Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna LABORATORIO SHAKESPEARE

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
teatro

19 gennaio-25 marzo 2000

LABORATORIO SHAKESPEARE

a cura di Cristina Valenti

"Shakespeare è come il mondo, o come la vita. Ogni epoca vi trova quello che cerca e quel che vuole vedervi". Così scriveva Jan Kott in Shakespeare nostro contemporaneo, testo che è diventato un classico della letteratura critica. Riflettendo ancora sulla contemporaneità di Shakespeare, il progetto si propone di esplorare e confrontare le ragioni della permanente attualità del drammaturgo inglese nella ricerca e nei percorsi formativi degli artisti di teatro. Attori e registi continuano a trovare in Shakespeare un autore attraverso il quale dialogare coi più giovani, trasmettere la propria esperienza, formare nuove professionalità, consegnare e stimolare visioni. E Shakespeare continua a essere anche l’interlocutore o il terreno sul quale misurare nuove avventure teatrali.

Ricorrentemente scopriamo artisti che inaugurano percorsi individuali o inedite fasi della propria ricerca prendendo per mano un qualche personaggio shakespeariano: cosi Lenz Rifrazioni realizza un Ham-let all’interno di in un progetto laboratoriale permanente che vede gli attori Lenz affiancati da attori con handicap intellettivi. Una fusione tra l’universo poetico lenziano e la sapienza creativa degli attori disabili, uniti nella ricerca di una resurrezione espressiva e sentimentale del teatro a partire dalla riscrittura shakespeariana. (Lo spettacolo è presentato in collaborazione con Link Project, al Link, 19/20 gennaio, ore 21.30).

Marco Manchisi e Anna Redi costruiscono, attraverso la vicenda di Macbeth, una grande metafora del teatro che, di tempo in tempo, rivive e prende corpo nelle sempre nuove materializzazioni degli attori (La corona sognata, Teatro San Martino, 24/25 gennaio, ore 21).

Fanny & Alexander presentano un doppio spettacolo: Storia infelice di due amanti. Una conferenza su W.S. e Romeo and Juliet (in collaborazione con Link Project, al Link, 24/25 marzo, ore 21 e 22.15): un percorso nel dramma shakespeariano che è anche esplorazione e invenzione di inedite modalità spaziali e drammaturgiche.

Due dei lavori presenti nel progetto sono l’esito diretto di percorsi laboratoriali condotti da artisti particolarmente significativi: Regni notturni (Arena del Sole, 24/25 febbraio, ore 21.30) è una "prova aperta da William Shakespeare" presentata dal laboratorio "Angeli abietti" diretto per il terzo anno da Elena Bucci e Marco Sgrosso per il CIMES. Un gruppo di lavoro che ha rivelato, negli anni, coesione e tenacia, e che per la prima volta è immesso in un processo creativo programmaticamente finalizzato a uno spettacolo, continuando ad esplorare gli strumenti della tecnica come mezzi di libertà e conoscenza.

In collaborazione con Il Gruppo Libero viene presentato Passing through Richard, esito di un laboratorio condotto da Loriano Della Rocca e finalizzato alla consegna dell’esperienza kantoriana. Un’operazione di "attraversamento" del corpo fisico e della psiche di Riccardo per indagare l’avidità di potere che alberga in ogni essere umano (Teatro San Martino, dal 9 al 12 febbraio, ore 21).

Due brevi studi si incastoneranno come Cammei nel progetto, a completare il quadro di risonanze personali che la drammaturgia shakespeariana è in grado di stimolare nell’invenzione degli artisti: Sala Amleto è la tragedia consumata con leggerezza nell’arco di quindici minuti da Marco Mercante e Tragediae è il "duo per ballerina e tecnico" di venti minuti presentato da Catia Dalla Muta (entrambi al Teatro San Martino, 24/25 gennaio, a partire dalle 19.30).

L’incontro Perché Shakespeare condotto da Valeria Ottolenghi, critico teatrale da sempre attenta alle esperienze della ricerca e – cosa più rara – ai percorsi laboratoriali e formativi degli artisti, raccoglierà e interpreterà i fili di riflessioni, esperienze, reinvenzioni e scoperte elaborate in nome di Shakespeare e, giocoforza, solo in parte presenti nel progetto (Palazzo Marescotti, 20 gennaio, ore 15).


HAM-LET

La fase conclusiva del Progetto Shakespeare Amleto 1997/2000 viene realizzata da Lenz Rifrazioni in collaborazione con l’Associazione Nazionale Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali coinvolgendo insieme all’ensemble artistico di Lenz attori con handicap intellettivi. Da questa necessità di fusione ha genesi un progetto laboratoriale permanente teso ad approfondire l’espressività teatrale contemporanea e il significato dell’esperienza artistica nell’incontro tra gli attori disabili e gli attori della compagnia; una fusione profonda e duratura tra l’universo poetico di Lenz e la sapienza creativa degli attori disabili, uniti nella ricerca di una resurrezione espressiva e sentimentale del teatro.

Il disegno drammaturgico di HAM-LET mette al centro della riscrittura shakespeariana il processo di simulazione poetica della follia che porta al compimento del destino tragico di Amleto, la piena verità della finzione.


Lenz Rifrazioni

Dopo l’incendio che lo scorso 6 settembre ha reso inagibile lo spazio Lenz Teatro (l’edificio industriale della periferia storica di Parma dove L enz Rifrazioni svolgeva la propria attività dal 1988) privando la città di un significativo centro culturale di sperimentazione e ricerca, Lenz sta portando HAM-LET in tournée nei principali teatri italiani.

Fondato nel 1985 da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, Lenz Rifrazioni sviluppa da anni progetti monografici e pluriennali attraverso un’approfondita attività di laboratorio.

Il linguaggio teatrale di Lenz si fonda su un’estrema e redicale fedeltà alla parola del testo e si istituisce come classicità rivoluzionaria. La messinscena di grandi testi classici, considerati irrappresentabili per la loro sperimentalità linguistica, si compie attraverso la traduzione ed elaborazione originale dell’opera, la creazione dello spazio scenico, della luce, dei costumi, all’interno di una stretta collaborazione creativa con artisti e musicisti, in un lungo processo di laboratorio con l’ensemble degli attori.

La collaborazione fra il Centro La Soffitta e il Link Project consente di restituire all’allestimento di HAM-LET la collocazione in uno spazio industriale tipologicamente affine all’edificio incendiato, che tanto ha contribuito ad informare la poetica e la ricerca espressiva di Lenz.


La corona sognata

La nostra narrazione immagina che un teatro, l’edificio che ospiterà la rappresentazione, sia affamato di uomini da iniziare alla sua arte e che quindi fagociti due soldati, Macbeth e Banquo, di ritorno da una battaglia in cui hanno difeso il loro Re. Mentre Macbeth, stanco, si addormenta e sogna, questo teatro si materializza e prende corpo in un’attrice che fa rivivere, attraverso se stessa, alcuni personaggi della tragedia shakesperiana con cui Macbeth e Banquo interloquiscono: le streghe, il Re, Lady Macbeth, gli assassini e Macduff. La donna costruisce scena per scena la recita in cui Macbeth sprofonda venendo così iniziato al teatro. Le streghe con le loro predizioni e Lady Macbeth con la sua influenza, dominano quindi la scena spingendo Macbeth ad uccidere prima il re per usurparne la corona, poi Banquo che, come hanno predetto, sarà padre di una stirpe di Re. Ma solo quando il bosco avanzerà verso di lui, ancora come predetto dalle streghe, Macbeth, circondato dagli spiriti, comprenderà il suo destino, simile a quello di un attore, che combattendo muore per il suo teatro, per quella corona che l’ha baciato in sogno.

Gioacchino Rossini rappresenta la spina dorsale del paesaggio musicale, un affresco che ci è piaciuto definire sentimento del racconto. Il testo è continuamente sollecitato dalle sue note, attraversando: Le rien per solo pianoforte; Sonate per archi, ottoni e per violino e pianoforte; l’ouverture de La gazza ladra; la Petite messe solennelle e una scheggia drammatica tratta dalla Boutique fantasque di Rossini-Respighi. Ciclicamente risuona come un presagio la tromba della quinta sinfonia di Mahler e, a commento dell’uccisione del Re, O’ sole mio, cantata da Ferdinando Rubino e musicata da Di Capua. Ma il vero contrappunto a Rossini è affidato ad alcune composizioni di Giacinto Scelsi tra cui Aion e Konx-Om-Pax, che rimandano ad un immaginario shakesperiano misterioso, come l’arrivo delle streghe. Le bombe, che si sentono continuamente cadere sulla testa degli attori, ricordano la minaccia di una guerra che non riesce a fermarsi. La recitazione degli attori, nel fitto tessuto musicale, rispetta tempi attacchi e chiusure come in un concerto, all’interno del quale però, cerca un respiro autonomo, sostenuta dalla presenza dei corpi all’interno dei chiaro-scuri creati dalle luci e dalle ombre. Per quanto riguarda il testo ho tradotto qualche passaggio in lingua napoletana, non per riferirmi ad una città e ad una cultura, ma solo come un colore che in quel momento mi sembrava indispensabile. Così anche per il barbarico romagnolo di Banquo.

Il motore che muove gli attori è l’amore per il teatro, quell’arte che mutua e trae linfa vitale dalla musica, dalla pittura, dalla danza e dalla poesia per ricomporsi in un corpo unico, in una struttura dove l’attore è l’assoluto protagonista.

Ho diretto gli attori e me stesso cercando di amplificare la suggestione visionaria che il testo stesso contiene e giocando su moduli recitativi molto vari.


SALA AMLETO

SALA AMLETO può essere definita una macchina spettacolare che vuole scrutare le possibilità di rendere contemporanee le tragedie shakesperiane mantenendo allo stesso tempo la valenza di dramma archetipo.

La pièce muove dalla visione di Amleto dello spettro del padre e mostra i due personaggi che costituiscono il dramma amletico: la madre Gertrude (che con la propria condotta scellerata dà inizio al dramma del figlio) e il fantasma del padre che chiede di vendicare la propria morte.

Si sviluppa poi con la figura di Amleto incapace di volere e di scegliere, inerme verso ogni volere che si interroga se sia meglio l’essere o il non essere, il morire o il dormire. Invoca un sonno che possa cancellare qualsiasi turbamento e qualsiasi miseria umana.

La performance si chiude con la ricontemporaneizzazione del dramma Amletico, in un finale ambiguo e imprevedibile, che pur tendendo a sdrammatizzare l’accumulo di tensione della seconda parte, lascia lo spettatore spiazzato per la leggerezza con cui si consuma la tragedia.

E’ proprio questo rapporto instabile tra il comico e il tragico che mi interessa. Lascio che le due cose convivano supportandosi tra loro, in modo che nessuna prevalga sull’altra. In questo modo cerco di provocare una risposta instabile nello spettatore.


Tragediae

E’ uno studio di circa venti minuti ispirato a quattro personaggi femminili shakesperiani, Giulietta, Ofelia, Desdemona e Lady Macbeth.

Per il primo pezzo la coreografia è stata ispirata dalla danza flamenca, per il carattere giovane ed assoluto di Giulietta. Per Ofelia, secondo pezzo, la coreografia si ispira vagamente al folklore romagnolo. Nella terza parte, Desdemona ha un partner (il tecnico), un marito che piano piano ogni giorno la uccide sempre un po’. Infine Lady Macbeth: deformata nell’animo dalla sua violenta ambizione, appare fisicamente deforme: è stata pensata nel momento finale in cui gli spiriti della sua malata coscienza l’assalgono e la riducono alla morte.

Questi quattro quadri in realtà sono quattro momenti di una audizione tenuta da un immaginario regista o coreografo in un qualsiasi paese o città, una ballerina ed un tecnico fra tanti si presentano vivendo così la loro vera grande tragedia: l’audizione.


Regni notturni
 
Il laboratorio di esperienze teatrali 'Angeli abietti - esercizi di metamorfosi' , diretto da Elena Bucci e Marco Sgrosso (Le Belle Bandiere) per il CIMES, è giunto quest'anno al terzo anno di attività, con un corso di "perfezionamento" finalizzato ad avvicinare il gruppo dei partecipanti al processo di creazione di uno spettacolo.
Regni notturni rappresenta l'esito di tale percorso.
"[…] In questo ricco percorso, abbiamo visto crescere e maturare il gruppo di lavoro, cercando di stimolarne l'autonomia di scelta e lasciando che si scontrasse con l'immensità e la vitalità dell'opera di Shakespeare, lasciando la libertà, seppur guidata, di scegliere personaggi e testi.
Abbiamo tentato di far sperimentare ai partecipanti il 'vuoto' che prelude alla scelta e abbiamo cercato di sollecitare la consapevolezza dei limiti perché nascesse in loro la necessità di impadronirsi della tecnica come strumento di libertà. […]
Lo scorso anno erano Guerrieri perché attenti, allenati a non dare nulla per scontato, a lottare guardando in faccia e dominando l'aggressività: guerrieri di pace abili a sventare le guerre future, pronti a capirne l'offesa e la violazione rispetto alla dignità di ogni essere umano.
Nel lavoro di quest'anno, Regni notturni, il filo che ci guidava - la potente riflessione sul potere, sulla sopraffazione e sulle possibili libertà che attraversa tutta l'opera di Shakespeare - è diventato più luminoso e consapevole.
[…] I personaggi di Shakespeare ci hanno aiutato a scandagliare la nostra parte angelica e demoniaca: la nostra volontà di potenza e la connivenza con i meccanismi del potere, ma anche il richiamo della solidarietà e l'antico patto d'amore tra gli esseri umani. […]
Abbiamo immaginato di evocare tutto il popolo sconosciuto che ha tramandato antiche storie oralmente, senza firmarle mai, quell'umanità ormai muta dalla quale scaturiscono le cristalline parole shakesperiane, tanto potenti da essere usate come energia archetipica.
Immersi nella notte senza sonno di Macbeth, nell'incubo di Riccardo III prima della battaglia, nella notte densa di pericolo e di premonizioni continuamente evocata dalle tragedie, i personaggi compiono la loro trasformazione, moltiplicando i propri echi, vivendo doppie nature, fino a brillare nella loro fertile nudità. Le scene emergono da questo mondo anarchico e povero, che si è scavato il proprio spazio di libertà tra le strette maglie del vivere sociale, fuori dalle regole del potere e del mercato.
L'"essere o non essere" diventa cosa di tutti, quasi un ballo con la morte, le streghe sono una passaggio collettivo nel soprannaturale, ed ogni personaggio deve fare i conti con un suo scomodo doppio che riflette, modifica e rende ambigua ogni azione, preservandoci dal rischio dello stereotipo.
La musica dal vivo diventa elemento importantissimo di stimolo, una presenza concreta in scena. Anch'essa, come noi, e secondo le regole del teatro, non è mai simile a se stessa, mai meccanica, ma si adatta alle mille variazioni della prova, diventando ora supporto ora vivace proposta che ci allontana dalla fissità e dal pregiudizio della mente.
Alla fine di questo viaggio, che avrà come ultimo passaggio 'lo spettacolo' vorremmo raccogliere i tanti materiali che ci hanno accompagnato, cercare un segno possibile che racconti questo percorso che tanto ci ha cambiato: noi che abbiamo guidato e le persone che hanno voluto rischiare […]".
Elena Bucci e Marco Sgrosso

per informazioni:

soffitta@muspe.unibo.it

tel: 051/2092016 2092018 2092021
fax: 051/2092017

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