Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna NARRAZIONI

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
teatro

 

13 gennaio-29 febbraio 2000

NARRAZIONI

Il teatro di Marco Baliani

in collaborazione con Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna

 

Presenza di grande rilievo sul piano artistico e pedagogico, Marco Baliani conduce da alcuni anni una ricerca sull’arte della narrazione orale e sullo spazio del racconto in teatro, creando grandi lavori corali e spettacoli per un solo attore narrante. Col teatro di narrazione, ha inventato il modo per parlare con voce personale di temi civili e storie non solo fantastiche, facendo scuola e aprendo un nuovo territorio di indagini ed esperienze teatrali.

Due degli spettacoli presentati vedranno Marco Baliani come autore e interprete: Kohlhaas e Corpo di stato (all’Arena del Sole, rispettivamente il 13-14 gennaio e il 28-29 febbraio, alle 21.30).

In Kohlhaas, spettacolo in qualche modo capostipite del genere, Baliani è insieme l’interprete e lo spettacolo, il narratore e il racconto, l’autore e tutti i suoi personaggi, ma anche il paesaggio, le percezioni, i sentimenti, la musica della terribile favola di Kleist.

Dedicato ai 55 giorni della prigionia di Moro, Corpo di stato racconta "di una lacerazione, di come il tema della violenza rivoluzionaria abbia dovuto fare i conti con un corpo prigioniero, e come questa immagine sia divenuta via via spartiacque per scelte fino ad allora rimandate". Pur avendo al centro soggetti così distanti nel tempo, i due lavori sono in realtà legati da un unico filo: "il rapporto conflittuale tra esigenza di rivolta contro l’ingiustizia e assunzione del ruolo di giustiziere".

Il terzo spettacolo, Sole nero, è interpretato da Maria Maglietta con la regia di Marco Baliani (Arena del Sole, 26/27 febbraio, ore 21.30). L’attrice si fa veicolo di una memoria autobiografica, e percorre le tappe che portano una donna dall’infanzia all’esperienza di combattente partigiana, percorrendo paesaggi interiori e pianure reali: "una storia così intrisa di vita che basta da sola a narrare un intero periodo del nostro passato prossimo".

Marco Baliani spiega la condizione del narratore citando Camus: "Non essere ascoltati: è questo il terribile quando si è vecchi", e commenta: "Il narratore compie sempre questa sfida, straniero nel tempo cerca di vincere con il racconto la vecchiezza che stende sulle cose del mondo un manto spesso di oblio". Della sua arte del racconto, l’artista tratterà negli incontri intitolati Narrazione e…, che saranno materia di uno stage a numero chiuso (a cura del CIMES, 12, 13 gennaio e 28 febbraio) e di un incontro pubblico (Palazzo Marescotti, 29 febbraio, ore 16).


Sole nero
dall'omonimo romanzo di Gina Negrini
di e con Maria Maglietta
regia di Marco Baliani
drammaturgia di Maria Maglietta e Marco Baliani
collaborazione drammaturgica Alessandra Ghiglione
una produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri
 
Un'attrice si fa veicolo di una memoria autobiografica e percorre le tappe che portano una donna dall'infanzia verso la scelta di divenire combattente per la Resistenza, percorrendo paesaggi interiori e pianure reali, la fame vera e quella più nascosta di una giustizia che non si vede ma che si percepisce come cibo necessario, una voglia di libertà solo intuita, non ideologica ma concreta terrena, e soprattutto, femminile.
Questo percorso attorale è infatti in primo luogo il tentativo di dare voce al contenuto femminile del resistere, ben oltre i limiti della guerra e della persecuzione.
Come a cercare uno sguardo diverso su vicende a noi ancora prossime e però quasi sempre lette attraverso filtri politici, ideologici e comunque maschili.
Qui c'è all'opera un agire femminile che è innanzi tutto una storia, una storia umana che attraversa quegli anni col passo necessario al vivere e sopravvivere quotidiano: dalla condizione di un sottoproletariato urbano in quartieri degradati di Bologna ai primi sussulti adolescenziali, all'istinto che porta la narratrice verso quegli strani tipi che si chiamano partigiani, ad una iniziazione rocambolesca e tragica, al ruolo di staffetta e via via fino alla fine della guerra, all'amore per un soldato russo, al sogno di un'altra terra e un'altra libertà, alla delusione cocente quando tutto torna come prima, ai sogni di colpo sottratti, all'ultima odissea attraverso un'Europa dilaniata e ferita, per un ritorno a casa che non ha nulla di eroico.
E' una storia così intrisa di vita che basta da sola a narrare un intero periodo del nostro passato prossimo, lasciando in sospeso domande che ancora oggi non hanno avuto risposta.
Forse Sole nero di Gina Negrini è il tentativo di scorgere il disegno della cicogna, di riallacciare i fili dispersi di un'esistenza densa di conflitti e di vita. (Tre anni fa con Alessandra Ghiglione e altre attrici, al Festival di Dro cominciammo a lavorare intorno al tema del resistere femminile.
Laura Mariani ci fece incontrare la scrittura di Gina Negrini. Da allora quella storia misteriosamente ha continuato a pulsare dentro di me.)
Quello che ho tentato di compiere con questo spettacolo è ripercorrere le tracce di quel possibile disegno ma, a mia volta, disegnando forse un'altra cicogna, o meglio: attraverso quel particolare rivivere le esperienze che è il teatro, poter illuminare zone di un mio tracciato. Alla fine, nel tempo, si lascerà guardare?
Maria Maglietta

Corpo di stato

Il delitto Moro: una generazione divisa
di e con Marco Baliani
regia di Maria Maglietta
collaborazione drammaturgica Alessandra Ghiglione
una produzione Casa degli Alfieri
in collaborazione con Trickster Teatro e Rai 2
 
Il tessuto di Corpo di stato è il rapporto conflittuale tra esigenza di rivolta contro l'ingiustizia e assunzione del ruolo di giustiziere.
E' sempre stato difficile raccontare qualcosa che ci è tanto vicino - siamo nel nostro passato prossimo, solo vent'anni fa - specie se quel qualcosa ha inciso profondamente sulle nostre esistenze e sulle nostre scelte.
La materia è ancora così pulsante e non dipanata dalla lontananza, che si rischia allora di leggerla col senno di poi, filtrandola e mettendola a distanza di sicurezza.
Ho cercato allora di ritornare laggiù, in prima persona, ricordandomi di me in quei giorni, trovando nelle mie esperienze di allora quelle "piccole storie" che sole possono tentare di illuminare la Storia più grande. Ho percorso momenti dolorosi senza perdere però le atmosfere di quegli anni, gli entusiasmi, i paesaggi metropolitani, le contraddizioni.
Nei 55 giorni della prigionia di Moro ho raccontato di una lacerazione, di come il tema della violenza rivoluzionaria abbia dovuto fare i conti con un corpo prigioniero, e come questa immagine sia divenuta via via spartiacque per scelte fino ad allora rimandate, abbia fatto nascere domande e conflitti interiori non più risolvibili con slogan o con pratiche ideologiche. Ho raccontato le mie storie, prima ancora che un palco teatrale, davanti a una telecamera; l'emozione della diretta televisiva è cosa diversa dall'eccitazione inquieta con cui ogni volta entro in scena a narrare.
Ora torno sulle tavole di legno a me care, non devo più cercare l'occhio di una telecamera, ma gli occhi di spettatori in carne e ossa; non sarò né personaggio, né narratore esterno, questa volta, ma io stesso narrante, un'esperienza nuova, una messa in gioco del personale, una dichiarata visione soggettiva di quegli anni. Amici, compagni, avversari, potranno avere i giusti motivi per non essere d'accordo o per trovare identità; per quelli che non c'erano, i giovani d'oggi, sarà come visitare un mondo che appare tanto lontano, quasi incredibile; spero che per tutti, come è già accaduto dopo la trasmissione televisiva, scatterà il desiderio di parlare, di contraddire con altri racconti: è un modo di uscire allo scoperto, di raccontarsi agli altri, di rievocare quei tempi difficili e densi. Quando si esce da momenti e tempi in cui la vita è stata pregna di avvenimenti, quando il vivere è sembrato intenso anche nel dramma, dopo, col tempo, ci si sente sempre un po' stranieri, come reduci, testimoni di eventi troppo densi per essere dipanati. Camus dice: "Non essere ascoltati: è questo il terribile quando si è vecchi".
Il narratore compie sempre questa sfida, straniero nel tempo cerca di vincere con il racconto la vecchiezza che stende sulle cose del mondo un manto spesso di oblio.
 Marco Baliani

per informazioni:

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tel: 051/2092016 2092018 2092021
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