I colleghi della sezione teatro ricordano con questo ritratto di Massimo Marino la figura e l'opera di Luigi Gozzi, venuto a mancare il 21 settembre 2008.

Dapprima assistente di Luigi Squarzina assieme ad Arnaldo Picchi e a Gianfranco Ferri e, poi, docente di Metodologia e critica dello spettacolo, Gozzi è stato fin dalla fondazione del DAMS un punto di riferimento di centrale importanza. Tuttavia, ci sembra giusto ricordarlo attraverso la sua straordinaria e molteplice opera di regista e drammaturgo, perché Gozzi, teatrante di razza e intellettuale rigoroso, ha fatto dell'attività accademica un mezzo per spiegare, affinare e condividere un pensiero teatrale continuamente rigenerato dalla consapevolezza della realtà scenica. Arricchendo e coltivando le idee degli studenti e dei colleghi (in alcuni casi, suoi ex allievi)
con la continuità dell'esempio, Gozzi ha sviluppato una cultura teatrale spigolosa, sorprendente, ironica, strettamente intrecciata agli sviluppi delle arti e all'identità delle persone. Per noi, è un lascito le cui tracce ci riportano verso i suoi spettacoli: compatti come saggi e, al contempo, umanissimi come lo è la vita illuminata dalla ragione.

Luigi Gozzi, un drammaturgo e un intellettuale del teatro

Se ne è andato a 73 anni Luigi Gozzi, un protagonista del teatro di ricerca, scrittore, drammaturgo, attore e regista, fondatore del Teatro Nuova Edizione, per lunghi anni professore del Dams, prima con Arnaldo Picchi assistente di Istituzioni di regia, poi docente di Metodologia e critica dello spettacolo. Gozzi studiò con Luciano Anceschi, assorbendo dal maestro il gusto per l’indagine dei meccanismi della comunicazione, che associò a una rara capacità a rivelare le maschere dei generi, a esplorare le stratigrafie dei classici, ma anche a cercare la purezza dell’atto scenico come rito e come incontro.

Dopo aver esercitato il suo spirito di regista drammaturgo su L’anitra selvatica, il Cyrano, la Calandria, spettacoli che ne precisarono la poetica, nel 1973 aprì il teatro delle Moline, nel centro di Bologna, crocevia di sperimentazioni e luogo aperto agli studenti del Dams. Affiancando agli spettacoli rassegne di cinema di avanguardia, di musica e laboratori, rese il suo spazio un luogo centrale nel panorama teatrale, gestito con una coerenza e una caparbietà che gli permisero di far fronte alle difficoltà economiche e alla frequente sordità delle istituzioni. Lì nacquero spettacoli che ebbero riconoscimenti sul piano nazionale, nei quali si impegnò anche come attore dall’aria stralunata, alto e magro come era, una figura originale e indimenticabile. Ricordiamo, tra i primi, riletture inedite di classici come Il malato immaginario e Otello!. Poi, sempre di più in scena andarono testi dove la sua mano di drammaturgo era evidente, lavori che nascevano in stretto contatto con gli attori – tra tutti Marinella Manicardi, sua compagna d’arte e di vita per molti anni – ma anche da una lucidità intellettuale che smontava i rapporti relazionali e le abitudini percettive, per cercare una strada di conoscenza adatta alla nostra epoca di crisi.

Gozzi i testi e gli attori li interrogava, li rovistava, li rovesciava fino a renderli trasparenti e misteriosi. Ricordiamo, tra tutti, spettacoli come Freud e il caso di Dora e La doppia vita di Anna O., dove nel teatro si infiltrava la scena della relazione psicanalitica. In quello stanzone di via delle Moline analizzò la fenomenologia dell’estasi mistica con Santità e lanciò il progetto Tre, per il quale chiamò Marcello Fois, Carlo Lucarelli e Mario Giorgi a scrivere per il teatro e a cimentarsi con regole a priori da lui stilate. Tra i tre lavori, un grande successo incontrò Via delle oche, scritto da Lucarelli, sempre felicemente interpretato da Marinella Manicardi, che intanto prendeva pian piano in mano la regia degli spettacoli della compagnia, mentre Gozzi si riservava quello di drammaturgo e occhio esterno.

Negli ultimi anni si dedicò esplicitamente sempre di più a questo ruolo, promuovendo anche convegni e sperimentando nel solco della narrazione, come nell’Attentato, fino all’ultimo Morandi, con la regia di Manicardi, dove la vita del pittore è ricostruita per assenza, attraverso lo specchio delle sorelle, con sospensioni tutte beckettiane e con una straordinaria capacità di penetrazione di un’atmosfera culturale bolognese ormai svanita. Le Moline da qualche anno non ce l’avevano fatta più a rimanere indipendenti ed erano state inglobate, con una buona autonomia, nell’Arena del Sole, lo stabile cittadino.

Gozzi ci lascia mentre era pieno di progetti. Mancherà la sua sensibilità di uomo di teatro completo e di pedagogo discreto e inimitabile, di intellettuale che misurò il teatro con le sfide della modernità. 


 


Dipartimento di Musica e Spettacolo