Archivio Storico:- ex Dipartimento di Musica e Spettacolo - Universita' di Bologna Cimes - Programmi 2000 musica

MUSICA
2000-2001

NOTE AL PROGRAMMA

Hugues Dufourt

Plus-Oultre (1990) per percussione solista

Dedicata a Thierry Miroglio, Plus-Oultre è stata composta agli inizi dell’estate del 1990 in occasione della tournée brasiliana del percussionista francese che l’ha eseguita il 15 agosto 1990 al Teatro della Cultura Artistica di San Paolo del Brasile nell’ambito del XXVI Festival Musica Nova.

"Plus-Oultre: andare al di là, forzare le Colonne d’Ercole, scriverà Dufourt. Fingendo di professare l’umiltà e l’impotenza che riempie secoli di saggezza antica, Bacon fà la parte dell’insensato. Estendere i limiti dell’impero umano, affermare la forza creativa della tecnica, cambiare l’ordine del mondo piuttosto che fare di necessità virtù, questa è l’uniforme di un Moderno. In questi tempi di disincanto, l’opera esalta lo spirito delle invenzioni, il vagabondaggio e la ricerca. La scoperta sonora è un segreto derubato alla Natura o il frutto di un felice presentimento, di una sottile disposizione spirituale? Da lì l’inventario di sonorità insolite, ho voluto, componendo per la percussione, far riemergere il gesto prometeico del percussionista, che tende alla danza e all’immobilità statuaria." (Hugues Dufourt)

Il testo

Consapevole dei limiti, Dufourt si schiera con i volontari che osano affrontare i modi e gli usi del loro tempo, con coraggio e determinismo (da Bacon a Bachelard). Seguendo la linea del pensiero del suo maestro Georges Canguilhem, tenta di delineare i contorni del normale, dell’anomalia, dello sperimentale per sfociare nell’interrogazione sull’invenzione, l’ispirazione, la ricerca, la ragione, il dono (Canguilhem, 1972). La generalizzazione polemica del passaggio dalla ragione del ‘perché’ a quella del ‘perché no’ (e non del pseudo n’importe quoi sessantottino) ha indotto alcuni cambiamenti subiti dall’atto strettamente compositivo quale un rinnovamento aprioristico dello spirito scientifico. Come dice Nietzsche: tutto ciò che è decisivo non nasce che ‘suo malgrado’. Questo postulato si rende vero anche nel mondo del pensiero oltre che in quello dell’azione. Bachelard rincara segnalando che tutte le nuove verità nascono malgrado l’evidenza, e che tutte le esperienze nuove nascono malgrado l’esperienza immediata (Bachelard, 1968). Il filosofo e l’uomo di stato inglese Francis Bacon (1561-1626), uomo intrigante e senza scrupoli si attaccò alla riforma delle scienze nella sua grande opera incompiuta l’Instauratio Magna. Cercando di rompere con la tradizione aristotelica e scolastica, egli cercò di rinnovare l’ordine delle scienze, proponendo una classificazione tripartita basata sulla distinzione delle facoltà dell’anima. Questi tre registri sono, di volta in volta, i centri d’interesse della preoccupazione estetica di Hugues Dufourt: conoscenza storica (comprendendo i registri della memoria e della tradizione), della poesia (toccando nel sottofondo dell’immaginazione e dell’ispirazione) e della filosofia (sollecitando la sfera della ragione e della creazione).

Dopo aver analizzato tutti i possibili errori, tutti gli ‘idoli’ della ‘tribù’ dovuti al naturale antropomorfismo dello spirito umano, della ‘caverna’ (natura propria di ogni individuo, educazione, abitudini, manie), del ‘forum’ (comunione, comunicazione, verbalismo e linguaggio comune) e del ‘teatro’ (illusione dei sistemi filosofici, scenari utopici), Bacon ha indicato i principi di un metodo induttivo e sperimentale. Rifuggendo l’empirismo spontaneo come anche il razionalismo astratto, egli fece della conoscenza scientifica, la ricerca delle cause naturali dei fatti e della determinazione delle loro forme essenziali. Resta inteso, le male lingue gli rimproveravano l’ignoranza delle matematiche e il suo mancato ruolo nelle scienze della natura, considerandolo allora riduttivamente come l’ultimo pensatore (pre- scientifico) del Rinascimento. Se la sua filosofia è stata diversamente giudicata da altri, come Dufourt in questi anni, questi hanno considerato l’uomo di pensiero Bacon come il vero iniziatore della scienza moderna (vedi il Novum Organum del 1620). Da questo punto prospettico, Dufourt - come Bachelard - cerca il substrato di una via e di una storia referenziale, che inevitabilmente si urtano con gli argini di una complessità anacronistica.

‘È più di una semplice discontinuità: come un’altra disposizione e trama del tempo, grazie anche al suo inserimento nella storia del pensiero contemporaneo e al suo rapporto enigmatico con la propria temporalità ‘ precisa Pierre Quillet (1964). E ancora, Novalis ha evocato poeticamente la risposta alla domanda posta da Dufourt relativamente all’ipotetico piegamento della Natura per essere derubata dei suoi segreti: ‘Qualche eletto li ottiene fin da giovane; altri soltanto in età avanzata, risponde il maestro di Bachelard. Il vero ricercatore non diviene mai vecchio; tutte le eterne passioni sono fuori dal campo della vita, e più lo sviluppo esteriore appassisce e si secca, più il nocciolo diviene chiaro, luminoso e potente’. (Novalis, 1963)

Il titolo

Plus oultre è dunque questo avverbio scritto nella forma antica derivante dal latino ‘ultra’ con il quale si indica un grado eccessivo (‘insensato’) in rapporto alla norma, alla convenzione. L’oltre misura e l’oltre ragione erano già presenti in Erewhon e Antiphisis in diversi gradi (acustico, tecnico, formale) e il superamento dei limiti era già nella filigrana della storia de La Tempesta. Plus-Oultre tenta di avvicinare nella solitudine ‘le sommità dell’obiettività’ nell’ordine della sublimazione del timbro musicale (l’animus di Bachelard). A questo proposito, e in forme più pragmatiche, Thierry Miroglio parla di ‘respingere il limite del suono’ (Miroglio, 1994).

Continuum di onde sonore, il primo brano stende un piano sonoro lento (croma=60) creando delle stratificazioni, frequentemente a tre parti. I rilievi dinamici sono rappresentati da dei colpi d’intensità ( crescendo-levare/ decrescendo-battere) di durata gerarchizzata. Il silenzio è del tutto assente, solo la musica respira al suo ritmo.

Il secondo brano, più lento (croma=58), si basa sulla risonanza della materia sollecitata (quasi fortissimo) che il percussionista lascia morire in dei punti risonanti in sospensione. In un gesto rituale calibrato sul passo armonico, i timbri sono accoppiati frequentemente a due (gong Koulington/vibrafono, piccolo rin-ciotola giapponese/gong cinese, piatto Splash acuto/gong dell’Opera di Pechino, vibrafono/campane ...), la campana a lastra in sol# svolge funzioni di pedale di basso. Quella in do (molto grave) avrà la stessa funzione nel brano successivo.

Il terzo brano, ancora più lento (croma = 52), tesse due specie di trame: la prima - la danza?- con delle fluttuazioni costituite da risonanze di tremoli e trilli, l’altro - la statuaria?- invece delle fluttuazioni fortemente marcate e d’impatto diretto e frequentemente bitonale. Lo strumentario è molto assortito, la ricchezza timbrica deriva dalla scelta dei colpi strumentali e dall’ordine delle loro risonanze di assieme. Il virtuosismo richiesto per eseguire questa composizione è qui spinta all’estremo, l’atmosfera non deve sotto alcun aspetto subire cadute di pienezza e omogeneità timbrica. L’energia, tanto interiore che esteriore, è qui spinta fino al parossismo. oltre alla ‘capacità’ di concepire e di eseguire, c’é l’entelechia - per dirla con Jankelevitch - che conduce alla rigenerazione e alla riuscita! Questo virtuosismo sconcertante del non-visibile osa anche percorrere i più alti gradi della trascendenza per cogliere il capolavoro assoluto grazie al quale, oltrepassare la materialità del semplice oggetto ben manipolato e di mestiere.

Pierre Albert Castanet (in Hugues Dufourt 25 ans de musique contemporaine Ed. Michel de Maule, Parigi 1995)

Sombre Journée (1974) per sei percussionisti

Tradotto anche sotto il nome di Dark Day, è stata eseguita il 30 marzo 1979 dalle Percussions de Starsbourg al Palazzo delle Arti di Parigi nell’ambito del festival ‘Perspectives du XX siècle’ in occasione della giornata dedicata alla sezione francese della Società Internazionale di Musica Contemporanea - una sezione rinnovata , entusiasta, volontaria e composta al tempo stesso da forme estetiche divergenti e complementari. La S.I.M.C. - fondata nel 1923 - aveva come presidente nel 1979 Jacques Guyonnet; la presidenza della sezione francese era allora di François-Bernard Mâche. Concepito originariamente come terzo movimento dell’utopico ciclo percussivo Erewhon, Sombre Journée viene estratto dal ciclo e diviene entità autonoma in quanto geneticamente estranea al resto dei brani del ciclo.

" Non ho ritoccato la versione originale - dirà Dufourt nella sua presentazione all’esecuzione del 1979 . Si tratta di un estratto di poetica strumentale con mezzi ridotti : pelli e metalli principalmente"

È nel programma di 73 pagine del Festival SIMC del 1979 che Hugues Dufourt pubblica il testo storico nel quale espone l’estetica della musica dei suoi contemporanei che egli battezzò ‘spettrale’; Relativamente a Sombre Journée egli afferma:

" Il suono della percussione - quello delle lastre e delle membrane - si definisce soprattutto per il suo timbro, il suo volume e la densità. E’ complesso, spesso, d’intonazione indefinita. Non è assoggettato, come nel caso della liuteria tradizionale, alle variazioni dei registi strumentali. Questa complessità e questa fissità - che aboliscono tutte le possibili referenze alla scala delle altezze - contribuiscono a suscitare una nuova sensibilità alle qualità residue del fenomeno sonoro. In questo clima, ho voluto comporre selettivamente queste dimensioni del suono che sono sempre apparse come annesse e sussidiarie. Ho tentato di ottenere una architettura di volumi acustici con infiniti rulli con bacchette ultra-sottili su delle pelli, volumi le cui deformazioni risulteranno dal lento spostamento dell’impatto dalla periferia al centro. A questa struttura di soffi e di ampie periodicità si aggiunge un sistema di tensioni sostenute della stessa natura dei corpi sonori (rapporti di densità) e di diversi modi di suonare (variazione dell’intensità o della velocità dei tremoli. Queste associazioni mirano a suggerire l’immagine di un mondo di virtualità indeterminata, grazie a suoni ibridi posti alla frontiera del timbro e del granulare, continuamente attraversati da impulsi contrari.

La messa in forma traduce ugualmente questo cambiamento di attitudine allo sguardo del suono. Ho scartato le configurazioni stabili - l’attributo dell’altezza - per mantenere solamente gli stadi transitori. Poiché sin da quando attaccano le dimensioni interne della sonorità, si ha a che fare con delle caratteristiche dinamiche in costante interferenza. Si opera su dei flussi, su delle forme comuni, su degli effetti di turbolenze, su dei regimi di transizioni continue. Sotto certi aspetti, il vecchio sistema delle alternative non tiene più: non si può più pensare la musica in funzione d’invarianza e di variazioni. Conta solo l’andamento generale di un ordine di trasformazione. Di colpo, è il clima stesso della composizione musicale che risulta radicalmente affetto. Comporre significa trattare l’evoluzione globale di un processo come un complesso d’interazioni e di cambiamenti.

Quando il suono sfugge ai suoi contorni, le masse debordano dai loro limiti, il movimento fa scoppiare i suoi sviluppi, tutte le linee di divisione o confine vacillano e si mettono a tremare. Si afferma così un nuovo stile di espansione, definito dalla genesi reciproca di questi elementi con delle forme di comunicazione diffuse. Ho precisamente concepito questo brano come uno sforzo costante di riorganizzazione, conquista su degli antagonismi, su contenuti e squilibri compensati. Alcuni rapporti di simmetria - dissimmetria controllano l’emergenza delle regolarità e l’articolazione delle fasi. L’elaborazione formale fa corpo con il materiale che esso emana, complicando e arricchendo il dinamismo generatore".

Memoria e creazione

Il critico Jacques Lonchampt definì questa "pagina rigorosa fatta quasi unicamente di rulli sulle pelli (con alcuni colori incentrati sulle lastre di metallo) , in una sorta di pioggia battente, di tremolo perpetuo, dalle intensità modulate con una cura estrema, che si gonfia, si oscura, si deforma, si spande in progressioni dinamiche e polifoniche senza alcuna concessione al pittoresco, effetto di un vero mistero musicale" (Lonchampt, 1979). In effetti, diluvio miniaturizzato che porta inconsciamente dentro di se il germe concettuale di Saturne (opera del 1979 per dodici strumenti a fiato, suoni elettroacustici e 6 percussionisti n.d.t.), Sombre Journée è stato il primo abbozzo in formato ridotto dell’opera mista che vedrà la luce due anni più tardi. L’autonomia di questo tipo di brano - che è la storia stessa di Sombre Journée - darà l’idea al compositore di ripetere l’operazione. Come delle parentesi o delle scappatoie nel bel mezzo dell’elaborazione di composizioni di grandi formati, comporrà La Nuit face au Ciel nel 1984 per sestetto di percussioni (abbandonando per qualche tempo Surgir per grande orchestra del 1980-84), nel 1990 Plus-Oultre per percussione solista, L’Ile Sonante per percussione e chitarra elettrica ( sviando a volte sporadicamente dalla composizione dell’opera per orchestra del 1987-1992 Philosophe selon Rembrandt) , o la composizione per orchestra riverrun del 1994 (tra i due atti di Dédale). Come per le composizioni di piccolo formato di Pascal Dusapin, questi satelliti possono a giusto titolo essere considerati come delle escrescenze del lavoro principale in svolgimento o delle reminiscenze obbligate di opere antiche dalla personalità molto forte. Comunemente considerate come secondarie, queste pagine non hanno alcun senso peggiorativo tumorale, parassitario o secondario della metafora, includendo scrupolosamente, certo in piccolo, la somma estetica di un’opera adulta (Castanet, 1989 VI). E’ così che sotto un certo aspetto La Nuit face au Ciel è ricorsa alla memoria d’Erewhon e che Plus-Oultre e l’Ile Sonante condensano a tratti la saggezza della forma e dell’efficacia poetica de La Mort de Procis, o del Philosophe selon Rembrandt.

Infine, conoscendo il gusto pronunciato di Dufourt per le prossimità referenziali del campo delle arti plastiche in rapporto del suo corpus musicale, lo studio in rapporto ai titoli non può non rimandarci a un dipinto di Bruegel del 1565 intitolato precisamente La journée sombre (Kunsthistorishes Museum de Wien). Tuttavia, se per l’autore de La Chute d’Icare (1558), questo quadro fa parte delle Stagioni, e più particolarmente della serie dell’Inverno (presumibilmente rappresenta il mese di febbraio) , Sombre Journée di Dufourt descrive senza dubbio lo smarrimento di un compositore nel togliere, senza gran piacere, un brano dal ciclo di Erewhon, per delle ragioni musicali di carattere estetico (nuova coerenza del materiale) e di omogeneità formale. Ricordiamo inoltre che il ciclo degli Hivers del compositore di Dédale prevede quattro opere orchestrali così ordinate: Le Déluge d’après Poussin, Le Philosophe selon Rembrandt, Les Chasseurs dans la Neige d’après Breughel e La Gondole sur la Lagune d’après Guardi.

Pierre Albert Castanet (in Hugues Dufourt 25 ans de musique contemporaine Ed. Michel de Maule, Parigi 1995)

La Nuit Face au Ciel (1984) per sei percussionisti"Cinque concerti in uno "

Composto da tre parti, il trittico è stato eseguito nell’ambito del concerto di chiusura della stagione del Centro Achantes - un festival estivo che si svolge dal 1976 - a Aix en Provence, il 30 giugno 1984 alla Ecole Normale de Jeunes Filles sotto la direzione di Sylvio Gualda. La Nuit face au Ciel appartiene a una sorta di "composizione collettiva" commissionata dall’ Action Musicale SEITA sotto il titolo di "Cinque concerti in uno " a compositori di riconosciuto prestigio internazionale, che furono, oltre a Hugues Dufourt , l’argentino Carlos Roque Alsina, il vietnamita allievo di Messiaen Nguyen Thien Dao, e i francesi Gilbert Amy e François Bernard Mâche. Il concerto-evento fu poi ripreso nel novembre dello stesso anno presso il Centro Georges Pompidou di Parigi.

Una composizione collettiva

Tenendo conto della specificità pedagogica del Centre Achantes, fu naturale per gli organizzatori pensare ad un concerto finale sotto forma di ‘avventura’ che sfuggisse alle tradizionali formule di concerto. L’idea di base fu quella di dare uno spazio prioritario nelle composizioni commissionate agli strumenti ai quali lo stage era dedicato quell’anno, le percussioni. Si legge sulle note di programma della serata: " ... Cinque compositori francesi o residenti in Francia hanno accettato di partecipare al gioco... essi hanno in comune lo stesso interesse verso la percussione e anche una certa riflessione sull’atto creativo, malgrado la grande diversità del loro carattere e del loro stile... Fu Jean-Pierre Drouet a proporre la struttura di base di questa composizione collettiva: una sorta di trampolino offerto ai musicisti per innescare il processo creativo, in cui ognuno doveva comporre almeno due sequenze, utilizzando un ensemble strumentale e vocale che facesse diretto riferimento alla percussione, associato ad altri apporti trumentali". E’ così che l’opera collettiva ‘Cinque concerti in uno’ si è composto di : Murmures, Claviers, Progression di Carlos Roque Alsina (per flauto solo, tre percussioni e tre cori)), Interludes di Gilbert Amy (per violino solo e due percussionisti), Tay-Son di Nguyen Thien Dao (per percussione sola), La Nuit Face au Ciel di Hugues Dufourt (per sei percussionisti) e Styx di François-Bernard Mâche (per due pianoforti e quattro pianisti). Dodici sequenze d’autore incasellate per costituire l’opera collettiva.

"Un’opera nuova rappresenta sempre una scommessa. E questa più di ogni altra. Questa, sotto il titolo aneddotico di "Cinque concerti in uno", rappresenta il risultato originale di un percorso collettivo. In una società in cui l’atto creativo è considerato come un gesto puramente individuale, l’idea può apparire insolita. In verità, non deve apparire né aneddotica né insolita la composizione che viene presentata dal Centre Achantes in coproduzione con il Festival d’Aix en Provence e la collaborazione di Radio France poiché deve permettere di seguire il percorso dello stile contemporaneo attraverso la sensibilità propria dei cinque autori. Che questo stile esiste, nessuno può negarlo, anche dal punto di vista dell’ascoltatore il quale vive l’evento senza il distacco del tempo, condizione certamente che esclude alcune sicurezze - esso esiste, senza dubbio, ancor più in un ambito come la percussione, materia prima dei ‘Cinque concerti in uno’ , nei quali il materiale è di troppa recente esplorazione per essere liberamente diversificato e correlato ai diversi gradi di ispirazione personale. Ma quali che siano le idee comuni, l’impulso creativo resta inevitabilmente individuale. Può questo, comunque, integrarsi in un insieme coerente? E’ la questione che pone ‘Cinque concerti in uno’. Non si tratta in effetti della successione di cinque brani - o di cinque parti di un’opera - differenti, ognuna composta nel segreto del proprio studio e, all’ultimo minuto, arbitrariamente giustapposte. Qui, ognuno dei cinque compositori ha scelto l’organico .. nel rispetto delle regole del gioco... L’articolazione è variata in seguito per confondere i percorsi. I cinque compositori hanno creato isolatamente - poteva essere altrimenti? - ma il risultato è veramente un’opera collettiva" insiste Claude Samuel (1984)

Notazione

La scrittura de La Nuit Face au Ciel riafferma tutti quegli artifici geometrici della notazione creati da Dufourt dopo Brisants (1968). Sono adottati i suoi tipici segni in alternanza in un zig-zag di note o gruppi note, quelli triangolari relativi al minimo o massimo grado di densità sonora desiderata, quelli convessi e a freccia che indicano i gradi di regolarità e irregolarità sonora , non importa in quale ordine di altezze, quelli circolari che indicano i segni di ripresa, e quelli spezzati che indicano le diverse variazioni di tempo, di fluttuazione o di densità.

Il rapporto al titolo

Come per Erewhon, il titolo del sestetto è ispirato ad un’opera di letteratura straniera. Si tratta, in questa occasione, di una raccolta fantastica che contiene ‘ sessanta racconti di terrore ‘ del narratore sudamericano Julio Cortazar del 1958. Dufourt gioca sul paradosso corneliano dell’oscuro luminoso che cancella le stelle’ (Le Cid - Don Rodrigo) e come Chiméne, di fronte al potenziale dinamico dei sei generatori di rumori, ‘cerca il silenzio e la notte per piangere’. Così questo titolo notturno non è stato scelto a caso; esso aggiunge una pietra supplementare all’edificio cupo e melancolico, nostalgico e saturniano dell’universo cosmopolita di Dufourt; dopo L’Enfer di Dante (1969), il mare senza sole di Coleridge (1970), la luce crepuscolare di Ginsberg (1971), la Sombre Journée (1976-77) di Brueghel, la connivenza di Saturne (1978-79) e successivamente La Mort de Procis (1985-86), Noche Oscura (1991), The Watery Star (1993)...

Pierre Albert Castanet (in Hugues Dufourt 25 ans de musique contemporaine Ed. Michel de Maule, Parigi 1995)

Franco Donatoni

Darkness (1984)

....(E.Restagno) "Proprio in quel periodo si produce nella tua attività di compositore un’esperienza un pò insolita con Darkness, un lavoro per sei percussionisti. L’attenzione rivolta soltanto all’orizzonte percussivo non é rara nella musica del nostro tempo; testimonia anzi una sorta di fascinazione per elementi oscuri, per un orizzonte regressivo nel quale la musica vorrebbe sprofondare dimenticando le più sofisticate conquiste di un linguaggio che sembra generare stanchezza, desiderio di ripudio.

(F. Donatoni) Per me si è trattato in quella circostanza di soddisfare una commissione delle Percussions de Strasbourg, ma tengo a dire chiaramente che non condivido il tipo di fascinazioni che tu hai descritto. La penso esattamente come Boulez quando sostiene che con le percussioni a suono indeterminato non c’é modo di produrre dei processi interessanti, sicché preferisco puntare su strumenti che producono suoni determinati come le marimbe, gli xilofoni o le campane tubolari. Sono d’accordo con Marius Schneider quando dice che la percussione indica lo stato dei piedi e quindi uno stato molto poco spirituale, estremamente materiale e sessuale. Per questo le civiltà che si esprimono musicalmente solo attraverso le percussioni sono altamente materiali, sprofondate in uno spirito terrestre che non é ancora arrivato ai polmoni, e quindi agli strumenti a fiato. Ai livelli più alti del corpo e dell’evoluzione spirituale corrispondono gli strumenti ad arco e, più in alto di tutti, la voce umana che é l’espressione spiritualmente più elevata. Anche nella tradizione iconografica puoi vedere che gli angeli talvolta suonano le trombe, talaltre le viole, e più spesso cantano, ma non danzano mai. Ricordo l’impressione che provai una volta che mi ero recato nei Caraibi: la musica era fatta solo con strumenti a percussione e serviva per la danza ed erano sempre danze che funzionavano come richiami sessuali.

E la Danse sacrale del Sacre du printemps?

Non voglio discutere la grandezza di quella musica, ma non si può negare che essa si svolge entro una prospettiva sacrificale. Ma cosa resta oggi di quelle prospettive rituali e sacrificali? Scannare il toro nella corrida per noi é soltanto violenza, soltanto macellazione. E’ inutile cercare di tornare a una visione rituale che non esiste più.

(Da Un’autobiografia dell’autore raccontata da Enzo Restagno, in Donatoni a cura di Enzo Restagno, EDT Torino, 1990)

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