Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna salotto

la soffitta
Centro di promozione teatrale

STAGIONE 2000
musica
mercoledì 9 febbraio, ore 21
 
Cent’anni di salotto
ENSEMBLE CAMERISTICO ITALIANO
 
L’Ensemble cameristico italiano s’è costituito per iniziativa di giovani musicisti desiderosi di fare musica insieme, e con l’intento di far conoscere ed apprezzare il repertorio cameristico meno frequentato. L’Ensemble cameristico italiano è formato da musicisti che vantano collaborazioni con prestigiose orchestre e formazioni da camera (Orchestra giovanile italiana, Orchestra nazionale della RAI, Orchestra sinfonica di Perugia, Orchestra dei Virtuosi di S. Cecilia, Sinfonietta di Roma) e si sono distinti in numerosi concorsi nazionali ed internazionali (Concorso internazionale di musica da camera di Tortona, Concorso internazionale di musica da camera di Tagliolo Monferrato, Concorso internazionale di musica da camera di S. Bartolomeo del Cervo). L’Ensemble cameristico italiano s’è esibito presso importanti enti musicali, quali gli Amici del Loggione di Milano, la Società del Giardino di Milano, l’Associazione del Seraphicum di Roma, il Teatro dell’Opera del Cairo, l’Università della Savoia, il Museo d’arte di Grenoble.
 
PROGRAMMA
 
Giovanni Pacini (1796-1867)
Divertimento
Michail Ivanovic Glinka (1804-1857)
Trio pathétique
Allegro moderato
Scherzo. Vivacissimo - Trio. Meno mosso - Tempo I
Largo - Maestoso risoluto
Allegro con spirito
* * *
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Trio op. 11
Allegro con brio
Adagio
Tema "Pria ch’io l’impegno". Allegretto - Allegro
Max Bruch (1838-1920)
Otto pezzi op. 83
n. 2 Allegro con moto
n. 8 Moderato
n. 6 "Nachtgesang" (Nocturne). Andante con moto
 
Nella seconda metà del ’700 il trio con pianoforte – suoi ascendenti furono la sonata a tre barocca (due violini e violone più uno strumento a tastiera per il basso continuo) e la sonata per fortepiano con accompagnamento di violino e violoncello – ebbe fortuna sia come brano da concerto, sia come gradevole intrattenimento da salotto, eseguito da dilettanti. Haydn fu il primo ad infondere al genere grande dignità artistica; nei trii più maturi ampliò in senso virtuosistico le facoltà degli strumenti, soprattutto nelle parti del fortepiano e del violino. Proprio con i Tre Trii per pianoforte, violino e violoncello s’apre il catalogo delle opere di Beethoven: l’op. 1 (1795), destinata a concertisti virtuosi, è il frutto degli anni di studio a Vienna sotto la guida di Haydn – che assistette anche alla loro prima esecuzione –, Schenk, Albrechtsberger e Salieri. Opera giovanile è anche il trio op. 11 (1798) per pianoforte, clarinetto e violoncello. Nell’op. 11, composta per il clarinettista boemo Jan Josef Beer, il pianoforte svolge il ruolo di primus inter pares; i tre strumenti esibiscono ora momenti di lirismo espressivo, ora di grande virtuosità, particolarmente nell’ultimo movimento, in cui Beethoven realizza nove variazioni sul terzetto "Pria ch’io l’impegno" dall’Amore marinaro di Joseph Weigl, opera di successo a Vienna nel 1797.
Giovanni Pacini fu tra i più prolifici e apprezzati operisti della prima metà dell’Ottocento: una settantina sono le opere rappresentate, di cui oggi si ricorda sopra tutte la Saffo. Pacini fu amico e all’occasione collaboratore di Rossini, col quale ebbe in comune il maestro di contrappunto Stanislao Mattei al Liceo musicale di Bologna. Il Divertimento in Re minore per pianoforte, clarinetto e violoncello (1865) appartiene agli anni del ritiro dalle scene: Pacini aveva aderito alla Società del Quartetto di Firenze, consorzio che favoriva la rinascita del camerismo strumentale in Italia. Ma le abitudini di una vita non si mettono da parte da un giorno all’altro: la scrittura strumentale di Pacini appare in questo brano intrisa del tipico gusto operistico italiano.
Il Trio pathétique per pianoforte, clarinetto e violoncello (o fagotto), fu scritto da Glinka nel 1832 durante il soggiorno in Italia (1830-33). Qui il musicista russo ebbe modo di conoscere Bellini e Donizetti, ma anche Berlioz e Mendelssohn, l’influenza del quale è percepibile proprio in questa composizione. Glinka fu il primo a porsi il problema di un teatro d’opera che fosse autenticamente russo, non derivato dai modelli imperanti del melodramma italiano e francese. Proprio in Italia iniziò a maturare quelle idee che trovarono piena attuazione in Una vita per lo Zar, la sua opera più famosa, rappresentata nel 1836 a Pietroburgo e acclamata come prima opera nazionale russa.
Max Bruch fu un compositore brillante, la cui fama è oggi affidata al solo Concerto per violino e orchestra op. 26. Dal 1891 al 1911 fu docente di composizione all’Accademia di Berlino, dove ebbe numerosi allievi destinati a diventare famosi, tra i quali Ottorino Respighi. Proprio di questi anni sono gli Otto pezzi op. 83 (1910). Di gusto tardo- romantico, questi Stücke sembrano ispirati alle atmosfere fiabesche tipiche del mondo schumanniano. Nel numero 8 e nel numero 6, "Nachtgesang", caratterizzato da una timbrica crepuscolare, Bruch realizza una scrittura di gusto liederistico in un clima armonico d’ispirazione brahmsiana.
Camilla Cavicchi
studentessa DAMS

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