Franco La Polla ci ha lasciato, salutandoci -
come sempre - con un sorriso e una battuta prima di partire per il suo
ultimo viaggio, con la serenità ed educazione che ha accompagnato
l'intera sua vita, senza disturbare, nonostante la malattia, tutti noi,
amici, allievi, colleghi e studenti di questo dipartimento, che aveva
diretto dal 2004 al 2007 e presso il quale aveva continuato a lavorare
sino all'ultimo, con le sue indimenticabili lezioni.
Aveva dedicato all'Università quasi tutta la
sua esistenza. Allievo di Carlo Izzo - e quindi erede, insieme a Guido
Fink, di quella scuola di americanisti così importante nella cultura
italiana della seconda metà del Novecento - aveva insegnato Letteratura
Angloamericana e Storia della cultura americana, prima alla Facoltà di
Lettere e poi a Lingue. Il cinema era però stato la sua grande
passione, un amore frequentato appunto dalla prospettiva più ampia di
una ricca cultura umanistica, capace di scorgere nell'arte dei film il
punto di intersezione delle voci più diverse (la letteratura, il
teatro, la musica), il luogo in cui scatenare la sua inesauribile
curiosità di studioso e di uomo. Per questo il suo approdo al Dams,
come docente di Cinema americano e di Studi culturali, non era stato
altro che il logico compimento di un percorso che aveva arricchito da
tempo le conoscenze di tutti noi, dentro e fuori l'Accademia.
Già, perché non possiamo dimenticarci che la
storia di Franco La Polla non si esaurisce nell'interno spesso angusto
dell'Università. Non a caso, è stato uno dei più grandi critici
cinematografici italiani di sempre, e un appassionato operatore
culturale, organizzatore di fondamentali retrospettive per festival ed
istituzioni nazionali ed internazionali. Non si tratta dunque solo di
ricordarlo come il più importante storico italiano del cinema
hollywoodiano. Si tratta, soprattutto, di ricordare che in lui, come
nei più grandi, la dimensione dello studioso non si scinde mai da
quella più ampia e piena di uomo. Al pari di Italo Calvino, Franco
aveva provato ad unire in un unico senso la figura di San Girolamo e
quella di San Giorgio, l'intellettuale chiuso nel suo studio e il
cavaliere che esce dalla sua biblioteca (migliaia e migliaia di volumi)
per affrontare il Drago e la vita stessa. Franco sapeva che la cultura
non è cultura se non si apre al mondo e agli altri, e sapeva fin troppo
bene che il cinema non è semplicemente cinefilia. Tenendo magari in
mente l'opera dei suoi cineasti di riferimento: da una parte François
Truffaut e Sydney Pollack, per la loro profonda e autentica matrice
umanistica; dall'altra Billy Wilder e Groucho Marx (col quale
condivideva la passione per i sigari), per la limpidezza e l'arguzia di
una parola che sa anche giocare con la vita, prendendola terribilmente
sul serio.
Franco La Polla ha infatti amato intensamente
la vita, e ha voluto viverla fino in fondo, in tutta la sua pienezza.
Per questo avevamo finito per crederlo immortale, e per non contemplare
mai l'idea che un giorno potesse lasciarci. Ora che se ne è andato il
dolore è grande, ma non totale, perché sappiamo che tutto quello che ci
ha insegnato, i suoi libri e l'esempio meraviglioso del suo vivere, non
ci abbandoneranno mai.
Michele Fadda
Dedicato a Franco La Polla
Cos'è
la gioventù? Mentre la maggior parte delle persone crede che un
individuo nasca giovane e poi invecchi e muoia, in realtà
l'acquisizione della gioventù, in senso filosofico, è un
processo lungo e impegnativo. La giovinezza è la forza spirituale
per non ristagnare o resistere al cambiamento, per sentirsi aperti a
nuove possibilità. È il potere dello spirito che rifiuta di soccombere
all'autocompiacimento, e continua a lottare.