Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Quaderni sul Vajont

2 marzo 1998, ore 17 - Aula Absidale di Santa Lucia

Marco Paolini
QUADERNI SU VAJONT
E ALTRE STORIE
conferenza-spettacolo sulla preparazione de "Il racconto del Vajont"

a cura di Gerardo Guccini

ingresso libero

La conferenza-spettacolo Quaderni su Vajont e altre storie è un viaggio nell’attore.
All’inizio c’è la lettura del libro di Tina Merlin, Vajont 1963. La costruzione di una catastrofe.
Al termine c’è uno spettacolo che, rappresentato in diversi contesti (scuole, case private, piazze, circoli culturali, ospedali, radio) e poi trasmesso dalla televisione, viene recepito e vissuto come una testimonianza.
Fra l’uno e l’altro evento si svolge un processo di assimilazione che trasforma la coscienza dell’accaduto in una parte di sé e la sua evocazione in ricordo.

Gerardo Guccini

Il racconto è costruito ogni volta con i suoi ascoltatori. Sono loro a condurre il narratore lungo la narrazione, invitandolo con la loro identità e la loro prudenza ad aggiungere ed a togliere, ad ampliare e a sostituire, accrescendo la rabbia o l’ironia o il dolore del racconto. […]
Vajont è uno strumento per pensare. Il luogo dove questo racconto prende corpo non è indifferente. E’ il luogo di una comunità attiva sul piano sociale, civile, culturale. Non è necessariamente un teatro, anzi; il più delle volte non lo è. Accade che Marco racconti Vajont perché in quel luogo e in quella comunità c’è qualcosa su cui si vuole riflettere.
Una strage del passato, una sfida presente, un compito. Qualcuno lo invita, e, come avveniva in tempi lontani, il narratore arriva, si siede al centro del cerchio e ti dice che cosa è accaduto e tu chi sei.

Alessandra Ghiglione

 

Il racconto del Vajont

Il racconto del Vajont è la ricostruzione di un pezzo di storia italiana nel periodo dal ’56 al ’63. Così nel ’63 avevo 7 anni, e di Longarone imparai presto quel che c’era da sapere…

Qualche anno dopo lessi il libro di Mario Passi Morire sul Vajont: mi ricordo bene la rabbia che mi prese a "scoprire" questa storia così diversa da come me la ricordavo da bambino, avrei voluto che tutti sapessero ma non sapevo come fare. […]

Nel ’93 ho letto il libro di Tina Merlin Sulla pelle viva e mi sono vergognato, vergognato di non conoscere, di non sapere o di aver dimenticato. Tina parla della lotta e dell’identità di un piccolo popolo, cancellato dall’incuria e dalla tracotanza. […]

Purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere Tina Merlin, ma le sue parole avevano riacceso in me la rabbia antica e non volevo correre il rischio di dimenticare ancora. Adesso però sapevo cosa fare, me lo aveva insegnato il mio lavoro: per non dimenticare dovevo raccontare. Così ho cominciato a far uscire dal libro le parole, a cercare i suoni, i modi per ricordare i nomi, i numeri, le date, e a far sì che non li dimenticassero nemmeno quelli che ascoltano la storia. Non abbiamo scritto il testo ma abbiamo preso appunti, inventato qualche particolare descrittivo che permettesse di ricordare meglio questo o quello, abbiamo tolto vicende parallele e aggiunto disegni alla lavagna, imparato parole tecniche e organizzato ricerche alle quali molte persone hanno collaborato.

[…] Il racconto ad un certo punto era di due ore, poi di tre, adesso cambia ogni volta, seguendo una traccia prefissata di avvenimenti sulla quale le parole seguono un loro diverso modo di aggregarsi… in una parola ogni sera "improvviso". Emergono così nella tragedia una quantità insospettabile di elementi ironici e grotteschi. […]

Il racconto si è arricchito di testimonianze raccolte nel lungo elenco di luoghi che mi hanno ospitato: aule, municipi, biblioteche, centri sociali, chiese, piazze ed alla fine anche teatri. Ma è lungo, tra una cosa e l’altra non si finisce quasi mai prima di tre ore. E’ lungo perché non è mai stato pensato come uno spettacolo teatrale […] perché alla fine ci sono quelli che si fermano perché vogliono sapere il seguito… spesso restano tutti e si parla del processo, di oggi, di cose che ci toccano da vicino, e si fa presto a tirar tardi […].

Marco Paolini

 

Marco Paolini: il debutto avviene con il teatro politico nel 1974. Da queste prime esperienze professionali nasce la voglia di imparare sul serio. Fino al 1982 fa parte di quel movimento di gruppi che in Italia provvisoriamente si chiamano "Teatri di base"; scomparsa la base che li sosteneva, sono scomparsi i gruppi, ma non tutti gli attori che ne facevano parte. Autodidatta, attore di strada e clown, trova facilmente i principi e la disciplina necessari al mestiere nell’incontro con il Terzo Teatro. Partecipa al lavoro didattico del Centro di Pontedera e all’ISTA (International School of Theatre Antropology) di Eugenio Barba a Volterra. Dal 1984 al 1986 fa parte del TAG Teatro di Venezia in diversi spettacoli di commedia dell’arte.

Dal 1987 al 1994 aderisce al progetto del Teatro Settimo diretto da Gabriele Vacis, partecipando a molti allestimenti come attore e coautore (Liberanos, La storia di Romeo e Giulietta, Trilogia della Villeggiatura). A partire dal 1992 tiene corsi e laboratori alla Civica Scuola d’Arte Drammatica "Paolo Grassi" di Milano. Ha fatto alcune brevi apparizioni in Caro Diario di Nanni Moretti e nel Toro di Carlo Mazzacurati. Dal 1990 sviluppa sempre più una produzione autonoma di opere di a solo, prodotte da Moby Dick, cooperativa teatrale con sede a Mira, in provincia di Venezia.

Le storie, i contenuti, le memorie della sua terra d’origine, il Veneto, diventano temi centrali dei suoi spettacoli. Nascono gli ALBUM di Marco Paolini: un ciclo di spettacoli in cui il suo alter ego è il personaggio di Nicola, nome scelto in onore del Petit Nicolas di René Goscinny, ispiratore del primo album, intitolato Adriatico, che racconta di un’estate in colonia. Le esperienze in quartiere vengono raccontate in Tiri in Porta, l’adolescenza in Liberi Tutti e la giovinezza in Aprile ’74 e 5. Queste storie, in cui l’attore dà corpo non solo ad un protagonista, ma anche a un numeroso gruppo di personaggi, sono ambientate nella sua città ma raccontano esperienze che sembrano riguardare anche chi non la conosce. Ogni album è una tappa di crescita e, sullo sfondo, che assume via via sempre più importanza, si intravede l’Italia dal 1964 in poi.

Il lavoro per cui è più conosciuto, Il racconto del Vajont (poi chiamato "Orazione civile" per la sua carica politica), fa la cronaca del luttuoso e criminale evento della storia italiana che costò la vita a 2000 persone e spazzò via il paese di Longarone. Per questo lavoro ha ottenuto il Premio Speciale UBU 1995 per il teatro politico e il Premio I.D.I. (Istituto della Drammaturgia Italiana) 1996 per la migliore novità italiana. Nell’ultimo anno ha realizzato due lavori. Il primo, Il Milione. Quaderno veneziano di Marco Paolini, è un racconto di viaggio che si snoda su una grande carta della Laguna con salti di tempo e di spazio. Il secondo, Appunti Foresti 97-Carta Venezia, è un reportage di parole servito da studio a Il Milione. Ha inoltre realizzato 20 nuovi racconti radiofonici brevi per la RAI andati in onda nella trasmissione Radiomania nel febbraio 97.
E’ in via di allestimento anche il quinto Album dal titolo provvisorio La Cortina di Ferro.


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