Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna LA SOFFITTA - Centro di Promozione Teatrale

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
teatro

La danza alla rovescia di Artaud.

Il secondo Teatro della Crudeltà (1945-1948)

Indagato al di là delle mitologie e dei luoghi comuni che ancora ne ostacolano una adeguata conoscenza storica, l’itinerario teatrale di Artaud si presta come pochissimi altri – nel Novecento – ad essere letto quale esempio estremo e al tempo stesso rigorosissimo di ricerca tendente a riscoprire una necessità e un valore del teatro nella società contemporanea attraverso il suo superamento in quanto spettacolo-rappresentazione-virtualità e la sua rifondazione in termini di azione reale efficace sull’uomo e per l’uomo.

A tale proposito, risulta di fondamentale importanza fare spazio, nella considerazione critica e storiografica su Artaud, alle elaborazioni teoriche e alle esperienze pratiche degli ultimi anni, dal 1945 al 1948, successive al lungo internamento manicomiale e fino ad oggi ingiustamente trascurate – tranne poche, isolate eccezioni – a vantaggio della grande stagione degli anni Trenta e degli scritti de Il teatro e il suo doppio.

Alla fine della sua vita e del suo percorso artistico, Artaud concepisce il Teatro della Crudeltà come un grandioso progetto etico-politico di insurrezione fisica: si tratta di trasformare (nuovamente) la scena in un "crogiolo" nel quale l’uomo (non più soltanto l’attore) possa rifare la propria anatomia, possa ricostruirsi un corpo, rifiutando quella che Jacques Derrida ha chiamato la "differenziazione organica": un corpo senza organi.

Il 2° Teatro della Crudeltà, come teatro del violento rifacimento corporeo, da un lato radicalizza elementi già presenti nella teoresi teatrale degli anni Trenta (la centralità del corpo e del linguaggio fisico, il concetto di azione efficace, il teatro come magia curativa e trasformazione alchemica, la relazione teatrale come contagio) nel nuovo contesto rappresentato dal "materialismo assoluto" dell’ultimo Artaud; dall’altro lato, esso costituisce la trasfigurazione/reinvenzione delle pratiche fisiche e vocali (un vero e proprio training, o meglio lavoro su se stesso, centrato sul souffle) intraprese da Artaud, a più livelli, già nella clinica di Rodez, per difendersi dalla distruzione dell'internamento e che stanno anche alla base della sua estrema, straordinaria stagione produttiva: la "scrittura vocale" delle ultime grandi opere letterarie, da Artaud le Mômo a Van Gogh, le suicidé de la société, da Cigît a Suppôts et Suppliciations, i disegni (in particolare, i ritratti e gli autoritratti), le letture pubbliche, le conferenze.

Se non ci fanno velo la leggenda di un Artaud refrattario alla tecnica e il pregiudizio della follia, il 2° Teatro della Crudeltà, come teatro del rifacimento corporeo, può cominciare ad essere collocato nel posto che gli compete, e cioè accanto alle altre grandi esperienze teorico-pratiche di educazione corporea e di addestramento psicofisico dell'attore portate avanti dai maestri del teatro contemporaneo, quelli che Fabrizio Cruciani ha chiamato "registi-pedagoghi". Ma non basta. Lungi dall'essere una sorta di scheggia impazzita del Teatro e il suo doppio, il 2° Teatro della Crudeltà si rivela invece - a uno sguardo più attento e meno pregiudicato - come una tappa ulteriore, e molto più radicale rispetto al 1°, sulla strada di quel fenomeno cruciale del Novecento che è il superamento, o meglio l'auto-superamento del teatro, secondo una linea che dallo Stanislavskij del lavoro su Tartufo porta alle ricerche di Grotowski, dalla fase parateatrale fino a quella, purtroppo conclusiva per lui, dell'Arte come veicolo.


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