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RARI.T.D34

Claudina Cucchi
Venti anni di palcoscenico : ricordi artistici

Roma : Enrico Voghera, 1904
XII, 216 p., 2 c. di tav. : ill. ; 18 cm.
 

 


  

Nota introduttiva di Elena Cervellati

Claudina Cucchi (Monza, 1834- Milano, 1913) è una delle rare ballerine ottocentesche a dedicare tempo e fatiche alla redazione di un testo destinato alla pubblicazione.

Entrata in giovane età alla Accademia di ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove studia prima con i coniugi Blasis, Carlo e Annunziata Ramaccini, e quindi con Augusto Hus, calca il palcoscenico del primo teatro milanese a partire dal 1847, inizialmente in ruoli evidentemente minori, in quanto semplice allieva della scuola di ballo, come al debutto, in Dianora de' Bardi (1847), coreografato da Egidio Priora. Trasferitasi in Francia per motivi sentimentali, dal 1855 al 1858 è una delle interpreti di primo piano al Théâtre de l'Opéra di Parigi. Dopo l'esperienza parigina, è per dieci anni prima ballerina a Vienna, dove interpreta balletti creati da apprezzati coreografi dell'epoca, come Giovanni Casati, Paolo Taglioni, Giuseppe Rota, e da cui, durante le pause estive, parte per tournées in varie piazze europee (Berlino, Londra,Praga, Budapest, Pietroburgo): sono anni di consensi, tanto che Francesco Regli, nel suo noto Dizionario, la considera «una delle più acclamate danzatrici del giorno».1 Prosegue la propria carriera in Italia, continuando le collaborazioni con coreografi di fama, per poi trovarsi ad affrontare, infine, un inevitabile declino e ritirarsi infine dalle scene nel 1875. Il suo percorso professionale, però, non si arresta. Maestra di ballo, nel 1904 tenta la coreografia, creando Il figlio d'Otello, cattiva azione musicale (Pavia, 1904). Concluso un altolocato matrimonio solo in apparenza fortunato,rovinata economicamente, trascorre gli ultimi anni della propria vita nell'indigenza e muore presso il Pio Istituto Trivulzio di Milano.

L'autobiografia Venti anni di palcoscenico si colloca proprio nella fase discendente del percorso di Claudina Cucchi. Terminata la scrittura nel 1903, il volume viene pubblicato nel 1904, presso l'editore Enrico Voghera, attivo a Roma tra la fine dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento e impegnato nella costruzione di un catalogo dedicato in larga misura a temi di connessi all'arte militare, dato che edita testi ufficiali del Ministero della Guerra, inoltre alla medicina e all'occultismo, all'agricoltura e ai viaggi, ma anche alla letteratura, con testi di autori italiani o in traduzione dal francese, dal tedesco a dall'inglese. Non manca, poi, qualche esempio di testo drammatico, di monografia su grandi compositori e di edizioni di musica a stampa, nonché il periodico «Le cronache musicali illustrate», che testimoniano un interesse per il mondo dello spettacolo dal vivo, in cui si colloca l'unico testo dedicato allo spettacolo coreico, ovvero l'autobiografia di Claudina Cucchi.

Si tratta di una presenza eccezionale non soltanto nel catalogo dell'editore, ma, più in generale, nell'editoria italiana. Sicuramente nell'Ottocento le ballerine scrivono poco: spesso provenienti da classe disagiate e quindi, spesso, analfabete, anche le artiste dalla carriera più luminosa e quindi, probabilmente, avvicinatesi al mondo della cultura, difficilmente praticano la scrittura, se non per la corrispondenza necessaria a sostenere la propria attività professionale e a tessere la propria rete di amicizie. In Italia, poi, Claudina Cucchi è la prima danzatrice a scrivere una autobiografia.

Cucchi trasferisce sulla pagina l'esperienza della donna di spettacolo abituata a costruire con abilità la propria immagine, e lo fa proprio negli anni in cui sperimenta la propria vena autoriale anche come coreografa e si propone come insegnante capace di trasmettere un'esperienza di alto livello. Si tratta di una scelta, anche questa, non così frequente in un mondo in cui i ruoli di potere, come quelli creativi, sono ancora territorio prettamente maschile.

Venti anni di palcoscenico, arricchito da riproduzioni di fotografie e di litografie, due delle quali a colori, è dedicato a Luigi Manzotti, acclamato coreografo autore di quei balli grandi, come Excelsior (1881) o Amor (1886), celebranti l'Italia e le sue prodezze scientifiche e tecnologiche, con cui peraltro la "célèbre danseuse"2 non aveva mai lavorato. Dopo la prefazione di I.C. Falbo, tutta intessuta di nostalgici rimpianti per un passato ballettistico felicemente dorato e ormai scomparso, per «il bel tempo che fu e che non sarà, forse, mai più»,3 l'autrice si lancia in un susseguirsi di aneddoti che, dall'infanzia al matrimonio, arrivato a un'età non giovanissima, toccano in parte la vera e propria vita teatrale, ma non tralasciano visite a interessanti località, incontri altolocati con personalità della politica e della nobiltà, importanti relazioni sentimentali, una brillante e virtuosa vita mondana.

La vita legata alla scuola del Teatro alla Scala e ai primi amori connota le prime pagine del volume. Sono quindi le principali tappe professionali a prendere spazio. L'autrice dedica maggiore attenzione alle modalità del suo ingresso al Théâtre de l'Opéra, alle prove di alcuni balletti, al suo rapporto con Giuseppe Verdi, quindi al suo ingaggio al Teatro di Porta Carinzia di Vienna, dove rimane per dieci anni consecutivi, interpretando quarantacinque titoli e definendo la sua connotazione di interprete italiana appassionata e tecnicamente forte. Diverse pagine sono dedicate a coreografi con cui collabora, come Giuseppe Rota, Paolo Taglioni, Pasquale Borri; altre a celebri compositori che le rendono omaggio, come Richard Wagner, Fromental Halévy o Charles Gounod; qualche accenno a colleghe, come la celebre Fanny Elssler, che, ci dice la narratrice, le rende omaggio, commossa, dopo averla vista danzare, alla apprezzata coetanea Carlotta Brianza, a Marie Petipa, «la più graziosa ballerina ch'io m'abbia mai veduto», alle amiche Carolina Pochini e Amina Boschetti, colleghe presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala e poi compagne di momenti di sereno svago a Napoli, a fine carriera. Tutto il racconto si sviluppa, però, intorno alle piazze in cui la ballerina danza. Le pause estive dall'impegno con il teatro viennese le permettono ingaggi ad Amburgo, a Varsavia, a San Pietroburgo, poi, in Italia, in particolare a Milano, dove l'ex allieva della Scuola ritorna come stella apprezzata all'estero, ora interprete per il celebre Jules Perrot, appositamente richiamato per una creazione al Teatro alla Scala. Conclusosi il contratto viennese, la Cucchi, rientra definitivamente in Italia a partire dal Carnevale 1868: Venezia, Trieste, Firenze e Genova, ma anche Il Cairo, con un ricco ingaggio, assistono all'ultima fase della sua carriera, che si chiude a Roma. Il punto definitivo, che coincide con la conclusione dell'autobiografia, si mette però con il ragionevole e maturo matrimonio, fatto per progettare una seconda fase della vita all'insegna di un'appagata felicità.

Le vicende teatrali, il lavoro, i ruoli sono spesso affiancati da pagine attente a dipingere incontri interessanti e serate mondane, in uno scoppiettante susseguirsi di piccoli quadri e immagini piacevoli: le osservazioni sulla vita teatrale sono da ritagliare con attenzione nella messe di eventi e di fatti narrati e il racconto è sempre pervaso da un tono di composta riservatezza, di pudore virtuoso, da cui emerge il ritratto di una donna celebre, ammirata per le doti di artista e per l'avvenenza, dal carattere saldo e deciso.

Claudina Cucchi è senz'altro, per diversi anni, capace di costruire con sapienza la propria carriera e di definire con precisione la propria collocazione nel mondo. Lo fa attraverso un'autobiografia che evidentemente è un tassello non secondario di tale costruzione.
Elena Cervellati

 


Note

1 Francesco Regli, Cucchi, Claudina, in: Dizionario biografico ..., p. 150.
2 Adolphe Bitard, Cucchi, Claudina, in: Dictionnaire général ..., p. 331.
3 I.C. Falbo, Cara signora, in: Claudina Cucchi, Venti anni di palcoscenico ..., p. XII.


Bibliografia:

Maria Luisa Aguirre, Cucchi, Claudina, in: Enciclopedia dello spettacolo, fondata da Silvio D'Amico, vol. III, Roma, Le Maschere, 1956, ad vocem.

Alessandra Ascarelli, Cucchi, Claudina, in: Dizionario biografico degli italiani, v. XXXI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1985, ad vocem.

Adolphe Bitard, Cucchi, Claudina, in: Dictionnaire général de biographie contemporaine française et étrangère contenant les noms et pseudonymes de tous les personnages célèbres du temps présent, l'histoire de leur vie, de leurs actes et de leurs oeuvres ainsi que la date des principaux événements de leur carrière, etc., etc., Paris, Maurice Dreyfous Editeur, 1878, ad vocem.

Francesco Regli, Cucchi, Claudina, in: Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e comici, maestri, concertisti, coreografi, mimi, ballerini, scenografi, giornalisti, impresari ecc. ecc. che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino, Enrico Dalmazzo, 1860, ad vocem.

Renato Simoni, Le memorie d'una ballerina, «Il Corriere della Sera», 31 dicembre 1903.

Renato Simoni, La scuola di ballo, «La lettura», luglio 1903, pp. 600-608.

Alberto Testa, Claudina Cucchi, «La danza italiana», n. 1, 1984, pp. 109-112.
 


Documento a cura di Gianmario Merizzi 
© Dipartimento di Musica e Spettacolo, Università degli Studi di Bologna - 2012
Ultimo aggiornamento: 20 febbraio 2012