Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna La Soffitta - Teatro 97/1 - Cartoucherie

I GRECI ALLA CARTOUCHERIE

conferenza di Josette Féral

con presentazione di materiali audiovisivi


Se dobbiamo giudicare dal repertorio francese ed europeo di questi ultimi anni, la tragedia greca gode di rinnovata fortuna. Perché questo ritorno ai testi greci? Come mettere in scena la tragedia? Queste due domande si ripropongono periodicamente nella storia. Cosa succede al giorno d'oggi nel momento in cui ci confrontiamo con la tragedia greca?

Se rapportata alle varie esperienze realizzate negli ultimi anni, la rappresentazione degli Atridi del Théâtre du Soleil (composta dall'Ifigenia e dall'Orestea) è a tutti gli effetti eccezionale. Qual è l'originalità del percorso di Ariane Mnouchkine? In che modo, in particolare, è riuscita a fare dell'Orestea un testo attuale che ci riguarda? Quali sono state le scelte estetiche operate e con quali obiettivi?

Sono queste le domande che Josette Féral intende porre nel corso del suo intervento.

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Il Théâtre du Soleil alla Cartoucherie

Il Théâtre du Soleil, fondato da Ariane Mnouchkine nel 1964, ha sede dal 1971 nello spazio polivalente della Cartoucherie de Vincennes (una fabbrica in disuso).

Fin dai primi anni di attività, Ariane Mnouchkine, formatasi alla scuola di Jacques Lecoq, ha orientato la sua ricerca teatrale avendo presenti, in particolare, le esperienze di Mejerchol'd, Copeau, Brecht, Vilar e, soprattutto, Antonin Artaud, per la centralità accordata all'attore e per il riferimento all'oriente. Dopo il Sogno d'una notte di mezz'estate, rappresentato nel 1968, nel decennio successivo Ariane Mnouchkine non ha più lavorato su testi d'autore, bensì su creazioni originali, richiamandosi al mondo della commedia dell'arte, del circo, degli acrobati e dei saltimbanchi. È del 1969 la creazione collettiva Les Clowns. Il teatro della Mnouchkine tende sempre più a privilegiare il lavoro collettivo, e la funzione registica svolge un ruolo di sostegno, di riferimento e di sintesi, condividendo con gli attori la responsabilità verso il pubblico. Nel 1970-71 il Théâtre du Soleil mette in scena 1789, grande festa popolare che prevede la partecipazione attiva degli spettatori e rappresenta su cinque palcoscenici diversi il mito nazionale della Rivoluzione francese. Gli attori, che sono anche autori dello spettacolo, non cercano l'identificazione con i loro ruoli, ma mirano a restituire con gesti, voce e atteggiamenti l'identità sociale e storica dei personaggi. Lo stesso avviene con 1793, continuazione del lavoro precedente, scrittura scenica antinaturalistica con ampio impiego della forma classica del coro. L'Age d'or, nel 1975, rappresenta la storia dello sfruttamento di un emigrato argentino, raccontata con le maschere della commedia dell'arte. Dopo Mephisto (da Klaus Mann, 1979), Ariane Mnouchkine intraprende un lavoro su Shakespeare che sfocerà ne Les Shakespeare, un ciclo di tre spettacoli (Riccardo III, La dodicesima notte, Enrico IV), rappresentati dal 1981 al 1984.

Con Sihanouk, roi du Cambodge e L'Indiade ou l'Inde des leurs rêves (1985-88) si consolida la collaborazione drammaturgica con Hélène Cixous e con il musicista Jean Jacques Lemêtre.

Negli anni '90 il Théâtre du Soleil ritorna all'universo classico con Les Atrides (Gli Atridi). È l'occasione per misurarsi con la modernità del mito greco, a partire dalla condizione dell'individuo stretto fra libertà e necessità. I canoni rappresentativi sono quelli della tragedia classica: la musica, la danza, il coro, la maschera, qui risolta con un trucco fortemente contrastato, alla maniera del teatro giapponese Kabuki. Il progetto comprende l'Ifigenia di Euripide e la trilogia dell'Orestea di Eschilo (Agamennone, Coefore, Eumenidi).

Per il Théâtre du Soleil questa impresa rinnova ancora una volta, dopo oltre vent'anni di attività, la possibilità di sperimentarsi come voce collettiva, ritrovando nel coro della tragedia greca il luogo e la metafora di una ricerca che riguarda la nostra identità profonda ed il rapporto con quelle che la regista definisce «le nostre grandi storie fondatrici».


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