Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna scabia

19 gennaio 1998 – ore 21 - TEATRO SAN MARTINO

 

Lettere a Dorothea sopra il Diavolo e il suo Angelo
seguite da
Dioniso Germogliatore
di e con Giuliano Scabia
al violoncello Michele Sambin
composizioni musicali di Michele Sambin

 

Dal 1979 al 1985 sono andato correndo vestito da Diavolo, legato per una corda all’arcangelo Michele, in Italia e fuori d’Italia, dentro un’azione di lunga durata (1 giorno, 3 giorni, 5 giorni) che si chiamava Il Diavolo e il suo Angelo – per centri di città e periferie, boschi e cime di monte, vallate, strade di paese e monumenti storici. Era una recita, un gioco e una recherche (o quête) sul senso della scrittura, del teatro e della verità – senza mai avvertire prima per dove passavo, né quando. Così ho fatto migliaia di incontri – a volte incontri sconvolgenti che mi hanno cambiato la vita. Alcune di quelle corse e attraversamenti li ho raccontati a un’immaginaria amica tedesca, amorosa e studiosa del teatro e della poesia, in tre lettere sul teatro d’amore. La prima lettera (Lettera a Dorothea sopra il Diavolo e il suo Angelo) l’ho scritta in una casa sulle pendici della montagna Etna in eruzione la notte dopo la festa dell’Assunta, il 16 agosto 1980; la seconda (Ma io insistetti per stare volando ancora un poco) mentre insieme all’arcangelo volavo sopra la città di Parigi, ottobre 1983, dopo aver scalato (sempre recitando) la Tour Eiffel; la terza (Sei tu il corpo amoroso che sveglia il teatro degli dei) da un balcone di campo Sant’Angelo a Venezia, la notte di martedì grasso 1991 – quando per la guerra (elettronica) del golfo il carnevale fu abolito: e io, verso la fine della notte, dopo aver vagato per la città, entrai in barca (un sandalo) e mi misi a vogare verso la laguna Nord – dove, scesa finalmente dalla Germania, ero sicuro mi aspettasse Dorothea, e…

 

Le tre lettere sono monologhi e racconti – e contengono l’idea che mi sono fatto io del teatro, del narrare e della poesia. In esse cerco un senso al vagare che mi ha preso anni fa – vagare in cerca dei luoghi (interni, adesso lo so) dove stanno i nidi dei racconti.

Dioniso Germogliatore è un poema in 5 quadri – nato su stimolo del compositore Fabio Vacchi (che ne ha tratto un "recitar sinfonico". Al Teatro San Martino lo racconterò in duo col violoncellista Michele Sambin – interrogandoci su chi sia oggi Dioniso, il capo del teatro.

Per il racconto delle tre lettere e del Dioniso Germogliatore, al Teatro San Martino, e evento e accadimento insieme, è fondamentale la collaborazione del regista, compositore e suonatore Michele Sambin.

Giuliano Scabia

 

Giuliano Scabia (Padova, 1935), poeta, drammaturgo e romanziere, è stato il protagonista di alcune tra le esperienze teatrali più vive e visionarie degli ultimi anni. Dopo essere stato uno degli iniziatori del Nuovo Teatro (Zip, Biennale, 1965) e l’ideatore di situazioni teatrali e comunitarie memorabili, come quella dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste (di cui parla nel libro Marco Cavallo), o quella con un gruppo di attori-studenti attraverso paesi e città, negli ultimi tempi ha completato i 19 testi (commedie, lettere, racconti) che costituiscono il ciclo del Teatro vagante, un teatro raccontabile oltre che rappresentabile, che frequentemente va in giro a recitare da solo, in case di conoscenti e amici, in piccole comunità che si formano per ascoltare, seguendolo a volte in lunghe camminate nei boschi. Il lavoro sulla lingua compiuto attraverso la ricerca teatrale è confluito nei romanzi In capo al mondo (Einaudi, 1990) e Nane Oca (Einaudi, 1992), che insieme alle Lettere a Dorothea configurano la particolarità di Scabia come narratore. Nel 1995 ha pubblicato Il poeta albero (Einaudi) il libro di poesie e disegni (a trent’anni di distanza dalla prima raccolta, Padrona & Servo) in cui è racchiusa l’anima del suo itinerario negli ultimi vent’anni.

 

Il teatro di Giuliano Scabia è un teatro a parte ed è un teatro di poesia. Nel saggio che accompagna l’edizione di Fantastica visione (Feltrinelli 1988) Gianni Celati scrive che nel teatro di Scabia e in quel teatro a noi contemporaneo "che non partecipa al fasto del consumo illimitato […] inevitabilmente si pone il problema di far riserva di splendore". Celati parla anche della riflessione di Scabia che va unitariamente dalla Commedia armoniosa del cielo e dell’inferno (Einaudi 1972) al Teatro con bosco e animali (Einaudi 1987): e parla di tendenza alla composizione mitica e anche di vertigine dell’indeterminazione, e del mettersi in gioco come mettersi nella possibilità di indeterminatezza. E poi ancora di comprensione affettiva del mondo, del bisogno che la luce trovi la propria ombra. Il teatro di Scabia è oggi, senza separatezze e con coerenza espressiva, i suoi drammi scritti e le situazioni di esperienza agita che inventa (come il "Trekking di letture del poeta Giuliano Scabia per monti e boschi…" dell’agosto 1988); e anche, al fondo, il raccontare una storia. La parola è, senza soluzione di continuità, scritta e parlata e agita; le forme in cui la sua visione si concretizza rimandano sempre le une alle altre, e tutte al continuum della sua presenza creativa. La scrittura è il luogo privilegiato, punto di partenza e di arrivo, di una creazione che si sostanzia del narrare. Come poeta è attore, come attore è poeta. Non si inscrive in nessuna etichetta o meccanismo produttivo: realizza l’arte sorprendente e oggi eversiva di essere sempre altrove, al centro di se stesso e della sua visione.

Fabrizio Cruciani (1991)

 

Ogni spettatore riceverà in omaggio il testo della terza Lettera a Dorothea, edito per l’occasione.


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