Steven Wasson, direttore e regista del Théâtre de l'Ange Fou, che rappresenta un po’ il cuore del presente progetto. Esso infatti si incentrerà su di un lavoro con allievi avanzati della scuola londinese, e dodici allievi del nostro Dipartimento, riguardante L’Ispettore generale di Gogol, un testo che si può ben dire abbia fatto la storia del nuovo teatro russo, tra Stanislavskij e Mejerchol’d, per citare soltanto gli allestimenti dei registi più celebri. E’ facile immaginare quindi quali altre contaminazioni e quali altri fecondi tradimenti potrà produrre l'incontro fra la tradizione del mimo decrouiano e quella incarnata da uno dei testi simbolo delle grandi rivoluzioni sceniche della prima metà del Novecento.

Marco De Marinis


per informazioni:

soffitta@muspe.unibo.it

tel: 051/2092016 2092018 2092021
fax: 051/2092017

Università degli Studi di Bologna

Dipartimento di Musica e Spettacolo

home

Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna