Biblioteca digitale |
RARI.M.E7 Enrico
Montazio Torino
: dall'Unione tipografico-editrice, 1862 |
L'autore Il volumetto fa parte della fortunata collana editoriale I contemporanei italiani, galleria nazionale del secolo XIX, che l'Unione Tipografico-Editrice di Torino pubblicò con evidenti intenti celebrativi a ridosso della proclamazione del Regno d'Italia. Il prolificissimo giornalista e scrittore toscano Enrico Montazio (1817-1884) partecipò all'impresa con ben 11 volumi, apparsi fra il 1862 e il 1863, dedicati alle figure di Gioachino Rossini (n. 39), Giuseppe Giusti (n. 40), Giuseppe Mazzini (n. 42), Pietro Thouar (n. 44, recte 45), Felice Orsini (n. 48), Ugo Bassi (n. 49), Aurelio Bianchi-Giovini (n. 55), Giovanni Ventura (n. 56), Angelo Brofferio (n. 57), Gino Capponi (n. 61), il Principe Napoleone e la Principessa Clotilde (n. 65). Tante personalità, dunque, di vario spessore e diversa natura, segno dell'ecclettismo dello scrittore. Tuttavia, come ci ricorda Maurizio Brotini, la carriera giornalistica di Montazio aveva preso le mosse proprio in ambito musicale: Enrico Montazio pubblica nell'agosto del 1842 sulla «Rivista Musicale» [di Firenze] la sua prima cronaca teatrale, inaugurando una rubrica, redatta in uno stile aggressivo ed irriverente, attraverso la quale entrerà prepotentemente sulla scena giornalistica fiorentina. Montazio è animato da un'idea pedagogica del teatro. E, se il teatro deve educare il popolo, è evidente che la critica deve rivolgersi all'attore, distogliendolo dalle esagerazioni declamatorie e indirizzandolo verso un'arte più vera e misurata, che possa promuovere l'emancipazione delle masse popolari.
Il volume Rossini non era nuovo a biografie celebrative "in vita": la Vie de Rossini scritta da Stendhal nel pieno della carriera del Maestro (1823) aveva inaugurato una tendenza affatto nuova in ambito musicale. Il volumetto di Montazio esce nondimeno a celebrare un personaggio che sopravvive ormai a sé stesso, ritiratosi da troppi anni a vita privata per potersi ancora dire un artista contemporaneo (Rossini morirà sei anni dopo), e assume l'atteggiamento che si terrebbe di fronte a una gloria defunta. Ha come primo scopo quello di difendere l'uomo dalle accuse di reazionarismo che gli erano piovute negli anni da più parti (chiamando a testimone anche le affermazioni di Mazzini nella Filosofia della musica), secondariamente di ripercorrere la carriera artistica del compositore che sbaragliò tutti i colleghi sui teatri d'Europa. Molte affermazioni che vi si leggono provengono da Stendhal e da altri autori indulgenti alla consueta aneddotica; tanti commenti sono frutto del pensiero dell'archeologo Raffaello Foresi, che frequentò Rossini durante gli anni che il Maestro trascorse a Firenze (1848-1855) e a cui il volumetto è dedicato; lo stesso Montazio ebbe occasione d'incontrare Rossini a Parigi nel 1855, rammaricandosi poi nel libro per tutte le cose che non ebbe occasione di chiedergli in quel frangente. Ciò fa sì che, accanto alle solite inesattezze e ovvietà, il libello contenga di quando in quando notizie non comuni, che dimostrano come il nostro autore fosse ben informato su certi minuti particolari: tra le più rilevanti, l'esistenza di una Canzone del baco da seta «a benefizio degli affamati operai di Lione» (p. 125), la circostanza di un'orchestrazione più ridotta per la prima versione (perduta) dello Stabat Mater (p. 122), la paternità dei recitativi secchi del Barbiere di Siviglia, non accertata dai filologi rossiniani e che Montazio attribuisce senza incertezze a Luigi Zamboni, primo interprete di Figaro (p. 88). Marco Beghelli
Bibliografia
|