Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna I Giacobini

I Giacobini
di Federico Zardi

2. a parte (Quadri XXXIV–XXXVI con aggiunte)
(Arnaldo Picchi - 2002)

Aula absidale di S. Lucia – 18-20 giugno 2002, ore 21

 

Dopo essersi impegnato in prima persona nella 'congiura' che il 9 termidoro anno II della Repubblica (27 luglio 1794) provocò la caduta di Robespierre, Billaud-Varenne, già segretario dell'avvocato Danton, già membro di spicco dei cordiglieri hébertisti – ultrarivoluzionari eredi di Marat – , già membro del grande Comitato di Salute Pubblica (il Comitato Robespierre), che dirigeva la Rivoluzione, Billaud-Varenne (un uomo fosco, "cupo e scontroso", "severo, incrollabile", "sanguinario"), fu messo in un angolo dai termidoriani – quelli che proprio grazie alla sua azione il 9 termidoro si erano impadroniti del potere – e poi mandato senza processo nelle colonie, alla Caienna, luogo di febbri malariche e di morte programmata. Dapprima in un cachot (in cella), poi a piede libero, al confino a Sinnamary, dove si trovò, odiato e maledetto, sempre temuto, in mezzo a uomini di cui lui stesso, un tempo, aveva ordinato la deportazione.

Anni dopo Billaud potè beneficiare dell'amnistia per i politici concessa da Napoleone dopo il colpo di stato del 18 brumaio; ma non se ne servì. Era libero, ma non voleva riconoscere il regime dei Consoli; quindi non tornò in Francia, restò là dov'era. Alla Caienna, con i mezzi di famiglia (non esiste contro di lui alcuna accusa di corruzione per il tempo in cui fu al potere) comprò una piantagione e, a tempo debito, degli schiavi (ne parla in alcune lettere al padre), lui che come capo giacobino aveva votato per l'abolizione della schiavitù. Poi, caduto Napoleone e tornati sul trono i Borboni, tornata la colonia sotto il re (negli anni dell'Impero era stata occupata dai portoghesi), temendo di dover pagare per la messa a morte di Luigi XVI, che era stato tra i più accesi a sostenere, Billaud abbandonò nel 1816 Sinnamary e si rifugiò a New York. Per breve tempo. Poi nell'isola di San Domingo, dove di nuovo comprò piantagioni e schiavi, e dove rimase fino alla fine. Uomo cupo e inaccostabile; Biyò, lo chiamavano i neri; assassino della regina. Il traditore.

Questo racconto, stasera, riguarda dunque un viaggio per mare, quello di Billaud-Varenne verso New York. In mezzo alla solitudine marina il suo passato è tornato a incalzarlo. La scena è la stiva della nave. E questa è insieme i tre luoghi delle tre diverse e lontane ultime notti di distanti capi rivoluzionari decapitati e sepolti da tempo. Di tutti costoro Billaud fu procuratore di morte. Dei Girondini (novembre 1793), che impiegarono la notte alla Conciergerie con un banchetto funebre, e delle recite. Di Danton, anche lui alla Conciergerie (aprile 1794), notte furente, perseguitata dall'incredulità. E infine, nel vestibolo del Comitato di Salute Pubblica, l'ultima notte di Robespierre, steso su un tavolo, con la bocca sfigurata da un colpo di pistola e la testa avvolta in una benda (luglio 1794). Al termine del suo viaggio, Billaud è richiamato indietro. Tutto è un'altra volta in discussione un'ora prima del mattino, Ma senza orologio, senza poter sapere a che punto è la notte. Ma che, in ogni caso, si può sperare alla fine. Quando il tempo per quello che si teme è breve; breve. Tutto un poco prima del giorno, dunque. Tutto in un poco; due o tre momenti.

Infine, ho integrato i quadri XXXIV-XXXVI dei Giacobini di Zardi (che è l'oggetto del mio commento e della regia conseguente) con due scene da L'Affaire Danton di Stanislawa Przybyszewska; con due scene da La morte di Danton di Georg Büchner; con un passaggio dal Quaderno in folio di Homburg (rr. 114-134) di Friedrich Hölderlin; con una scena del Marat-Sade di Peter Weiss. Le suture che qua e là si sono rese necessarie sono mie.

A. P.


 

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