In alcune zone del napoletano è radicata una forma di canto che si sviluppa su un ostinato accompagnamento ritmico. Con questa pratica musicale si accompagna il ballo. I cantatori sul tamburo utilizzano un repertorio orale di testi in endecasillabi denominati canzoni. Quando è recitata al di fuori dell'esecuzione musicale, la canzone si presenta come una strofa unica, formata da un numero definito di versi. Quando le canzoni vengono “cantate sul tamburo”, più l’interprete è bravo, più il testo poetico si trasfigura, in virtù di procedimenti retorici (reiterazione ed amplificazione) ed elaborativi (interpolazioni e spezzature) che comportano una sua estemporanea reinvenzione rispetto alla forma del modello recitato. Un tamburello (tammurrë) di grandi dimensioni è lo strumento che sostiene il canto nell’accompagnamento della danza. La pratica strumentale è caratterizzata da una complessità esecutiva sorprendente: questa attività è riservata a pochi suonatori specializzati. Cantare e ballare sul tamburo rappresenta ancora oggi, per ciò che rimane della popolazione di estrazione contadina, il momento espressivo culminante della festa religiosa. Ad esserne interessato è soprattutto l'istituto del pellegrinaggio, legato essenzialmente al culto mariano.
Da una ricerca di Mario Orabona