Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Olivetti

20 gennaio 1998 - ore 21 - TEATRO SAN MARTINO

 

Laboratorio Teatro Settimo
Olivetti
di Laura Curino e Gabriele Vacis
con Laura Curino
regia di Gabriele Vacis
collaborazione alla drammaturgia Laura Volta
assistente alla regia Serena Sinigaglia

 

"Per me, d’estate, c’erano le colonie Fiat, praticamente il carcere. Nelle lunghe ore passate in cella o nelle ore d’aria, tra noi bambini circolavano leggende. Fra quelle ve n’era una che raccontava dell’esistenza, vicina a noi, del Paradiso. Una colonia dove i bambini erano ben vestiti, avevano una ‘signorina’ ogni sei o sette, invece che ogni trenta bambini, una signorina che non piangeva tutto il giorno, anzi era contenta di stare lì. I bambini mangiavano bene in tavolate piccole, potevano fare il bagno senza fischietti, potevano scrivere lettere che non sarebbero state lette prima di essere spedite, potevano… leggere! Non si poteva leggere nelle colonie alla Fiat. Non si poteva neppure scrivere e chi teneva un diario doveva farlo di nascosto e ingegnarsi a trovare un posto dove celarlo, visto che non avevamo la chiave del nostro sportello, nel quale comunque entrava a malapena il necessario per lavarsi. Là, in Paradiso, si diceva che i bambini avessero un armadietto. Con la chiave. Quel paradiso era la Colonia Olivetti.

Il primo oggetto di design che entrò in casa mia fu una ‘Lettera 32’. La prima macchina da scrivere. C’era qualcosa di estremamente emozionante nello scrivere a macchina. I miei scritti, quando uscivano dal rullo, assumevano magicamente dignità di testi. Il manoscritto era privato, il foglio battuto con chiarezza poteva prendere il largo. […] Quando ebbi finalmente in mano una macchina da scrivere, mi sembrava miracolosa quella chiarezza di scrittura, e, soprattutto, mi sembrava un gesto di consacrazione, consegnare alla macchina il mio lavoro. La macchina, portatile, mi seguiva sul treno, dandomi un mestiere. Era […] un prodotto industriale, ma bello. Olivetti, questa volta era entrato in casa mia.

Quando Gabriele Vacis cominciò a parlare di un testo sugli Olivetti cominciavano i tempi duri per Ivrea. Ivrea è oggi un Paradiso perduto. Chiuso il teatro, finiti i tempi in cui si poteva incontrare Lana Turner al caffè, e Doris e Constance Dowling, che fece perdere il cuore e la vita a Pavese. I problemi di occupazione hanno incupito il volto della città che è stata la culla di un sogno urbanistico, industriale, culturale, civile, unico in tutta l’Europa. L’alluvione le ha anche smangiato a forza le rive della non più così cerulea Dora.

Un giorno ascoltando un tizio trucidamente volgare parlare di finanza, di soldi che si fanno muovendo soldi e niente stupidaggini, ho provato a scendere sul suo stesso terreno citando quelle aziende che oggi in Italia producono badando alla forma di ciò che producono, all’utilità non disgiunta dal bello, ho provato a citargli quegli esempi, rari, ma esistenti di ricerca di organicità tra produzione e cultura. Mi ha guardato strabuzzando gli occhi e poi ha concluso con una battuta anche più volgare su quello di cui dovrebbero occuparsi gli artisti.

Bene, quest’artista invece prova a occuparsi di questa storia. La storia degli Olivetti. Affascinante come un romanzo, muove dalla fine dell’Ottocento del fervore e dell’iniziativa, tra due guerre sino alla scoperta che l’America si può anche comprare. Attraverso la vita di due personaggi formidabili: l’intrepido Camillo e Adriano, il sognatore tenace, circondati dalle figure indimenticabili delle loro donne".

Laura Curino

 

Laura Curino lavora con Laboratorio Teatro Settimo dal 1981, anno della sua fondazione. Il gruppo, che si è ben presto affermato come uno dei più significativi del teatro di ricerca italiano, ha costruito spettacoli come grandi affreschi corali, dove le dinamiche del gioco scenico svelavano la magia e la suggestione di luoghi vibranti di memoria. Questa capacità di allargare gli orizzonti del racconto e insieme avvicinare l’intimità affettiva ed esistenziale dei protagonisti con piccoli ritratti quotidiani è anche il presupposto creativo del lavoro personale di Laura Curino. Il suo monologo Passione (1992) ricostruiva in un percorso narrativo che era anche flusso di coscienza, la memoria della protagonista bambina. Nella storia, vita, letteraura e teatro si mescolavano, come è proprio delle biografie artistiche. Così si ritrovavano la fragile Signorina del primo spettacolo di Settimo (Signorine), la vecchia custode del parco di Affinità elettive (1985), e Demetra, sorella maggiore in Stabat Mater (1989), ma anche la passione della Vergine di Mistero Buffo, in una sorta di omaggio all’affabulazione di Franca Rame. Con Olivetti, Laura Curino sposta la narrazione al di fuori dei propri orizzonti biografici. Il nodo fra l’attrice in quanto persona, la "storia" e la realizzazione scenica, è comunque presente ed apre lo spettacolo, rievocando il carnevale delle arance che si tiene ad Ivrea. Poi la storia si snoda in tempi remoti, attraverso una serie di ritratti femminili. La Curino, che ha appreso a narrare narrandosi, dimostra così di poter attrarre, nel cerchio vuoto dello spazio scenico, il succedersi delle generazioni e le loro storie.


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